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CONTEMPORANEA


N. 7 - Luglio 2008 (XXXVIII)

DAL COLONIALISMO GIAPPONESE ALLA GUERRA DI COREA

UN QUADRO GENERALE

di Fabio Disint

 

La colonizzazione della penisola Coreana ha lasciato un segno profondo e radicato nel paese, infatti si è resa responsabile della divisione del Paese alla fine della seconda guerra mondiale. Il periodo coloniale durò circa trentacinque anni, ovvero dalla firma del trattato di annessione all’impero giapponese (1910) alla fine dell’impero giapponese (1945).


Nonostante il trattato stipulato fosse un trattato di annessione, in Corea fu istituito un Chôsen, ovvero l’apparato politico- amministrativo più efficiente della politica coloniale giapponese. Altra caratteristica di questo apparato è la grande influenza e il potere nelle mani della polizia e dell’esercito.


Il Governatore Generale di Chôsen aveva pieni poteri in materia legislativa e giudiziaria sul paese, spesso era un generale o un ammiraglio in servizio attivo al momento della nomina, in modo da poter essere al tempo stesso investito della carica di comandante in capo all’apparato militare coloniale.


La contiguità geografica tra i due paesi asiatici ha facilitato l’instaurazione di un regime gerarchico e di repressione, radicato sul territorio, facendo della penisola coreana un “grande campo militare”.


Nel periodo del suo dominio sulla Corea, il Giappone attuò una politica di modernizzazione economica, anche se il cero scopo era quello di creare una base strategica per preparare un attacco alla Manciuria e poi alla Cina settentrionale. Per questo motivo vennero costruite delle ferrovie e degli aeroporti, usati esclusivamente dalle forze di occupazione.


I giapponesi svilupparono una politica molto dura nei confronti dei coreani, relegandoli a un posto di seconda classe.


Un punto fondamentale della politica coloniale giapponese fu l’esproprio delle terre, dovuto all’aumento della popolazione in Giappone e l’assenza di terre atte alla coltivazione del riso. La Corea, in particolare le regioni meridionali, divennero il granaio del Giappone per tutto il periodo della sua espansione in Asia.


La situazione si aggravò dopo la creazione della Società orientale di bonifica, attraverso la quale numerosi contadini giapponesi immigrarono in Corea. Molti di loro, grazie ad una legislazione che li favoriva divennero proprietari terrieri che sfruttavano contadini coreani come braccianti.


Un altro modo per confiscare terreni pubblici e privati ai coreani fu il pretesto della costruzione della rete ferroviaria. Il Protettorato si appropriò delle terre senza pagare nessun indennizzo, nel caso di terre private il governo coreano fu costretto ad acquistarle per poi donarle all’istituzione giapponese. Il governo coreano fu costretto,quindi, a ricorrere a prestiti dello stato giapponese o d’istituzioni finanziarie giapponesi, che chiedevano tassi di interesse altissimi per poter far fronte a queste spese.


Secondo una stima del 1930, il Protettorato giunse a possedere il 40% del territorio della penisola.
In parallelo all’immigrazione di contadini fu favorita e incoraggiata quella dei pescatori giapponesi. È da considerarsi in questa prospettiva anche l’annessione, nel 1905, dell’isola di Tokdo, che ancora oggi fa parte del contenzioso tra i due Paesi (Giappone e Corea del Sud).


Il Protettorato si assicurò anche il monopolio della produzione di jinsaeng, di sale, di tabacco e oppio.
Questa politica di espropriazione venne usata anche per le risorse del sottosuolo.
I coreani non poterono godere dei benefici che la trasformazione moderna comportava, in quanto erano a favore delle esigenze dell’economia giapponese: i beni prodotti dai coreani erano trasferiti in larga misura in Giappone. Tutti i profitti del capitale giapponese, largamente investito nella penisola, vennero trasferiti ai soli giapponesi.
La Corea fu, come visto in precedenza, terreno di sperimentazione della politica di sfruttamento economico giapponese.


Nel complesso la gestione economica giapponese, considerate le condizioni di partenza e del breve dominio coloniale, ebbe numerosi effetti modernizzatori: aumentando la superficie coltivata, razionalizzazione della conduzione agraria, sviluppo di una buona rete di comunicazioni, infine creazione di industrie.
Una delle caratteristiche della dominazione giapponese sulla penisola coreana fu il tentativo di distruggerne la cultura. Questo fu il vero obbiettivo della politica coloniale giapponese.


