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N. 25 - Giugno 2007

LA VIA PER BAGHDAD E KABUL PASSA DA PRAGA

I contractors, nuovi mercenari

di Leila Tavi

 

Il mercato dei war contractor ha un giro di affari di 100 miliardi di dollari l’anno e coinvolge 100.000 tra uomini e donne, di cui 70.000 impiegati nella guerra in Afghanistan e in Iraq.

 

Si tratta di paramilitari che lavorano per conto della coalizione, vere e proprie armate private fornite da non ben specificate agenzie di servizi; il Center for public integrity ha recentemente pubblicato una lista delle società che forniscono mercenari per l’Afghanistan e l’Iraq: sono 160 agenzie, con un cachet medio mensile per i contractor impiegati in azioni paramilitari e di sicurezza che può raggiungere anche i 20.000 dollari al mese.

 

In Europa i war contractor, o più correttamente private military contractor, sono reclutati e addestrati da ex soldati o agenti dei servizi segreti britannici o statunitensi, come John Geddes, ex sottoufficiale dei SAS, gli Special Air Services britannici, e fondatore della Ronin, una compagnia militare privata britannica, che addestra war contractor.

 

Le principali destinazioni dei mercenari della Ronin sono l’Afghanistan e l’Iraq.

 

John Geddes ha da poco pubblicato il suo primo libro Highway to hell sul periodo post bellico in Iraq e sull’impiego dei soldati privati, una forza multi-nazionale disparata e anarchica, con uomini arruolati da circa cinquanta paesi diversi per un numero complessivo stimato tra i  30.000 e i 50.000.

 

I soldier of venture sono la seconda forza armata presente in Iraq dopo le truppe statunitensi.

 

All’inizio erano impiegati per servizi di sicurezza agli uomini d’affari, ai diplomatici, ai civili impegnati nella ricostruzione, nel pronto soccorso medico e nel settore petrolifero, adesso sono sempre più presenti quando si tratta di vere e proprie azioni militari.

 

Un’armata mercenaria ben addestrata ed equipaggiata, tra i cui compiti rientra anche uccidere.

 

Le reclute della Ronin sono addestrate a Praga e dintorni, così da poter eludere le restrittive leggi britanniche in fatto di uso e detenzione di armi da fuoco.

 

La Repubblica ceca è un paradiso per le private military corporation, grazie alle sue “tolleranti” leggi, che permettono ai mercenari di svolgere indisturbati le loro esercitazioni con potenti kalashnikov in pieno giorno e all’aria aperta.

 

Dalla guerra in Afghanistan del 2001 Praga è diventata la capitale dei mercenari: di giorno sono impegnati in estenuanti allenamenti e simulazioni di guerra, di notte si ritrovano nei bordelli e nei night club a bere in compagnia di prostitute.

 

Guadagnano dai 10.000 ai 20.000 dollari al mese e si fanno chiamare “soldati indipendenti”.

 

Quando uno di loro perde la vita in Afghanistan o in Iraq non è conteggiato in nessuna statistica ufficiale statunitense; se ha contratto una buona assicurazione sulla vita i suoi familiari percepiranno una buona pensione dall’agenzia di servizi che lo ha ingaggiato, altrimenti la sua avventura da “pretoriano” si conclude così nell’anonimato, come è iniziata.

 

È stato stimato che fino ad oggi almeno sette mila iracheni, tra civili e guerriglieri, siano stati uccisi dai mercenari, a fronte di un migliaio di contractor che hanno perso la vita durante lo svolgimento delle loro mansioni.

 

Un esercito ombra, il cui status non è regolamentato dal diritto internazionale se non in senso negativo attraverso la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite contro il reclutamento, l’utilizzo, il finanziamento e l’addestramento dei mercenari del 1989 e l’art. 47 del I Protocollo aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1977.

 

La Convenzione rappresenta l’unico valido strumento universale per quanto riguarda le attività di mercenariato, considerato che il Protocollo aggiuntivo è applicabile solo agli stati firmatari del medesimo.

 

I war contractor sono la conferma del fallimento del sistema collettivo di tutela della pace e della sicurezza internazionale delle Nazioni Unite e l’affermazione dell’intervento privato nella gestione della sicurezza e dei conflitti internazionali.

 

Qualcuno dei lettori forse ricorderà il discorso tenuto il 10 settembre 2001 al Pentagono da Donald Rumsfeld, l’allora Segretario della Difesa del Presidente Gorge W. Bush: “The topic today is an adversary that poses a threat, a serious threat, to the security of the United States of America. It disrupts the defense of the United States and places the lives of men and women in uniform at risk. You may think I’m describing one of the last decrepit dictators of the world…the adversary’s closer to home. It’s the Pentagon bureaucracy […] I have no desire to attack the Pentagon; I want to liberate it. We need to save it from itself.”

 

Quello che Rumsfeld aveva in mente per risanare il Pentagono era rimpiazzare la vecchia burocrazia con un nuovo modello basato sul settore privato; il giorno dopo il Pentagono è stato veramente attaccato da un Boeing 757 dell’American Airlines Flight 77.

 

Con l’inizio delle operazioni belliche in Afghanistan da parte degli Stati Uniti la cosiddetta Dottrina Rumsfeld ha iniziato il suo corso e le imprese private si sono da allora pian piano sostituite alle strutture statali nella gestione dei conflitti, da prima solo come società fornitrici, poi sempre più anche nel reclutamento di soldati.

 

Mentre Bush non trova il consenso della Camera dei rappresentanti nel proseguimento delle due disperate imprese, società come di servizi come la Blackwater aumentano gli ingaggi per i loro soldati di ventura in Afghanista e Iraq.

 

Nella logica della globalizzazione dei conflitti le regole di mercato fanno sì che al posto di mercenari stranieri, pagati oltre i 1500 dollari al giorno, siano impiegati ora prevalentemente miliziani locali, per un compenso giornaliero di soli 40 dollari.

 

Adesso a far parte delle milizie mercenarie ci sono in Iraq almeno 3.500 locali, quasi tutti provenienti dalle fila dei reparti speciali di Saddam Hussein, a riprova del fatto che le nuove guerre non conoscono regole se non quella di mercato.

 

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