N. 63 - Marzo 2013
(XCIV)
CIRILLO E METODIO
MISSIONARI DI FEDE E DI ECUMENE
di Chiara Francesca Chianella
Cirillo
e
Metodio,
nati
a
Tessalonica
(la
città
dove
visse
e
operò
san
Paolo),
fin
dal
principio
della
loro
vocazione
entrarono
in
stretti
rapporti
culturali
e
spirituali
con
la
Chiesa
patriarcale
di
Costantinopoli,
allora
fiorente
per
cultura
e
attività
missionaria.
Entrambi
diedero
una
prima
testimonianza
del
loro
servizio
missionario
recandosi
a
evangelizzare
i
Cazari
della
Crimea.
Per
corrispondere
alle
necessità
del
loro
servizio
apostolico
in
mezzo
ai
popoli
slavi
tradussero
nella
loro
lingua
i
libri
sacri
a
scopo
liturgico
e
catechetico,
gettando
con
questo
le
basi
di
tutta
la
letteratura
nelle
lingue
dei
medesimi
popoli.
Giustamente
perciò
essi
sono
considerati
non
solo
gli
apostoli
degli
slavi
ma
anche
i
padri
della
cultura
tra
tutti
questi
popoli
e
tutte
queste
nazioni,
per
i
quali
i
primi
scritti
della
lingua
slava
non
cessano
di
essere
il
punto
fondamentale
di
riferimento
nella
storia
della
loro
letteratura.
Il
loro
grande
merito
sta
nell’essersi
adattati
ai
popoli
da
evangelizzare
con
metodi
missionari
e
l’aver
creato
un
nuovo
alfabeto,
che
in
seguito
prese
il
nome
di
cirillico
appunto
da
S.
Cirillo,
offrendo
al
mondo
slavo
con
la
traduzione
della
Bibbia,
del
Messale
e
del
rituale
liturgico,
unità
linguistica
e
culturale.
Tale
alfabeto
è
detto
“glagolitico”
(dallo
slavo
“parola”
o
“discorso”)
o
“cirillico”,
ed è
una
creazione
assai
originale
che
non
mostra
derivazioni
da
altri
alfabeti.
È
stato
dimostrato
che
Cirillo
ricavò
le
sue
lettere
da
simboli
crittografici
usati
dai
bizantini
in
alchimia,
magia
e
altre
scienze
esoteriche.
La
loro
missione
evangelica
si
basava
sulla
conoscenza
delle
idee,
lingua,
tradizioni,
simboli,
prassi,
concezioni
dei
popoli
a
cui
si
accostavano,
rispettandoli,
perché
nei
valori
da
essi
custoditi
si
potevano
intuire
quei
“semi
del
Verbo”
o
quella
praeparatio
evangelica
a
cui
li
aveva
abituati
la
stessa
tradizione
teologica
patristica.
Giovanni
Paolo
II,
nella
sua
omelia
nella
Basilica
di
san
Clemente
nel
14
febbraio
1981
sottolineava
che
il
loro
annuncio
del
Vangelo
“non
mortificava,
distruggeva
o
eliminava,
bensì
integrava,
elevava
ed
esaltava
gli
autentici
valori
umani
e
culturali
tipici
dei
paesi
evangelizzati”.
L’opera
dei
santi
Cirillo
e
Metodio
ha
dato
vita
a
un’operazione
di
reciprocità:
se
da
un
lato
le
culture
autoctone
ricevevano
dal
fermento
evangelico
un
principio
di
rigenerazione
e di
trasformazione,
dall’altro,
la
stessa
Chiesa
universale
acquisisce
una
nuova
ricchezza
che
le
permette
di
approfondire
e di
incarnare
ulteriormente
il
suo
messaggio.
Papa
Adriano
II
accreditò
la
loro
opera
ecumenica,
culturale
e
politica,
confermando
la
lingua
slava
per
il
servizio
liturgico.
