SULLA
GRANDE MURAGLIA CINESE
STORIA DI UN’OPERA IMPONENTE
di Lorenzo Bruni
Tra le opere costruite dall’uomo nel
corso dei secoli, la Grande Muraglia
Cinese è la più imponente di tutte.
Questa sterminata e ramificata
distesa di mura e difese naturali
risulta talmente vasta da essere
difficilmente quantificabile: solo
nel 2012, dopo due anni di studi,
misurazioni effettuate grazie ai più
moderni strumenti tecnologici, come
raggi infrarossi o sistemi di
posizionamento GPS, hanno reso
possibile stabilire che la Grande
Muraglia raggiunge gli 8.850 km di
lunghezza, dei quali 350 km sono
composti da trincee e altri 2.250 km
da difese naturali. Aggiungendo a
tale valutazione ogni ramificazione
interna ed eventuali parti della
stessa ormai perdute, si ritiene
che, nel suo momento di massimo
splendore, questa abbia coperto una
lunghezza sul territorio pari a
21.196 km.
L’origine di questa barriera è da
collocare in epoca molto antica: per
proteggersi dalle invasioni che
giungevano dalla Mongolia, in
particolare quelle del popolo
Xiongnu, e per rendere più
difficoltosa la carica dei guerrieri
a cavallo, già tra l’VIII e il V
secolo a.C., i regni indipendenti
cinesi avevano eretto barriere in
legno, riempiendo gli interstizi con
terra e ghiaia. Tra il 453 e il 221
a.C. questi stessi regni, sotto le
autorità delle famiglie di Qin, Wei,
Zhao, Qi, Yan e Zhongshan, che fino
ad allora avevano comunque mantenuto
una sorta di alleanza feudale sotto
la dinastia Zhou, entrarono in
conflitto per ottenere il dominio
assoluto su tutta l’area.
A trionfare fu Qin Shi Huang, che
accentrò il controllo nella sua
persona e si autoproclamò primo
imperatore della Cina, istituendo la
dinastia Qin. Col fine di rendere
più compatto e difeso il proprio
regno, ordinò la costruzione di
ulteriori mura che andassero a
collegarsi alle fortificazioni già
presenti a Nord, cioè quelle dei
territori di Qin, Zhao e Yan, in
modo da formare un’unica grande
frontiera fortificata per la Cina.
Data la difficoltà dell’opera, e
soprattutto la pericolosità dei
lavori, si calcola che centinaia di
migliaia di lavoratori abbiano perso
la vita nella costruzione.
Un così elevato numero di decessi ha
portato alla nascita di una
leggenda, secondo la quale i
cadaveri sarebbero stati sepolti
all’interno delle mura stesse; al
giorno d’oggi gli studiosi tendono a
considerare tale mito come non vero:
non solo non sono mai stati
rinvenuti corpi all’interno delle
rovine, ma si ritiene che i
costruttori dell’epoca fossero già a
conoscenza del fatto che inserire
organismi degradabili all’interno
delle mura avrebbe potuto
compromettere nel tempo la stabilità
della muraglia stessa. La maggior
parte dei corpi sarebbe stata
sepolta nelle immediate prossimità
del sito, tanto che si tende a
definire l’area come il più grande
cimitero del mondo.
Nel 210 a.C., la morte
dell’imperatore Qin Shi Huang
comportò la scomparsa della stessa
dinastia: nel 206 a.C., il potere
passò alla dinastia Han, sotto il
cui dominio la Cina visse uno dei
suoi periodi di massimo splendore.
Anche gli Han decisero di rinforzare
la barriera a Nord e costruirono
nuove sezioni lunghe centinaia di
chilometri, estendendo la stessa
fino ai confini con l’attuale
Mongolia Interna: la lunghezza della
Grande Muraglia, in questo periodo,
raggiunse gli 8.000 km.
La dinastia Han si interruppe nel
220 d.c., quando la Cina si trovò ad
essere nuovamente divisa in diversi
Stati feudali. Nel 618 salì sul
trono la dinastia Sui, che resterà
dominante fino al 907, riuscendo a
riunificare l’impero; considerata la
propria superiorità militare
rispetto alle tribù nomadi del Nord,
però, decise di non finanziare alcun
lavoro di rafforzamento delle
frontiere. Al contrario, la dinastia
Song, capace di fornire un enorme
contributo alla storia, grazie allo
sviluppo delle arti, dell’economia e
del commercio orientale, dovette
proteggersi dalle invasioni dei
Liao, dei Xixia e dei Manciù ai
confini Nord-occidentali, optando
per la fortificazione e la
ricostruzione di intere parti della
muraglia.