Fin da subito i giapponesi cercarono di spogliare la penisola di ogni sorta di beni culturali; si passò dalla distruzione del patrimonio architettonico al sequestro dei beni di valore, bloccando così la crescita e la fecondità della cultura coreana.
Altro fattore importante riguarda la chiusura di tutti i giornali coreani con l’eccezione di quelli filo-giapponesi, avvenuta nel 1907 con l’emanazione della Legge sui giornali. Nel 1916 esistevano diciotto testate giornalistiche di cui: sedici in giapponese, uno in inglese e uno in coreano; tutti sotto stretto controllo governativo.


Nell’ambito scolastico, dopo una serie di riforme moderniste fatte dal governo coreano, il Giappone impose una legge in base alla quale le scuole private avrebbero dovuto ricevere una speciale autorizzazione all’apertura e all’esercizio, così come si sarebbero dovuti usare libri di testo autorizzati dalle forze governative.


Per le scuole pubbliche, il governo giapponese già dal novembre 1911 rendeva noto un progetto in base al quale i coreani dovevano essere educati all’accettazione di un regime autoritario e paternalista incentrato sulla figura dell’Imperatore. Oltre a questo limite, ai coreani, furono imposti altri obblighi: dovevano ricevere solo una educazione di tipo pratico, adatta al lavoro nelle industrie.


Il compito della scuola coreana passò dall’essere promotrice di cultura e modernizzazione ad un mero supporto alla creazione di manodopera subalterna.

I movimenti anti-giapponesi

In seguito a queste forti restrizioni in tutti i settori della vita pubblica e privata, numerosi indipendentisti si rifugiarono in Cina, dove sorsero dei villaggi coreani e si formò un governo coreano in esilio costituito, principalmente, da militari, che si proponeva il compito di lottare contro l’occupazione giapponese. Ma non solo dalla Cina arrivava sostegno contro l’occupazione coreana, infatti, anche dagli USA, dalla Russia, dalla Manciuria e dalla Corea stessa, nascevano gruppi di oppositori. A causa della repressione giapponese assunsero presto un carattere di società segreta, che addestravano propri soldati e tentavano di portare alla ribalta della attenzione internazionale la situazione coreana.
I movimenti di opposizione li possiamo categorizzare in tre distinti gruppi:

- i movimenti legati alla tradizione;
- il movimento nazionalista;
- il movimento comunista.

Nel primo gruppo di opposizione sono da inserire le opposizioni di matrice religiosa, ovvero elementi della classe confuciana e della religione del Ch’ŏndogyo (religione della Via celeste).


Più importanti ai fini della storia del Paese sono gli altri due gruppi; ovvero il movimento nazionalista e quello comunista.


Il movimento nazionalista si basava sull’educazione moderna introdotta sul finire del XIX secolo da missionari protestanti, per lo più americani. I principi su cui si basava questa dottrina nazionalistica vedevano nelle idee occidentali una speranza per il futuro, cozzando quindi con la visione voluta ed imposta dall’Impero nipponico.


Nacquero delle associazioni nazionalistiche che volevano appunto portare in Corea degli elementi occidentali quali: l’adozione di un sistema di democrazia parlamentare, misure di auto rafforzamento che comprendevano la fondazione di scuole di stampo liberale e la promozione dell’industria locale, l’adozione di una politica estera indipendente e neutrale.


Durante la colonizzazione giapponese questi gruppi nazionalistici erano visti come anti-giapponesi e messi al bando, riuscendo nell’intento di disperdere gli organizzatori di questi movimenti al di fuori dei confini nazionali. Quindi nacquero in Corea per poi essere dispersi nei Paesi vicini.


Il movimento comunista, dal canto suo, ha avuto uno sviluppo inverso in quanto i primi gruppi a matrice comunista nacquero in gran parte fuori i confini coreani. In particolare si svilupparono in Siberia e in Manciuria, dove esuli politici coreani si inserirono nel contesto politico russo.


Grazie ad una prima alleanza del gruppo dirigente sovietico con la popolazione asiatica, iniziò la lotta di liberazione dei comunisti coreani contro le truppe giapponesi (1918). Dal 1919 alla fine della seconda guerra mondiale, l’URSS fu il primo punto di riferimento per il movimento comunista coreano frazionato in diversi stati quali la Siberia, la Manciuria, la Cina, il Giappone e la Corea stessa.


Anche per questi movimenti non fu facile stabilirsi in Corea, in quanto l’efficiente apparato di polizia segreta giapponese riusciva a smantellare le organizzazioni politiche. Cosicché dal 1928 alla fine della seconda guerra mondiale l’iniziativa passò al di fuori dei confini coreani. Le attività in Corea ebbero carattere di azioni da guerriglia, gestite in maniera clandestina.

