Il futuro del Messico si chiama
Sheinbaum
Un nuovo corso
di
Gian Marco Boellisi
Molti hanno definito il 2024 come
l’anno delle elezioni, visto
l’elevato numero di appuntamenti
elettorali presenti in tutto il
globo. Di particolare interesse, lo
scorso 2 giugno si sono tenute le
elezioni in Messico, dove gli
elettori sono stati chiamati ad
eleggere il nuovo presidente così
come anche un gran numero di
funzionari locali. Dalle urne è
uscita vincitrice Claudia Sheinbaum,
prima donna a guidare il paese con
il 60% delle preferenze, la quale
andrà ad insediarsi il prossimo 1
ottobre. Un risultato storico da
molti punti di vista che vedrà la
neoeletta presidente affrontare
numerose agende, una più complessa
dell’altra. Risulta quindi
interessante comprendere meglio
quale sia il contesto che ha
permesso a Claudia Sheinbaum di
essere eletta e allo stesso tempo
analizzare quanto possa influire
questo risultato sul contesto
geopolitico del continente
americano.
Alcuni analisti le hanno definite le
elezioni più importanti del Messico,
essendo stati nominati il
presidente, il quale ricopre nella
sua figura sia il capo del Governo
sia il capo dello Stato, entrambe le
camere del Parlameto, numerosi
governatori statali e sindaci di
città. I riflettori principali
tuttavia sono stati dedicati a
Claudia Sheinbaum, vincitrice
indiscussa di queste elezioni,
candidata del partito populista di
sinistra Morena (abbreviazione per
Movimento di rigenerazione
nazionale). Nipote di immigrati
ebrei scappati all’olocausto
originari di Lituania e Bulgaria, la
Sheinbaum è una classe 1962,
laureata in fisica con un dottorato
in ingegneria energetica, nonché ex
sindaco di Città del Messico.
Vincendo le elezioni verrà ricordata
negli annali come prima donna
presidente del Messico e, non meno
rilevante, come la prima donna a
guidare un paese del Nord America. È
importante sottolineare la forte
carica simbolica di questa vittoria
per due motivi principali. Il primo
è come la Sheinbaum sia riuscita ad
ottenere un risultato così
soverchiante in uno dei paesi con
delle culture più “machiste” del
continente, causa questa di
reiterate diseguaglianze e violenze
di genere. Il secondo invece è come
una donna di origini ebraiche andrà
a guidare il paese dove risiede la
seconda popolazione cattolica più
numerosa al mondo.
La Sheinbaum è stata eletta sotto il
partito Morena, fondato dal
presidente uscente Andrés Manuel
López Obrador, noto anche come Amlo.
Diventando con questa elezione
l’erede spirituale di Obrador, la
nuova presidente deve molto del suo
successo alla grande popolarità di
Morena tra le fasce più povere e
meno abbienti della popolazione
messicana. Molti giornalisti hanno
affermato che senza il supporto sin
dalla prima ora di Obrador la
Sheinbaum non avrebbe mai conseguito
la vittoria individualmente.
Tuttavia la neoeletta presidente ha
rifiutato l’opinione comune di
essere donna di successo solo perchè
sotto l’ala politica di un uomo. Al
netto di tutto, gli estesi programmi
di assistenza sociale voluti dal
governo Obrador hanno sicuramente
creato una base di consensi notevole
tra la popolazione messicana più
povera. In particolare, sono state
avviate politiche di assistenza agli
anziani e alle madri single,
interventi sui salari minimi con una
conseguente contrazione del tasso di
povertà, rafforzamento del welfare
in certi ambiti ed investimenti
infrastrutturali in aree
storicamente abbandonate dalle
autorità centrali.
Come contraltare, il governo Obrador
è diventato famoso negli anni per
non badarsi eccessivamente dei conti
statali, raggiungendo in più di
un’occasione soglie critiche di
spesa. A ciò ha sicuramente
contribuito un sistema fiscale e
previdenziale non riformato ed al
passo coi tempi, così come l’elevata
burocrazia della macchina statale e
gli enormi costi attribuibili ai
giganti pubblici (un esempio fra
tutti la compagnia petrolifera Pemex).
Dal suo lato la Sheinbaum sembra
voler proseguire sulla stessa linea,
portando avanti una sorta di
“peronismo” in chiave messicana.
Oltre a questo, è imputabile ad
Obrador anche una parziale
“militarizzazione”, facendo
ricoprire ai militari cariche
tradizionalmente occupate dai
civili, nell’ottica di una lotta ai
cartelli della droga che non ha mai
neanche scalfito lontanamente lo
strapotere del narcotraffico.
