[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 203 / NOVEMBRE 2024 (CCXXXIV)


arte

Charlotte Salomon

SUI 1.300 fogli dipinti prima DI Auschwitz / II

di Francesco Cappellani

 

Malgrado l’antisemitismo imperante, la situazione nella zona francese amministrata dall’Italia rimaneva tranquilla, ma dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, con la resa incondizionata del Regno d’Italia agli Alleati, le truppe tedesche invadono la riviera d’oltralpe e Adolf Eichmann invia uno dei suoi più feroci comandanti, il capitano delle SS Alois Brunner, con l’incarico di “ripulire” dagli ebrei quei territori. Brunner agisce con grande rapidità e il 24 settembre 1943 la Gestapo, sembra grazie a una soffiata, arresta la coppia a Villefranche.

 

Condotti al Quartiere Generale di Nizza, vengono interrogati e poi condotti al campo di transito di Drancy, fuori Parigi, gestito da Brunner. Il 7 ottobre, stipati su un carro bestiame del “Transport N° 60” arrivano, dopo tre giorni di viaggio, in una destinazione a loro ignota, Auschwitz. Nella prima selezione, all’arrivo del treno il 10 ottobre, gli uomini sono separati dalle donne, Charlotte, incinta di oltre quattro mesi e quindi inabile al lavoro è immediatamente condotta nelle camere a gas dove muore poche ore dopo. Le sarà almeno risparmiata una permanenza anche minima in quel luogo di indicibile orrore che era il lager; aveva 26 anni. Alexander muore di stenti tre mesi dopo.

Solo a guerra finita i genitori vengono a sapere che Charlotte è morta e nel 1947 si recano a Villefranche per conoscere gli ultimi luoghi dove aveva vissuto la figlia e per incontrare Ottilie che, tornata in Francia dagli Stati Uniti, aveva ricevuto dal dottor Moridis la valigia con i pacchi di fogli a lei dedicati. Ottilie consegna loro a malincuore il prezioso materiale grazie al quale, come nota Natalia Aspesi, Albert e Paula “scoprono i sentimenti e la genialità della sconosciuta, amatissima figlia e quei pochi mesi d’amore prima della fine” (Aspesi 2015).

Sorpresi e commossi per quelle carte che non sono sparsi e casuali ricordi di pochi anni di vita, ma un corpus di dipinti che costituiscono in sequenza un’autentica opera d’arte, tornati a casa sistemano in un armadio tutto il materiale. Oltre dieci anni dopo Otto Frank, il padre di Anna, ebreo tedesco e amico di Albert rifugiatosi anche lui ad Amsterdam, li convince a non conservare quelle carte come una reliquia ma di farle conoscere per fare rivivere Charlotte come lui aveva fatto con il diario di Anna. Nel 1959 attraverso un lascito Albert e Paula donano l’intera produzione della figlia al Rijksmuseum di Amsterdam.

 

Dal 1971 l’opera si trova al nuovo Joods Historisch Museum della stessa città dove è conservata a cura della Fondazione Charlotte Salomon. Nel 1961 viene organizzata ad Amsterdam la prima grande mostra dove sono esposti un importante numero di fogli, che suscitano un appassionato interesse. Il pittore Marc Chagall ne resta fortemente scosso, studiosi e critici dedicano saggi e articoli all’ignota pittrice, la sua vicenda umana e artistica ispira negli anni creazioni cinematografiche, letterarie e anche musicali.

Nel dopoguerra Albert e Paula riprendono la loro vita normale e le loro professioni, Albert come medico e Paula come insegnante di canto. Alfred Wolfsohn nel 1940 riesce a fuggire in Inghilterra dove si dedica alla formazione di cantanti con un suo metodo particolare, non tornerà mai più in Germania. Il capitano delle SS Alois Brunner, sebbene condannato a morte per crimini contro l’umanità in contumacia da diversi paesi, riesce dopo molte peripezie, evitando anche il Mossad, a raggiungere la Siria dove viene accolto dal regime di Hafez el-Assad che si rifiuta di estradarlo. Muore a Damasco quasi centenario nel 2010.


