N. 57 - Settembre 2012
(LXXXVIII)
ULTIME SULLA CONDIZIONE DELLA DONNA IN TUNISIA
TRA conquiste e DISCRIMINAzione
di Francesca Zamboni.
Alla
luce
degli
ultimi
avvenimenti
in
Tunisia,
non
si
può
dire
certo
che
la
rivolta
dei
gelsomini
abbia
sortito
effetti
positivi.
Se
le
donne
erano
riuscite,
grazie
a
Bourguiba,
ad
assaporare
un
breve
ma
intenso
momento
di
speranza
circa
la
loro
emancipazione,
non
si
può
dire
lo
stesso
di
questo
ultimo
governo
che,
proponendo
una
nuova
bozza
di
Costituzione,
ha
scatenato
un
vera
e
propria
sommossa,
facendo
scendere
in
piazza
a
Tunisi
non
solo
migliaia
di
donne,
ma
anche
uomini
che
non
hanno
esitato
a
sostenere
la
loro
causa.
L’articolo
28
parla
chiaro,
ovvero
le
donne
non
sarebbero
più
uguali
agli
uomini,
ma
solo
complementari;
un
principio
che
richiama
la
complementarietà
coranica,
che
considera
la
figura
femminile
necessaria
a
quella
maschile,
ma
restando
sempre
in
una
posizione
di
inferiorità.
Quindi
non
sono
mancate
accese
polemiche
che
hanno
alimentato
discussioni
e
manifestazioni.
D’altronde
l’allora
Presidente
Bourguiba
era
riuscito
a
raggiungere
obiettivi
impensabili
per
un
paese
come
la
Tunisia
che,
sebbene
sia
il
paese
più
piccolo
del
Maghreb,
è
stato
per
molti
anni
uno
dei
modelli
più
imponenti
per
quanto
riguarda
l’emancipazione
della
donna.
Basti
pensare
al
Codice
dello
Statuto
personale,
emanato
nel
1956,
per
comprendere
la
grandezza
del
progetto
a
partire
dall’abolizione
della
poligamia,
il
mutuo
consenso
degli
sposi
per
contrarre
matrimonio,
il
divorzio,
fino
all’interruzione
di
gravidanza
e la
contraccezione
come
sistema
di
pianificazione
delle
nascite.
Non
solo,
nel
gennaio
1957
venne
vietato
l’uso
del
velo
(hijiab)
nelle
scuole
e
sette
mesi
dopo
le
donne
ottennero
il
diritto
di
voto.
Il
Codice
ha
addirittura
preceduto
l’emanazione
della
Costituzione,
che
in
tale
contesto
rimane
sempre
in
secondo
piano,
tanto
che
il
CSP
è
stato
definito
Costituzione
sociale.
Un
processo
di
modernizzazione,
quello
bourguibiano,
durato
circa
venti
anni,
giusto
il
tempo
di
cavalcare
l’onda
dell’entusiasmo
dopo
l’indipendenza
tunisina
dalla
Francia,
donando
alla
società
quella
fiducia
necessaria
per
abbandonare
in
parte
principi
religiosi
e
adottarne
altri
più
concreti
e
meno
anacronistici
attraverso
l’interpretazione
personale
(ijtihad),
che
ha
permesso
appunto
di
riformare
la
legislazione
classica
a
favore
di
un
moderno
adattamento
alle
esigenze
richieste
da
nuove
situazioni
sociali.
Tuttavia
gli
anni
successivi
furono
per
Bourguiba
una
sorta
di
sconfitta,
visto
il
dietro
front
che
dovette
mettere
in
pratica
a
causa
delle
pressioni
islamiste
sempre
più
contrarie
ai
programmi
riformatori
del
presidente.
Da
qui
una
serie
di
discriminazioni
permanenti
per
la
donna
per
quanto
riguarda
la
successione,
la
filiazione
e il
matrimonio
misto.
Anche
Ben
Ali,
successore
di
Bourguiba,
sin
dalla
sua
elezione
affermò
la
volontà
di
portare
avanti
i
progetti
del
suo
predecessore,
tuttavia
il
legame
con
le
tradizione
rimase
forte,
lasciando
la
donna
in
uno
stato
di
sottomissione
che
proprio
in
questi
giorni
mostra
le
conseguenze
di
un’emancipazione
raggiunta
a
metà
in
un
paese
che
solo
apparentemente
appariva
migliore
rispetto
ad
altri
paesi
arabo-musulmani.