Nonostante queste evidenze, più di
100 milioni di messicani si sono
registrati per votare, mostrando un
segnale di partecipazione politica,
e conseguentemente anche di
ringraziamento nei confronti della
corrente politica di Obrador, senza
precedenti.
Nonostante il successo del Morena,
l’intera campagna elettorale è
risultata una delle più sanguinose
della storia moderna. Tutto è
iniziato il 29 giugno del 2023 con
il rapimento ed il conseguente
omicidio di Jesús González Rio,
leader del Partito dei Verdi e
candidato sindaco di Copala. Da qui
in poi sono stati assassinati almeno
20 candidati locali, per la maggior
parte appartenenti a Morena. Secondo
alcune stime di organizzazioni
indipendenti, il numero dei
candidati uccisi salirebbe oltre i
30, per non parlare delle diverse
centinaia che hanno abbandonato la
corsa sotto minaccia dei narcos. Si
è addirittura temuto che lo stesso
giorno delle elezioni si potesse
assistere ad un’ulteriore ondata di
violenza, timore confermato in parte
dall’uccisione di due persone nello
stato di Puebla. Senza neanche
dubitarne, i principali responsabili
di questo intenso clima di violenza
sono i cartelli della droga, i quali
per mantenere il potere sul
territorio tramite i propri
esponenti politici non esitano a
ricorrere ai mezzi più violenti per
instillare terrore nella gente
comune. Purtroppo riuscendoci il più
delle volte, non avendo i messicani
alcun supporto concreto in questo
senso da parte delle autorità.
Per quanto la lotta al narcotraffico
sia stato uno degli impegni di
Obrador, oggi più che mai il Messico
può essere ancora definito un
narcostato. L’approccio del tutto
inadeguato ed inefficace del governo
Morena ha portato ad un controllo
ancora più capillare del territorio
da parte dei cartelli, tanto che in
alcune aree la presenza delle forze
dell’ordine è solo un ricordo ormai
lontano. Lo slogan “abrazos, no
balazos” (abbracci, non pallottole)
volto a simboleggiare un approccio
di dialogo con i narcotrafficanti e
potenziale convivenza pacifica ha
portato solo ad un peggioramento di
una situazione già critica. A
testimonianza di ciò, il silenzio
per i 30.000 omicidi annuali
registrati in Messico e dei 186.000
decessi per morti violenta negli
ultimi 6 anni.
Dal punto di vista degli esteri, il
governo Sheinbaum cercherà come
prima cosa di stabilizzare i propri
rapporti con l’ingombrante vicino,
gli Stati Uniti, specie in virtù
delle prossime elezioni di novembre.
Con oltre 2.000 chilometri di
confine, i rapporti tra i due stati
hanno raggiunto picchi di tensione
molto alti negli ultimi anni, specie
se si considera il fenomeno
dell’emigrazione di massa e quello
del traffico di stupefacenti,
entrambi fenomeni in ripida ascesa.
Nonostante vi sia il timore da parte
messicana di una vittoria Trump, i
rapporti economici tra Messico e
Stati Uniti si sono intensificati
sempre maggiormente nel corso degli
ultimi anni. Basti pensare al
galoppante volume delle esportazioni
verso il confine americano ed alle
rimesse mandate dai migranti in
America verso i propri familiari in
Messico, con valori stimati in 63
miliardi di dollari. D’altro canto
sarebbe pienamente negli interessi
del Messico diversificare i propri
rapporti commerciali, cercando
sponde per i propri mercati in
Europa, in Asia o anche nella stessa
America Latina. Ciò nell’ottica di
una maggior indipendenza economica
nei confronti degli Stati Uniti, i
quali potrebbero variare
drasticamente i rapporti con i
propri vicini in breve tempo, specie
alla luce dei grandi cambiamenti
sociali e politici che Washington
sta subendo.
In conclusione, le ultime elezioni
messicane hanno segnato un
importante capitolo nella storia
politica dello stato nordamericano.
La neoeletta presidente Sheinbaum ha
a suo favore un forte consenso
popolare ed un’eredità politica
importante da sfruttare e saper
veicolare nei prossimi mesi.
Dall’altro lato vi sono anche le non
poche contraddizioni del governo
Obrador che la Sheinbaum non sembra
essere troppo pronta a scardinare.
Alla luce anche del contesto
internazionale oggi più che mai
mutevole e privo di orizzonti
chiari, sarà interessante analizzare
da qui a pochi anni quanto, e
soprattutto se, i buoni propositi
del nuovo governo Sheinbaum
continueranno a giovare ai messicani
oppure se anche questa vittoria si
tramuterà nell’ennesima messinscena
in salsa messicana.