[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

167 / NOVEMBRE 2021 (CXCVIII)


antica

SULLA CIVILTÀ CARTAGINESE

STORIA DEL POPOLO ANTAGONISTA DI ROMA / PARTE II

di Luigi De Palo

 

Al termine della terza guerra punica, Utica divenne la capitale della Provincia romana d'Africa e Cartagine restò in rovina fino al 122 a.C., finchèil tribuno romano Gaio Sempronio Gracco (154 – 121 a.C.) volle rifondarla come una piccola colonia chiamata Colonia Junonia. Le traversie politiche di Gracco e l'ancora troppo fresca memoria delle Guerre puniche causarono tuttavia il fallimento di tale progetto. Fu solo nel 46 a.C. che Giulio Cesare decise di fondare una nuova città e, cinque anni dopo la sua morte, nel 29 a.C. fu Ottaviano a riprendere il progetto di Cesare, fondando in quel luogo la Colonia Julia, diventando presto una delle più importanti città romane, per lungo tempo seconda soltanto a Roma.

 

Il centro di potere fu trasferito da Utica a Cartagine, la quale divenne "paniere di Roma" per la stessa efficacia agricola che l'aveva arricchita precedentemente, restando un’importante colonia romana fino alla conquista vandala nel 439 d.C da parte di re Genserico. Con re Genserico la città diventò la capitale del proprio regno e lo rimase per almeno un secolo.

 

I vandali di Genserico sfruttarono pienamente la felice collocazione della loro nuova città, saccheggiando le navi di passaggio e compiendo scorrerie lungo le città costiere. I tentativi romani di cacciarli da Cartagine fallirono e nel 442 d.C. fu firmato un trattato tra Genserico e l'imperatore Valentiniano III, il quale riconosceva il Regno dei vandali di Nord Africa come entità politica legittima e con i quali stabilire relazioni pacifiche. Quando Valentiniano venne però assassinato nel 455 d.C., Genserico ruppe il trattato, considerandolo un accordo tra lui e l'imperatore, e salpò verso Roma. L'Urbe fu depredata ma, per intercessione di papa Leone I (r. 440 – 461 d.C.), non danneggiata e la popolazione risparmiata. I vandali restarono in possesso di Cartagine, traendo profitto dalla sua posizione, sino a dopo la morte di Genserico.

 

Con il re vandalo Gelimero, di fede cristiana ariana, iniziò la persecuzione dei cristiani trinitari ortodossi, causando l'ira dell'ortodosso imperatore bizantino Giustiniano I, il quale mandò il suo generale Belisario a intervenire in Nord Africa. Belisario vinse la breve Guerra vandalica (533 – 534 d.C.), restituendo Cartagine all'Impero romano d'Oriente (330 – 1453 d.C.), sotto il quale seguitò a prosperare.

 

Sotto i bizantini, Cartagine continuò a fiorire nel commercio e quale granaio della sopravvissuta parte orientale dell'impero, essendo l'Occidente caduto nel 476 d.C. Verso il 585 d.C. Cartagine divenne sede dell'Esarcato d'Africa sotto l'imperatore Maurizio (r. 582 – 602 d.C.).

 

Nel 698 d.C. i musulmani sconfissero le forze bizantine nella Battaglia di Cartagine, rasero al suolo la città e cacciarono i bizantini dall'Africa. Fortificarono e svilupparono invece la vicina città di Tunisi, elevandola a nuovo centro di commercio e governo della regione. Sotto gli arabiTunisi prosperò assai più della pur ricostruita Cartagine, ma questa crebbe nondimeno fino all'ottava crociata del 1270, quando fu espugnata dai crociati europei e la Byrsa rifortificata. Una volta sconfitti i crociati, il califfo Maometto I al-Mustansir fece abbattere le mura e radere al suolo gli edifici onde prevenire ogni possibile successiva occupazione nemica della città.


