[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

198 / GIUGNO 2024 (CCXXIX)


attualità

Il futuro del Messico si chiama Sheinbaum
Un nuovo corso

di
Gian Marco Boellisi
 

Molti hanno definito il 2024 come l’anno delle elezioni, visto l’elevato numero di appuntamenti elettorali presenti in tutto il globo. Di particolare interesse, lo scorso 2 giugno si sono tenute le elezioni in Messico, dove gli elettori sono stati chiamati ad eleggere il nuovo presidente così come anche un gran numero di funzionari locali. Dalle urne è uscita vincitrice Claudia Sheinbaum, prima donna a guidare il paese con il 60% delle preferenze, la quale andrà ad insediarsi il prossimo 1 ottobre. Un risultato storico da molti punti di vista che vedrà la neoeletta presidente affrontare numerose agende, una più complessa dell’altra. Risulta quindi interessante comprendere meglio quale sia il contesto che ha permesso a Claudia Sheinbaum di essere eletta e allo stesso tempo analizzare quanto possa influire questo risultato sul contesto geopolitico del continente americano.


Alcuni analisti le hanno definite le elezioni più importanti del Messico, essendo stati nominati il presidente, il quale ricopre nella sua figura sia il capo del Governo sia il capo dello Stato, entrambe le camere del Parlameto, numerosi governatori statali e sindaci di città. I riflettori principali tuttavia sono stati dedicati a Claudia Sheinbaum, vincitrice indiscussa di queste elezioni, candidata del partito populista di sinistra Morena (abbreviazione per Movimento di rigenerazione nazionale). Nipote di immigrati ebrei scappati all’olocausto originari di Lituania e Bulgaria, la Sheinbaum è una classe 1962, laureata in fisica con un dottorato in ingegneria energetica, nonché ex sindaco di Città del Messico. Vincendo le elezioni verrà ricordata negli annali come prima donna presidente del Messico e, non meno rilevante, come la prima donna a guidare un paese del Nord America. È importante sottolineare la forte carica simbolica di questa vittoria per due motivi principali. Il primo è come la Sheinbaum sia riuscita ad ottenere un risultato così soverchiante in uno dei paesi con delle culture più “machiste” del continente, causa questa di reiterate diseguaglianze e violenze di genere. Il secondo invece è come una donna di origini ebraiche andrà a guidare il paese dove risiede la seconda popolazione cattolica più numerosa al mondo.


La Sheinbaum è stata eletta sotto il partito Morena, fondato dal presidente uscente Andrés Manuel López Obrador, noto anche come Amlo. Diventando con questa elezione l’erede spirituale di Obrador, la nuova presidente deve molto del suo successo alla grande popolarità di Morena tra le fasce più povere e meno abbienti della popolazione messicana. Molti giornalisti hanno affermato che senza il supporto sin dalla prima ora di Obrador la Sheinbaum non avrebbe mai conseguito la vittoria individualmente. Tuttavia la neoeletta presidente ha rifiutato l’opinione comune di essere donna di successo solo perchè sotto l’ala politica di un uomo. Al netto di tutto, gli estesi programmi di assistenza sociale voluti dal governo Obrador hanno sicuramente creato una base di consensi notevole tra la popolazione messicana più povera. In particolare, sono state avviate politiche di assistenza agli anziani e alle madri single, interventi sui salari minimi con una conseguente contrazione del tasso di povertà, rafforzamento del welfare in certi ambiti ed investimenti infrastrutturali in aree storicamente abbandonate dalle autorità centrali.


Come contraltare, il governo Obrador è diventato famoso negli anni per non badarsi eccessivamente dei conti statali, raggiungendo in più di un’occasione soglie critiche di spesa. A ciò ha sicuramente contribuito un sistema fiscale e previdenziale non riformato ed al passo coi tempi, così come l’elevata burocrazia della macchina statale e gli enormi costi attribuibili ai giganti pubblici (un esempio fra tutti la compagnia petrolifera Pemex). Dal suo lato la Sheinbaum sembra voler proseguire sulla stessa linea, portando avanti una sorta di “peronismo” in chiave messicana.


Oltre a questo, è imputabile ad Obrador anche una parziale “militarizzazione”, facendo ricoprire ai militari cariche tradizionalmente occupate dai civili, nell’ottica di una lotta ai cartelli della droga che non ha mai neanche scalfito lontanamente lo strapotere del narcotraffico. Nonostante queste evidenze, più di 100 milioni di messicani si sono registrati per votare, mostrando un segnale di partecipazione politica, e conseguentemente anche di ringraziamento nei confronti della corrente politica di Obrador, senza precedenti.


