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N. 106 - Ottobre 2016 (CXXXVII)

LA COLOMBIA AL BIVIO
LE FARC E L’ACCORDO DI PACE

di Filippo Petrocelli

 

Il 26 settembre 2016 è un giorno memorabile per la storia recente della Colombia. Nella ridente Cartagena, perla turistica del paese, quindici capi di stato dei paesi latinoamericani assistono alla firma del trattato di pace fra il governo colombiano e la più longeva delle forze guerrigliere del continente, le Farc-Ep (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejército del Pueblo). Le firme in calce agli accordi di pace sono del presidente Juan Manuel Santos e del comandante in capo delle Farc, Timoleón Jiménez, detto Timochenko.

A pochi giorni dall’accordo, però, un referendum popolare non ne permise la ratifica, vanificando in parte gli sforzi dei mediatori. Per soli 65mila voti di differenza ha vinto il “no” all’intesa, costringendo la politica istituzionale e la guerriglia a una fase di stallo del processo di pace. Dietro le quinte si registra il grande lavoro di Raul Castro, che ha lavorato strenuamente per portare a termine i negoziati dopo quattro anni di incessante sforzo diplomatico. Volendo essere sinceri, il padrino politico di questo accordo rimane però il defunto Hugo Chavez, che ha dedicato parte del suo mandato proprio a “mediare” fra governo colombiano e Farc.

Il rinnovato attivismo di Cuba può essere letto invece come il ritorno del paese caraibico sullo scenario continentale, per riappropriarsi del ruolo che il Venezuela bolivariano le aveva sottratto, ovvero quello di rappresentare le istanze antimperialiste dei popoli in lotta dell’America Latina. Ma quando nascono le Farc e perché scoppia l’insurrezione in Colombia?


Come in molti paesi dell’America Latina, dopo la seconda guerra mondiale il paese è diviso fra liberali e conservatori, ma le pulsioni sociali divampano soprattutto in relazione alla questione agraria. Il periodo in questione (1948-1958) è ricordato nel paese e sui manuali di storia come La Violencia, e inizia con l’assassinio del presidente Jorge Eliécer Gaitánm di orientamento liberale. Da quel momento liberali e conservatori si affrontano armi in pugno e la violenza dilaga, sfociando in una vera e propria guerra civile.

Da questo periodo tumultuoso che causa circa 300.000 morti, si esce con un accordo fra i due partiti (liberali e conservatori) che si uniscono nel Frente Nacional, il principale soggetto politico del dopoguerra. Ma le tensioni sociali e la riforma agraria non figurano nel programma di questo nuovo blocco di potere che intende perseverare nella conservazione del latifondo e dei privilegi di un’aristocrazia a tinte oligarchiche, mostrandosi disattento alle richieste di democratizzazione e redistribuzione delle terre. È così che soprattutto nella parte andina del paese – in particolare nella cordigliera centrale e in quella orientale – molti contadini si organizzano in gruppi di autodifesa e si sollevano contro lo stato colombiano, reo di tutelare solo gli interessi dei latifondisti.

Proprio in opposizione a un’operazione militare di repressione delle diffuse insurrezioni contadine, il 27 maggio 1964 compaiono per la prima volta le Farc. A guidarle è Manuel Marulanda Vélez detto Tirofijo che rimane il leader maximo dell’organizzazione fino alla sua morte nel 2008, coadiuvato dal sodale Jacobo Arena, altro personaggio cardine della storia insurgente colombiana. Il loro scopo è quello di difendere i contadini poveri dalle angherie dei latifondisti che non disdegnano di affidarsi a gruppi paramilitari per reprimere qualsiasi richiesta di “terra e libertà”.

Nel cinquantennio che segue le Farc arrivano a controllare diverse parti del paese, diventando de facto un contropotere strutturato e la guerriglia più forte del continente sia in termini di territorio controllato sia di effettivi.

Un primo esperimento di legalizzazione e di svolta “politica” della guerriglia si intravede negli anni Ottanta durante la presidenza di Belisario Betacurt, quando un primo contatto fra governo e Farc, sfocia in un cessate il fuoco e nella legalizzazione del partito politico Unione Patriottica (UP), che diventa in un certo senso il contraltare politico delle Farc. Tuttavia, il tentativo di svolta politica naufraga nel sangue: migliaia di militanti e molti dirigenti del movimento UP anche di primo piano, vengono uccisi dalle formazioni di paramilitari che impediscono la svolta delle Farc a suon di piombo.

Durante gli anni Novanta si raggiunge l’apice del successo “territoriale” delle Farc: il presidente Andrés Pastrana è costretto a dichiarare territori indipendenti quelli controllati dalla guerriglia che proprio in quegli anni raggiunge il massimo numero di effettivi – circa 30.000 uomini e donne in armi – che divengono una realtà fisica anche ingombrante. Nel 2000 sale alla presidenza Alvaro Uribe che si dedica con solerzia allo scontro contro le Farc, ne limita gli spazi di manovra ma cerca soprattutto di sconfiggerle su un piano militare grazie all’appoggio statunitense. In questo periodo importanti leader guerriglieri come Raul Reyes e Víctor Julio Suárez Rojas cadono in combattimento, privando l’organizzazione dei suoi vertici militari.

Nel 2008 muore per attacco di cuore in un accampamento nella selva colombiana lo storico leader Manuel Marulanda, cui succede prima di morire in combattimento Alfonso Cano, che perde la vita in un’operazione coordinata dall’esercito colombiano il 4 novembre del 2011. In quel momento il presidente è Juan Manuel Santos, già ministro della difesa di Uribe, che inizia la sua presidenza nel 2010 proprio in continuità con il suo predecessore, mirando alla sconfitta militare della guerriglia. Tuttavia proprio in quei giorni matura il tentativo di svolta politica della conflitto fra guerriglia e potere costituito e inizia sottotraccia un incessante lavorio diplomatico che vede la luce proprio in questi giorni dopo una lunga gestazione.

Anche se il processo di pace affronta ora un periodo di impasse, quello che appare ormai irrinunciabile è una soluzione politica del conflitto politico più longevo di tutta l’America Latina. Per il momento i colombiani si sono opposti alla svolta, ma questa rimane l’unica strada percorribile.



 

 

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