Sulla colonizzazione delle Americhe
Il caso dei cavalieri di Malta
di
Enrico Targa
Le Colonie del Sovrano Militare
Ordine di Malta furono dei territori
che per quattordicianni costituirono
il nucleo di un tentativo di
costituire un impero coloniale da
parte dei cavalieri ospitalieri
(noti come Cavalieri di San Giovanni
o Cavalieri di Malta): l’ordine
acquistò infatti e occupò quattro
isole nei Caraibi, in America: Saint
Christopher, Saint Martin, Saint
Barthélemy e Saint Croix. La
presenza dei cavalieri nell’area
caraibica crebbe in particolare per
le relazioni di molti di questi con
la nobiltà francese e la presenza di
molti di questi nelle Americhe come
amministratori per conto del governo
francese.
Figura chiave di questa breve
colonizzazione fu Phillippe de
Longvilliers de Poincy, che fu sia
un cavaliere di Malta che un
governatore francese delle colonie
nei Caraibi; Poincy convinse i
cavalieri ad acquistare alcune isole
dalla Compagnie des Îles de l’Amérique
che nel 1651 si trovava ormai in
bancarotta e rimase a governarle
sino alla sua morte avvenuta nel
1660. Durante questo periodo,
l’Ordine fu a tutti gli effetti
proprietario di queste isole, mentre
solo formalmente Luigi XIV di
Francia continuò a mantenerne la
sovranità nominale; a ogni modo
Poincy riuscì a condurre un governo
del tutto personale, indipendente
sia dall’Ordine che dal regno di
Francia.
Nel 1665, gli Ospitalieri vendettero
i loro diritti sulle isole alla
nuova Compagnia francese delle Indie
occidentali, ponendo così fine al
loro protettorato coloniale. Sin
dall’inizio della colonizzazione
francese delle Americhe, membri dei
cavalieri di Malta erano stati
impiegati nel governo della Nuova
Francia e delle Antille francesi. In
quel tempo, l’ordine era costituito
prevalentemente da aristocratici
francesi,e molti ufficiali della
marina francese si erano formati
nella marina del Sovrano Militare
Ordine di Malta.
Molti cavalieri avevano raggiunto
posizioni d’alto rango
nell’amministrazione coloniale
francese, tra cui ricordiamo Aymar
Chaste e Isaac de Razilly in Acadia,
e Charles de Montmagny nel Quebec.
Nel 1635, Razilly suggerì al gran
maestro dell’Ordine, fra Antoine de
Paule, l’opportunità di fondare un
priorato in Acadia, ma Paulle
rigettò quest’idea mentre Il suo
successore, Giovanni Paolo Lascaris,
si dimostrò più interessato alle
questioni coloniali.
Nel 1642-43 venne nominato padrino
di un convertito di etnia Abenaki in
Nuova Francia e Montmagny venne
incaricato di rappresentare lo
stesso Lascaris al battesimo.
Phillippe de Longvilliers de Poincy,
fondatore delle colonie degli
ospitalieri, iniziò così la sua
carriera in una maniera simile a
molti altri amministratori coloniali
dell’epoca. Longvilliers combatté a
suo tempo i Turchi nel Mediterraneo
e partecipò agli assedi dell’Isola
di Ré e La Rochelle nel 1627;tra i
due eventi, prestò servizio sotto
Razilly in Acadia, al comando di un
forte militare. Poincy si recò
dapprima a Saint Christopher nel
1639 come governatore nominato dalla
Compagnie des Îles de l’Amérique.
Re Luigi XIII poco dopo nominò
Poincy suo luogotenente generale per
l’intera area dei Caraibi e
conseguentemente quest’ultimo iniziò
a investire pesantemente in una
serie di progetti di costruzione
sulle isole locali. Estendendo così
il governo francese su altre isole,
andando a costituire il primo
insediamento europeo a
Saint-Barthélemy nel 1648,e fondando
quello di St. Croix nel 1650-51.
Inviò inoltre 300 uomini di rinforzo
nell’area che fondarono
l’insediamento francese di
Saint-Martin, negoziando il Trattato
di Concordia, determinando i confini
tra gli insediamenti francesi e
olandesi che ancora oggi rimangono
in vigore. Poincy inoltre ebbe modo
di qualificarsi come signore
assoluto delle isole, resistendo sia
all’autorità della compagnia
coloniale francese che di quella
dell’Ordine di Malta stesso. Venne
coinvolto in una disputa coi
missionari cappuccini nelle isole, i
quali disapprovavano pubblicamente
il comportamento accondiscendente
del governatore nei confronti dei
protestanti inglesi e olandesi,
nonché degli ugonotti, e per il suo
rifiuto di liberare i figli degli
schiavi che avessero deciso di
battezzarsi. Poincy inoltre provocò
il risentimento generale dei coloni
in quelle aree per il duro
trattamento riservato a quanti gli
si opponevano. Inoltre, si guadagnò
il disprezzo dell’Ordine di Malta
quando utilizzò le entrate
concessegli dalle commende locali
per supportare il suo stile di vita
lussuoso sull’isola dove aveva posto
la sua capitale.
