N. 55 - Luglio 2012
(LXXXVI)
IL CODE CIVIL DES FRANCAIS
PARTE I – QUADRO STORICO
di Richard Caly
L’opera
giuridica
che
più
di
ogni
altra
incarna
il
tramonto
dell’ancien
régime
e il
sorgere
di
un
ordine
politico
e
sociale
nuovo,
figlio
della
rivoluzione
francese,
è
senza
dubbio
il
Code
civil
des
Français,
indissolubilmente
legato
alla
figura
di
Napoleone.
Lo
stesso
imperatore,
ormai
esiliato
a S.
Elena,
lo
ricorderà
come
il
suo
atto
più
glorioso,
l’unico
“che
non
sarà
mai
cancellato,
che
vivrà
eternamente”
ancor
più
delle
tante
vittorie
militari
che
pure
lo
avevano
reso
padrone
d’Europa.
In
effetti
questo
suo
orgoglio
è
pienamente
giustificato,
dato
che
il
Code
civil
rappresenta
davvero
il
primo
codice
moderno,
non
più
inteso
come
raccolta
e
razionalizzazione
del
diritto
e
della
giurisprudenza
precedente,
magari
funzionale
ad
un
sovrano
assoluto
per
consolidare
la
sua
egemonia
(come
era
avvenuto
con
le
prime
codificazioni
del
secolo
XVIII),
ma
come
coerente
e
sintetica
riorganizzazione
dei
rapporti
sociali,
modellata
questa
volta
secondo
la
scala
di
valori
borghesi,
usciti
trionfanti
dalla
rivoluzione.
Si
può
ben
dire
che,
mentre
sul
piano
dei
diritti
politici
e
delle
dichiarazioni
di
principio,
questi
valori
erano
stati
consacrati
nella
Dichiarazione
Universale
dei
diritti
dell’uomo
e
del
cittadino,
è
solo
con
il
Code
che
riescono
a
tradursi
nella
realtà,
regolando
in
modo
pratico
i
rapporti
civili.
Così,
nel
nuovo
assetto
post-rivoluzionario,
mentre
la
costituzione
garantisce
e
tutela
la
libertà
politica,
mutando
i
sudditi
in
cittadini,
il
Code
civil
rende
possibile
la
libertà
di
agire
del
cittadino
in
senso
economico,
attraverso
una
nuova
concezione
della
proprietà
e
della
volontà
individuale.
Pur
avendo
da
secoli
raggiunto
l’unità
politica,
che
l’aveva
portata
ad
essere
una
delle
più
evolute
potenze
europee,
la
Francia,
ancora
alla
vigilia
della
rivoluzione,
non
aveva
trovato
la
propria
unità
giuridica.
Nonostante
le
tendenze
politiche
accentratrici
della
corona,
infatti,
essa
manteneva
un
particolarismo
giuridico
tipicamente
medievale,
che
aveva
come
ovvia
conseguenza
la
frantumazione
delle
fonti
del
diritto
e la
sua
applicazione
non
uniforme
sul
territorio.
In
altri
termini
non
c’era
un
unico
sistema
giuridico
composto
da
norme
tendenzialmente
applicabili
a
tutti,
così
come
lo
intendiamo
modernamente,
ma
una
pluralità
di
sistemi
giuridici
che
venivano
applicati
in
modo
differente
a
seconda
che
si
riferissero
alla
nobiltà,
al
clero
o
invece
ai
borghesi.
Geograficamente
la
Francia
era
poi
divisa
nettamente
tra
la
parte
nord
del
paese,
in
cui
vigeva
un
diritto
formato
da
norme
consuetudinarie
non
scritte
di
origine
germanica
o
droit
coutumier,
e la
zona
meridionale,
in
cui
per
la
forte
penetrazione
del
diritto
romano,
tramandato
da
compilazioni
quali
la
Lex
Romana
Visigothorum
e la
Lex
Romana
Burgundionum,
vigeva
invece
un
diritto
scritto
(droit
écrit).
Nonostante
ciò
è
proprio
in
Francia
che
sorgono
le
premesse
storiche
per
il
crollo
dell’impalcatura
politico-sociale
medievale
e la
conseguente
nascita
di
un
diritto
uniforme.
La
prima
è
indubbiamente
l’affermazione,
già
a
partire
dal
XIV
secolo,
di
un
forte
ceto
di
giuristi
pratici
intorno
al
Parlamento
di
Parigi,
fedeli
al
sovrano
e
sensibili
come
la
corona
alla
creazione
di
un’
unità
giuridica
nazionale.
La
seconda,
e
forse
la
più
significativa,
è
invece
rappresentata
dalla
fioritura
della
cosiddetta
“scuola
del
diritto
naturale”,
che
a
partire
dal
XVII
e
per
tutto
il
XVIII
secolo,
attraverso
le
importanti
opere
di
Pufendorf,
Domat
e
Pothier,
pone
le
radici
per
una
nuova
cultura
giuridica
in
aperto
contrasto
con
quella
medievale.
Uno
dei
caratteri
fondamentali
del
giusnaturalismo
è
infatti
la
teorizzazione
che
ad
ogni
individuo
spettino
una
serie
di
diritti
“naturali”,
cioè
innati,
quali
la
vita,
la
proprietà,
la
libertà,
che
li
rendono
uguali
di
fronte
alla
legge.
Tali
diritti
soggettivi
naturali
dovevano
fondare
la
base
di
valori
di
un
nuovo
sistema
di
leggi,
finalizzato
alla
loro
tutela.
L’unica
vera
fonte
del
diritto
divenne
così
la
ragione
umana,
pertanto
da
un
lato
lo
Stato
avrebbe
dovuto
assumere
una
funzione
garantista
e
dall’altro
anche
il
sovrano
non
godrà
più
di
un
potere
illimitato
di
origine
divina,
ma
dovrà
legiferare
in
conformità
alla
“legge
naturale”.
Tanto
bastava
per
minare
le
fondamenta
ideologiche
dell’ancien
régime,
ormai
divenuto
inadeguato
ai
tempi
e al
nuovo
modo
di
concepire
l’individuo
e lo
Stato.