L’opera di Charlotte si compone di tre sezioni, un Preludio, dedicato alle tenere immagini di una infanzia felice, una Parte Principale che riguarda la ossessione amorosa per il maestro di canto Alfred Wolfsohn e la presa di coscienza della sua passione per la pittura, e un Epilogo che racconta la fuga dal nazismo e la vita da profuga in Costa Azzurra.

 

La serie pittorica inizia nel 1913 col suicidio della zia Charlotte, prosegue con l’adolescenza, gli studi all’Accademia, la Francia, la rielaborazione del suicidio della madre, il matrimonio; lo stile si adegua alle illustrazioni secondo il soggetto trattato ma si va facendo sempre più scarno, astratto ed essenziale mano a mano che la storia procede; nelle immagini che ricordano fatti realmente accaduti o immaginati aggiunge brevi commenti e riflessioni filosofiche. Gli ultimi capitoli mostrano una mano frenetica e quasi allucinata come se Charlotte sentisse di avere sempre meno tempo per concludere il suo racconto.

 

A tutti i personaggi del suo “Teatro” assegna nomignoli spesso umoristici: lei è Charlotte Kann (capace), l’adorata e vivacissima matrigna diviene Paulinka Bimbam, l’amato Alfred Wolfsohn diventa Amadeus Daberlohn (Amadeus/Mozart squattrinato) e il musicista Kurt Singer Dr. Singsong (cantilena). La tavola con l’elenco dei nomi e soprannomi scritti in vari colori, simile a una locandina teatrale, reca sul fondo in blu la scritta “Das stück spielt in der zeit von 1913-1940 in deutsche land später in Nizza” (Lo spettacolo è ambientato tra il 1913 e il 1940 in Germania e successivamente a Nizza).

Vita? O Teatro? Non è solo una successione di guazzi che rappresentano anche metaforicamente i momenti fondamentali della formazione affettiva, artistica e culturale dell’autrice, ma le annotazioni scritte a colori in lettere maiuscole in forma di frasi o narrazione nei dipinti o su fogli trasparenti costituiscono nel loro insieme una sceneggiatura dell’opera che si associa al commento musicale suggerito da Lotte con citazioni di brani di Bach, Weber, Gluck, Bizet, Schubert, Mozart, Mahler e di canzoni popolari che cantava Pauline.

In tutto il lavoro si nota l’influsso della pittura di artisti “degenerati” come George Grosz, Ernst Ludwig Kirchner e Amedeo Modigliani oltre a maestri storici come Cézanne, Munch e Van Gogh. I guazzi di Charlotte sono sia delle scene uniche, sia delle ripetizioni dello stesso soggetto nella stessa pagina ma in atteggiamenti diversi perché riferito a momenti temporali successivi con una tecnica quasi cinematografica. L’insieme riporta a una specie di storyboard, cioè una sequenza di figure, bozzetti e didascalie dove i singoli fogli si compongono in una narrazione della sua vita interiore, delle sue passioni e delle sue paure presentate senza pietismo malgrado le tragedie e gli orrori vissuti.

Lei è una vittima dell’olocausto, anche se nei suoi fogli le testimonianze del nazismo e dell’antisemitismo sono sporadiche, qualche gouache mostra sfilate naziste e la Kristallnacht, ma non c’è evidenza delle persecuzioni e della guerra se non quando ne sono coinvolti direttamente i personaggi del suo “Teatro” (il padre medico espulso dall’ospedale, Pauline cacciata dai teatri lirici), per cui la sua opera non è da affiancare alla letteratura “concentrazionaria” in quanto, come scrive Antonio Polito, “la persecuzione razziale è quasi un’eco nel lavoro di Charlotte, non il tema conduttore. Essa è già iscritta nella sua vita, come un destino irreversibile”.

