N. 117 - Settembre 2017
(CXLVIII)
sulla corsica medievale
le incursioni islamiche e il dominio musulmano nell'isola - Parte i
di Vincenzo La Salandra
Lo studio delle incursioni musulmane in Corsica è molto interessante e stimola allacci illuminanti e paralleli significativi con le altre isole mediterranee, specialmente in rapporto al fenomeno più ampio delle incursioni e conquiste islamiche in tutto il Mediterraneo medievale, e, segnatamente, in rapporto alle incursioni musulmane in Sardegna e Sicilia, Malta e nelle isole minori del Mediterraneo centrale.
In
Corsica,
seguendo
le
antiche
ricostruzioni
del
Rampoldi,
le
primissime
incursioni
musulmane
risalirebbero
al
670;
in
Sardegna
invece
al
709.
Rampoldi
era
un
autore
scrupoloso
e
molto
importante,
vero
pioniere
degli
studi
arabistici
in
Sicilia
e
nel
Mediterraneo,
largamente
utilizzato
e
ammirato
da
Michele
Amari,
tuttavia
era
poco
preciso
nelle
date,
e a
noi
oggi
sembra
difficile
che
i
saraceni
avessero
aggredito
prima
la
Corsica
della
Sardegna.
Seguendo
le
ricostruzioni
e
gli
studi
del
Wenrich,
del
Bianchi
Giovini,
di
Amari
e
degli
studiosi
contemporanei
della
storia
della
Corsica,
Arrighi,
Luciani,
Vergé-Franceschi
e
Perfettini,
è
possibile
fissare
orientativamente
come
data
della
prima
invasione
islamica
della
Corsica
il
710;
per
la
Sardegna
invece
il
712.
La
data
periodizzante
per
la
Sardegna
come
inizio
decisivo
delle
incursioni
è in
effetti
il
722,
quando
probabilmente
Cagliari
e
tutta
o
parte
della
Sardegna
cadeva
in
balia
dei
musulmani:
è in
quest’anno
che
si
fissa
la
traslazione
delle
reliquie
di
sant’Agostino,
che
per
ordine
di
Liutprando
re
dei
Longobardi
furono
riscattate
dalle
mani
dei
musulmani
e
trasportate
da
Cagliari
a
Pavia.
È
importante
sottolineare
che
entrambe
le
isole
opposero
sempre
una
strenua
ed
eroica
resistenza
all’elemento
musulmano
invasore,
o
incursore,
e le
fonti
attestano,
per
la
Sardegna
come
per
la
Corsica,
la
valorosa
difesa
delle
coste
e
della
libertà
da
parte
delle
coraggiose
popolazioni
locali,
sempre
gelose
ed
orgogliose
della
loro
libertà.
Respinti
dalle
popolazioni
locali,
gli
arabi
si
mantennero
lontani
dalle
isole
per
tutto
il
secolo
VIII,
per
ripresentarsi
tuttavia
già
nei
primi
anni
del
secolo
IX:
nei
primi
ventotto
anni
del
secolo
i
musulmani
si
presentarono
dodici
volte
ad
aggredire
la
Sardegna,
la
Corsica
ed
entrambe
le
isole
assieme.
La
provenienza
di
queste
correnti
di
incursione
andrebbe
divisa
tra
la
Spagna
e l’Africa
magrebina.
Le
fonti
parlano
di
una
Corsica
piccola,
povera
e
scarsamente
popolata,
tanto
da
non
poter
opporre
valide
resistenze
alle
incursioni
musulmane,
nonostante
il
valore
e le
strenue
difese
dei
suoi
abitanti
che
si
arroccarono
in
avamposti
e
posizioni
montuose
all’interno
dell’isola.
I
Sardi,
che
erano
più
numerosi
e
meglio
organizzati
territorialmente
dei
Corsi,
riuscirono
nello
stesso
periodo
a
respingere
ed
affrontare
con
successo
le
incursioni,
e
quasi
sempre
i
musulmani
furono
respinti
con
prospera
fortuna
militare.
L’anno
806,
Carlo
Magno
inviava
Ademaro,
conte
di
Genova,
contro
i
musulmani
che
guastavano
la
Corsica:
ma
Ademaro
venne
sconfitto
e
ucciso
dai
Saraceni,
i
quali,
tuttavia,
dopo
la
vittoria
abbandonarono
l’isola.
L’anno
successivo,
secondo
alcune
fonti,
si
avventarono
sulla
Sardegna,
ma
tremila
musulmani
furono
tagliati
a
pezzi;
un
buon
numero
dei
sopravvissuti
alla
spedizione
si
scagliarono
ancora
contro
la
Corsica
e
furono
allo
stesso
modo
sbaragliati
da
Burcardo,
ammiraglio
di
Carlo
Magno,
e
solo
pochissimi
riuscirono
a
rientrare
in
Spagna
da
dove
provenivano.