Il direttore della compagnia
coloniale francese decise di
rimpiazzare così Poincy. Venne
pertanto stabilito di nominare al
suo posto Noëlle Patrocles de Thoisy,
nobiluomo borgognone, ottenendo un
ordine di richiamo in Francia del
governatore, controfirmato dal re.
Poincy si rifiutò di abbandonare il
proprio posto e il proprio incarico
e addirittura la sua milizia scacciò
Thoisy dall’isola, giungendo persino
a catturare lo stesso Thoisy e a
rinviarlo in Francia in catene.
Cercando un modo di mantenere la
propria posizione, Poincy nel 1649
suggerì all’Ordine di Malta di
acquistare le isole in cui egli già
si trovava, dal momento che la
compagnia coloniale francese si
trovava sull’orlo della bancarotta.
Egli aveva sfruttato adeguatamente
il momento in quanto lo stesso
cardinale Giulio Mazzarino, primo
ministro francese, si trovava
impegnato con le trattative della
Pace di Vestfalia e non poteva
pertanto rivolgere sufficiente
attenzione al problema della
colonizzazione. Nel 1651 la
compagnia coloniale francese venne
sciolta e i suoi diritti coloniali
vennero venduti a diversi enti. La
Martinica, Guadelupa e altre isole
vennero vendute a enti privati. Gli
Ospitalieri, con l’approvazione del
gran maestro Lascaris, comprarono
Saint-Christophe, assieme alle altre
dipendenze fondate dallo stesso
Poincy a Saint Croix, Saint
Barthélemy e Saint Martin.
L’ambasciatore dell’Ordine alla
corte francese, Jacques de Souvré,
siglò l’accordo. I diritti di
proprietà dell’Ordine vennero
confermati in un trattato con la
Francia due anni dopo: mentre il re
sarebbe rimasto formalmente sovrano
delle isole in questione, i
cavalieri ne avrebbero avuto la
completa giurisdizione temporale e
spirituale. L’unico limite imposto
al loro governo in loco era che al
ruolo di governatore locale
potessero essere inviati unicamente
cavalieri francesi, e all’ascesa di
ogni nuovo re francese avrebbero
dovuto versare un tributo di mille
scudi alla corona di Francia. Il
consiglio del gran maestro decise
quindi che Poincy avrebbe potuto
continuare a prestare servizio come
governatore, ma allo stesso tempo
nominò l’ex governatore della Nuova
Francia, Charles de Montmagny, al
ruolo di "proconsole generale",
inviandolo a rappresentare i loro
interessi a Saint Christopher.
Montmagny sperava di aiutare Poincy
a mantenere in ordine le finanze
delle colonie.
A ogni modo, Poincy ancora una volta
si oppose a interferenze esterne;
quando Montmagny fece ritorno in
Francia, Poincy scacciò dalle isole
quanti lo avevano accompagnato.
L’Ordine inviò Montmagny una seconda
volta nei territori coloniali nel
1653 come "luogotenente
governatore", prendendo formale
possesso dell’isola in nome del gran
maestro. Ancora una volta, a ogni
modo, Poincy si rifiutò di
condividere il proprio potere e
Montmagny venne ben presto messo in
secondo piano, costretto a
trascorrere le proprie giornate
nell’amministrazione di una
piantagione di sua proprietà a Saint
Christopher nella speranza di poter
avere la meglio alla morte di Poincy.
Montmagny morì a ogni modo prima del
suo avversario, nel 1657.
Poincy continuò a sviluppare le
colonie da lui instaurate,
costruendo fortezze e fortificazioni
notevoli su Saint Christopher oltre
che scuole, strade e un ospedale, e
ovviamente la sua residenza (Château
de la Montagne). Al di fuori della
capitale locale, a ogni modo, il
governo degli ospitalieri si mostrò
ancora più precario. L’insediamento
di Saint Barthélemy subì un attacco
da parte della popolazione caraibica
e quanti non rimasero uccisi in
quest’occasione, decisero di
abbandonare l’isola. Poincy inviò un
gruppo di 30 uomini a rimpiazzarli
che erano già divenuti 100 nel 1664.