Catherine Bernard racconta che Charlotte “dipingeva come una strategia per salvarsi la vita e come mezzo per restituire una sorta di vita a sua madre e sua nonna, almeno per ritrarre il come e il perché della loro morte. Mentre dipingeva, divenne consapevole delle decisioni che aveva preso nel dipingere la sua vita – cosa dipingere, come dipingerlo, di quale sé si parlava e quale si affacciava dalle pagine – e scelse, alla fine, di portare queste questioni in primo piano, per evidenziarne e renderle elementi identificabili del suo lavoro, e così trasformare l’autobiografia in arte” (Bernard 2000).

Nelle ultime pagine di Vita? O Teatro? Charlotte scrive che “non doveva uccidersi come i suoi antenati, perché poteva creare il suo mondo nuovo, dalle profondità”. Su uno dei dipinti in fondo all’opera c’è una didascalia profetica: «Vivrò per tutti loro». In una delle ultime lettere, se non l’ultima, a Wolfsohn dice: «È un ritornello arcinoto che nessuno è profeta in patria. Ci sono pochissime persone in grado di creare, che rubano agli altri forze inconsapevoli lasciate a riposo, come terre incolte che si deteriorano perché non lavorate. Queste forze dormono nella grande maggioranza e solo in casi rarissimi vegliano / La mia vita è incominciata quando mia nonna ha deciso di mettere fine alla sua».

 

L’ultima immagine la raffigura vista di spalle in costume da bagno seduta davanti al mare, sembra dipingere su un foglio trasparente che il mare riempie, lo inonda; non c’è più nulla da disegnare o da scriverci sopra. Sulla sua schiena nuda una scritta in nero: “Leben Oder Theatre”, Vita o Teatro, domanda che, dopo avere versato e scandagliato in oltre mille fogli la sua esistenza, Charlotte non risolve.

A lei è stata dedicata una Targa ricordo a Berlino, nella casa natale in Gedenktafel Wielandstrasse 15. Sulla sua opera, anche se tardivamente, esistono oggi numerosi libri, film e i cataloghi che ne hanno accompagnato le esposizioni. Sono disponibili anche alcune mirabili edizioni integrali dei guazzi, come quella pubblicata in Italia nel 2019 dall’editore Castelvecchi. Fondamentale è il libro della studiosa americana Mary L. Felstiner del 1994 (Felstiner 1994), la prima storica e biografa di Charlotte, che nel 1995 ottiene per il suo lavoro il premio dell’American Historical Association; Bruno Pedretti, il curatore della mostra a Milano nel 2017 della Salomon, ha scritto nel 1998 il romanzo Charlotte. La morte e la fanciulla.


Enorme notorietà avrà qualche anno dopo, il romanzo Charlotte dello scrittore francese David Foenkinos, pubblicato da Gallimard, Premio Renaudon le Goncourt des Lycéens, che vi lavora parecchi anni dopo essere rimasto stregato dalla visita a una mostra dell’artista ad Amsterdam. Il romanzo ha subito qualche critica per l’eccessiva enfasi del dolore e il finale consolatorio, tuttavia, grazie al suo successo editoriale, Charlotte Salomon, fino ad allora poco nota al grande pubblico anche perché le sue opere non hanno mercato essendo un unicum inscindibile, è stata conosciuta e apprezzata in tutto il mondo ed è entrata a pieno titolo nella storia dell’arte del Novecento.

 


Riferimenti bibliografici:


Charlotte. Diario in figure di Charlotte Salomon, prefazione di Carlo Levi e Emil Strauss, Bompiani, Milano 1963
Lowenthal Felstiner
M., To Paint her Life: Charlotte Salomon in the Nazi Era, Harper Collins, New York 1994
Capaldo M., Passava tutto il tempo a dipingere, canticchiando continuamente, La Rassegna Mensile di Israel, vol. 85, n. 2, 2019
Bernard C. A., Women Writing the Holocaust, Other Voices, vol. 2, n. 1, February 2000
Aspesi N., Tutti i colori di Charlotte contro il nero dei Nazisti, La Repubblica, 22 gennaio 2015
Pedretti B., Charlotte. La morte e la fanciulla, Giunti, Firenze 1998
Foenkinos D., Charlotte, Gallimard, Parigi 2016

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]