Il futuro dopo la fine dell’impero nipponico e la divisione al 38° parallelo

Nel febbraio del 1945, a Yalta, si decise del futuro della Corea. Gli Stati Uniti erano preoccupati di dover affrontare una guerra “strada per strada” in territorio giapponese e per questo concordarono l’intervento sovietico contro il Giappone. La posizione fu ribadita anche a Postdam nel luglio dello stesso anno, inoltre fu deciso che la Corea sarebbe stata occupata a nord del 38° parallelo dalle truppe sovietiche e a sud da quelle americane per la liberazione della Corea.


Il 10 agosto 1945 le truppe sovietiche sbarcarono nella Corea settentrionale per adempiere agli accordi presi a Postdam. Assieme alle truppe regolari dell’armata rossa, scesero in campo anche gruppi di coreani che avevano combattuto contro l’esercito nipponico in Manciuria, in particolare per l’ Esercito Unito Anti-giapponese del Nord-est, un gruppo guerrigliero guidato e fondato dal Partito Comunista Cinese. Tra i membri di questo gruppo militare spicca il nome di Kim Il Sung.


Fin da subito i sovietici iniziarono a creare nella loro zona di occupazione, interferendo con il governo locale, delle istituzioni di stampo prettamente sovietico.


Gli Stati Uniti, invece, sbarcarono a sud un mese dopo la resa incondizionata del Giappone e trovarono a Seoul una situazione politica in parte consolidata, in quanto era già stata dichiarata la Repubblica popolare di Corea ed era sorto il Partito Democratico di Corea (PDC).
Fu istituita una commissione congiunta russo-americana che doveva trovare una formula per organizzare un governo provvisorio, in vista dell'istituzione di un "governo unificato e democratico" in tutta la Corea.


Fu deciso alla Conferenza di Mosca (dicembre 1945) che la Corea sarebbe stata governata per cinque anni da una amministrazione fiduciaria.


Mentre a Nord del 38° parallelo la decisone di Mosca venne accettata senza grossi problemi data la prevalenza dei comunisti sul territorio, al Sud la presenza dei comunisti provocava una grossa frattura sociale, tra questi e i nazionalisti che volevano l’indipendenza subito. Il risultato fu un susseguirsi di violenze e di corruzione fino al 1948.


Il 1948 è l’anno della svolta democratica nella Corea del Sud. Infatti si indirono, sotto il controllo di una Commissione temporanea voluta dall’ONU su richiesta degli Stati Uniti, delle elezioni per permettere la creazione di un governo rappresentativo di tutta la Corea che avrebbe poi negoziato il ritiro delle truppe sovietiche e americane. Le elezioni avvennero solo al Sud del 38° parallelo in quanto l’URSS si espresse contro. Il 12 luglio 1948 venne sancita la Costituzione e venne eletto Sygman Ree (noto militante anti-giapponese) come presidente.


Nel Nord il percorso che portò alla nascita della Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK) fu meno traumatico e più lineare, in quanto mancava una opposizione numericamente ed economicamente forte e l’URSS lasciò ai coreani la possibilità di creare, apparentemente in libertà, dei Comitati del Popolo (in realtà manovrati dai sovietici).


Nei primi anni dell’occupazione sovietica, nacque, dalla fusione di due parti comunisti coreani, il Partito dei Lavoratori della Corea del Nord (1946), che nel 1947 riuscì a controllare pienamente il territorio a nord del 38° parallelo.


Nel 1948, tre mesi dopo le elezioni avvenute nella Corea del Sud, si tennero le elezioni per l’Assemblea del Popolo. I risultati diedero la presidenza a Kim Tu Bong e il ruolo di primo ministro a Kim Il Sung. Il 9 settembre 1948 veniva formalmente proclamata la fondazione della Repubblica Popolare di Corea.


Così facendo, si venne a creare una situazione di paralisi tra i due Paesi asiatici, uno sotto l’influenza militare e politica di Cina e URSS (Corea del Nord), l’altro sotto l’influenza degli Stati Uniti d’America (Corea del Sud).


Alla fine del 1948 la guerra di Corea sembrava inevitabile, i rapporti tra le due parti erano sempre più tesi: a sud il regime consolidò il suo potere a scapito dei gruppi di sinistra (finanziati dal nord); il nord prese a inviare agenti provocatori a sostegno delle operazioni di guerriglia contro la Corea del Sud e iniziò a sviluppare una economia di guerra.

 

 

 

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