Nel 1657 una rivolta detronizzò il
regime degli ospitalieri a St.
Croix. Poincy inviò un nuovo
governatore a restaurare l’ordine,
fece costruire delle fortificazioni
e un monastero, iniziando inoltre a
spianare buona parte delle foreste
dell’isola per impiantarvi delle
piantagioni per l’agricoltura. A
rimpiazzare Montmagny, l’Ordine
inviò due nuovi luogotenenti
governatori. Il più importante dei
due fu Charles de Sales, imparentato
con San Francesco di Sales che si
dimostrò particolarmente munifico
verso gli abitanti dell’isola. Poco
prima della sua morte nel 1660,
Poincy siglò un trattato di pace con
gli inglesi e i popoli caraibici di
Saint Christopher, ma questa pace
non perdurò a lungo. De Sales
succedette a Poincy come
governatore.
Nel 1666, quando ormai i cavalieri
avevano rinunciato formalmente al
loro controllo sulle isole, scoppiò
una lotta tra Francia e Inghilterra
sull’isola. In uno scontro a Cayonne,
de Sales rimase ucciso, ma i
francesi furono in grado di
mantenere il controllo dei loro
insediamenti. Dai primi anni ‘60 del
Seicento, iniziò a diffondersi in
queste colonie un certo senso di
frustrazione dal momento che queste
venivano sfruttate senza profitto.
L’Ordine continuava a dovere del
denaro alla Francia alla quale aveva
chiesto la somma necessaria per
l’acquisto iniziale delle isole, e a
Malta i cavalieri dibattevano se
questa spesa fosse stata
adeguatamente ponderata e se fosse
utile mantenere tali colonie.
Jean-Baptiste Colbert, più
interessato di Mazzarino al tema
della colonizzazione, era ora l’uomo
di punta alla corte di Luigi XIV e
fece pertanto pressione sui
cavalieri perché vendessero i loro
possedimenti coloniali alla Francia.
Nel 1665, i cavalieri decisero
quindi di vendere i loro territori
coloniali alla Compagnia francese
delle Indie Occidentali. I cavalieri
di Malta dopo questa esperienza
coloniale non ne fecero altre nel
mondo. Membri dell’ordine rimasero
comunque attivi nella marina
francese e nei suoi territori
coloniali d’oltremare. Molti furono
coinvolti nell’amministrazione della
Compagnia del Mississippi nel XVIII
secolo.
Sul finire del Settecento,
Étienne-François Turgot, un
cavaliere ospitaliero e
amministratore coloniale, cercò
senza successo di insediare i
maltesi in Guiana. Il breve periodo
di occupazione degli ospitalieri è
comunque ancora oggi celebrato su
diverse isole. Il governo di Poincy
su St. Kitts è ricordato per la sua
grandeur. A St. Croix si trovano
ancora oggi frequenti testimonianze
del passaggio dei maltesi. St.
Barthélemy ha ancora oggi nel
proprio stemma la croce di Malta su
una banda rossa a rappresentare
proprio il periodo della
colonizzazione ospitaliera.
Il
tentativo di colonizzazione
fiorentina delle Americhe prese il
nome del comandante della missione e
passò quindi alla storia come “La
spedizione Thornton”: fu una
missione esplorativa guidata da
Robert Thornton che nel XVII secolo
tentò di fondare, su incarico di
Ferdinando I de’ Medici, una colonia
del Granducato di Toscana
nell’America meridionale. Scopo
della missione era l’individuazione
di un territorio, nei pressi
dell’attuale Caienna (Guyana
francese) che facesse da base per
l’esportazione del legname
amazzonico verso l’Italia
post-rinascimentale. La spedizione
Thornton costituisce l’unico
tentativo noto di uno stato italiano
preunitario di creare colonie
oltreoceano.
La regione amazzonica era stata
precedentemente oggetto di
spedizioni di numerosi esploratori e
commercianti europei già nel corso
del XVI secolo. Nel 1608 Robert
Harcourt salpò per la Guiana,
stabilendo una base inglese sul
fiume Oyapock che durò alcuni anni.
William Davies, chirurgo che poi
partecipò alla spedizione di
Thornton, annotò che non si
aspettavano di trovare l’Amazzonia
navigando a sud dalle Indie
Occidentali fino a quando non si
fosse visto «il mare mutare in un
color ruggine e l’acqua scorrere
fresca».
