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N. 36 - Dicembre 2010 (LXVII)

LE DONNE DI OGGI
Quel che siamo state non basta?

di Laura Novak

 

Possiamo essere quello che vogliamo. O forse no.


Quali sono le opportunità di avere, ottenere, condurre, compiere o semplicemente essere per una donna di oggi?


La donna: una figura complessa, anima e musa da millenni di immaginari. Nevrotica, intricata, compulsiva e istrionica. Degna di parole, fogli e interi romanzi. Simbolo dell’amore che muove il sole e le altre stelle; simbolo dell’odio che corrode l’affetto materno e la rende un’eterna Medea. Le pagine dei giornali sono impregnate di figure femminili che, in ambiti opposti, diversi ma forse simili, conducono a una riflessione.


Donne mantidi, donne misantrope, donne fragili ma manipolatrici, donne libertine e traditrici. Donne che occhieggiano ai modelli letterari. Da Lady Macbeth a Giocasta, da Cassandra ad Agrippina, da Lucia fino a Giulietta, da Lady Chatterley a Violetta.

Chi erano le donne di ieri? E come la storia le ha trasformate a tal punto da essere quelle di oggi?


Recentemente, un quotidiano italiano, ha riportato un’intervista illuminante a una delle massime scrittrici del mondo femminile di oggi, Erica Jong. Autrice del libro scandalo datato 1973 “Paura di Volare” in cui sdoganava nella letteratura la liberalizzazione sessuale femminile che negli anni ’60 aveva agitato la società mondiale, nell’intervista conduceva con poche battute, lucide ed essenziali, a una spinosa questione.


A distanza di anni da quei tempi, in cui la forza del femminismo aveva condotto a ottenere i primi risultati dopo battaglie lunghe secoli, quante donne possono davvero considerarsi appagate?


Nella sua analisi le poche donne che oggi detengono il potere nel mondo non bastano per modificare l’essenza maschilista della società moderna: dalla Merkel alla regina Elisabetta, dal primo ministro australiano fino alla Clinton e prima ancora a Condoleeza Rice, per arrivare alle intraprendenti donne imprenditrici che affollano l’economia mondiale, nell’editoria, nel cinema, nella moda, nell’industria alimentare e della comunicazione pubblicitaria.
No, non possono bastare.


Di certo così come i modelli di donna moderna si sono evoluti, anche il ruolo e il potere dell’universo maschile si sono modificati. Decaduto il machismo e la segregazione sessuale, l’uomo ha dovuto fare i conti con un’antagonista, ostile e ragionevolmente opposta.

Il femminismo degli anni ’60, quel femminismo che la stessa Jong ha duramente criticato, così crudo e semplicistico, rabbioso e istintivo, seguiva l’obiettivo primario di rendere paritario, in diritti umani e sociali, la figura della donna: da casalinga, operaia di ultimo livello e utero per procreare, a individuo sociale, dalle capacità simili se non superiori a quelle del genere maschile.


In qualche misura, quel femminismo connotava la donna in un’accezione assolutamente mascolina. I suoi slogan, le battaglie condotte a fianco di attiviste anche omosessuali, portavano all’idea della possibilità, errata, di ottenere l’affrancamento dalla figura maschile, eliminandola dalla propria vita personale.


Una donna poteva considerarsi davvero libera, solo nel momento in cui nessuno dei suoi bisogni umani fosse più dipeso dal suo alter ego maschile. Sotto questa prospettiva l’amore appariva un sentimento melenso, da evitare, una dolcezza deviante.


Il percorso della donna, verso gli obiettivi di indipendenza e potere, appariva solitario. La ricerca e l’appagamento nel piacere sessuale, in particolar modo, diventavano emblema supremo della millenaria sudditanza fisica e psicologica della donna nei confronti dell’uomo.
Nella camera da letto veniva compiuta la sua natura di essere sottomesso ai piaceri dell’uomo.


Ma ora a distanza di tempo, quanto e che cosa la donna deve ancora affrontare per ottenere il ruolo che le spetta nella vita?con quale simboli e modelli dobbiamo fare i conti ogni giorno?


La critica proviene da più parti. L’Italia è un paese in cui le quote rosa al potere sono davvero poche. Solo nell’ultimo governo Berlusconi hanno ottenuto una percentuale accettabile.


Ma chi sono le donne inserite nel contesto parlamentare? La risposta è fin troppo semplice. Ex veline, ex pr della Milano bene, figlie viste e riviste di ex dittatori, poche laureate, pochissime che abbiano all’attivo pubblicazioni importanti. Nessuna che abbia un passato politico tale da renderle davvero simbolo di un cambiamento. Forse tutte donne più belle che intelligenti, per citare il loro mentore, o talent scout, se si preferisce.
Il problema non è di certo a uso e consumo esclusivamente dell’ultima legislatura.
La situazione femminile attuale evidenzia, a mio parere, una spaccatura interna al significato vero dell’essere donna, oggi. Una volta liberateci dai corsetti, dai lacci e dalle pudicizie che imbrigliavano il nostro corpo e la nostra mente, abbiamo cominciato a mortificare quello stesso corpo, emblema del nostro genere sessuale, in svariate modalità, considerandolo l’ostacolo tra noi e il riscatto sociale.


Il femminismo più ferocemente attivo della seconda metà del secolo scorso, che voleva portare quel corpo a essere strumento nelle esclusive mani di chi lo possedeva, lo ha eletto a mezzo per una lotta sociale, condendolo di esibizionismi spesso discutibili, e svuotandolo della sua sacralità primitiva.


