N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
UN CROCEVIA TRA IONIO E TIRRENO
CINQUeFRONDI, "CUORE" DI REGGIO CALABRIA
di Christian Vannozzi
Cinquefrondi
è un
comune
di
6.453
abitanti
della
provincia
di
Reggio
Calabria.
Il
comune
sorge
a
256
metri
sopra
il
livello
del
mare
ai
margini
della
piana
di
Gioia
Tauro.
L’economia
locale
si
basa
essenzialmente
sull’agricoltura
e
sul
terziario.
Nel
paese
scorre
il
torrente
dello
Sciarapotamo,
alla
cui
sorgente
è
possibile
ammirare
degli
esemplari
della
Woodwardia
Radicans,
una
felce
che
risale
all’era
terziaria.
Intorno
al
paese
è
possibile
ammirare
coltivazioni
di
olivi
e
agrumi,
che
rendono
piacevole
il
paesaggio
anche
per
fare
delle
belle
passeggiate
estive.
Essendo
un
crocevia
tra
lo
Ionio
e il
Tirreno,
Cinquefrondi
fu
sempre
considerato
strategicamente
importante,
specialmente
per
le
colonie
della
Magna
Grecia
che
avevano
in
Locri
la
loro
città
principale
e
che
formavano
una
piccola
lega
commerciale
e
difensiva
nel
sud
della
Calabria.
Una
testimonianza
scritta
dell’esistenza
del
paese
fin
dall’epoca
dell’Impero
Romano
possiamo
trovarla
tra
gli
scritti
di
Proclo,
tra
i
massimi
rappresentanti
del
neoplatonismo
che
scrisse
nel
Epitome
de
oraculis:
«Post
Altanum
et
Morgetum
Locrenses
aedificaverunt
sibi
oppidulum,
ubi
templum
Musarum
costituerunt,
oraculis
vacuum,
ne
forte
Proserpinae
locrensis
oracula
deficerent...».
Secondo
questo
scritto
furono
gli
abitanti
di
Locri
a
costruire
a
nord
delle
città
di
Altano
e
Morgeto
una
fortezza
nella
quale
edificarono
un
tempio
per
le
muse.
I
locresi
stabilirono
che
non
vi
fossero
oracoli,
in
modo
da
obbligare
gli
abitanti
dell’area
a
recarsi
al
tempio
di
Proserpina
a
Locri
Epizefiri
per
poterli
consultare.
In
questa
maniera
la
città
principale
della
zona
dell’Aspromonte
non
sarebbe
mai
diventata
secondaria.
Il
tempio
edificato
per
le
muse
fece
in
modo
che
per
secoli
il
paese
fu
chiamato
Templum
Musarum.
I
locresi
edificarono
in
realtà
due
templi,
uno
dedicato,
come
già
spiegato,
alle
muse,
e
l’altro
alla
dea
Proserpina.
Il
tempio
dedicato
alla
dea
greca
fu
riconsacrato
dai
cristiani
a
San
Leonardo
e
prese
il
nome
di
S.S.
Rosario,
nei
pressi
del
quale
sorse
il
quartiere
di
Rosario,
il
più
antico
di
Cinquefrondi.
Il
tempio
delle
Muse
invece,
che
sorgeva
lungo
il
corso
del
fiumiciattolo
Sciarapotamo,
ubicato
in
un
luogo
solitario,
fu
trasformato
in
un
convento
dedicato
a
San
Filippo
d’Argirò,
del
quale
però
non
rimangono
altro
che
i
ruderi.
Gli
abitanti
del
paese
chiamano
ancora
i
resti
del
convento
musucampo,
cioè
campo
delle
muse,
in
ricordo
del
tempio
edificato
dai
locresi.
Il
paese
come
lo
conosciamo
fu
però
fondato
da
Antonio
Caracciolo
che
comprò
dai
signori
Arena
i
casali
di
Mossuto
e
Capperano
e
unificò
i
cinque
villaggi
circostanti
in
un
unico
comune
che
chiamò
appunto
Quinquefrondibus,
cioè
Cinquefrondi.
Questi
5
villaggi
avevano
5
torri
e 5
ingressi,
uniti
insieme
formarono
quindi
un
paese
dotato
di 5
porte
e 5
torri.
Lo
stemma
del
paese
è
infatti
una
torre
con
5
foglie
verdi.