Il 30 agosto 1608 l’ingegnere
fiorentino Baccio da Filicaja, che
si trovava a Lisbona, scrisse una
lettera a Ferdinando I di Toscana
per illustrare la colonizzazione del
Brasile compiuta dal Portogallo,
spiegando anche le ragioni del
declino della colonia lusitana. Dopo
circa un mese, il Granduca
Ferdinando I (che aveva già da tempo
progettato di fondare una colonia
toscana in Sudamerica), fece armare
una caravella e una tartana al porto
di Livorno, affidandole al capitano
inglese Robert Thornton. Inoltre,
fece disegnare a Robert Dudley,
conte di Warwick, una mappa
dell’Amazzonia, da questi esplorata
già nel 1595; Dudley suggerì a
Thornton di andare anche in cerca di
oro sulle rive del Rio delle
Amazzoni e dell’Orinoco.
La ragione principale della
spedizione fu però quella di fondare
una base commerciale per sviluppare
il commercio del legname pregiato
dell’Amazzonia verso l’Italia: tale
base coloniale sarebbe stata fondata
tra i possedimenti spagnoli e quelli
portoghesi nella costa atlantica
settentrionale del Sudamerica. Gli
aspetti commerciali della spedizione
furono affidati all’olandese Jan Van
Harlem, conoscitore dei nascenti
mercati sudamericani. La spedizione
salpò dal porto di Livorno l’8
settembre 1608: Robert Thornton era
al comando del galeone Santa Lucia
Bonaventura, mentre la tartana era
guidata dal fratello Giles. A un
certo punto del viaggio le due navi
si separarono e Robert arrivò alla
fine del giugno 1609 nello stesso
porto descritto da William Davies,
completando il viaggio senza perdere
un solo uomo.
Robert Thornton, nel suo viaggio
durato quasi un anno, approdò in
Guyana e poi in Brasile, esplorando
l’Orinoco e la costa tra questo
fiume e il delta del Rio delle
Amazzoni: infatti il territorio che
il capitano inglese voleva proporre
al Granduca di Toscana per
colonizzare era quello dell’attuale
Guyana francese, intorno a Caienna
(che i francesi avrebbero
colonizzato nel 1630). Il galeone
Santa Lucia Bonaventura del capitano
Thornton, dopo avere fatto scalo a
Trinidad, ritornò a Livorno il 12
luglio 1609, con molte informazioni
e materiale da studio,tra cui
pappagalli tropicali e 5-6 nativi
americani: la maggior parte di essi
però morì di vaiolo, mentre uno solo
sopravvisse diversi anni presso la
corte dei Medici, dove imparò a
parlare l’italiano, raccontando
della ricchezza e della fertilità
della propria terra natia, ricca di
oro e argento. Lo stesso Thornton
confermò questi racconti e affermò
che il paese era ricco di
palissandro, canne da zucchero
selvatico, pepe bianco, balsamo,
cotone e molti altri tipi di merci
che avrebbero potuto costituire una
grande possibilità di commercio per
i toscani.
Al di là dei nativi e del materiale
scientifico portato in Italia, da un
punto di vista commerciale la nave
di Robert Thornton non ebbe molto
successo: non riuscì a vendere o
scambiare la mercanzia italiana,
ritornando a Livorno quasi a mani
vuote, ma perlomeno riuscì a
ritornare vivo. Infatti, scoprì e
sventò un tentativo di ammutinamento
organizzato da due cannonieri che
volevano ucciderlo, rubare la nave e
rivendere le merci: i due traditori
furono abbandonati sul delta del Rio
delle Amazzoni, mentre gli altri
cospiratori vennero imprigionati
nella stiva della nave.
Giles Thornton, che tornò a Livorno
nell’ottobre 1609, ebbe invece più
successo del fratello: riuscì a
vendere tutta la mercanzia italiana
in Brasile, ma scelse di non fare
acquisti a causa di restrizioni
commerciali imposte dalla Spagna.
Robert Thornton era quindi pronto a
imbarcare coloni originari di
Livorno e Lucca per portarli in
Sudamerica, ma Ferdinando I era
deceduto il precedente 9 febbraio a
Firenze e il suo successore Cosimo
II non si dimostrò interessato al
progetto coloniale
americano,preferendo continuare i
propri commerci marittimi con il
Marocco, il Nordafrica e il Levante.
Riferimenti bibliografici:
Boucher, Philip, France and the
American Tropics to 1700: Tropics of
discontent, Johns Hopkins
University Press, 2008;
Matteo Sanfilippo, Gli Italiani
in Brasile, Edizioni Sette
Città, Viterbo 2008;
Gian Carlo Garfagnini, Firenze e
la Toscana dei Medici nell’Europa
del ‘500, vol. 1, L.S. Olschki,
Firenze 1983;
Roberto Ridolfi, Pensieri medicei
di colonizzare il Brasile, in
"Il Veltro", n. 4, Roma,
luglio-agosto 1962.