.

.

HOME                                                        PROGETTO                                                        redazione                                                        contatti

 

RUBRICHE

.

attualità

.

ambiente

.

ARTE

.

Filosofia, religione

.

Storia & Sport

.

Turismo storico



 

Periodi

.

Contemporanea

.

Moderna

.

Medievale

.

Antica



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

 

.

ATTUALITà


N. 16 - Aprile 2009 (XLVII)

IL REGISTA a DUE TESTE (GENIAli)
L’incredibile contemporaneità del cinema dei Fratelli Coen

di Laura Novak

 

Si potrebbe di certo dire quanto riesca ad essere figurativo, dai colori incandescenti, minimalista, ma profondamente barocco, impregnato di polvere e sporcizia, dalle unghie affilate, grottesco… sul limite della voragine dell’assurdo.


Ma il cinema, ideato, creato, assemblato e confezionato da Joel ed Ethan Coen non è solo questo, è molto altro.


è uno scrigno scarno ed essenziale, artigianalmente costruito, custode dell’umanità vigliacca e bizzarra dell’uomo moderno.

Forse la mia è solo questione di amore, di passione incontrollabile e adorazione visiva.


Lo ammetto, ma non riesco a smettere di osservare meravigliata questo tipo di cinema contemporaneo.

Un cinema, rude e carico di grinta, che nei suoi picchi stilistici, aspira, a mio parere a buon titolo, alla perfezione e alla maestria dei grandi capolavori.


I Coen, non sono solo registi, produttori, montatori dei loro film, ma sono soprattutto autori dal guizzo geniale e sarcastica aderenza alla realtà umana di incredibili sceneggiature.

I loro ingegnosi intrecci di macchiette umane, senza futuro e senza passato, sono elementi di un’immensa cultura cinematografica, piccole citazioni e grandi omaggi al cinema che li ha cullati.


L’assurdo Felliniano, il noir psicologico di Hitchock, l’epica di Kurosawa, fino all’astuzia pseudo trash di Tarantino.

I grandi geni, però, si vedono da come assorbono le istruzioni primarie dei maestri della loro vita, alimentandone i contenuti ed attualizzandoli.


Gli eroi falliti dei Coen, sono eroi del nulla, nati dal nulla. Senza luogo o senza tempo ideale, ma in mezzo alla folla umana, ovunque, anche vicino a noi.

Uomini e donne, dalla natura complessa, plastica, i cui valori morali sono scalfiti dal prolungato confinamento sociale, dalla cronica insoddisfazione per una vita amalgamata con la mediocrità.

La cronologia dei loro personaggi noir e nostalgici ha inizio con Julian (Blood Simple 1984), barista di un paesino del Texas, che, scoperto il tradimento della moglie Abby, deciderà di oltrepassare il limite di onestà imposto, forse contro natura, alla sua vita. La sua vendetta, ideata ma mal compiuta, renderà ognuno artefice della propria morte, in cui tutti possono diventare con facilità umana, assassini.

Se in Crocevia per la Morte del 1989, i Coen si assumono l’onere di rispolverare un genere, quello del gangster story, con eleganza e stile, riuscendo ad imporre come protagonista efficace e mai scontato un eroe positivo e leale, in Fargo (1996) confezionano la banda criminale “imperfetta”.

Jerry, interpretato dal viso classico e asciutto di William H Macy, è un imprenditore allo sbando, senza via di uscita…o almeno così sembra, fino a quando con due malviventi, assolutamente improvvisati e rischiosi, decide di organizzare il rapimento della moglie, per costringere il suocero, ricco e ottuso, a pagare un riscatto, che gli varrà la libertà dalla morsa dei debiti.


Tutto va storto e gli esseri umani coinvolti nello sciocco rapimento, diverranno imprevedibili animali brutali, che nella tragedia finale sbraneranno i loro compagni di branco.


Il sangue, nonostante coli a fiumi sulla neve limpida del Nord Dakota invernale, non è il vero motore del film. I personaggi, così in bilico nella loro stupidità ed ingenuità, sono gli artefici di un finale prevedibile, ma, allo stesso tempo, tagliente e suggestivo.

Dopo la prova di Fargo il loro cinema appare quindi maturo e netto. Due le loro ossessioni principali: il rapimento e la capacità di ogni uomo sciocco di compiere gesti violenti.


Il Drugo di Il Grande Lebowsky (1997) ne è l’esempio.

Bermuda e passione per il bowling, contornato da amici bizzarri ed infelici, il Drugo, un arruffone e scriteriato Jeff Bridges, dopo uno scambio di persona, entra in contatto con un uomo d’affari ricco ma ambiguo, che lo trascinerà, accompagnato dai suoi amici, nella follia umana e nella perdita profonda di coscienza.

