N. 123 - Marzo 2018
(CLIV)
L’Ideologia fascista nella Cina di Chiang Kai-Shek
L’aiuto di Mussolini alla Cina
di Alessandro Lo Piccolo
Il
pensiero
fascista
ha
avuto
in
Cina
una
forte
presenza
attraverso
la
Società
delle
Camicie
azzurre,
organizzazione
segreta
nata
all’interno
del
Kuomintang,
Partito
nazionalista
retto
dal
Generale
Chiang
Kai-Shek.
Tale
società
mirava
di
fatto
a
creare
uno
Stato
fascista
in
Cina,
basato
sul
controllo
della
società
e
dell’economia.
Il
Fascismo
italiano
ebbe
una
maggiore
diffusione
in
Cina.
Da
premettere
che
tra
l’Italia
e la
Cina
ci
sono
sempre
stati
grandi
rapporti
commerciali
sin
dal
1866,
caratterizzati
da
un
grande
export
italiano.
Tali
relazioni
furono
rinnovate
in
seguito
ad
un
accordo
bilaterale
firmato
dal
Governo
italiano
con
quello
della
Cina
nazionalista
di
Chiang
Kai-Shek
il
27
novembre
1928.
Nel
giugno
del
1927
il
nuovo
Presidente
della
Cina
del
Nord
Zhang
Zuolin,
che
assunse
il
potere
col
grado
di
Generalissimo
prima
di
Chiang
Kai-Shek,
aveva
intanto
l’appoggio
di
tutte
le
potenze
europee
(Italia
inclusa),
poi
manifestò
un
ammirazione
per
il
Capo
del
Governo
italiano
Benito
Mussolini.
I
generali
e i
politici
cinesi
vedevano
nel
Duce
italiano
un
punto
di
riferimento,
attribuendogli
il
merito
di
avere
portato
la
stabilità
nel
proprio
paese,
dopo
le
tensioni
sociali
del
primo
dopoguerra,
assicurandosi
la
devozione
delle
masse
popolari.
Questo
appunto
voleva
Zuolin
e il
resto
dei
generali,
cioè
stabilizzare
la
Cina
negli
stessi
modi
come
ha
fatto
Mussolini
in
Italia,
assicurandosi
così
la
fiducia
del
popolo.
Il
termine
“Faxisi
zuyhi”
entrò
in
uso
nell’ideologia
nazionalista
cinese,
idem
la
visione
politica
ed
economica
del
fascismo
italiano.
Pubblicazioni
sul
fascismo
italiano
e
sulla
sua
politica
economica
che
ha
prodotto
risultati
sorprendenti
in
Italia,
quali
il
pareggio
di
bilancio,
riforma
della
pubblica
amministrazione,
riorganizzazione
del
sistema
delle
imposte,
hanno
avuto
un’eco
in
Cina,
al
punto
che
l’artefice
di
tali
misure
il
Ministro
delle
finanze
e
del
tesoro
Alberto
De
Stefani
(1922-1925),
verrà
nel
1936
chiamato
dallo
stesso
Generalissimo
Chiang
Kai-Shek,
a
svolgere
un
ruolo
di
alto
consulente
economico.
Chiang
Kai-Shek
aveva
preso
come
punto
di
riferimento
l’ideologia
mussoliniana,
ma
anche
le
altre
simili
ideologie
che
nel
frattempo
si
diffondevano
in
Germania
e
Giappone.
In
comune
i
due
regimi
avevano
la
lotta
al
comunismo.
I
nazionalisti,
dal
principio
con
il
loro
leader
e
fondatore
Sun
Yat-Sen
però
avevano
cercato
un’alleanza
con
tutte
le
formazioni
politiche,
compresa
quella
marxista,
allo
scopo
di
favorire
l’unità
del
paese.
Morto
quest’ultimo,
gli
succedette
Chiang
Kai-Shek
il
quale
in
un
primo
tempo
con
l’ala
intransigente
del
suo
partito,
dal
1927
al
1937
rifiutò
ogni
compromesso
con
gli
altri
movimenti
politici.