Il
castello
di
Cinquefrondi,
insieme
a
quello
di
Altum
e
Morgetum,
formava
un
sistema
difensivo
che
metteva
al
riparo
Locri
dagli
invasori.
I
terremoti
del
1783
e
del
1908
devastarono
totalmente
il
paese
che
assume
oggi
una
fisionomia
molto
diversa
di
come
si
presentava
prima
del
primo
terremoto.
Di
notevole
interesse
storico-archeologico
è
senza
dubbio
il
convento
di
San
Filippo
d’Argirò,
oggetto
di
studio
da
parte
dei
ricercatori
della
Facoltà
di
Architettura
dell’Università
di
Reggio
Calabria.
Il
convento,
ormai
rudere,
permette
infatti
di
studiare
le
prime
significative
trasformazioni
di
luoghi
di
culto
pagani
in
chiese
cristiane.
Le
mura,
le
celle,
i
cunicoli
sono
una
valida
testimonianza
dell’epoca
tardo
romana.
All’interno
del
convento
vi
sono
due
grotte
che
conducono
a un
rifugio,
probabilmente
utilizzato
dai
monaci
per
difendersi
dalle
incursioni
saracene.
San
Filippo
era
un
monaco
basiliano
che
assieme
a un
seguito
di
accoliti
si
stabilì
in
Calabria,
nella
zona
dell’Aspromonte,
nel
V
secolo
d.C.,
per
cristianizzare
il
sud
dell’Italia
che
era
ancora
legato
ai
culti
pagani.
I
monaci
greci
aiutarono
la
popolazione
locale
utilizzando
le
loro
conoscenze
agricole
e
mediche,
favorendo
la
popolazione
locale
con
queste
pratiche
che
gli
erano
sconosciute.
Grazie
all’apporto
di
questi
monaci
la
zona
crebbe
demograficamente
velocemente.
Nel
corso
del
XIV
secolo
i
monaci
basiliani
lasciarono
il
convento
ai
domenicani,
che
ne
presero
il
controllo,
sostituendo
il
culto
orientale
con
quello
cattolico.
La
chiesa
principale
del
paese
è
quella
di
S.
Michele
Arcangelo,
che
contiene
il
crocifisso
Ligneo
che
era
custodito
nel
convento
di
San
Filippo.
S.
Michele
Arcangelo
è
stata
costruita
presumibilmente
nel
XVI
secolo,
in
virtù
di
documenti
trovati,
risalenti
a
quel
secolo,
che
ne
testimoniano
l’esistenza.
La
chiesa
è
stata
completamente
ristrutturata
dopo
il
terremoto
del
1908,
la
sua
fisionomia
fu
quindi
cambiata
anche
se
al
suo
interno
si
può
trovare
la
scultura
dedicata
al
primo
martire
Santo
Stefano,
portata
presumibilmente
dai
monaci
basiliani
in
Calabria.
Lo
scultore
Vincenzo
Scrivo
scolpì
la
statuetta
lignea
raffigurante
l’Arcangelo
Gabriele.
Queste
furono
probabilmente
le
ultime
opere
dello
scultore
da
Serra
San
Bruno,
artista
del
XIX
secolo
che
offrì
la
sua
arte
al
piccolo
comune
e
alla
sua
prestigiosa
chiesa.
Nella
Sagrestia
sono
invece
custodite
importanti
tele
della
Madonna
Assunta,
della
Madonna
Immacolata,
dell’Arcangelo
Raffaele
e
della
S.S.
Trinità.
Altre
importanti
chiese
sono
la
Chiesa
del
Santissimo
Rosario,
nel
quartiere
omonimo
dove
sorgeva
il
Tempio
di
Proserpina,
e la
Chiesa
del
Carmine.
Di
notevole
interesse
artistico
sono
anche
le 5
fontane,
una
per
ogni
antico
villaggio
che
componeva
il
paese
e
che
oggi
i
visitatori
possono
ammirare.
Non
mancano
inoltre
in
paese,
numerose
botteghe
artigiane:
si
possono
infatti
trovare
alcuni
antichi
mestieri,
come
il
fabbro,
il
marmista,
il
calzolaio,
che
esercitano
il
loro
mestiere
in
strada,
nelle
piccole
viuzze,
diventando
quasi
delle
icone
per
i
passanti.