Il film, che omaggia le atmosfere ombrose e tese di Raymond Chandler, è incentrato completamente sulla doppia faccia di Drugo, uomo buono e pigro, sensibile, chiuso nel suo mondo solitario e fantastico, isolato dal mondo e di cui non si sente parte integrante, e, allo stesso tempo, uomo desideroso del riscatto, in attesa costante del cambiamento repentino, dello scossone di adrenalina che, forse, possa dare un senso alla sua esistenza.

Con lui i Fratelli Coen ci condurranno in un parco di divertimento grottesco dove sarà possibile incontrare l’umanità più disparata, esagerata, eccessiva e lasciva di Los Angeles.


Graffi e risate.

Gli anni 2000, segnano un cambiamento notevole nell’approccio alla storia vera e propria.


La sceneggiatura viene sfruttata e spolpata fino alle ossa, con prove d’autore lunghe, intense e precise, come Fratello Dove Sei? (2000) e L’uomo che non C’era (2001).

Se per il primo (grandissimo) film, scelgono come protagonista la faccia scanzonata e istrionica di George Clooney, appena uscito dalla prova vampiresca di Dal tramonto all’Alba, per il secondo, film noir in un meraviglioso bianco e nero d’altri tempi, affidano il ruolo, scomodo ed espressivo, del barbiere Ed alla classe interpretativa e fumosa di Billy Bob Thornton.


Come era già successo in Fargo e ne Il Grande Lebowsky, i film centrano senza sbavature il risultato, coadiuvati anche da una perfetta scelta di cast, funzionale alla storia.


In particolare L’uomo che non c’era, assorbe il fascino e lo charme silenzioso e cupo di Thornton, per creare una suggestiva atmosfera di realistico nero.

Lo svolgimento della vicenda umana diventa fondamentale nel presente cinematografico e nel suo passato. I personaggi diventano, quindi, frutto moderno di quello che sono stati, di quello che hanno avuto, ma, più facilmente, di quello che non sono mai riusciti ad ottenere.


Ogni azione, seppur sempre coadiuvata dall’istinto bestiale che predomina immancabilmente sull’intelligenza, diventa conseguenza di un’altra azione, di un’altra azione ancora, di un’altra azione ancora, forse origine dell’evento.

I loro “eroi”, smunti e spesso cani sciolti senza meta, sono simbolo di un bagaglio personale e culturale arido, sciocco, arrivista ed approfittatore.

Ormai osannati dalla critica, che ne esalta lo stile impeccabile ed il montaggio luminoso e chirurgico, compiono forse un paio di passi falsi, con il comico, ma poco graffiante Prima ti Sposo poi ti rovino (2003) e il remake Ladykillers (2004), lento e faticoso.

Ma se ancora non avete visto Non è un paese per vecchi, allora tutto quanto detto fino ad ora non sarà servito a niente.

Da uno splendido romanzo crepuscolare del premio Pulitzer Cormac McCarthy, i Coen donano un film che lascia senza fiato.


La sceneggiatura, leggermente adatta per lo schermo, rimane intatta nelle sue ombre e nei suoi demoni.

La notte, scenografia scelta per gran parte del film, non cade mai nel più comune buio.

 

E’ una notte perfetta, che fa paura, per la sua poca luce fuori e dentro l’animo umano, che incute rispetto e silenzio.

Un’estenuante, ma mai scontata, caccia al topo senza via di scampo, nascosto negli antri più oscuri della terra, pur di tenere per sé il tesoro scoperto.

Javier Bardem, dalla pettinatura ridicola, ma dagli occhi di terribile ferocia, è senza dubbio il più grande successo di questo film.


Un attore certamente non abituato a ruoli tanto estremi e mortali; adagiato spesso sulla sensualità di Almodovar e sulla commedia di Allen, si allinea però, fin da subito, all’idea originaria di McCarthy e alla sua funzione, adattata dai Coen.

Un film secco, senza ridondanze, senza sproloqui, ma solo dialoghi affascinanti. Senza effetti speciali, ma solo atti meravigliosi, come il lancio della monetina della morte.


Nella sua assenza di musiche di sottofondo, infine, è moderno, ma al contempo retrò.

Mai forse trasposizione cinematografica fu più riuscita.

Troppo per chiunque ama il cinema.

 

 

 

Collabora con noi

.

Scrivi per InStoria



 

Editoria

.

GB edita e pubblica:

.

- Edizioni d’Arte

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Manoscritti inediti

.

- Tesi di laurea

.

Catalogo

.

PUBBLICA...



 

Links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]

.

.