N. 73 - Gennaio 2014
(CIV)
Sui passi di Eracle
Alessandro e la conquista di Aorno
di Paola Scollo
Eracle
e
Dioniso
sono
le
divinità
che
hanno
prevalentemente
plasmato
il
carattere,
ethos,
e
condizionato
il
modo
di
agire,
modus
operandi,
di
Alessandro
Magno.
Stando
alla
tradizione,
i re
di
Macedonia
discendevano
da
Eracle,
semidio
generato
dalla
mortale
Alcmena
e da
Zeus.
Vittima
della
collera
di
Era
per
l’ennesimo
tradimento
del
marito,
Eracle
fu
costretto
ad
affrontare
numerose
e
pericolose
prove
- le
celebri
dodici
fatiche
-
per
poi
essere
elevato
alla
dignità
divina
soltanto
dopo
la
morte,
forse
per
avvelenamento.
L’ascendenza
da
Eracle
risulta
fondamentale
per
comprendere
alcuni
aspetti
del
processo
di
divinizzazione
di
Alessandro.
Proclamandosi
discendente
del
figlio
di
Zeus,
il
giovane
sovrano
macedone
non
poteva
esimersi
dal
riproporre
le
stesse
- se
non
maggiori
-
imprese
compiute
dall’avo.
A
sostenerlo
nella
realizzazione
di
tale
proposito
un
evidente
atteggiamento
di
sfida
attraverso
cui
intendeva
dimostrare
di
riuscire
laddove
le
leggende
avevano
fallito.
Tale
complesso
rapporto
accompagnò
e
guidò
Alessandro
in
ogni
fase
della
sua
esistenza,
dalle
prime
imprese
al
seguito
del
padre
Filippo
fino
alla
celebre
ed
estrema
spedizione
in
India.
Nel
340
-
339
a.C.,
all’età
di
sedici
anni,
in
qualità
di
reggente
della
spedizione
contro
Bisanzio,
Alessandro
fondò
la
prima
città
che
recava
il
suo
nome,
Alessandropoli
di
Tracia.
In
tale
circostanza
pretese
che
gli
venissero
tributati
onori
divini,
in
quanto
figlio
di
Zeus
Ammone
e
pari
di
Eracle
per
aver
compiuto
gesta
sovrumane.
Alessandro
veniva
dunque
celebrato
come
conquistatore
della
terra
e
dio
invincibile,
theos
aniketos.
Non
molto
tempo
dopo,
nel
corso
della
spedizione
a
Nord
sulla
sponda
sinistra
del
Danubio,
messi
in
fuga
gli
Sciti
o
Geti
e
rasa
al
suolo
la
loro
città,
l’Argeade
sacrificò
a
Zeus
Salvatore,
a
Eracle
e al
fiume
Istro
che
lo
aveva
protetto.
Una
vittoria
ottenuta
senza
spargimento
di
sangue
e, a
un
tempo,
un’ulteriore
conferma
del
legame
con
il
semidio.
Dopo
la
spedizione
illirica,
le
energie
di
Alessandro
si
volsero
esclusivamente
alla
spedizione
in
Asia
al
fine
di
liberare
le
popolazioni
dal
giogo
persiano.
Le
gesta
compiute
nella
prima
fase
della
spedizione
restituiscono
un’immagine
“epica”
di
Alessandro,
animato
dal
desiderio
di
proporsi
quale
novello
Achille.
Il
ricordo
di
Eracle
emerse
piuttosto
nel
corso
del
332
a.C.
durante
l’assedio
di
Tiro.
Stando
alla
testimonianza
di
Arriano,
Alessandro
vide
in
sogno
Eracle
che
lo
chiamava
dalle
mura
della
città.
Per
questa
ragione
pretese,
come
simbolo
di
sottomissione,
che
gli
fosse
concesso
di
sacrificare
al
santuario
di
Melqart,
divinità
che
i
Greci
erano
soliti
identificare
con
Eracle.
Di
fronte
all’ostinato
rifiuto
della
popolazione
locale,
il
sovrano
convocò
lo
stato
maggiore
dell’esercito
e
dichiarò
guerra.
