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										antica 
										
										
										SULLA 
										CIVILTÀ CARTAGINESE 
										
										STORIA DEL POPOLO ANTAGONISTA DI ROMA / 
										PARTE II 
										
										
										di Luigi De Palo 
										
										
										  
										
										Al termine della terza guerra punica, 
										Utica divenne la capitale della 
										Provincia romana d'Africa e Cartagine 
										restò in rovina fino al 122 a.C., 
										finchèil tribuno romano Gaio Sempronio 
										Gracco (154 – 121 a.C.) volle rifondarla 
										come una piccola colonia chiamata 
										Colonia Junonia. Le traversie politiche 
										di Gracco e l'ancora troppo fresca 
										memoria delle Guerre puniche causarono 
										tuttavia il fallimento di tale progetto. 
										Fu solo nel 46 a.C. che Giulio Cesare 
										decise di fondare una nuova città e, 
										cinque anni dopo la sua morte, nel 29 
										a.C. fu Ottaviano a riprendere il 
										progetto di Cesare, fondando in quel 
										luogo la Colonia Julia, diventando 
										presto una delle più importanti città 
										romane, per lungo tempo seconda soltanto 
										a Roma.    
										
										Il centro di potere fu trasferito da 
										Utica a Cartagine, la quale divenne 
										"paniere di Roma" per la stessa 
										efficacia agricola che l'aveva 
										arricchita precedentemente, restando 
										un’importante colonia romana fino alla 
										conquista vandala nel 439 d.C da parte 
										di re Genserico. Con re Genserico la 
										città diventò la capitale del proprio 
										regno e lo rimase per almeno un secolo.   
										
										I vandali di Genserico sfruttarono 
										pienamente la felice collocazione della 
										loro nuova città, saccheggiando le navi 
										di passaggio e compiendo scorrerie lungo 
										le città costiere. I tentativi romani di 
										cacciarli da Cartagine fallirono e nel 
										442 d.C. fu firmato un trattato tra 
										Genserico e l'imperatore Valentiniano 
										III, il quale riconosceva il Regno dei 
										vandali di Nord Africa come entità 
										politica legittima e con i quali 
										stabilire relazioni pacifiche. Quando 
										Valentiniano venne però assassinato nel 
										455 d.C., Genserico ruppe il trattato, 
										considerandolo un accordo tra lui e 
										l'imperatore, e salpò verso Roma. L'Urbe 
										fu depredata ma, per intercessione di 
										papa Leone I (r. 440 – 461 d.C.), non 
										danneggiata e la popolazione 
										risparmiata. I vandali restarono in 
										possesso di Cartagine, traendo profitto 
										dalla sua posizione, sino a dopo la 
										morte di Genserico.   
										
										Con il re vandalo Gelimero, di fede 
										cristiana ariana, iniziò la persecuzione 
										dei cristiani trinitari ortodossi, 
										causando l'ira dell'ortodosso imperatore 
										bizantino Giustiniano I, il quale mandò 
										il suo generale Belisario a intervenire 
										in Nord Africa. Belisario vinse la breve 
										Guerra vandalica (533 – 534 d.C.), 
										restituendo Cartagine all'Impero romano 
										d'Oriente (330 – 1453 d.C.), sotto il 
										quale seguitò a prosperare.   
										
										Sotto i bizantini, Cartagine continuò a 
										fiorire nel commercio e quale granaio 
										della sopravvissuta parte orientale 
										dell'impero, essendo l'Occidente caduto 
										nel 476 d.C. Verso il 585 d.C. Cartagine 
										divenne sede dell'Esarcato d'Africa 
										sotto l'imperatore Maurizio (r. 582 – 
										602 d.C.).   
										
										Nel 698 d.C. i musulmani sconfissero le 
										forze bizantine nella Battaglia di 
										Cartagine, rasero al suolo la città e 
										cacciarono i bizantini dall'Africa. 
										Fortificarono e svilupparono invece la 
										vicina città di Tunisi, elevandola a 
										nuovo centro di commercio e governo 
										della regione. Sotto gli arabiTunisi 
										prosperò assai più della pur ricostruita 
										Cartagine, ma questa crebbe nondimeno 
										fino all'ottava crociata del 1270, 
										quando fu espugnata dai crociati europei 
										e la Byrsa rifortificata. Una volta 
										sconfitti i crociati, il califfo 
										Maometto I al-Mustansir fece abbattere 
										le mura e radere al suolo gli edifici 
										onde prevenire ogni possibile successiva 
										occupazione nemica della città. 
										