Cartagine è oggi un elegante quartiere residenziale di Tunisi, con belle case circondate da giardini e numerosi siti archeologici, per la maggior parte romani, ma anche punici. Dal 1921 a Cartagine è iniziata una capillare opera di scavi archeologici che hanno riportato alla luce innumerevoli testimonianze del passato. Il 27 luglio 1979 è stata classificata come patrimonio dell'umanità dell'Unesco, la maggior parte però dei resti del passato sono sparsi per il quartiere, spesso in condizioni piuttosto deludenti. Basti pensare ad esempio ai famosi due porti di Cartagine, che fecero la fortuna commerciale e militare della città: oggi non sono altro che uno stagno in riva al mare.

 

Una delle costruzioni rimaste è il Tophet, un santuario religioso. Il luogo era destinato alle sepolture infantili, nei cui pressi sorgeva un tempio dedicato agli dei fenici Tanit e Baal, individuato nel 1921, per i quali si dice venissero immolati i figli dei nobili cartaginesi. In realtà non c'è un solo documento che riporti questa barbara usanza e se così fosse stato le fonti romane ne avrebbero sicuramente e diffusamente parlato. Catone ad esempio anzichè portare i fichi cartaginesi a Roma, avrebbe parlato dei barbari infanticidi dei cartaginesi, un'ottima scusa per invadere Cartagine (Catone portò dei fichi freschi da Cartagine ai senatori per dimostrare la vicinanza della città punica e quindi il pericolo che essa rappresentava). Questa credenza venne messa probabilmente in circolazione dalla nuova religione cristiana che tendeva a demonizzare tutte le altre religioni. Il fatto che esistessero dei cimiteri riservati ai bambini defunti non significa che questi venissero sacrificati.

 

Nella parte inferiore del Tophet è stata inoltre scoperta una nicchia, chiamata Cappella di Cintas. Leggenda vuole sia la tomba di Didone. Il sito ora si mostra come un labirinto di pozzi di sepoltura e resti di murature con numerose stele recanti iscrizioni e simboli.

 

Nella zona del parco archeologico, che si trova sulla collina Byrsa (anticamente la collina era il luogo dove sorgeva l'Acropoli della Cartagine punica, all’epoca circondata da una cinta di mura), vi sono state trovate alcune sepolture, ma nessuno degli edifici pubblici e delle abitazioni è sopravvissuto alle conquiste. La griglia delle strade mostra chiaramente la struttura del quartiere residenziale della Cartagine romana, dove è evidente la stratificazione della storia con tombe puniche del VI e del V secolo a.C., la basilica del VI secolo d.C. e una cappella sotterranea del VII secolo. In tutto il sito si trovano i resti di cisterne romane.

 

All’interno del parco si trova anche il museo archeologico nazionale, che raccoglie una ricca collezione di reperti. Gli oggetti variano da gioielli a ornamenti antichi e paleocristiani, ma anche oggetti quotidiani, stele funerarie, sarcofagi e mosaici.

 

Per quanto riguarda invece la collina di Byrsa, oggi è occupata dall'imponente cattedrale di st. Louis, ora sconsacrata e adibita a centro culturale. Costruita nel 1890, ha uno stile che è un mix di bizantino e moresco. Alla fine del I secolo a.C., durante imponenti lavori di rinnovo della città, la collina di Byrsa fu abbassata, rimodellata e trasformata in un ampio terrapieno, dove i romani eressero i monumenti pubblici più importanti: templi, basiliche, portici, biblioteche ecc. che ci confermano in questo luogo la posizione del foro romano della colonia di Cartagine; mentre all'estremità occidentale si elevava il campidoglio, celato per sempre sotto la cattedrale. Il foro romano era il punto di partenza dei due assi principali della Cartagine romana: il decumano, che corre da est a ovest; e il cardo, da nord a sud. Durante gli scavi sotto la chiesa e il monastero sono stati trovati vari resti romani, che ora sono esposti nel museo del Bardo.