L’assedio
fu
lungo
e
terribile:
la
popolazione
maschile,
circa
8000
uomini,
venne
decimata,
mentre
le
donne
e i
bambini
furono
venduti
come
schiavi.
Alla
fine
Alessandro
riuscì
a
sacrificare
a
Melqart-Eracle.
Dopo
aver
raso
al
suolo
la
città,
ordinò
una
processione
con
l’esercito
armato
e
con
le
navi,
organizzò
un
agone
ginnico
nel
tempio
e
una
corsa
con
le
fiaccole,
quindi
consacrò
al
tempio
la
macchina
da
guerra
grazie
alla
quale
aveva
abbattuto
il
muro.
Da
ultimo
consacrò
a
Eracle
la
nave
Tiria,
che
aveva
preso
durante
la
spedizione,
e
un’iscrizione.
Un
atto
di
profonda
pietas
nei
confronti
dell’avo
macchiato
tuttavia
del
sangue
di
vittime
innocenti.
La
notizia
di
Callistene
secondo
cui
Alessandro
si
sarebbe
recato
presso
il
santuario
di
Ammone
in
Egitto
al
fine
di
riproporre
le
imprese
di
Eracle
e di
Perseo
potrebbe
essere
fondata,
così
come
la
testimonianza
di
Curzio
Rufo
secondo
cui
Alessandro
volle
visitare
l’Etiopia
perché
era
stato
il
regno
di
Memnone.
Merita
invece
un
discorso
più
ampio
la
conquista
di
Aorno,
l’episodio
che
maggiormente
esprime
il
legame
tra
Alessandro
ed
Eracle.
In
questa
località
si
erano
compiute
le
gesta
di
Krishna,
divinità
indiana
associata
all’eroe
greco
Eracle.
Aorno
era
una
roccia
indiana
alta
e
scoscesa
che
doveva
misurare
circa
duecento
stadi,
con
un’altezza
di
circa
7.000
-
10.000
piedi
e un
vertice
ricco
di
sorgenti,
boschi
e
terra
coltivata. Tale
località
era
comunemente
utilizzata
come
rifugio
in
guerra,
in
quanto
considerata
inespugnabile. Secondo
il
racconto
di
Curzio
Rufo,
la
rupe
aveva
la
conformazione
di
una
colonna
conica
con
base
più
larga
rispetto
alla
parte
superiore
che
andava
restringendosi.
È
impossibile
indicare
con
certezza
la
sua
posizione:
è
stata
immaginata
una
collocazione
a
nord
del
fiume
Indo,
ad
angolo
con
la
Cophen,
l’attuale
Kabul,
non
distante
dalla
città
di
Ecbolima,
l’attuale
Ambela.
Ma
si è
pensato
anche
alla
zona
di
confluenza
tra
la
Cophen
e
l’Indo.
A
tal
proposito
Strabone
afferma
che
la
base
della
fortezza
era
bagnata
dal
fiume
Indo
nei
pressi
della
sua
sorgente,
nel
luogo
in
cui
si
apriva
la
catena
dell’Himalaya.
Con
il
nome
di
Aorno
si
indicava
infine
anche
una
città
della
Battriana.
Arriano
infatti
(III
29)
definisce
Aorno
e
Battra
le
più
grandi
città
del
paese
dei
Battrii.
Secondo
il
racconto
di
Diodoro
(II
39.
1-
4),
gli
Indiani
sostenevano
che
Eracle
fosse
nato
presso
di
loro.
Analogamente
ai
Greci,
erano
soliti
attribuirgli
la
clava
e la
leontea.
Per
la
forza
fisica
e la
prodezza,
il
semidio
eccelleva
sugli
altri
uomini,
riuscendo
ad
allontanare
da
terra
e
mare
il
pericolo
delle
bestie
selvatiche.
Eracle
fondò
in
India
numerose
città,
una
delle
quali
- la
più
celebre
e
vasta
-
ricevette
il
nome
di
Palibotra.
Lì
fece
poi
erigere
una
reggia
sontuosa,
stabilì
un
elevato
numero
di
abitanti,
e la
rese
sicura,
fortificandola
con
notevoli
fossati
riempiti
di
acqua
di
fiume.
