N. 56 - Agosto 2012
(LXXXVII)
IL CODE CIVIL DES FRANCAIS
PARTE II – I TENTATIVI DI CODIFICAZIONE
di Richard Caly
Tutte
le
istanze
giusnaturalistiche
saranno
centrali
quando,
a
partire
dal
1789,
l’ordine
feudale
verrà
sovvertito
in
nome
dei
nuovi
ideali
illuministi.
Nel
decennio
che
intercorre
tra
lo
scoppio
della
rivoluzione
e la
presa
del
potere
di
Napoleone,
nel
1799,
in
Francia
entra
infatti
in
vigore
il
cosiddetto
droit
intermédiaire,
un
insieme
di
significative
norme
rivoluzionarie
che
costituiscono
il
raccordo
indispensabile
tra
il
diritto
dell’ancien
régimee
il
successivo
Code
Napoléon.
Oltre
alla
Dichiarazione
Universale
dei
diritti
dell’uomo
e
del
cittadino
e
alla
successive
Costituzioni,
dal
punto
di
vista
del
diritto
privato
i
traguardi
più
importanti
furono
l’abolizione
della
feudalità,
la
soppressione
di
tutti
i
privilegi,
dell’ordine
giudiziario
e
del
sistema
fiscale
previgenti,
nonché
l’abrogazione
della
libertà
testamentaria
e il
divieto
di
compromettere
l’uguaglianza
degli
eredi,
indispensabile
per
frantumare
le
grandi
proprietà
immobiliari
tipiche
del
sistema
feudale.
Anche
nel
diritto
di
famiglia
le
riforme
furono
radicali.
La
piena
secolarizzazione
del
matrimonio,
che
assunse
le
sembianze
di
un
semplice
contratto
civile
affrancato
una
volta
per
tutte
dai
vincoli
del
diritto
canonico,
ebbe
infatti
come
naturale
conseguenza
l’introduzione
del
divorzio
e la
parificazione
tra
figli
naturali
e
figli
legittimi.
Questi
enormi
progressi
legislativi
necessitavano
però
di
una
sistemazione
organica
che
li
sintetizzasse
in
forma
chiara
e
definitiva.
Già
nel
1790
tra
gli
obiettivi
principali
dell’Assemblea
Costituente
vi
era
infatti
quello
di
creare
“un
codice
di
leggi
civili
comuni
a
tutto
il
regno”.
I
lavori
iniziarono
nel
1793,
con
la
nomina
di
una
commissione
di
esperti,
ma
si
protrassero
senza
alcun
risultato
concreto
fino
al
1799.
Un
ruolo
di
spicco
all’interno
della
commissione
fu
ricoperto
dal
celebre
giurista
Cambacèrés,
il
quale
in
pochi
anni
presenterà
ben
tre
progetti
di
codice,
che
furono
però
tutti
respinti
ora
per
la
loro
complessità,
ora
per
la
loro
eccessiva
sinteticità.
A
ben
vedere,
la
motivazione
profonda
di
tali
fallimenti
risiedeva
non
tanto
nell’intrinseca
qualità
dei
progetti
di
Cambacèrés,
bensì
nella
profonda
instabilità
politica
della
Francia
rivoluzionaria.
Le
gravi
turbolenze
e
tensioni
interne
che
stavano
attraversando
il
paese
portarono
infatti
ad
un
affievolimento
dell’entusiasmo
riformista
iniziale
e
soprattutto
alla
mancanza
di
una
volontà
politica
chiara
e
decisa,
necessaria
per
portare
a
termine
l’ambiziosa
opera
di
codificazione.
Fu
solo
con
l’ascesa
al
potere
di
Napoleone,
il
18
Brumaio
del
1799,
che
le
istanze
codificatrici
poterono
finalmente
essere
soddisfatte.
Stavolta
le
condizioni
politiche
erano
favorevoli,
data
la
nuova
stabilità
connessa
all’instaurazione
della
dittatura
bonapartista
e il
forte
interessamento
al
progetto
subito
dimostrato
dal
futuro
imperatore
dei
francesi.
La
trasformazione
politica
della
repubblica
in
uno
stato
autoritario
infatti,
se
da
una
parte
portò
a
ridimensionare
gli
ideali
della
rivoluzione,
dall’altra
conservò
gran
parte
delle
sue
conquiste
giuridiche,
ormai
prepotentemente
entrate
nella
coscienza
civile
francese.
Erano
solo
quattro
i
membri
della
nuova
commissione
incaricata
il
12
Agosto
1800
di
redigere
il
Code,
ma
la
loro
selezione
fu
accurata.
Tronchet,
Maleville,
Portalis
e
Bigot-Préamenau,
oltre
ad
essere
tra
le
menti
giuridiche
più
in
vista
del
paese,
facevano
parte
di
quella
categoria
di
magistrati
e
giuristi
di
tendenze
moderate,
che
pur
avendo
abbracciato
in
pieno
gli
ideali
dell’
89,
avevano
ripudiato
il
giacobinismo,
tanto
da
essere
perseguitati
nel
periodo
del
Terrore.
La
convergenza
di
interessi
tra
tali
giuristi
e
Napoleone
porterà
ad
un
connubio
che
costituisce
uno
dei
segreti
dell’immenso
successo
del
Code.
La
concezione
del
nuovo
ordine
autoritario
pensata
da
Bonaparte,
in
cui
il
Code
ha
una
funzione
importantissima
di
controllo
politico,
coincide
infatti
con
la
volontà
dei
giuristi
di
salvare
le
fondamentali
istanze
rivoluzionarie
senza
compromettere
la
tradizione
giuridica
cui
rimanevano
ancorati
e
che
rischiava
di
essere
cancellata
dalla
libertaria
legislazione
giacobina.
La
provenienza
geografica
dei
quattro
della
commissione
testimonia
poi
la
volontà
di
unificare
definitivamente
le
due
grandi
anime
del
diritto
francese,
in
quanto
Tronchet
e
Bigot
erano
legati
alla
tradizione
del
droit
coutumierdel
nord,
mentre
Maleville
e
Portalis
al
droit
écrit
dei
paesi
del
sud.
La
partecipazione
personale
di
Napoleone
ai
lavori
è
significativa
e
denota
l’estrema
importanza
attribuita
da
quest’ultimo
all’opera.
Pur
non
essendo
un
tecnico
egli
contribuisce
attivamente
al
dibattito,
consigliato
dal
fido
giurista
Merlin,
presiedendo
di
fronte
al
Consiglio
di
Stato
ben
52
sedute
di
discussione
su
107
e
influenzando
notevolmente
lo
stile
del
testo.
Il
suo
impulso
alla
riuscita
del
progetto
è
poi
fondamentale.