 

Sempre sulla collina vi sono i resti di quelle che all'epoca dovevano essere splendide ville romane, decorate con meravigliosi mosaici. La più importante è senz'altro la villa della Voliera realizzata nel III sec. chiamata in questo modo grazie al soggetto di un mosaico. Quest’ultima si trova sul fianco orientale della collina dell'odeon.

 

La collina deve il suo nome a ciò che si trova sulla sommità della stessa, appunto l’odeon, costruito secondo Tertulliano negli anni 205-210 per celebrare i giochi Pitici. Distrutto in parte dai vandali, assieme all'adiacente teatro, i suoi materiali furono utilizzati per la costruzione delle fortificazioni bizantine.

 

Sulla collina dell’Odeon ritroviamo anche cospicui resti del teatro fatto costruire da Adriano, di dimensioni imponenti e maestoso nell'aspetto, uno dei più grandi in terra d'Africa. Le ampie gradinate sfruttano il declivio naturale del terreno alle pendici di una collina. Vi potevano sedere migliaia di spettatori, che potevano godere anche di uno straordinario panorama.

 

Non lontano dalla collina si trovano i resti dell’anfiteatro romano del II secolo, una struttura che era formata da cinque piani con posti a sedere per circa 50.000 spettatori e una grande arena. Era celebrato come uno dei più maestosi del mondo romano ed era famoso fino ai confini dell’impero per le corse dei cavalli e i combattimenti di belve e gladiatori, prima, si tramanda, di divenire luogo di martirio per migliaia di cristiani. Una colonna li commemora, anche se alcune fonti sembrano smentire tale pratica; questo perchè le esecuzioni non solo dei cristiani ma dei malfattori non costituivano grande spettacolo, la gente amava scommettere e pertanto amava le corse e i combattimenti, i gladiatori soprattutto e le belve. Le esecuzioni capitali semmai si usavano nei piccoli anfiteatri dove il lanista poteva investire molto poco per gli spettacoli, data la poca capienza e quindi affluenza degli spettatori.

 

L'anfiteatro infine venne proibito e chiuso, non tanto per la effettiva crudeltà dei suoi spettacoli, quanto per la peccaminosità del divertimento. Agostino dichiara che fu la lussuria a spingere l'edificazione dei luoghi di spettacolo, tanto è vero che prima degli anfiteatri vennero chiusi i teatri, considerati luoghi demoniaci per le donne un po' discinte che vi si esibivano. Per quanto riguarda la struttura, a parte le sue massicce fondamenta e alcune sale sotterranee, il resto è andato distrutto.

 

I romani a Cartagine si dotarono oltre che del teatro, dell'odeon e dell'anfiteatro, anche del circo, con grande disapprovazione dei religiosi cristiani, che vedevano in tutto ciò che divertiva l'opera del diavolo, mentre erano graditi a Dio l'espiazione, l'astinenza, i digiuni e perfino l'autoflagellazione, in poche parole la mortificazione della carne.

 

Del circo, in grado di accogliere oltre 200.000 persone, sono stati portati alla luce i resti della spina, che divideva in due l'arena e attorno alla quale giravano i carri. Le corse dei carri furono l'ultimo spettacolo a scomparire, tollerato in quanto non licenzioso. Sul lato opposto della strada dell’anfiteatro, un sentiero conduce alle cisterne costruite dai romani per immagazzinare l’acqua portata dalle colline di Zaghouan in un acquedotto lungo 132 chilometri. Sono rimaste solo 15 delle 24 cisterne originali.    