Una
volta
morto,
Eracle
ricevette
onore
immortale
e i
suoi
discendenti,
che
al
pari
dell’avo
regnarono
per
molte
generazioni
e
realizzarono
imprese
notevoli,
non
organizzarono
spedizioni
militari
oltre
confine.
Sul
filo
di
questa
direttrice,
Eracle
nell’immagine
degli
Indiani
appariva
un
eroe
civilizzatore,
simbolo
del
passaggio
da
una
dimensione
nomade
e
ferina
a
una
dimensione
urbana
e
pacifica.
Dopo
la
sua
morte
l’India
sarebbe
sprofondata
nell’originaria
condizione
di
isolamento
e
arretratezza.
Secondo
una
versione
del
mito,
in
India
Eracle
aveva
voluto
dare
dimostrazione
della
propria
forza,
tentando
di
espugnare
il
monte-fortezza
di
Aorno.
Un’impresa
che
però
non
si
era
conclusa
positivamente.
Con
ogni
probabilità
proprio
questa
tradizione
aveva
alimentato
in
Alessandro
l’ardente
desiderio
di
imitare
ed
emulare
il
fondatore
della
sua
dinastia.
Aorno
era
inoltre
l’ultima
fortezza
in
cui
avevano
trovato
asilo
gli
Assaceni
sopravvissuti
ai
massacri
precedenti.
Dopo
aver
varcato
la
catena
dell’Hindu
Kush,
Alessandro
divise
il
suo
esercito,
ponendosi
personalmente
a
capo
delle
truppe
armate
alla
leggera
in
direzione
nord.
Qui
dovette
scontrarsi
con
popolazioni
particolarmente
bellicose
e
difficili
da
sottomettere,
tuttavia
nel
corso
della
marcia
riuscì
a
espugnare
numerose
cittadelle.
Tra
queste
vi
era
appunto
Aorno.
Alessandro
si
servì
di
guide
locali
che
lo
condussero,
attraverso
sentieri
nascosti,
verso
un
valico
che
giungeva
direttamente
alla
città-fortezza.
A
capo
dell’avanguardia
fu
posto
Tolomeo,
a
cui
era
stato
affidato
il
compito
di
impadronirsi
della
postazione.
Alessandro
lo
seguiva
al
comando
della
parte
più
considerevole
dell’esercito.
Dapprima
gli
Indiani
riuscirono
a
fermare
i
Macedoni,
successivamente
Alessandro
adottò
una
diversa
strategia,
procedendo
alla
risalita
del
pendio
mentre
Tolomeo
passava
all’attacco.
Lo
scontro
si
protrasse
per
l’intera
giornata.
Soltanto
di
sera
i
Macedoni
riuscirono
a
prevalere.
Non
soddisfatto
di
questa
prima
vittoria,
Alessandro
si
diresse
verso
la
rocca,
ma i
suoi
uomini
stremati
si
dettero
alla
ritirata.
L’Argeade
non
si
arrese.
Fece
realizzare
un
terrapieno
che,
dopo
quattro
giorni
di
lavoro
ininterrotto,
raggiungeva
quasi
le
difese
degli
Indiani.
Gli
assediati
iniziarono
a
temere
la
reazione
dei
Macedoni,
pertanto
avviarono
trattative.
In
un
estremo
tentativo
di
fuga
vennero
però
raggiunti
da
Alessandro,
seguito
da
settecento
uomini.
Aorno
era
stata
presa.
Con
un
unico
tentativo,
grazie
alla
combinazione
di
stratagemmi
e
attacchi
audaci,
Alessandro
aveva
superato
Eracle.
Dopo
aver
celebrato
la
vittoria
con
sacrifici,
fece
erigere
altari
dedicati
a
Minerva
e
alla
Vittoria,
quindi
fondò
un
presidio
sull’acropoli
sotto
il
comando
di
Sisicottus.
Espugnata
l’ultima
fortezza,
il
basileus
poteva
finalmente
volgersi
verso
sud
e
varcare
l’Indo,
nella
consapevolezza
di
aver
dimostrato
di
essere
un
mito
in
atto
di
gran
lunga
superiore
ai
miti
che
lo
avevano
preceduto.