N. 107 - Novembre 2016
(CXXXVIII)
La
congiura
di
Gabrino
Fondulo
da
maccastorna
al
dominio
su
cremona
di
Davide
Galluzzi
Ci
sono
cose
che,
anche
dopo
secoli
e
secoli,
restano
impresse
nella
memoria.
Un
ottimo
esempio
di
quanto
detto
può
essere
la
congiura
avvenuta
la
notte
del
24
luglio
1406
a
Maccastorna.
Un
fatto
così
sanguinoso
da
essere
ricordato
ancora
oggi
e
che
ha
dato
vita
a
leggende
e
storie
di
fantasmi.
Cosa
accadde
veramente
quella
notte?
Per
capire
tutto
dobbiamo
partire
da
qualche
anno
prima
di
quella
fatidica
notte
e,
soprattutto,
dobbiamo
liberarci
di
ogni
alone
soprannaturale.
La
nostra
storia
inizia
nel
1402.
Giangaleazzo
Visconti,
duca
di
Milano,
è
morto.
Il
ducato
è in
fermento.
Le
città
che
erano
state
assoggettate
si
staccano
dal
dominio
milanese.
Lodi,
per
esempio,
acclama
signore
Antonio
Fissiraga
e,
successivamente,
Giovanni
da
Vignate.
Ne
consegue,
ovviamente,
lo
sterminio
dei
Vistarini.
Lodi,
tuttavia,
non
è
l’unica
a
ribellarsi.
Pure
Cremona
insorge
e
caccia
gli
officiali
viscontei.
Qui
entrano
in
scena
due
tra
i
personaggi
principali
della
nostra
storia:
Gabrino
Fondulo
e
Ugolino
Cavalcabò.
Il
primo
si
trova
a
Bologna
a
combattere
assieme
ai
guelfi.
Appresa
la
notizia
dell’insurrezione
di
Cremona
torna
in
patria
(era
originario
di
Soncino)
e
aiuta
il
secondo
a
prendere
il
potere.
Tanto
che
ci
sono,
per
non
farsi
mancare
nulla,
conquistano
pure
Maccastorna
(il
Cavalcabò)
e
Pizzighettone
(il
Fondulo,
che,
non
contento,
stermina
quattrocento
ghibellini).
Ugolino
si
impadronisce
di
Cremona,
ma
non
può
dormire
sonni
tranquilli.
L’anno
seguente
(1404)
le
truppe
del
Cavalcabò
si
scontrano
con
quelle
di
Astorre
Visconti
presso
Manerbio
(ridente
cittadina
in
provincia
di
Brescia).
Le
armate
viscontee
hanno
la
meglio
e
Ugolino
Cavalvabò
viene
catturato
e
inviato
in
ceppi
a
Milano.
Gabrino
Fondulo,
invece,
riesce
a
sfuggire
alla
cattura
e,
prontamente,
torna
a
Cremona
dove
sostiene
l’ascesa
di
Carlo
Cavalcabò,
nipote
di
Ugolino
e
terzo
personaggio
della
nostra
storia,
il
quale
diventa
signore
della
città.
Il
nuovo
signore,
per
ricompensare
il
soncinate
dell’aiuto
e
del
valore
mostrato
a
Manerbio,
compie
un
gesto
che
si
rivelerà,
in
seguito,
fatale:
gli
dona
il
castello
di
Maccastorna.
Ora,
per
chi
non
fosse
esperto
delle
meraviglie
del
territorio
lodigiano:
Maccastorna
è
quel
paesino
all’imbocco
dell’Adda,
proprio
sul
confine
con
il
cremonese.
Si
capisce,
quindi,
l’importanza
strategica
del
castello.
E si
capisce
anche
perché
il
Fondulo,
da
quel
castello
a
metà
tra
Lodi
e
Cremona,
maturasse
velleità
di
dominio
su
entrambe
le
sponde
dell’Adda.