Nel 1271 però le tribù mongole,
guidate da Khubilai Khan, riuscirono
a superare le difese, a prendere il
controllo dei centri nevralgici del
potere cinese e a formare la
dinastia Yuan, della quale lo stesso
nipote di Gengis Khan fu primo
imperatore. Nei tre anni successivi
gli scontri in Cina continuarono,
finché nel 1279, in seguito alla
battaglia di Yamen, l’ultimo
imperatore Song, un bambino di otto
anni di nome Zhao Bing, si suicidò
assieme al primo ministro Liu Xiufu
e a ottocento membri del clan reale.
Considerando quanto vasto fosse il
territorio controllato all’epoca,
gli Yuan non si curarono della
costruzione di parti della Grande
Muraglia, preferendo aprire la Cina
ai commercianti europei; tra questi
si deve annoverare il viaggiatore
veneziano Marco Polo, che entrò
nelle grazie di Khubilai Khan tanto
da diventarne consigliere.
I contrasti tra la popolazione
cinese e la classe dominante mongola
risultarono marcati sin dall’inizio:
gli Yuan non prestavano il dovuto
interesse ad attività come
l’agricoltura e l’artigianato,
preferendo dedicarsi a operazioni
militari; queste ultime si
rivelarono una perdita di risorse e
consenso, come nel caso delle due
fallimentari invasioni del Giappone,
naufragate sia nel 1274 che nel 1281
a causa dell’improvviso scoppiare di
altrettante tempeste.
Approfittando di un acuirsi delle
rivolte anti mongole, nel 1368 i
cinesi riuscirono a tornare al
potere al termine di una ribellione
capeggiata da Zhu Yuanzhang, primo
imperatore della nuova dinastia
Ming. I decenni successivi tornarono
ad essere caratterizzati da pessime
relazioni con le tribù di confine e,
di conseguenza, da una ripresa delle
ostilità. Gli imperatori Ming, forti
del prestigio che avevano ottenuto
in patria, furono in grado di
anticipare gli avversari,
combattendo oltre la propria
frontiera e rafforzando la
supremazia cinese nella zona; in
seguito, però, decisero di
abbandonare questa strategia,
limitandosi a contrattare tregue
preventive con le tribù mongole,
offrendo loro doni oppure creando
canali commerciali preferenziali.
Nonostante questo, l’1 settembre
1449 ebbe luogo la battaglia della
fortezza di Tumu, un conflitto di
frontiera tra la popolazione mongola
degli Oirati e l’esercito regolare
Ming, che si concluse con una
clamorosa disfatta per i cinesi:
oltre alla cattura dell’imperatore
Zhengtong e alla morte del generale
Wang Zhen, considerato il vero
responsabile del tracollo, si
ritiene che un esercito composto da
circa cinquecentomila soldati cinesi
fosse stato sconfitto da appena
trentamila mongoli. In seguito a
tale ciò, i Ming decisero di
potenziare ulteriormente la muraglia
sul confine settentrionale,
limitando l’area di competenza
mongola al deserto di Ordos e
costruendo ulteriori fortificazioni,
che presero il nome di bianqiang,
cioè mura di frontiera, nella parte
meridionale dello stesso.
A differenza delle precedenti
costruzioni, quella Ming si rivelò
sin da subito più moderna ed
elaborata: sebbene la terra battuta
e le pietre restassero i materiali
più utilizzati, nelle zone ritenute
cruciali, il muro venne costruito
con mattoni e piastrelle, più
malleabili e capaci di conferire una
solida struttura alla barriera. Per
rendere quanto più inespugnabile
fosse possibile la muraglia, alle
pendici delle zone considerate più a
rischio invasione venne scavato un
profondo fossato e per tutta la sua
lunghezza vennero costruiti dei
merli difensivi di forma
rettangolare, alti poco più di 30 cm
e larghi circa 20 cm. Onde
facilitare il transito delle truppe
stanziate, in determinate sezioni
vennero aggiunti dei cancelli di
legno, che potevano essere aperti
soltanto dall’interno, ai quali si
andarono ad aggiungere caserme,
scuderie e armerie quando i soldati
iniziarono ad essere addestrati
direttamente sul luogo.
I regnanti Ming si impegnarono
inoltre, senza successo, data la
lunghezza della barriera, per
rendere la supervisione della stessa
quanto più completa fosse possibile:
la sommità delle mura venne
appositamente scavata in modo che
soldati, ed eventualmente merci,
potessero transitarvi per
attraversare la Cina da una parte
all’altra, risparmiando così tempo
ed evitando eventuali insidie
interne. Per facilitare la
supervisione da parte dei soldati e
la difesa in caso di attacco, le
torri di controllo vennero munite di
bracieri nei quali, in caso di
avvistamento di nemici, le vedette
potevano di notte accendere un
fuoco, oppure, di giorno, bruciare
lo sterco essiccato di lupo,
facilmente incendiabile e capace di
sprigionare grandi quantità di fumo.