Poi
con
la
guerra
col
Giappone,
mutò
nel
Kuomintang
ogni
atteggiamento,
anzi
cercò
l’alleanza
con
i
comunisti
di
Mao
Zedong
in
chiave
antinipponica.
Il
periodo
tra
il
1927
ed
il
1938
è
indicato
dalla
storiografia
cinese,
come
quello
dell’ideologia
fascista.
Chiang
Kai-Shek
promosse
la
formazione
di
un’organizzazione,
denominata
“società
delle
camicie
azzurre”,
simili
alle
formazioni
italiane
e
tedesche.
Tale
società
era
anche
detta
“
Tre
principi
del
popolo”,
ossia
nazionalismo,
condizione
del
popolo
e
democrazia.
Il
colore
dell’azzurro
assieme
al
bianco,
nell’ideologia
nazionalista
del
Kuomintang,
volevano
significare
il
“cielo”
e la
“terra”.
Le
camicie
azzurre
nacquero
per
stroncare
con
metodi
violenti
e
fuorilegge
ogni
resistenza
politica.
Come
fece
Mussolini
in
Italia,
che
“fascistizzò”le
forze
di
polizia
e
gli
uffici
governativi,
allo
stesso
modo
anche
in
Cina
era
avvenuta
un’esposizione
all’ideologia
dei
vari
apparati
dello
Stato.
Mussolini
e
Chiang
Kai-Shek
non
ebbero
mai
l’opportunità
di
incontrarsi,
ma i
loro
rispettivi
paesi
hanno
comunque
stretto
relazioni
dal
punto
di
vista
politico
e
sociale,
come
mai
era
accaduto.
Colui
che
ha
avuto
il
merito
di
tessere
queste
relazioni
è
stato
Galeazzo
Ciano,
genero
del
Duce,
Console
a
Shangai
dal
1930
al
1933.
Egli
voleva
diffondere
l’ideologia
fascista
nel
paese
asiatico,
attraverso
l’arma
della
propaganda
allo
scopo
di
coinvolgere
il
popolo.
Il
mito
del
“fascismo
italiano”
era
stato
accolto
con
entusiasmo
da
Chiang
Kai-Shek
e
dal
suo
staff,
che
cercò
di
introdurlo
attraverso
tutto
il
paese.
Ma
lo
stesso
Ciano
voleva
inculcarlo
a
tutta
la
massa
popolare.
Per
agevolare
tale
scopo
vennero
promosse
iniziative
a
livello
culturale,
per
esempio
a
Pechino
aveva
incontrato
alti
dirigenti
delle
università
cinesi,
con
lo
scopo
di
potere
introdurre
lo
studio
della
lingua
italiana
nelle
sedi
universitarie,
mediante
l’istituzione
di
singoli
corsi
di
lingua.
Nell’ambito
di
queste
relazioni,
venne
istituto
con
RD
numero
142
del
22
aprile
1933
l’Istituto
italiano
per
il
Medio
ed
Estremo
Oriente
(ISMEO)
presieduto
dal
Senatore
Giovanni
Gentile
e da
Giuseppe
Tucci,
che
aveva
anche
inglobato
la
precedente
lega
italo-cinese.
Da
ambo
le
parti
vennero
organizzati
incontri
o
“gemellaggi”
culturali:
insegnanti
italiani
vennero
mandati
in
Cina,
mentre
funzionari
del
Ministero
dell’Educazione
nazionale
cinese,
vennero
invitati
in
Italia
a
visitare
istituti
universitari
a
Roma,
Genova
e
Milano
(gennaio
1933),
mentre
una
commissione
di
studiosi
e
pedagogisti
cinesi
venne
a
Roma,
allo
scopo
di
documentarsi
sulla
cinematografia
educativa
italiana.