Dalla
fortezza
di
Maccastorna,
abbellita
a
livello
artistico
e
fortificata
a
livello
militare,
il
nostro
soncinate
iniziava
a
preparare
il
suo
piano.
Nel
frattempo
accade
una
cosa
inaspettata:
Ugolino
Cavalvabò
riesce
a
fuggire
dalle
prigioni
milanesi
(siamo
nei
primi
mesi
del
1406).
Subito
egli
si
dirige
a
Maccastorna
e
chiede
al
Fondulo
di
aiutarlo
per
riconquistare
la
signoria
su
Cremona.
Il
nostro
sembra
accettare,
ma
appena
giunti
in
città
le
truppe
di
Carlo,
preavvisate
dal
soncinate,
arrestano
l’ex
signore
e lo
gettano
nelle
prigioni
cittadine.
A
seguito
di
questo
episodio
Carlo
Cavalcabò,
il
quale
è sì
restato
al
potere,
ma
probabilmente
teme
eventuali
reazioni
cittadine
al
tradimento
effettuato
ai
danni
di
Ugolino,
decide
di
recarsi
a
Milano
per
negoziare
una
tregua
con
il
nuovo
duca.
Proprio
in
questo
momento
Gabrino
Fondulo
decide
di
passare
all’azione.
Come
prima
cosa
ottiene
l’appoggio
di
Ottobuono
Terzi,
signore
di
Parma,
che,
ingannato
dalla
promessa
di
impadronirsi
di
Cremona,
invia
uomini
armati
a
sostegno
del
soncinate.
Ottenuto
ciò
il
nostro
uomo
si
mette
in
attesa.
Che
cosa
aspetta?
Semplicemente
il
ritorno
di
Carlo
da
Milano.
Il
signore
di
Cremona,
finalmente,
arriva
a
Maccastorna
assieme
a
tutte
le
persone
al
suo
seguito
(pare
in
tutto
settanta
uomini).
Il
soncinate
ha
preparato
un
ricco
banchetto
e i
viaggiatori
si
godono
i
piaceri
della
vita
mangiando
e
bevendo
abbondantemente.
Crollati
sotto
i
colpi
della
stanchezza
e
inebriati
dalla
festa
gli
uomini
si
mettono
a
dormire
profondamente.
È il
momento
di
passare
all’azione.
Gabrino
e i
suoi,
armi
alla
mano,
sgozzano
tutti
e
settanta
gli
uomini
e,
pare,
gettano
i
corpi
nel
cosiddetto
“pozzo
delle
spade”.
Subito
dopo
l’eccidio
il
soncinate
cavalca
su
Cremona
e
cattura
la
città.
Resta
da
risolvere
un
ultimo
problema:
il
tutto
è
stato
possibile
grazie
all’appoggio
di
Ottobuono
Terzi,
il
quale
ora
si
aspetta
la
signoria
su
Cremona.
Come
estromettere
il
parmense
e i
seicento
uomini
che
ha
inviato
a
sostegno
dell’alleato?
La
genialità
del
piano
sta
forse
nella
sua
semplicità.
Il
Fondulo
fa
uscire
le
truppe
parmensi
dalla
città
con
il
pretesto
di
una
rivista
militare.
Quando
arrivano
in
piena
campagna
il
nostro
se
ne
va
lasciando
soli
gli
“alleati”.
Tornato
in
città
si
impegna
subito
a
chiudere
tutte
le
porte
e a
prepararsi
all’assalto
dei
parmensi.
Assalto
che
non
arriva,
perché
il
comandante
del
contingente
preferisce
tornarsene
a
Parma,
dove
lo
aspetta
la
lama
di
Ottobuono.
Avendo
campo
finalmente
libero
il
soncinate
inizia
l’eccidio
della
famiglia
Cavalcabò.
Sotto
i
suoi
colpi
cadono
Ugolino,
Marsilio
e
Cesare.
È il
sanguinoso
inizio
della
signoria
di
Gabrino
Fondulo
su
Cremona.