[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 160 / APRILE 2021 (CXCI)


filosofia & religione

.

La concezione della storia SECONDO voltaire
tra antirelIgiosità
e progresso
di Giovanni Pellegrino & Mariangela Mangieri

 

In questo articolo prenderemo in considerazione la concezione della storia di Voltaire, uno dei più importanti esponenti dell’Illuminismo francese. Prima di affrontare tale argomento vogliamo premettere che all’origine della filosofia della storia di Voltaire vi sono la liberazione dall’interpretazione teologica della storia tipica di Agostino di Pousset.

 

Per dirla in altro modo, alla base del pensiero di Voltaire vi è una motivazione antireligiosa che ben si inserisce nella crisi dello spirito europeo con la quale l’ideale del progresso aveva preso il posto della provvidenza (tale crisi si verificò tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII secolo).

 

In estrema sintesi possiamo dire che Voltaire si proponeva di far crollare l’antico sistema religioso cristiano e in particolar modo la concezione cristiana della storia essendo ben cosciente di promuovere una grande rivoluzione politica e religiosa. Quando Voltaire scrisse il suo “Essai” aveva in mente l’opera di Bousset: tale opera era una nuova edizione aggiornata della teologia della storia di Agostino. L’opera di Bousset ha inizio con la creazione del mondo e finisce all’epoca di Carlo Magno. Voltaire la riprese a questo punto e la continuò fino all’epoca di Luigi XIII.

 

L’opera di Voltaire dapprima doveva essere nelle sue intenzioni soltanto una prosecuzione dell’opera di Bousset ma divenne di fatto una confutazione della concezione tradizionale della storia, sia nel principio, sia nel metodo e nel contenuto. Dobbiamo dire che Voltaire iniziò la sua opera parlando della Cina, seguito in ciò da Hegel.

 

La Cina era emersa proprio in quel periodo storico all’orizzonte del mondo occidentale cristiano attraverso le relazioni dei missionari francesi che erano rimasti profondamente impressionati dall’antichità e dall’eccellenza della civiltà cinese. Inoltre, i missionari francesi erano rimasti colpiti dall’etica di Confucio. Tuttavia sorse allora il problema se le missioni cristiane in Cina dovessero adattarsi oppure no alla religione cinese. Molti dei gesuiti colti che avevano viaggiato in Cina erano favorevoli a questa idea ma la chiesa si oppose e Voltaire sostenne i gesuiti contro la chiesa.

 

Con la scoperta della Cina l’orbis terrarum dell’antichità classica e del cristianesimo divenne oggetto di un significativo confronto. Per la prima volta le conquiste dell’Europa furono commisurate alle creazioni di una civiltà non cristiana, cosicché l’Europa dovette imparare a guardare se stessa dall’esterno in maniera quanto più possibile obiettiva. Inoltre sorse il problema di conciliare l’unità della storia cristiana avente il suo centro nella storia del popolo eletto, con la nuova conoscenza del lontano oriente. Una particolare difficoltà consisteva nel conciliare la cronologia storica della Bibbia con quella non biblica e astronomica dei cinesi.

 

Era una difficoltà questa analoga a quella incontrata dai padri della chiesa nel loro difficile tentativo di conciliare la cronologia ebraica con quella romana. Voltaire attribuisce molta importanza alla conoscenza della storia e della cultura della Cina. Il primo capitolo degli Essai di Voltaire sulla Cina mirava a screditare il racconto biblico della creazione.

 

La giustificazione che Voltaire dà di questo inizio inconsueto della sua opera è il fatto di volere intervenire in favore della civiltà contro la barbarie. Per Voltaire la storia cinese non soltanto è più antica ma anche più civile e importante delle storie dell’Antico Testamento.

Voltaire inoltre sottolinea la superiorità della storia cinese su quella di gran lunga meno importante degli ebrei, che si ribellavano spesso contro i loro.

Voltaire mette in evidenza che gli ebrei avevano una cattiva fama agli occhi dei greci e dei romani che potevano leggere i libri ebraici. Al contrario agli occhi dei cristiani gli ebrei erano considerati i predecessori del popolo cristiano, alla luce della fede biblica. Voltaire afferma inoltre che quasi tutti gli eventi della storia ebraica erano disdicevoli anche se per i cristiani erano considerati un prodotto della volontà divina. Al contrario per Voltaire la storia dei cinesi era molto più ammirevole di quella ebraica dal momento che la storia dei cinesi era priva di favole, di miracoli e di profezie, che il filosofo francese considerava assurde.

Inoltre per Voltaire Confucio era un vero saggio, di gran lunga superiore ai profeti biblici (Voltaire ammirava a tal punto Confucio da appendere le effigie del saggio cinese nella stanza da letto).

Voltaire dopo aver preso in considerazione in maniera approfondita la storia dei cinesi passa a considerare la storia degli indiani, dei persiani, degli arabi e infine di Roma e l’ascesa del cristianesimo.

In tutte queste analisi avvincenti e argute ma anche accuratamente documentate egli parla espressamente come filosofo e come storico. Infatti Voltaire non parla mai nella sua opera come un uomo che crede alle rivelazioni divine, ai miracoli e alle profezie. Egli distingue sempre con molta attenzione la storia sacra da quella profana e si interessa sempre di tutto ciò che attiene alla dimensione umana.

 

Voltaire in questo è molto diverso da Bousset, secondo il quale la storia profana e quella sacra si trovavano sempre in una relazione reciproca a causa dell’azione della provvidenza divina. Infatti per Bousset la storia sacra e quella profana avevano uno scopo comune ovvero la realizzazione del volere divino. Voltaire non soltanto distingue con attenzione il sapere razionale dalla fede nella rivelazione divina ma sottopone anche la narrazione biblica alla critica storica.

