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N. 88 - Aprile 2015 (CXIX)

UN PICCOLO TEATRO PER UN GRANDE EVENTO
IL CONCERTO DI VECCHIONI A MATELICA

di Andrea Bajocco

 

Tra le molteplici date che lo vedranno in concerto lungo tutto lo Stivale, Roberto Vecchioni ha scelto una dozzina di location “diverse” dal solito: piccoli teatri adatti perlopiù a eventi per pochi intimi. Tra questi, il 10 aprile, nel pieno centro di Matelica – cittadina dell’entroterra marchigiano – il Professore ha scelto il Teatro Piermarini, “una piccola bomboniera” come lui stesso lo ha definito, dove si è esibito di fronte a poche centinaia di spettatori.

 

La scelta del teatro forse non è del tutto casuale; l’architetto Giuseppe Piermarini infatti – aveva i suoi natali a Foligno, a poco più di 50km da Matelica – è stato l’architetto del Teatro La Scala, tanto caro a un milanese doc come Roberto Vecchioni.

 

Se la location, come detto, è diversa dal solito, il copione della serata è addirittura qualcosa di nuovo, di mai visto. È molto più di un concerto, è una lezione. Una lezione tenuta con passione e senza saccenza da un Professore profondamente innamorato della Storia, dell’Arte, della Musica e, soprattutto, della Vita.

 

A inizio serata, il cantautore vincitore dell’edizione del 2011 del Festival di Sanremo con il brano Chiamami Ancora Amore, mette in chiaro il leitmotiv delle due ore successive. Sarà una “narrazione senza copione” che percorrerà in lungo e in largo la vita del Professore, che in più di un’occasione si è commosso durante la serata.

 

Va da sé che uno spettacolo così intimo, introspettivo e privato non necessita di un’intera band al seguito, bensì di un compagno di viaggio ad hoc. Per l’occasione, Vecchioni si è presentato sul palco del Teatro Piermarini con il solo Massimo Germini e la sua chitarra classica.

 

Racconta quindi la sua vita, Roberto Vecchioni.

 

Era bambino quando seduto con il Papà a un bar di Milano incontrava Montale, Chomsky e Borges e iniziava ad avvicinarsi alla letteratura. Ed era bambino quando, rovistando nella biblioteca di casa, è rimasto folgorato dalla visione di un libro di grammatica greca. Si è trovato quindi dinanzi a un bivio: accantonare quel libro, in attesa di essere grande abbastanza per poterlo studiare, oppure impuntarsi e iniziare subito in quella che si prospettava come un’impresa titanica, quasi impossibile. Il Vecchioni che conosciamo affonda le radici nella scelta di iniziare subito, passando notti intere all’inseguimento di una soddisfazione personale che, negli anni, lo porterà ad amare follemente la Storia e la Cultura dell’antica Grecia.

 

Questo amore lo ha messo nero su bianco con un romanzo che è stato pubblicato nel 2014: Il mercante di luce. La storia, struggente, parla di un ragazzo affetto da progeria (malattia che causa un invecchiamento precoce) e di un padre che, attraverso i miti greci racconta la bellezza della vita in tutte le sue sfaccettature a quel figlio che suo malgrado non potrà mai viverle in prima persona. Quando Vecchioni menzionava il suo romanzo, tuttavia, non lo faceva a mo’ di promozione, era semplicemente il mezzo per presentare delle tracce suonate durante il concerto e strettamente legate al testo.

 

Sembra impossibile scrivere (e leggere, ovviamente...) di un concerto menzionando solo come contorno musica e canzoni, ma davvero chi era presente è uscito dal teatro consapevole di non aver preso parte a una “semplice” esibizione dal vivo, ma a una ricerca umanistica di vita. Una ricerca che si basa su tre semplici, ma allo stesso tempo ricercate, parole: Dignità, Coerenza e Passione. Alzi la mano chi, guardandosi allo specchio, può dire di non averne mai tradita, anche se per un breve o brevissimo lasso di tempo, almeno una... Beh, pur non avendo mai avuto modo di conoscerlo personalmente, chi scrive è pronto a mettere la mano sul fuoco che Roberto Vecchioni non l’ha mai fatto. Ed è per questo che riesce ad affrontare certi discorsi (che siano questi discorsi di vita, di morte, di malattia, di gioia o di dolore) con il sorriso sempre stampato in volto.

 

Il lato musicale dello show è stato all’altezza del resto della serata e dei consueti concerti tenuti da Vecchioni. Di differente c’è la scelta della scaletta che non può far altro che seguire il filo logico dell’evento. Vengono infatti citati Van Gogh – con il pezzo Vincent, cover italiana di Vincent (Starry, Starry Night) di Don McLean –, Saffo con Il Cielo Capovolto (Ultimo Canto di Saffo) e Pessoa con Le lettere d’amore (Chevalier de Pas).

 

Sono state poi proposte, tra le altre, Nina e Cloe (con la quale Vecchioni dichiara il suo amore per le nipoti, figlie di un amore anticonformista sempre appoggiato a spada tratta dall’intera famiglia Vecchioni) e Tutti i Colori del Buio, alternandole ai pezzi più amati e famosi del cantautore quali Bandolero Stanco, Chiamami Ancora Amore, Luci a San Siro e la sempre sottocutanea Sogna Ragazzo Sogna.

 

Non è stata suonata Samarcanda, ma non è per forza un “male”. È una canzone che rischia di perdersi se esibita in acustico; ha bisogno di tutte le sonorità per arrivare al cuore di chi l’ascolta... E, probabilmente, in una serata come questa, si sentiva più il bisogno di una svolta intimistica anche a livello musicale. Nessun dramma quindi, anche perché a fine serata è stato confermato dallo stesso Vecchioni che in estate sarà di nuovo nelle Marche, a Macerata o ad Ancona forse, per esibirsi in un concerto più “normale”.



 

 

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