La nostra contemporaneità lo ha portato a essere mercificato per ottenere.
È questo forse il risultato più ambiguo delle lotte femministe. Il corpo è della donna.
Ma la donna di oggi lo usa, ne abusa e lo svende, in maniera ignorante, ma, senza ombra di dubbio, cosciente.


Sì perché le donne di oggi, fin dalla adolescenza, riescono ad avere da subito gli strumenti per comprendere le facilitazioni a cui quel corpo può portare. Velocemente e senza dispendio di molte energie.
La società ti indica, con i riflettori puntati sempre sulla via più semplice e veloce, cosa tu possa ottenere con il sacrificio di quel corpo.
Ed è qui che a mio parere, le epoche si sono irrimediabilmente spaccate.


Betty Page, simbolo dell’erotismo dei anni 30 e 40, bruna ammaliante, prima donna ad attuare il bondage in filmetti di serie z, è morta in solitudine, nascosta da occhi indiscreti, schiva e riservata. Nessuno ha potuto vedere quanto la sua bellezza fosse appassita negli anni. Nessuno ha mai compreso quanto la mercificazione del suo stesso corpo fosse nata da una dolorosa condizione di obbligo e violenza psicologica. Umiliata per la sua vita di donna oggetto è morta da mito.


Così come Linda Lovelace, protagonista del film per adulti “Gola profonda” che per anni, prima di soccombere ancora giovane alla malattia, si è fatta portavoce di voci femminili nascoste e schiacciate, che, come lei, sono state costrette da uomini più potenti a rendersi schiave.


Ma le veline, letterine, paperine di oggi sono davvero succubi di un perverso gioco sociale, messo in atto da uno schema maschile e maschilista?
Gli uomini oggi sono ancora al potere. Questo è indubbio.
Ma se fosse una nostra scelta lasciarli al potere? Se fosse una nostra scelta optare sempre e comunque per uno stereotipo nauseante di donna bella, sciocca e ingenua?
Cosa conta per queste piccole donne che popolano la scena sociale e da qualche tempo agitano anche la scena politica? Bambole senza testa. No, troppo semplice.
Una finta furbizia, condita da una finta sciocchezza, sono i veicoli per ottenere quello che oggi conta davvero, il potere.


Ed è così che le pagine dei giornali, la televisione italiana, ma non solo, sono pieni di modelli femminili che lasciano il passo all’abisso.


Veline che diventano giornaliste, giornaliste che diventano veline, criminologhe affascinanti che diventano volto tv di una tragedia familiare; giovani donne complesse, dipinte come bruttine, sovrappeso e provinciali che uccidono per gelosia, pura e semplice gelosia.


Adolescenti che ottengono macchine di lusso per festini nelle residenze di uomini politici alla soglia degli ottanta anni, diventando immediatamente macchine da soldi per discoteche e trasmissioni televisive. Ottantenni, dal passato discutibile, portabandiera fantoccio di family day e ideali medievali, dal presente lascivo, che rappresentano il sogno mascolino di tutto gli uomini italici. Pensano: anche io un giorno, magari a quell’età, con una minorenne alta, formosa e acquistabile.


I commenti, goliardici, boccacceschi, gli ammaccamenti e le risatine diventano teatro quotidiano di un pensiero collettivo: verticalmente, in tutte le fasce di età, e orizzontalmente, lungo tutte le fasce sociali.
Dal laureato fino all’operaio.


E le donne, quelle vere, casalinghe, lavoratrici, laureate precarie, ricercatrici senza lavoro, madri, mogli, figlie, sorelle dal multi ruolo, dove sono? Sono protagoniste in questa società, oppure continuano a essere semplici spettatrici di un mondo che non da spazio alle capacità?


Si possono davvero raggiungere, ancora e soprattutto per una donna, degli obiettivi con la disciplina e il rigore del lavoro? E per farlo, quando e perché il corpo di una giovane donna, cosciente delle proprie armi intellettive, ma nel contempo, fiera della sua femminilità, diventa ostacolo o scorciatoia?


Sono davvero gli uomini a vedere la seduzione a tutti i costi nella figura femminile?


Rimaste vittime di un gioco sottile, che ha rinchiuso le nostre possibilità di scelte in pochissime manciate di opzioni, abbiamo esasperato il nostro desiderio di esistere, di avere ruolo e potere.
Dimostrare, molto, di più, ancora di più, per equilibrare una bellezza fisica, che ora, più di una volta, è ricercata, inseguita, ottenuta e stuprata.
Ed è così che noi, giovani donne, combattiamo ogni giorno, con altre donne, per poter manifestare


Inesplose capacità comunicative e inesplorate potenzialità umane e professionali. Donne contro donne. Mentre l’uomo sta a guardare.


Il vero ostacolo, che una volta era rappresentato dalla figura maschile, oggi appare evidente nella sua effimera ma astuta superficialità di femmina, soggetto sessuale cosciente e senza vincoli morali.
Scegliere da che parte voler condurre la propria vita non può significare, anacronisticamente, supplire per essere nate donne. Né tantomeno fingere di essere nate uomini.


Simone de Beauvoir, appassionata scrittrice del “Secondo sesso”, poliedrica conoscitrice del corpo e dell’animo femminile, gigante del pensiero puramente femminista del 1900, origine del pensiero e della coscienza della donna moderna, affermava: “Una donna libera è il contrario di una donna leggera” (dal libro “Quando tutte le donne del mondo” Pubblicato nel 1982 – autrice Simone de Beauvoir).


Questa è la vera genialità femminile.
Cerchiamola, analizziamola e viviamola.


 

 

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