Nonostante il successo del Morena, l’intera campagna elettorale è risultata una delle più sanguinose della storia moderna. Tutto è iniziato il 29 giugno del 2023 con il rapimento ed il conseguente omicidio di Jesús González Rio, leader del Partito dei Verdi e candidato sindaco di Copala. Da qui in poi sono stati assassinati almeno 20 candidati locali, per la maggior parte appartenenti a Morena. Secondo alcune stime di organizzazioni indipendenti, il numero dei candidati uccisi salirebbe oltre i 30, per non parlare delle diverse centinaia che hanno abbandonato la corsa sotto minaccia dei narcos. Si è addirittura temuto che lo stesso giorno delle elezioni si potesse assistere ad un’ulteriore ondata di violenza, timore confermato in parte dall’uccisione di due persone nello stato di Puebla. Senza neanche dubitarne, i principali responsabili di questo intenso clima di violenza sono i cartelli della droga, i quali per mantenere il potere sul territorio tramite i propri esponenti politici non esitano a ricorrere ai mezzi più violenti per instillare terrore nella gente comune. Purtroppo riuscendoci il più delle volte, non avendo i messicani alcun supporto concreto in questo senso da parte delle autorità.


Per quanto la lotta al narcotraffico sia stato uno degli impegni di Obrador, oggi più che mai il Messico può essere ancora definito un narcostato. L’approccio del tutto inadeguato ed inefficace del governo Morena ha portato ad un controllo ancora più capillare del territorio da parte dei cartelli, tanto che in alcune aree la presenza delle forze dell’ordine è solo un ricordo ormai lontano. Lo slogan “abrazos, no balazos” (abbracci, non pallottole) volto a simboleggiare un approccio di dialogo con i narcotrafficanti e potenziale convivenza pacifica ha portato solo ad un peggioramento di una situazione già critica. A testimonianza di ciò, il silenzio per i 30.000 omicidi annuali registrati in Messico e dei 186.000 decessi per morti violenta negli ultimi 6 anni.


Dal punto di vista degli esteri, il governo Sheinbaum cercherà come prima cosa di stabilizzare i propri rapporti con l’ingombrante vicino, gli Stati Uniti, specie in virtù delle prossime elezioni di novembre. Con oltre 2.000 chilometri di confine, i rapporti tra i due stati hanno raggiunto picchi di tensione molto alti negli ultimi anni, specie se si considera il fenomeno dell’emigrazione di massa e quello del traffico di stupefacenti, entrambi fenomeni in ripida ascesa. Nonostante vi sia il timore da parte messicana di una vittoria Trump, i rapporti economici tra Messico e Stati Uniti si sono intensificati sempre maggiormente nel corso degli ultimi anni. Basti pensare al galoppante volume delle esportazioni verso il confine americano ed alle rimesse mandate dai migranti in America verso i propri familiari in Messico, con valori stimati in 63 miliardi di dollari. D’altro canto sarebbe pienamente negli interessi del Messico diversificare i propri rapporti commerciali, cercando sponde per i propri mercati in Europa, in Asia o anche nella stessa America Latina. Ciò nell’ottica di una maggior indipendenza economica nei confronti degli Stati Uniti, i quali potrebbero variare drasticamente i rapporti con i propri vicini in breve tempo, specie alla luce dei grandi cambiamenti sociali e politici che Washington sta subendo.


In conclusione, le ultime elezioni messicane hanno segnato un importante capitolo nella storia politica dello stato nordamericano. La neoeletta presidente Sheinbaum ha a suo favore un forte consenso popolare ed un’eredità politica importante da sfruttare e saper veicolare nei prossimi mesi. Dall’altro lato vi sono anche le non poche contraddizioni del governo Obrador che la Sheinbaum non sembra essere troppo pronta a scardinare. Alla luce anche del contesto internazionale oggi più che mai mutevole e privo di orizzonti chiari, sarà interessante analizzare da qui a pochi anni quanto, e soprattutto se, i buoni propositi del nuovo governo Sheinbaum continueranno a giovare ai messicani oppure se anche questa vittoria si tramuterà nell’ennesima messinscena in salsa messicana.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]