L’opera
di
penetrazione
dell’ideologia
fascista
in
Cina
attraverso
gli
scambi
culturali,
messa
a
punto
da
Galeazzo
Ciano
proseguiva
anche
in
altri
campi:
per
esempio
in
campo
giuridico,dove
in
seguito
ad
un
incontro
tra
lo
stesso
Ciano
ed
il
Ministro
degli
esteri
e
della
giustizia
cinese
Lo
Wen-Kan
(luglio
1932)
si
discusse
della
disponibilità
italiana
di
revisionare
il
codice
penale
cinese.
Alla
fine
venne
inviato
in
Cina
Attilio
Lavagna,
il
quale
nel
periodo
di
permanenza
(1933-1935)
si
occupò
della
elaborazione
del
nuovo
codice
penale
cinese,
che
entrò
in
vigore
il 1
luglio
1935
e
della
riorganizzazione
del
Ministero
della
Giustizia.
Lavagna
inoltre
aveva
tradotto
in
lingua
cinese
il
codice
Rocco
e
insegnò
diritto
all’Accademia
dei
Magistrati
di
Nanchino.
In
altri
campi,
la
collaborazione
stretta
tra
i
due
paesi
riguardò
per
esempio
l’istituzione
di
un
collegamento
radio
tra
i
due
paesi,
grazie
all’intervento
di
Guglielmo
Marconi;
il
sistema
postale
fu
messo
alle
dipendenze
di
Evaristo
Caretti.
Nel
1935
nel
fervore
di
queste
relazioni,
la
rappresentanza
diplomatica
a
Nanchino
si
accrebbe,
passando
da
uno
status
di
legazione
ad
ambasciata.
Cosa
che
per
i
cinesi
rappresentava
un
orgoglio
dal
punto
di
vista
internazionale.
Questo
idillio
tra
i
due
paesi
però
cominciò
a
vacillare
dopo
il
1936,
quando
Mussolini
dopo
avere
conquistato
l’Etiopia
si
avvicinò
a
Germania
e
Giappone,
favorendo
la
politica
panasiatica
di
quest’ultimo.
Considerando
che
la
Cina
nazionalista
nel
1937
stava
combattendo
i
giapponesi
che
ormai
da
anni
volevano
impadronirsi
dell’intero
paese,
occupando
prima
la
Manciuria
nel
1931,
poi
il
Nord
del
paese
e di
nuovo
aggredendo
il
vicino
asiatico
con
una
nuova
guerra
che
sarebbe
durata
fino
al
1945,
anno
del
crollo
dell’Impero
del
Sol
levante.
Mussolini
per
non
complicare
infatti
i
rapporti
con
gli
alleati
giapponesi
aveva
ordinato
a
una
nave
che
trasportava
armi
ai
nazionalisti
cinesi
di
autoaffondarsi
al
largo
delle
coste
cinesi.
La
politica
mussoliniana
ormai
verso
i
nazionalisti
di
Chiang
Kai-Shek
era
mutata,
poiché
per
questioni
ideologiche
si
era
alleato
con
un
altro
potente
paese,
con
cui
tre
anni
dopo
siglerà
il
Patto
tripartito
o
Asse
Roma-Berlino
e
Tokyo.
Hitler
e
Mussolini
volevano
imporre
un
nuovo
ordine
in
Europa,
idem
il
Giappone
in
Asia.
Riferimenti
bibliografici:
Gabriele
Altana,
L’Italia
fascista
e la
Cina:
un
breve
idillio,
Aracne
edizioni,
2017.
Orazio
Coco,
Colonialismo
europeo
in
Estremo
Oriente:
L’esperienza
delle
concessioni,
introduzione
del
Prof.
Guido
Samarani,
Edizioni
Nuova
cultura,
Roma
2017.
Vincenzo
Moccia,
La
Cina
di
Ciano,
Edizioni
Libreria
Universitaria
Limena,
Padova,
2014.
Mario
Filippo
Pini,
Italia
e
Cina
60
anni
tra
passato
e
futuro,
L’Asino
d’oro
edizioni,
Roma
2017.