SULL’arcipretura di Colli a Volturno
l’inventario del 1702
di Alfredo Incollingo
Con la bolla Ex iniuncto nobis
(27 aprile 1702) di papa Clemente
XII, l’antica diocesi dell’abbazia
di San Vincenzo a Volturno, affidata
dal XIV secolo a vescovi
commendatari, era stata aggregata a
quella di Montecassino. Dovendo
riordinare dal punto di vista
amministrativo la nuove parrocchie
sotto la sua giurisdizione, l’abate
cassinese aveva chiesto ai parroci
della Terra di San Vincenzo
di inventariare i beni e le rendite
di loro pertinenza (Archivio
dell’abazia di Montecassino, Colli,
b. 1, Inventario della parrocchia
di Colli, f. 1r).
Il sacerdote don Pietro Cimorelli,
arciprete di Colli a Volturno (IS),
con un atto pubblico rogato da un
anonimo notaio e alla presenza di
numerosi testimoni, davanti al
portale d’ingresso della Chiesa
Madre tuttora intitolata a Santa
Maria Assunta, aveva dato seguito
alle richieste al priore cassinese
(Ivi, f. 1v).
Stando alle istruzioni del vicario
dell’abate di Montecassino, don
Severino Penna, riportate in una
lettera del 13 luglio 1701, era
necessario redigere un inventario
dei
«beni
mobili quanto stabili, rendite,
crediti, censi enfiteutici,
capitali, censi attivi e passivi,
decime, oblazioni, funerali,
elemosine, obventioni giusta
qualsiasi causa»
e tutti i diritti e benefici a
favore dell’arciprete di Colli a
Volturno (Ivi, f. 1v).
L’inventario doveva essere redatto a
partire dal 1° agosto 1702 e per i
successivi cinque mesi, pena il
pagamento di una multa di cinquanta
ducati per ogni luogo pio e la
scomunica per il clero (Ivi, f. 1v).
Oltre a elencare le rendite
derivanti dagli affitti dei beni
immobili di proprietà
dell’arcipretura (case, terreni…) e
i
«pesi»,
ovvero i guadagni ottenuti dalla
celebrazione delle messe in diverse
occasioni (matrimoni, feste
religiose…) (Ivi, ff. 8-18v-r),
erano state descritte le chiese di
pertinenza dell’arciprete, ovvero la
Chiesa Madre, la chiesa di
Sant’Antonio da Padova di patronato
laico e quella intitolata a
Sant’Antonino, che si trovava nel
feudo rustico di Valle Porcina (Ivi,
f. 2v).
Non è menzionata la chiesa e
l’ospedale o luogo pio intitolati a
San Leonardo di Noblac, patrono di
Colli, tra gli edifici alle
dipendenze dell’arcipretura, essendo
di proprietà della locale
Università.
La descrizione degli edifici di
culto è minuziosa, non mancando di
specificare le misure di porte e
finestre. La Chiesa Madre, tuttora
situata nel centro storico di Colli,
all’epoca si specificava che fosse
«nel
luogo detto Piazza Pubblica,
attaccato a essa il cimitiero»
(Ivi, f. 2v). Al suo interno erano
presenti nove altari retti da
famiglie collesi (Mazzocco, De Lisi,
Barone, Andreucci, Di Sandro,
Angelone, De Iorio) e da
confraternite del Santissimo
Rosario, delle Anime del Purgatorio
e del Santissimo Corpo di Cristo
(Ivi, ff. 2-4v-r).
La chiesa di Sant’Antonio da Padova,
che si trovava all’esterno del
centro abitato agli inizi del
Settecento, era stata fondata
dall’Università di Colli e i lavori
di costruzione erano stati
finanziati dalle offerte dei
collesi, ma amministrativamente era
una
«grancia»,
ovvero una dipendenza della locale
arcipretura. L’edificio era stato
parzialmente ultimato, poiché i
fondi stanziati dagli abitanti di
Colli per la sua edificazione erano
terminati (Ivi, ff. 6r, 7v).
La chiesa di Sant’Antonino, oggi un
rudere, era nel feudo rustico di
Valle Porcina, confinante con
l’attuale comune molisano, e le
celebrazioni religiose che vi
svolgevano saltuariamente erano
rivolte agli abitanti di quel
territorio. Della sua fondazione, si
legge nell’inventario, non si sapeva
nulla (Ivi, ff. 7v-r).
L’inventario dell’arcipretura di
Colli a Volturno del 1702 è il più
antico documento che si possiede per
ricostruire l’amministrazione e i
beni di una parrocchia dell’Italia
appenninica e marginale, lontana
dalle grandi città di cui conosciamo
dettagliatamente la storia
ecclesiastica.
Riferimenti bibliografici: