filosofia & religione
.
La concezione della storia
SECONDO voltaire
tra antirelIgiosità
e progresso
di Giovanni Pellegrino & Mariangela
Mangieri
In questo articolo prenderemo in
considerazione la concezione della
storia di Voltaire, uno dei più
importanti esponenti dell’Illuminismo
francese. Prima di affrontare tale
argomento vogliamo premettere che
all’origine della filosofia della storia
di Voltaire vi sono la liberazione
dall’interpretazione teologica della
storia tipica di Agostino di Pousset.
Per dirla in altro modo, alla base del
pensiero di Voltaire vi è una
motivazione antireligiosa che ben si
inserisce nella crisi dello spirito
europeo con la quale l’ideale del
progresso aveva preso il posto della
provvidenza (tale crisi si verificò tra
la fine del XVII secolo e l’inizio del
XVIII secolo).
In estrema sintesi possiamo dire che
Voltaire si proponeva di far crollare
l’antico sistema religioso cristiano e
in particolar modo la concezione
cristiana della storia essendo ben
cosciente di promuovere una grande
rivoluzione politica e religiosa. Quando
Voltaire scrisse il suo “Essai” aveva in
mente l’opera di Bousset: tale opera era
una nuova edizione aggiornata della
teologia della storia di Agostino.
L’opera di Bousset ha inizio con la
creazione del mondo e finisce all’epoca
di Carlo Magno. Voltaire la riprese a
questo punto e la continuò fino
all’epoca di Luigi XIII.
L’opera di Voltaire dapprima doveva
essere nelle sue intenzioni soltanto una
prosecuzione dell’opera di Bousset ma
divenne di fatto una confutazione della
concezione tradizionale della storia,
sia nel principio, sia nel metodo e nel
contenuto. Dobbiamo dire che Voltaire
iniziò la sua opera parlando della Cina,
seguito in ciò da Hegel.
La Cina era emersa proprio in quel
periodo storico all’orizzonte del mondo
occidentale cristiano attraverso le
relazioni dei missionari francesi che
erano rimasti profondamente
impressionati dall’antichità e
dall’eccellenza della civiltà cinese.
Inoltre, i missionari francesi erano
rimasti colpiti dall’etica di Confucio.
Tuttavia sorse allora il problema se le
missioni cristiane in Cina dovessero
adattarsi oppure no alla religione
cinese. Molti dei gesuiti colti che
avevano viaggiato in Cina erano
favorevoli a questa idea ma la chiesa si
oppose e Voltaire sostenne i gesuiti
contro la chiesa.
Con la scoperta della Cina l’orbis
terrarum dell’antichità classica e
del cristianesimo divenne oggetto di un
significativo confronto. Per la prima
volta le conquiste dell’Europa furono
commisurate alle creazioni di una
civiltà non cristiana, cosicché l’Europa
dovette imparare a guardare se stessa
dall’esterno in maniera quanto più
possibile obiettiva. Inoltre sorse il
problema di conciliare l’unità della
storia cristiana avente il suo centro
nella storia del popolo eletto, con la
nuova conoscenza del lontano oriente.
Una particolare difficoltà consisteva
nel conciliare la cronologia storica
della Bibbia con quella non biblica e
astronomica dei cinesi.
Era una difficoltà questa analoga a
quella incontrata dai padri della chiesa
nel loro difficile tentativo di
conciliare la cronologia ebraica con
quella romana. Voltaire attribuisce
molta importanza alla conoscenza della
storia e della cultura della Cina. Il
primo capitolo degli Essai di Voltaire
sulla Cina mirava a screditare il
racconto biblico della creazione.
La giustificazione che Voltaire dà di
questo inizio inconsueto della sua opera
è il fatto di volere intervenire in
favore della civiltà contro la barbarie.
Per Voltaire la storia cinese non
soltanto è più antica ma anche più
civile e importante delle storie
dell’Antico Testamento.
Voltaire inoltre sottolinea la
superiorità della storia cinese su
quella di gran lunga meno importante
degli ebrei, che si ribellavano spesso
contro i loro.