										Cartagine è oggi un elegante quartiere 
										residenziale di Tunisi, con belle case 
										circondate da giardini e numerosi siti 
										archeologici, per la maggior parte 
										romani, ma anche punici. Dal 1921 a 
										Cartagine è iniziata una capillare opera 
										di scavi archeologici che hanno 
										riportato alla luce innumerevoli 
										testimonianze del passato. Il 27 luglio 
										1979 è stata classificata come 
										patrimonio dell'umanità dell'Unesco, la 
										maggior parte però dei resti del passato 
										sono sparsi per il quartiere, spesso in 
										condizioni piuttosto deludenti. Basti 
										pensare ad esempio ai famosi due porti 
										di Cartagine, che fecero la fortuna 
										commerciale e militare della città: oggi 
										non sono altro che uno stagno in riva al 
										mare.
   
										
										Una delle costruzioni rimaste è 
										il Tophet, un santuario religioso. Il 
										luogo era destinato alle sepolture 
										infantili, nei cui pressi sorgeva un 
										tempio dedicato agli dei fenici Tanit e 
										Baal, individuato nel 1921, per i quali 
										si dice venissero immolati i figli dei 
										nobili cartaginesi. In realtà non c'è un 
										solo documento che riporti questa 
										barbara usanza e se così fosse stato le 
										fonti romane ne avrebbero sicuramente e 
										diffusamente parlato. Catone ad esempio 
										anzichè portare i fichi cartaginesi a 
										Roma, avrebbe parlato dei barbari 
										infanticidi dei cartaginesi, un'ottima 
										scusa per invadere Cartagine (Catone 
										portò dei fichi freschi da Cartagine ai 
										senatori per dimostrare la vicinanza 
										della città punica e quindi il pericolo 
										che essa rappresentava). Questa credenza 
										venne messa probabilmente in 
										circolazione dalla nuova religione 
										cristiana che tendeva a demonizzare 
										tutte le altre religioni. Il fatto che 
										esistessero dei cimiteri riservati ai 
										bambini defunti non significa che questi 
										venissero sacrificati.   
										
										Nella parte inferiore del Tophet è stata 
										inoltre scoperta una nicchia, 
										chiamata Cappella di Cintas. Leggenda 
										vuole sia la tomba di Didone. Il sito 
										ora si mostra come un labirinto di pozzi 
										di sepoltura e resti di murature con 
										numerose stele recanti iscrizioni e 
										simboli.   
										
										Nella zona del parco archeologico, che 
										si trova sulla collina Byrsa 
										(anticamente la collina era il luogo 
										dove sorgeva l'Acropoli della Cartagine 
										punica, all’epoca circondata da una 
										cinta di mura), vi sono state trovate 
										alcune sepolture, ma nessuno degli 
										edifici pubblici e delle abitazioni è 
										sopravvissuto alle conquiste. La griglia 
										delle strade mostra chiaramente la 
										struttura del quartiere residenziale 
										della Cartagine romana, dove è evidente 
										la stratificazione della storia con 
										tombe puniche del VI e del V secolo 
										a.C., la basilica del VI secolo d.C. e 
										una cappella sotterranea del VII secolo. 
										In tutto il sito si trovano i resti di 
										cisterne romane.   
										
										All’interno del parco si trova anche 
										il museo archeologico nazionale, che 
										raccoglie una ricca collezione di 
										reperti. Gli oggetti variano da gioielli 
										a ornamenti antichi e paleocristiani, ma 
										anche oggetti quotidiani, stele 
										funerarie, sarcofagi e mosaici.   
										
										Per quanto riguarda invece la collina di 
										Byrsa, oggi è occupata dall'imponente 
										cattedrale di st. Louis, ora sconsacrata 
										e adibita a centro culturale. Costruita 
										nel 1890, ha uno stile che è un mix di 
										bizantino e moresco. Alla fine del I 
										secolo a.C., durante imponenti lavori di 
										rinnovo della città, la collina di Byrsa 
										fu abbassata, rimodellata e trasformata 
										in un ampio terrapieno, dove i romani 
										eressero i monumenti pubblici più 
										importanti: templi, basiliche, portici, 
										biblioteche ecc. che ci confermano in 
										questo luogo la posizione del foro 
										romano della colonia di Cartagine; 
										mentre all'estremità occidentale si 
										elevava il campidoglio, celato per 
										sempre sotto la cattedrale. Il foro 
										romano era il punto di partenza dei due 
										assi principali della Cartagine romana: 
										il decumano, che corre da est a ovest; e 
										il cardo, da nord a sud. Durante gli 
										scavi sotto la chiesa e il monastero 
										sono stati trovati vari resti romani, 
										che ora sono esposti nel museo del 
										Bardo.   
										