 

Altro monumento rimasto sono le terme di Antonino, l'edificio più danneggiato dall'iconoclastia religiosa, ancora più che dal tempo; delle imponenti terme di Antonino, costruite tra il 146 e il 162 d.C., oggi è visibile soltanto il basamento, dove sorgevano le stanze degli inservienti con i magazzini e i forni in cui si scaldava l’acqua (poi inviata alle sale termali, situate al piano superiore), sorretto da colonne gigantesche. Una di questeè stata ricostruita negli ultimi anni: è alta 15 metri e sormontata da un capitello corinzio.

 

Come abbiamo visto la situazione non è felicissima, molti edifici sono in cattive condizioni, lasciati alle intemperie senza particolari cure e attenzioni. Il motivo è da ricercare nella storia contemporanea del paese, con la Tunisia che si sta risollevando lentamente dai travagli rivoluzionari. Dal 2011 il ministro dei Beni culturali e della Salvaguardia del Patrimonio, Azedine Beschaouch, archeologo di fama internazionale, insieme al primo ministro Beji Caïd Essebsi, hanno avviato un progetto per recuperare a tutte le scelte scellerate fatte durante il regime di Ben Ali, riprendendo anche la campagna di scavi di salvataggio "Servanda Carthago" lanciata nel 1973 dallo stesso Azedine Beschaouch.

 

Uno dei punti più scottanti ripresi da Beschaouch e da Essebsi è l’oltraggio a Cartagine e il declassamento dei suoi terreni, iscritti fin dal 1979 nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.

Queste le parole di Beschaouch: «L’occupazione dei terreni di questo sito unico al mondo è avvenuta in maniera pressoché pubblica, ma in un silenzio di piombo. Sono state declassate alcune zone archeologiche di Cartagine e di Sidi Bou Said, con una serie di decreti del capo dello Stato (quattordici per la precisione, dal 1992 al 2008), proprio attraverso l’espressione giuridica più alta e sacra della nazione: l’atto presidenziale. E ciò per favorire i traffici e le speculazioni immobiliari della cricca al potere! Con il consenso e la complicità degli organi amministrativi, il sito è stato sottratto alla proprietà pubblica per essere consegnato a personaggi di regime, familiari del presidente e uomini d’affari corrotti. Gli accoliti dell’ex dittatore e di sua moglie, attraverso semplici procedure amministrative, si sono visti attribuire - a cifre simboliche - terreni di grande valore, che hanno poi rivenduto a caro prezzo ad altre persone: promotori immobiliari o cittadini danarosi, interessati a costruirsi una villa a Cartagine, il “must del must”. Questa città ha rappresentato naturalmente il mio primo pensiero fin da quando sono arrivato al ministero. Ho subito proposto un decreto legge per l’abolizione di tutti i decreti di declassamento promulgati sotto il regno di Ben Ali».

 

E in merito all’iniziativa Servanda Carthago: «È vero, negli Anni 70 l’ho salvata una prima volta. E ne sono fiero. Dal 1973 al 1983, nella veste di direttore dell’Istituto nazionale di archeologia, avevo intrapreso e coordinato questa campagna di scavi di salvaguardia, sotto l’egida dell’Unesco, per attirare l’attenzione internazionale su Cartagine che già allora rischiava di scomparire sotto le ruspe degli imprenditori immobiliari. Italiani, francesi, inglesi, tedeschi, americani, tutti aderirono con entusiasmo a un’iniziativa che condusse a grandi scoperte: prima fra tutte la constatazione che, malgrado la distruzione della città da parte dei Romani, restava intatto un intero quartiere punico (quello che oggi si trova nei pressi del museo), con case dell’epoca di Annibale. Ma ora purtroppo ci risiamo. Abbiamo evitato per il rotto della cuffia la vergogna internazionale: quest’anno, a causa dei massacri e della cattiva amministrazione, il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco aveva deciso di dichiarare Cartagine zona sinistrata, in pericolo. Ecco dunque un valido motivo per rilanciare la parola d’ordine “Servanda Carthago”, opponendoci una volta per tutte alla "Carthago delenda est" decretata da Catone più di duemila anni fa». 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]