Voltaire mette in evidenza che gli ebrei
avevano una cattiva fama agli occhi dei
greci e dei romani che potevano leggere
i libri ebraici. Al contrario agli occhi
dei cristiani gli ebrei erano
considerati i predecessori del popolo
cristiano, alla luce della fede biblica.
Voltaire afferma inoltre che quasi tutti
gli eventi della storia ebraica erano
disdicevoli anche se per i cristiani
erano considerati un prodotto della
volontà divina. Al contrario per
Voltaire la storia dei cinesi era molto
più ammirevole di quella ebraica dal
momento che la storia dei cinesi era
priva di favole, di miracoli e di
profezie, che il filosofo francese
considerava assurde.
Inoltre per Voltaire Confucio era un
vero saggio, di gran lunga superiore ai
profeti biblici (Voltaire ammirava a tal
punto Confucio da appendere le effigie
del saggio cinese nella stanza da
letto).
Voltaire dopo aver preso in
considerazione in maniera approfondita
la storia dei cinesi passa a considerare
la storia degli indiani, dei persiani,
degli arabi e infine di Roma e l’ascesa
del cristianesimo.
In tutte queste analisi avvincenti e
argute ma anche accuratamente
documentate egli parla espressamente
come filosofo e come storico. Infatti
Voltaire non parla mai nella sua opera
come un uomo che crede alle rivelazioni
divine, ai miracoli e alle profezie.
Egli distingue sempre con molta
attenzione la storia sacra da quella
profana e si interessa sempre di tutto
ciò che attiene alla dimensione umana.
Voltaire in questo è molto diverso da
Bousset, secondo il quale la storia
profana e quella sacra si trovavano
sempre in una relazione reciproca a
causa dell’azione della provvidenza
divina. Infatti per Bousset la storia
sacra e quella profana avevano uno scopo
comune ovvero la realizzazione del
volere divino. Voltaire non soltanto
distingue con attenzione il sapere
razionale dalla fede nella rivelazione
divina ma sottopone anche la narrazione
biblica alla critica storica.
Ma qual è in ultima analisi il metodo di
Voltaire negli Essai?
Egli raccoglie il maggior numero
possibile di fatti culturali
significativi e li valuta alla luce
dell’universale ragione umana. Per
Voltaire la civiltà consiste nello
sviluppo progressivo della scienza e
della tecnica, dei costumi e delle
leggi, del commercio e dell’industria.
I due grandi ostacoli a questo progresso
sono le religioni dogmatiche e le guerre
politiche, i due oggetti principali
della teologia della storia politica di
Bousset. L’enorme successo dell’Essai è
dovuto essenzialmente al fatto che egli
offrì alla borghesia in ascesa una
giustificazione storica dei suoi ideali
con l’affermazione che tutta la storia
ha il suo culmine nel XVIII secolo.
Per Voltaire Dio anche se esiste non
interviene più nella storia ma si limita
a osservare gli eventi. Per Voltaire il
significato e lo scopo della storia
consistono nel miglioramento della
condizione umana mediante la ragione che
può rendere l’uomo meno ignorante nonché
più felice e migliore. La concezione
volteriana della storia è condizionata
non solo dalla scoperta della Cina ma
anche dalla rivoluzione delle scienze
fisiche che egi seguì con vivo
interesse. Sul piano morale a causa di
questa rivoluzione la terra divenne
piccola e nello stesso tempo l’unica
residenza della razza umana.
L’importanza centrale della razza umana
si dimostrò un’illusione e di
conseguenza l’uomo dovette adattarsi a
un’idea più modesta del proprio ruolo
nell’universo. Nel XVIII secolo si
sostituì l’idea della centralità
dell’uomo nell’universo con l’idea più
modesta di un laborioso ma continuo
progresso.