Cirillo
morì
a
Roma
il
14
febbraio
869.
Cento
anni
fa
il
papa
Leone
XIII
con
l'enciclica
“Grande
Munus”
ricordò
a
tutta
la
Chiesa
gli
straordinari
meriti
dei
santi
Cirillo
e
Metodio
per
la
loro
opera
di
evangelizzazione
degli
slavi.
Giovanni
Paolo
II
con
la
lettera
apostolica
“Egregiae
virtutis”
del
31
dicembre
1980
li
ha
proclamati,
insieme
a
San
Benedetto
abate,
patroni
d'Europa.
L'Europa,
infatti,
nel
suo
insieme
geografico
è
per
così
dire
frutto
dell'azione
di
due
correnti
di
tradizioni
cristiane,
alle
quali
si
aggiungono
anche
due
diverse,
ma
al
tempo
stesso
profondamente
complementari,
forme
di
cultura.
San
Benedetto,
il
quale
con
il
suo
influsso
ha
abbracciato
non
solo
l'Europa,
prima
di
tutto
occidentale
e
centrale,
ma
mediante
i
centri
benedettini
è
arrivato
anche
negli
altri
continenti,
si
trova
al
centro
stesso
di
quella
corrente
che
parte
da
Roma,
dalla
sede
dei
successori
di
san
Pietro.
I
santi
Cirillo
e
Metodio
mettono
in
risalto
prima
il
contributo
dell'antica
cultura
greca
e,
in
seguito,
la
portata
dell'irradiazione
della
Chiesa
di
Costantinopoli
e
della
tradizione
orientale,
la
quale
si è
così
profondamente
iscritta
nella
spiritualità
e
nella
cultura
di
tanti
popoli
e
nazioni
nella
parte
orientale
del
continente
europeo.
Poiché
oggi,
dopo
secoli
di
divisione
della
Chiesa
tra
oriente
e
occidente,
tra
Roma
e
Costantinopoli
a
partire
dal
Concilio
Vaticano
II
sono
stati
intrapresi
passi
decisivi
nella
direzione
della
piena
comunione,
pare
che
la
proclamazione
dei
santi
Cirillo
e
Metodio
a
compatroni
d'Europa,
accanto
a
san
Benedetto,
corrisponda
pienamente
ai
segni
del
nostro
tempo.
Questa
proclamazione
vuole
in
pari
tempo
essere
una
testimonianza,
per
gli
uomini
del
nostro
tempo,
della
preminenza
dell'annuncio
del
Vangelo,
affidato
da
Gesù
Cristo
alle
Chiese,
per
il
quale
hanno
faticato
i
due
fratelli
apostoli
degli
slavi.
Tale
annuncio
è
stato
via
e
strumento
di
reciproca
conoscenza
e di
unione
fra
i
diversi
popoli
dell'Europa
nascente,
e ha
assicurato
all'Europa
di
oggi
un
comune
patrimonio
spirituale
e
culturale.
Il
dialogo
interculturale
ci
coinvolge
ancor
oggi
ma
il
suo
carattere
di
contemporaneità
affonda
le
sue
radici
nel
passato,
ragion
per
cui
non
possiamo
non
ricordare
un
celebre
commento
di
Sant’Agostino
al
Salmo
44(45),
10
dedicato
alle
vesti
splendide
della
regina
e
affermava
allegoricamente
che
esse
incarnano
“i
misteri
della
dottrina
in
tutte
le
varie
lingue.
C’è
una
lingua
africana,
ce
n’è
una
siriaca,
un’altra
greca
e
molte
altre:
queste
lingue
fanno
il
tessuto
variopinto
di
questa
regina.
Ma
come
la
varietà
delle
vesti
s’accorda
con
una
unità,
così
anche
le
lingue
convergono
in
un’unica
fede.
Vi
sia
pure
varietà
nella
veste,
ma
nessuno
squarcio!”.