N. 11 - Novembre 2008
(XLII)
E PEPPONE UCCISE
DON CAMILLO…
Comunismo e
Cristianesimo nel XX°
secolo
di Andrea Monaldi
L’immaginario collettivo
della gran parte della popolazione italiana è
positivamente influenzato dalla splendida opera di
Giovannino Guareschi, nella quale il comunista Peppone e
il parroco don Camillo animano lo scontro politico in un
paesino emiliano. Non si può non rimanere colpiti da
questi due personaggi che, pur partendo da posizioni
opposte, finiscono sempre per incontrarsi nella
condivisione di valori come la lealtà e il rispetto per
la vita.
Purtroppo la storia recente ci tramanda una realtà che
ben differisce da quella letteraria e idilliaca
presentataci dallo scrittore emiliano e riproposta, con
notevole successo, nei film che hanno come protagonisti
Gino Cervi e Fernandel.
Il Novecento della Chiesa può essere definito il secolo
del martirio, poiché, secondo alcune stime, i morti per
la loro manifesta adesione alla fede cristiana sono
circa cinque milioni.
La persecuzione dei cristiani è stata una costante
soprattutto dei regimi comunisti, e questo articolo
vuole brevemente accennare ai fatti terribili e spesso
dimenticati che avvennero nella prima parte del secolo
in Spagna e in Messico.
Mentre tutti sentiamo giustamente parlare della Shoah e
delle stragi naziste, mai riusciamo ad ascoltare
qualcosa riguardante il «razzismo» marxista, soprattutto
quello nei confronti dei cristiani.
Probabilmente al martirio dei cosiddetti Cristeros
spetta il non invidiabile primato dell’oblio, visto che
nei manuali di storia solitamente non viene fatto
nemmeno accenno a questa tragedia messicana.
Già dal dicembre del 1916 i governi messicani avevano
attuato provvedimenti anticattolici, ma è con le
inaudite restrizioni della libertà religiosa imposte
dalla legge Calles (1926), e con le violenze che ne
seguirono, che inizia una rivolta in diverse zone del
Paese.
Costretti alla clandestinità e considerati dei
fuorilegge, inizialmente i cattolici si erano riuniti in
associazioni che, boicottando i prodotti statali,
causarono non pochi problemi alla nazione. Gli interessi
colpiti ormai facevano entrare in campo non solo il
governo e la massoneria, ma anche gli Stati Uniti lesi
nei loro interessi.
Per protesta, ma anche per salvaguardare l’incolumità
dei cristiani, i vescovi messicani decisero di chiudere
le chiese e sospendere il culto pubblico, mentre Pio XI
non faceva mancare il proprio sostegno con una ferma e
vibrante protesta affidata all’enciclica Iniquis
afflictisque. Dal canto loro i credenti trovarono il
coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede,
affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi
quella militare.
Numerose le violenze e le esecuzioni sommarie, basti
pensare che furono emanati proclami che vietavano il
battesimo, il matrimonio, la confessione, pena la
fucilazione.
Dopo questa ulteriore violentissima risposta
governativa, ai cattolici non rimase altro che
accantonare tutte le altre forme di resistenza non
violenta e impugnare le armi. Si formò così un esercito
di volontari composto soprattutto dai ceti meno
abbienti: contadini, impiegati, studenti, tutti uniti
dal desiderio di restaurare le libertà soppresse.
Utilizzando la tecnica della guerriglia, i Cristeros,
così chiamati per via del loro grido di battaglia «Viva
Cristo Rey!», si scontrarono vittoriosamente con
l’esercito regolare che combatteva portando un vessillo
nero con teschio e tibie, urlando «Viva el demonio!».
L’intervento di mediazione degli Stati Uniti, che
promettevano una pressione sul governo messicano in
difesa dei cristiani, unito al desiderio di far cessare
le violenze e le sofferenze di un popolo, convinse la
Chiesa a firmare un accordo. Era il 21 giugno 1929.
Il 29 giugno le chiese del Messico si riaprirono al
culto tra l'entusiasmo della popolazione, un entusiasmo
che però si mescolava con l’amarezza dei Cristeros per
una vittoria mancata. Molti di loro si sentirono traditi
per quella che veniva considerata una resa più che un
accordo, tanto più che i posti di comando rimanevano in
mano ai loro persecutori.
Appena deposte le armi le violenze governative
ripresero, gli accordi non furono rispettati e la
vendetta ebbe inizio. Saccheggi, esili, arresti, stupri,
fucilazioni tornarono all’ordine del giorno, per anni.
La Cristiada era costata la morte di 30.000 Cristeros, a
cui vanno aggiunti 150.000 morti tra il popolo e quasi
40.000 caduti dell'esercito governativo.
Di poco successiva alla tragedia messicana è quella
spagnola. «Mai nella storia d'Europa e forse in quella
del mondo» ha scritto Hugh Thomas «si era visto un odio
così accanito per la religione e per i suoi uomini», e
anche un anti-franchista come Salvador de Madariaga ha
dovuto ammettere che «nessuno che abbia insieme buona
fede e buona informazione può negare gli orrori di
quella persecuzione: per anni, bastò il solo fatto di
essere cattolico per meritare la pena di morte, inflitta
spesso nei modi più atroci».
I numeri parlano da soli: dal luglio del 1936 furono
ammazzati 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi,
2.365 religiosi, 283 suore e un numero incalcolabile di
semplici cristiani; per non parlare della distruzione di
edifici sacri e di una innumerevole quantità di opere
d’arte.
I motivi di tutta questa violenza erano i più disparati,
si andava dalla semplice colpa del possesso di un
rosario o di un crocefisso all’onta d’essere parente di
un religioso.