L’opera classica letteraria che esprime
questo radicale mutamento di prospettiva
è l’opera di Voltraire intitolata Le
Micromegas: tale opera è il racconto
filosofico del viaggio di un abitante di
un’altra stella sul pianeta Saturno. In
tale viaggio egli incontra
accidentalmente strani piccoli esseri
viventi chiamati uomini. Essi sono
dotati della parola e pretendono di
avere un’anima. Uno di tali uomini
afferma perfino che l’intera creazione
sia fatta unicamente per l’uomo
provocando la fragorosa risata del
viaggiatore celeste. Voltaire in tale
opera critica in maniera spietata la
pretesa di alcuni intellettuali del suo
tempo di considerare la razza umana al
centro dell’universo (vedasi i tomisti
che accettavano l’idea che la terra
fosse al centro dell’universo).
Nel romanzo filosofico Candide
vengono sottoposte alla critica satirica
di Voltaire la teoria cristiana della
provvidenza e la Teodicea di Leibniz che
compare nell’opera di Voltaire nella
figura del dottore Pangloss, il quale
afferma che nel nostro mondo tutto
esiste per raggiungere un determinato
fine funzionale agli interessi della
razza umana. Pangloss sostiene anche che
il peccato originale e le conseguenti
punizioni divine entrano necessariamente
nello schema del migliore dei mondi
possibili. Voltaire sottopone alla sua
spietata ironia tutta la filosofia
morale e metafisica giudicata da egli
stesso inutile e priva di senso.
Alla fine del Candide il
protagonista di tale opera scopre il
fine ultimo della sua esistenza ovvero
la cultura nel suo senso più letterale.
Per Voltaire l’uomo deve semplicemente
coltivare il suo giardino ovvero
proseguire il suo cammino sulla strada
della civiltà e della cultura. Questo è
l’unico modo di rendere sopportabile la
vita.
Dietro quest’opera del filosofo francese
che vuol ridurre all’assurdo la
giustificazione di Dio nella storia del
mondo, vi è la tragica esperienza del
grande terremoto di Lisbona del 1755.
Questo disastro produsse in tutta Europa
una profonda impressione e inoltre causò
la revisione della concezione
razionalistica della provvidenza divina.
Quando Voltaire scrisse il suo Essai
contro Bousset aveva in mente una
duplice critica. In primo luogo Voltaire
voleva mettere in evidenza che la storia
universale di Busset non era affatto
universale.
In secondo luogo l’autore francese
voleva sottolineare che il corso degli
eventi storici non rivela l’intervento
della provvidenza. Voltaire negli
Essai osservò che la storia di
Bousset trattava soltanto i quattro
regni dell’antichità, rappresentandoli
anzitutto nei loro rapporti con la
storia degli ebrei. Bousset si comportò
come se la storia ebraica fosse il
centro di tutto l’interesse e il
significato della storia dell’umanità.
Voltaire sostenne che per costruire una
storia universale non bisognava porre al
centro di essa un singolo popolo.
Egli, osservò inoltre, che il popolo
ebraico era stato messo al centro della
storia da Bousset a causa delle
concezioni religiose dell’autore stesso.
Infatti è l’idea dell’esistenza
dell’unico Dio biblico che orienta e
mette a fuoco la storia universale di
Bousset. Voltaire respinge nella maniera
più assoluta questa idea tipicamente
cristiana anche perché elimina
totalmente dalla sua opera le dottrine
cristiane della creazione e della
provvidenza, nonché del giudizio finale
e della redenzione.
Voltaire tenta di sostituire l’idea
della provvidenza con quella del
progresso ovverossia con l’idea della
fede nelle capacità umane. Voltaire era
troppo intelligente per esagerare
l’ideale del progresso. Egli infatti
credeva a un progresso moderato
intervallato da periodi di regresso e
soggetto alla casualità fino a quando la
ragione non avesse assunto la prevalenza
assoluta nella storia del genere umano.
Questa moderazione distingue Voltaire da
Condorcet e dalle sue aspettative
entusiastiche. Voltaire è consapevole
che non vi sarà posto per un progresso
irreversibile nella storia umana fino a
quando la ragione non avesse assunto il
controllo totale degli eventi storici.
Egli in conclusione come tutti gli
illuministi esalta al massimo grado la
Ragione, considerata una vera divinità
in grado di salvare il mondo dalle
tenebre dell’ignoranza. |