Tuttavia
la
Corsica
venne
nuovamente
aggredita
nell’809,
e
ancora
nell’810,
assieme
alla
Sardegna;
l’812
una
massiccia
spedizione
musulmana
era
prevista
nelle
isole
e
sulla
terra
ferma
italiana,
ma
una
spaventosa
burrasca
sommerse
molte
navi
saracene
sulle
coste
della
Sardegna,
mandando
fallita
l’impresa
islamica.
L’813,
una
flotta
musulmana,
in
rappresaglia
per
una
pesante
sconfitta
che
il
conte
Ermengardo
era
riuscito
ad
infliggere
alla
colonia
saracena
di
Majorca,
attaccò
Civitavecchia
e
Nizza,
sbarcando
in
Toscana
e
Provenza
e
portando
guasto
e
distruzioni.
Ancora,
l’anno
820
Abdulrahman
il
figlio
di
al-Hakem,
re
dei
mori
di
Spagna,
aggredì
Corsica
e
Sardegna
incendiando
le
città
costiere
e
disperdendo
le
flotte
cristiane.
E
nemmeno
le
campagne
anti-islamiche
di
Bonifacio
II,
conte
di
Lucca,
valsero
a
fermare
le
incursioni
saracene:
Bonifacio
aveva
aggredito
finanche
le
coste
africane,
ma i
suoi
sforzi
rimasero
episodici.
Il
secolo
IX
fu,
come
ben
sappiamo,
quello
dell’apogeo
militare
navale
mediterraneo
dell’Islàm,
e
Corsi
e
Sardi
non
riuscirono
a
difendere
i
loro
territori,
le
coste
e
l’entroterra,
dalle
ripetute
aggressioni
saracene:
è un
segno
dei
tempi
che
il
papa
Leone
IV,
accolse
le
comunità
dei
Corsi
e
dei
Sardi
in
fuga
dalle
loro
isole,
dando
loro
stanza
e
alloggi
nella
città
di
Ostia.
Le
fonti
non
consentono
di
stabilire
con
certezza
il
tempo
esatto
in
cui
le
due
isole
caddero
in
mani
saracene,
tuttavia,
ed
almeno
secondo
il
Rampoldi,
a
partire
dall’814
Jiaz,
figlio
di
Abdullah
al-Khurtubi
(o
di
Cordova),
si
stabilì
in
un
angolo
occidentale
della
Corsica,
dove
edificò
un
castello
che
prese
da
lui
il
nome
di
Aljiaz,
l’odierna
Ajiaccio;
pare
in
ogni
caso
che
gli
arabi
siano
riusciti
ad
impadronirsi
parzialmente
della
Corsica
solo
verso
la
metà
del
IX
secolo,
mentre
s’insediarono
in
Sardegna
solo
verso
la
fine
dello
stesso
secolo.
La
Corsica
mantenne
fin
dall’epoca
altomedievale
strette
relazioni
con
Genova
così
come
la
Sardegna
stringeva
forti
vincoli
con
Pisa:
entrambe
queste
due
potenze
mediterranee
non
rimasero
certo
indifferenti
alle
sorti
delle
due
isole.
Specialmente
la
Corsica
aveva
abbondanza
di
metalli,
marmi,
legnami
da
costruzione,
e
olio,
agrumi,
frutta
e
bestiami;
con
tutte
queste
merci
commerciava
con
Genova,
che
in
cambio
riforniva
l’isola
di
biade,
di
cui
scarseggiava,
e
beni
di
lusso.
Ma
anche
la
potente
Genova
aveva
assaggiato
le
incursioni
saracene:
prima
il
322
dell’egira
(933-34),
e
poi
il
935
la
città
viene
presa
di
sorpresa
dai
musulmani
che
la
saccheggiano
approfittando
dell’assenza
della
flotta
e
rapirono
molte
donne
e
bambini.
Le
fonti
parlano
di
due
differenti
finali
per
questa
impresa
saracena:
da
parte
genovese
si
dice
che
la
flotta
venne
avvertita
in
tempo
e,
riuscì
a
mettersi
all’inseguimento
dei
musulmani,
li
raggiunse
e ne
fece
strage
presso
un’isola
deserta
vicina
alle
coste
sarde
recuperando
donne,
bambini
e
bottino;
da
parte
musulmana
pare
che
Safian,
il
capo
della
spedizione,
avesse
relazionato
al
califfo
di
Qairouan
nei
seguenti
termini:
«Con
poche
navi
ho
ridotto
a
nulla
tutta
la
pretesa
marina
da
guerra
dei
porti
della
cristianità
del
nord».