 

Ma qual è in ultima analisi il metodo di Voltaire negli Essai?

 

Egli raccoglie il maggior numero possibile di fatti culturali significativi e li valuta alla luce dell’universale ragione umana. Per Voltaire la civiltà consiste nello sviluppo progressivo della scienza e della tecnica, dei costumi e delle leggi, del commercio e dell’industria.

 

I due grandi ostacoli a questo progresso sono le religioni dogmatiche e le guerre politiche, i due oggetti principali della teologia della storia politica di Bousset. L’enorme successo dell’Essai è dovuto essenzialmente al fatto che egli offrì alla borghesia in ascesa una giustificazione storica dei suoi ideali con l’affermazione che tutta la storia ha il suo culmine nel XVIII secolo.

 

Per Voltaire Dio anche se esiste non interviene più nella storia ma si limita a osservare gli eventi. Per Voltaire il significato e lo scopo della storia consistono nel miglioramento della condizione umana mediante la ragione che può rendere l’uomo meno ignorante nonché più felice e migliore. La concezione volteriana della storia è condizionata non solo dalla scoperta della Cina ma anche dalla rivoluzione delle scienze fisiche che egi seguì con vivo interesse. Sul piano morale a causa di questa rivoluzione la terra divenne piccola e nello stesso tempo l’unica residenza della razza umana.

 

L’importanza centrale della razza umana si dimostrò un’illusione e di conseguenza l’uomo dovette adattarsi a un’idea più modesta del proprio ruolo nell’universo. Nel XVIII secolo si sostituì l’idea della centralità dell’uomo nell’universo con l’idea più modesta di un laborioso ma continuo progresso.

 

L’opera classica letteraria che esprime questo radicale mutamento di prospettiva è l’opera di Voltraire intitolata Le Micromegas: tale opera è il racconto filosofico del viaggio di un abitante di un’altra stella sul pianeta Saturno. In tale viaggio egli incontra accidentalmente strani piccoli esseri viventi chiamati uomini. Essi sono dotati della parola e pretendono di avere un’anima. Uno di tali uomini afferma perfino che l’intera creazione sia fatta unicamente per l’uomo provocando la fragorosa risata del viaggiatore celeste. Voltaire in tale opera critica in maniera spietata la pretesa di alcuni intellettuali del suo tempo di considerare la razza umana al centro dell’universo (vedasi i tomisti che accettavano l’idea che la terra fosse al centro dell’universo).

 

Nel romanzo filosofico Candide vengono sottoposte alla critica satirica di Voltaire la teoria cristiana della provvidenza e la Teodicea di Leibniz che compare nell’opera di Voltaire nella figura del dottore Pangloss, il quale afferma che nel nostro mondo tutto esiste per raggiungere un determinato fine funzionale agli interessi della razza umana. Pangloss sostiene anche che il peccato originale e le conseguenti punizioni divine entrano necessariamente nello schema del migliore dei mondi possibili. Voltaire sottopone alla sua spietata ironia tutta la filosofia morale e metafisica giudicata da egli stesso inutile e priva di senso.

 

Alla fine del Candide il protagonista di tale opera scopre il fine ultimo della sua esistenza ovvero la cultura nel suo senso più letterale. Per Voltaire l’uomo deve semplicemente coltivare il suo giardino ovvero proseguire il suo cammino sulla strada della civiltà e della cultura. Questo è l’unico modo di rendere sopportabile la vita.

 

Dietro quest’opera del filosofo francese che vuol ridurre all’assurdo la giustificazione di Dio nella storia del mondo, vi è la tragica esperienza del grande terremoto di Lisbona del 1755. Questo disastro produsse in tutta Europa una profonda impressione e inoltre causò la revisione della concezione razionalistica della provvidenza divina. Quando Voltaire scrisse il suo Essai contro Bousset aveva in mente una duplice critica. In primo luogo Voltaire voleva mettere in evidenza che la storia universale di Busset non era affatto universale.

 

In secondo luogo l’autore francese voleva sottolineare che il corso degli eventi storici non rivela l’intervento della provvidenza. Voltaire negli Essai osservò che la storia di Bousset trattava soltanto i quattro regni dell’antichità, rappresentandoli anzitutto nei loro rapporti con la storia degli ebrei. Bousset si comportò come se la storia ebraica fosse il centro di tutto l’interesse e il significato della storia dell’umanità. Voltaire sostenne che per costruire una storia universale non bisognava porre al centro di essa un singolo popolo.

 

Egli, osservò inoltre, che il popolo ebraico era stato messo al centro della storia da Bousset a causa delle concezioni religiose dell’autore stesso. Infatti è l’idea dell’esistenza dell’unico Dio biblico che orienta e mette a fuoco la storia universale di Bousset. Voltaire respinge nella maniera più assoluta questa idea tipicamente cristiana anche perché elimina totalmente dalla sua opera le dottrine cristiane della creazione e della provvidenza, nonché del giudizio finale e della redenzione.

 

Voltaire tenta di sostituire l’idea della provvidenza con quella del progresso ovverossia con l’idea della fede nelle capacità umane. Voltaire era troppo intelligente per esagerare l’ideale del progresso. Egli infatti credeva a un progresso moderato intervallato da periodi di regresso e soggetto alla casualità fino a quando la ragione non avesse assunto la prevalenza assoluta nella storia del genere umano. Questa moderazione distingue Voltaire da Condorcet e dalle sue aspettative entusiastiche. Voltaire è consapevole che non vi sarà posto per un progresso irreversibile nella storia umana fino a quando la ragione non avesse assunto il controllo totale degli eventi storici.

 

Egli in conclusione come tutti gli illuministi esalta al massimo grado la Ragione, considerata una vera divinità in grado di salvare il mondo dalle tenebre dell’ignoranza.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]