L’accanimento e la crudeltà su persone indifese e inermi
raggiunsero livelli indicibili. Una donna fu soffocata
con un crocifisso ficcato nella gola solo perché era la
madre di un sacerdote, per non parlare poi di suore
violentate, religiosi morti disseppelliti e esposti in
pubblico per dileggio, credenti legati vivi a un
cadavere e lasciati esposti al sole fino alla
decomposizione di entrambi.
Liberio Gonzales Nonvela, parroco di Torrijos, fu fatto
morire come Gesù: viene denudato e frustato, coronato di
spine, crocifisso e finito a colpi d’arma da fuoco.
Queste torture fisiche erano sempre accompagnate dalla
volontà dei carnefici di ottenere un rinnegamento della
fede, dalla richiesta di atti sacrileghi, dalla pretesa
che si gridasse «viva il comunismo!».
Le violenze da parte dei rojos avevano avuto inizio già
nel 1931, ma, come dicono i numeri precedentemente
elencati, è con il 1936 che la violenza giunse al suo
apice, cioè da quando le elezioni anticipate di febbraio
portarono i repubblicani al governo del Paese.
Immediatamente prende il via una politica gravemente
persecutoria nei confronti della Chiesa e
dell'opposizione politica, e si varano provvedimenti e
riforme che fanno crollare l’economia spagnola. Si
diffondono il malcontento e i disordini nelle strade, ma
è l'assassinio da parte della polizia urbana della
Repubblica del capo dell'opposizione parlamentare, il
monarchico José Calvo Sotelo, a costituire la causa
simbolica della ribellione (13 luglio 1936).
Ha così inizio una sanguinosa guerra civile che finisce
per coinvolgere altri Stati e che purtroppo sarà solo un
assaggio del secondo conflitto mondiale.
Alla propaganda internazionale che si occupa di questi
avvenimenti partecipano molti intellettuali e artisti,
ed è proprio all’interno di questa mobilitazione che si
inserisce la curiosa storia del famoso quadro la
Guernica di Picasso. Al pittore fu commissionata
un’opera che doveva simboleggiare la strage di Guernica,
così, dietro lauto compenso versato dal Cremlino,
modificò una tela che aveva fatto in memoria del torero
Joselito, morto in una corrida.
La Chiesa inizialmente non prende posizione, ma, col
diffondersi delle notizie sui massacri, decide di
schierarsi in maniera forte e inequivocabile contro i
repubblicani: i vescovi cominciano a parlare di Cruzada,
il Papa Pio XI condanna il comunismo e i suoi
rappresentanti spagnoli nell'enciclica Divini
Redemptoris del 19 marzo 1937.
La Cruzada termina vittoriosamente prima con la
conquista di Madrid, 28 marzo 1939, poi con la
liberazione di Alicante del primo aprile dello stesso
anno. La persecuzione contro i cristiani è finita.
Anche noi italiani abbiamo avuto una guerra civile,
iniziata durante il secondo conflitto mondiale e finita
qualche anno dopo, e anche da noi ci sono stati morti
ammazzati a causa della loro fede religiosa. Un’unica
mano dietro questi omicidi: l’odio e il fanatismo
dell’ideologia comunista.
Tra i religiosi solo una piccola parte aveva
simpatizzato o si era schierata attivamente coi
fascisti, mentre la maggioranza di essi era costituita
da innocenti e addirittura anche da antifascisti
impegnati.
Tutti ebbero lo stesso
destino: furono prima vigliaccamente e barbaramente
uccisi, poi diffamati e calunniati.
Esemplare la storia del seminarista emiliano Rolando
Rivi che, appena quattordicenne, è prelevato dai
partigiani comunisti mentre studiava nel bosco vicino
casa. Viene segregato, insultato, schiaffeggiato,
percosso e secondo alcuni torturato. Dopo tre giorni di
sofferenze il giovane viene portato davanti a una fossa
e ucciso a colpi di pistola.
La veste nera che indossava divenne prima un pallone da
calciare, poi un trofeo di guerra appeso sotto il
porticato di una casa vicina.
In questi anni in cui si torna di nuovo a parlare di
fanatismo religioso e di estremismo politico, è giusto
ricordare che tuttora ci sono persone innocenti che
muoiono a causa della loro fede.
Alla morte fisica
purtroppo si accompagna sempre quella storica, provocata
da deliranti tentativi di giustificazione, riletture
faziose degli eventi e perfino da una totale rimozione.
Chi si ribella alla riproposizione continua di questa
realtà distorta, lasciando parlare i fatti e i
documenti, viene accusato di revisionismo.
Agli amanti della verità e a tutti i martiri dimenticati
è dedicato questo articolo.
Riferimenti bibliografici:
Beretta
Roberto, Storia dei preti uccisi dai partigiani, Piemme,
Milano 2005
Camilleri Rino, Fregati dalla Scuola, Effedieffe, Milano
1999
Finetti Ugo, La Resistenza cancellata, Ares, Milano 2003
Hugh Thomas, Storia della guerra civile spagnola,
Einaudi, Torino 1963
Messori Vittorio, Pensare la storia. Una lettura
cattolica dell'avventura umana, Edizioni Paoline, Milano
1992
Messori Vittorio, Le cose della vita, Edizioni Paoline,
Milano 1995
Riccardi Andrea, Il secolo del martirio. I cristiani nel
novecento, Mondadori, Milano 2000
Risso Paolo, Rolando Rivi. Un ragazzo per Gesù, Edizioni
del Noce, Camposampiero (PD) 2004
Giovanni Sabbatucci - Vittorio Vidotto, Storia
contemporanea. Il Novecento, Laterza, Bari-Roma 2005 |