Nonostante gli imponenti lavori e la
grande quantità di risorse destinate
allo scopo, la Grande Muraglia viene
considerata come un colossale
fallimento: non soltanto non impedì
alle popolazioni mongole di invadere
continuamente il territorio cinese
per compiere razzie, approfittando
delle zone meno controllate, ma
attirò su di sé il malcontento della
popolazione, che, ritenendo la
dinastia regnante incapace di
assicurare loro sicurezza, la iniziò
a considerare il simbolo del
fallimento Ming. Nei primi decenni
del ‘600, una rivolta capeggiata da
Li Zicheng iniziò a prendere
possesso di città cinesi,
minacciando un colpo di Stato.
Il 25 maggio 1644 il generale Ming
Wu Sangui, sperando di ottenere un
aiuto esterno per sedare la rivolta,
che si era spinta fino a Pechino e
aveva costretto al suicidio
Chongzhen, l’ultimo imperatore Ming,
aprì le porte di Shanhaguan alle
tribù dei Manciù, guidate dal
principe Dorgon. I guerrieri mongoli
si impadronirono velocemente di
Pechino, sbaragliando i ribelli
nella battaglia del 27 maggio;
tradendo le speranze di Ming Wu
Sangui, però, non si limitarono a
ciò che era stato concordato, ma si
liberarono anche dei rimasugli del
governo cinese e si impossessarono
del potere, stabilendo l’inizio
della dinastia Qing.
Sotto il nuovo governo mongolo, la
seconda dinastia straniera a
dominare in Cina, si interruppe
definitivamente la costruzione della
Grande Muraglia, dato che non vi era
più alcuna necessità di fortificare
la difesa dei confini
settentrionali. Nei secoli seguenti
all’instaurazione della dinastia
Qing, la Grande Muraglia, perdendo
la propria funzione difensiva,
iniziò ad assumere una connotazione
turistica, in particolare quando la
sconfitta rimediata dai cinesi nella
seconda guerra dell’oppio non aprì
definitivamente le porte
territoriali agli stranieri
occidentali.
Proprio in questo periodo,
soprattutto in seguito a un articolo
uscito su National Geographic
nel 1923, iniziò a circolare la
teoria che la Grande Muraglia
potesse essere visibile dalla Luna:
nonostante molte persone continuino
a credere alla veridicità di tale
ipotesi, questa si è poi dimostrata
falsa, come confermato dallo stesso
Neil Armstrong nel 2001, poiché, per
quanto lunga, la Grande Muraglia non
supera mai i 10 m di larghezza, per
cui essa già a un centinaio di
chilometri d’altezza appare non
visibile a causa del potere
risolutivo dell’occhio umano.
Il suo ruolo nell’economia dello
Stato acquistò maggior importanza
con la fondazione della Repubblica
Popolare Cinese. Se però da lato lo
stesso Mao Zedong abbia dichiarato
che per essere definiti veri uomini,
oppure “eroi” a seconda della
traduzione, si debba necessariamente
salire sulla Grande Muraglia, pare
altrettanto vero che lo stesso abbia
incoraggiato le popolazioni
limitrofe a distruggere la
struttura, in modo da ottenere una
quantità illimitata di materie
prime, utilizzabili per la
costruzione di case.
Per quanto si possa considerare
ambiguo questo trattamento riservato
alla muraglia da Zedong, lo stesso
non può dirsi del suo successore,
Deng Xiaoping, che dal 1984 portò
l’opera sotto la tutela dello Stato,
dando il via a un intenso periodo di
restauri. Infatti, mentre le aree
della stessa in prossimità di
Pechino, cioè quelle più visitate
ogni anno dai turisti, sono state
oggetto di numerose ristrutturazioni
nel corso degli anni, sono molte di
più le parti della Grande Muraglia
cadute in rovina, abbattute dal
governo per la costruzione di nuove
infrastrutture, erose da tempeste di
sabbia e inondazioni, oppure dalla
maleducazione dei turisti, che le
danneggiano per portarne a casa
ciottoli, tanto che al giorno d’oggi
si ritiene che circa 2.000 km di
barriera siano irrimediabilmente
danneggiati, oppure sommersi per via
dell’innalzamento delle acque del
mare e dei laghi.
Basti considerare che numerose
sezioni occidentali sono state
costruite utilizzando materiali
scadenti, come terra e fango, e
dunque si trovano costantemente a
rischio scomparsa, oppure di
abbattimento: non solo in alcuni
punti l’altezza delle mura si è
ridotta dai 5 m ai 2 m, ma molte
torri d’avvistamento sono ormai
scomparse. Nonostante questi
problemi alle infrastrutture, che il
governo cinese cerca di arginare, la
Grande Muraglia è diventata uno dei
siti turistici più apprezzati e
visitati al mondo, tanto da essere
dichiarata patrimonio dell’umanità
dall’UNESCO nel 1987 e, nel 2007, da
venire votata come la prima tra le
Sette Meraviglie del mondo moderno.