										Sempre sulla collina vi sono i resti di 
										quelle che all'epoca dovevano essere 
										splendide ville romane, decorate con 
										meravigliosi mosaici. La più importante 
										è senz'altro la villa della Voliera 
										realizzata nel III sec. chiamata in 
										questo modo grazie al soggetto di un 
										mosaico. Quest’ultima si trova sul 
										fianco orientale della collina 
										dell'odeon.   
										
										La collina deve il suo nome a ciò che si 
										trova sulla sommità della stessa, 
										appunto l’odeon, costruito secondo 
										Tertulliano negli anni 205-210 per 
										celebrare i giochi Pitici. Distrutto in 
										parte dai vandali, assieme all'adiacente 
										teatro, i suoi materiali furono 
										utilizzati per la costruzione delle 
										fortificazioni bizantine.   
										
										Sulla collina dell’Odeon ritroviamo 
										anche cospicui resti del teatro fatto 
										costruire da Adriano, di dimensioni 
										imponenti e maestoso nell'aspetto, uno 
										dei più grandi in terra d'Africa. Le 
										ampie gradinate sfruttano il declivio 
										naturale del terreno alle pendici di una 
										collina. Vi potevano sedere migliaia di 
										spettatori, che potevano godere anche di 
										uno straordinario panorama.   
										
										Non lontano dalla collina si trovano i 
										resti dell’anfiteatro romano del II 
										secolo, una struttura che era formata da 
										cinque piani con posti a sedere per 
										circa 50.000 spettatori e una grande 
										arena. Era celebrato come uno dei più 
										maestosi del mondo romano ed era famoso 
										fino ai confini dell’impero per le corse 
										dei cavalli e i combattimenti di belve e 
										gladiatori, prima, si tramanda, di 
										divenire luogo di martirio per migliaia 
										di cristiani. Una colonna li commemora, 
										anche se alcune fonti sembrano smentire 
										tale pratica; questo perchè le 
										esecuzioni non solo dei cristiani ma dei 
										malfattori non costituivano grande 
										spettacolo, la gente amava scommettere e 
										pertanto amava le corse e i 
										combattimenti, i gladiatori soprattutto 
										e le belve. Le esecuzioni capitali 
										semmai si usavano nei piccoli anfiteatri 
										dove il lanista poteva investire molto 
										poco per gli spettacoli, data la poca 
										capienza e quindi affluenza degli 
										spettatori.    
										
										L'anfiteatro infine venne proibito e 
										chiuso, non tanto per la effettiva 
										crudeltà dei suoi spettacoli, quanto per 
										la peccaminosità del divertimento. 
										Agostino dichiara che fu la lussuria a 
										spingere l'edificazione dei luoghi di 
										spettacolo, tanto è vero che prima degli 
										anfiteatri vennero chiusi i teatri, 
										considerati luoghi demoniaci per le 
										donne un po' discinte che vi si 
										esibivano. Per quanto riguarda la 
										struttura, a parte le sue massicce 
										fondamenta e alcune sale sotterranee, il 
										resto è andato distrutto.   
										
										I romani a Cartagine si dotarono oltre 
										che del teatro, dell'odeon e 
										dell'anfiteatro, anche del circo, con 
										grande disapprovazione dei religiosi 
										cristiani, che vedevano in tutto ciò che 
										divertiva l'opera del diavolo, mentre 
										erano graditi a Dio l'espiazione, 
										l'astinenza, i digiuni e perfino 
										l'autoflagellazione, in poche parole la 
										mortificazione della carne.    
										
										Del circo, in grado di accogliere oltre 
										200.000 persone, sono stati portati alla 
										luce i resti della spina, che divideva 
										in due l'arena e attorno alla quale 
										giravano i carri. Le corse dei carri 
										furono l'ultimo spettacolo a scomparire, 
										tollerato in quanto non licenzioso. Sul 
										lato opposto della strada 
										dell’anfiteatro, un sentiero conduce 
										alle cisterne costruite dai romani per 
										immagazzinare l’acqua portata dalle 
										colline di Zaghouan in un acquedotto 
										lungo 132 chilometri. Sono rimaste solo 
										15 delle 24 cisterne originali.    
										   
										
										Altro monumento rimasto sono le terme di 
										Antonino, l'edificio più danneggiato 
										dall'iconoclastia religiosa, ancora più 
										che dal tempo; delle imponenti terme di 
										Antonino, costruite tra il 146 e il 162 
										d.C., oggi è visibile soltanto il 
										basamento, dove sorgevano le stanze 
										degli inservienti con i magazzini e i 
										forni in cui si scaldava l’acqua (poi 
										inviata alle sale termali, situate al 
										piano superiore), sorretto da colonne 
										gigantesche. Una di questeè stata 
										ricostruita negli ultimi anni: è alta 15 
										metri e sormontata da un capitello 
										corinzio.   
										
										Come abbiamo visto la situazione non è 
										felicissima, molti edifici sono in 
										cattive condizioni, lasciati alle 
										intemperie senza particolari cure e 
										attenzioni. Il motivo è da ricercare 
										nella storia contemporanea del paese, 
										con la Tunisia che si sta risollevando 
										lentamente dai travagli rivoluzionari. 
										Dal 2011 il ministro dei Beni culturali 
										e della Salvaguardia del Patrimonio, 
										Azedine Beschaouch, archeologo di fama 
										internazionale, insieme al primo 
										ministro Beji Caïd Essebsi, hanno 
										avviato un progetto per recuperare a 
										tutte le scelte scellerate fatte durante 
										il regime di Ben Ali, riprendendo anche 
										la campagna di scavi di salvataggio 
										"Servanda Carthago" lanciata nel 1973 
										dallo stesso Azedine Beschaouch.   
										
										Uno dei punti più scottanti ripresi da 
										Beschaouch e da Essebsi è l’oltraggio a 
										Cartagine e il declassamento dei suoi 
										terreni, iscritti fin dal 1979 nella 
										lista del patrimonio mondiale 
										dell’Unesco. 
										
										Queste le parole di Beschaouch: 
										
										
										«L’occupazione dei terreni di questo 
										sito unico al mondo è avvenuta in 
										maniera pressoché pubblica, ma in un 
										silenzio di piombo. Sono state 
										declassate alcune zone archeologiche di 
										Cartagine e di Sidi Bou Said, con una 
										serie di decreti del capo dello Stato 
										(quattordici per la precisione, dal 1992 
										al 2008), proprio attraverso 
										l’espressione giuridica più alta e sacra 
										della nazione: l’atto presidenziale. E 
										ciò per favorire i traffici e le 
										speculazioni immobiliari della cricca al 
										potere! Con il consenso e la complicità 
										degli organi amministrativi, il sito è 
										stato sottratto alla proprietà pubblica 
										per essere consegnato a personaggi di 
										regime, familiari del presidente e 
										uomini d’affari corrotti. Gli accoliti 
										dell’ex dittatore e di sua moglie, 
										attraverso semplici procedure 
										amministrative, si sono visti attribuire 
										- a cifre simboliche - terreni di grande 
										valore, che hanno poi rivenduto a caro 
										prezzo ad altre persone: promotori 
										immobiliari o cittadini danarosi, 
										interessati a costruirsi una villa a 
										Cartagine, il “must del must”. Questa 
										città ha rappresentato naturalmente il 
										mio primo pensiero fin da quando sono 
										arrivato al ministero. Ho subito 
										proposto un decreto legge per 
										l’abolizione di tutti i decreti di 
										declassamento promulgati sotto il regno 
										di Ben Ali».   
										
										E in merito all’iniziativa Servanda 
										Carthago: 
										
										«È vero, negli Anni 70 l’ho salvata una 
										prima volta. E ne sono fiero. Dal 1973 
										al 1983, nella veste di direttore 
										dell’Istituto nazionale di archeologia, 
										avevo intrapreso e coordinato questa 
										campagna di scavi di salvaguardia, sotto 
										l’egida dell’Unesco, per attirare 
										l’attenzione internazionale su Cartagine 
										che già allora rischiava di scomparire 
										sotto le ruspe degli imprenditori 
										immobiliari. Italiani, francesi, 
										inglesi, tedeschi, americani, tutti 
										aderirono con entusiasmo a un’iniziativa 
										che condusse a grandi scoperte: prima 
										fra tutte la constatazione che, malgrado 
										la distruzione della città da parte dei 
										Romani, restava intatto un intero 
										quartiere punico (quello che oggi si 
										trova nei pressi del museo), con case 
										dell’epoca di Annibale. Ma ora purtroppo 
										ci risiamo. Abbiamo evitato per il rotto 
										della cuffia la vergogna internazionale: 
										quest’anno, a causa dei massacri e della 
										cattiva amministrazione, il Comitato del 
										patrimonio mondiale dell’Unesco aveva 
										deciso di dichiarare Cartagine zona 
										sinistrata, in pericolo. Ecco dunque un 
										valido motivo per rilanciare la parola 
										d’ordine “Servanda Carthago”, 
										opponendoci una volta per tutte alla 
										"Carthago delenda est" decretata da 
										Catone più di duemila anni fa».  |