Charlotte Salomon
SUI 1.300 fogli dipinti prima
DI Auschwitz / II
di Francesco
Cappellani
Malgrado l’antisemitismo imperante,
la situazione nella zona francese
amministrata dall’Italia rimaneva
tranquilla, ma dopo l’armistizio
dell’8 settembre 1943, con la resa
incondizionata del Regno d’Italia
agli Alleati, le truppe tedesche
invadono la riviera d’oltralpe e
Adolf Eichmann invia uno dei suoi
più feroci comandanti, il capitano
delle SS Alois Brunner, con
l’incarico di “ripulire” dagli ebrei
quei territori. Brunner agisce con
grande rapidità e il 24 settembre
1943 la Gestapo, sembra grazie a una
soffiata, arresta la coppia a
Villefranche.
Condotti al Quartiere Generale di
Nizza, vengono interrogati e poi
condotti al campo di transito di
Drancy, fuori Parigi, gestito da
Brunner. Il 7 ottobre, stipati su un
carro bestiame del “Transport N° 60”
arrivano, dopo tre giorni di
viaggio, in una destinazione a loro
ignota, Auschwitz. Nella prima
selezione, all’arrivo del treno il
10 ottobre, gli uomini sono separati
dalle donne, Charlotte, incinta di
oltre quattro mesi e quindi inabile
al lavoro è immediatamente condotta
nelle camere a gas dove muore poche
ore dopo. Le sarà almeno risparmiata
una permanenza anche minima in quel
luogo di indicibile orrore che era
il lager; aveva 26 anni. Alexander
muore di stenti tre mesi dopo.
Solo a guerra finita i genitori
vengono a sapere che Charlotte è
morta e nel 1947 si recano a
Villefranche per conoscere gli
ultimi luoghi dove aveva vissuto la
figlia e per incontrare Ottilie che,
tornata in Francia dagli Stati
Uniti, aveva ricevuto dal dottor
Moridis la valigia con i pacchi di
fogli a lei dedicati. Ottilie
consegna loro a malincuore il
prezioso materiale grazie al quale,
come nota Natalia Aspesi, Albert e
Paula “scoprono i sentimenti e la
genialità della sconosciuta,
amatissima figlia e quei pochi mesi
d’amore prima della fine” (Aspesi
2015).
Sorpresi e commossi per quelle carte
che non sono sparsi e casuali
ricordi di pochi anni di vita, ma un
corpus di dipinti che costituiscono
in sequenza un’autentica opera
d’arte, tornati a casa sistemano in
un armadio tutto il materiale. Oltre
dieci anni dopo Otto Frank, il padre
di Anna, ebreo tedesco e amico di
Albert rifugiatosi anche lui ad
Amsterdam, li convince a non
conservare quelle carte come una
reliquia ma di farle conoscere per
fare rivivere Charlotte come lui
aveva fatto con il diario di Anna.
Nel 1959 attraverso un lascito
Albert e Paula donano l’intera
produzione della figlia al
Rijksmuseum di Amsterdam.
Dal 1971 l’opera si trova al nuovo
Joods Historisch Museum della stessa
città dove è conservata a cura della
Fondazione Charlotte Salomon. Nel
1961 viene organizzata ad Amsterdam
la prima grande mostra dove sono
esposti un importante numero di
fogli, che suscitano un appassionato
interesse. Il pittore Marc Chagall
ne resta fortemente scosso, studiosi
e critici dedicano saggi e articoli
all’ignota pittrice, la sua vicenda
umana e artistica ispira negli anni
creazioni cinematografiche,
letterarie e anche musicali.
Nel dopoguerra Albert e Paula
riprendono la loro vita normale e le
loro professioni, Albert come medico
e Paula come insegnante di canto.
Alfred Wolfsohn nel 1940 riesce a
fuggire in Inghilterra dove si
dedica alla formazione di cantanti
con un suo metodo particolare, non
tornerà mai più in Germania. Il
capitano delle SS Alois Brunner,
sebbene condannato a morte per
crimini contro l’umanità in
contumacia da diversi paesi, riesce
dopo molte peripezie, evitando anche
il Mossad, a raggiungere la Siria
dove viene accolto dal regime di
Hafez el-Assad che si rifiuta di
estradarlo. Muore a Damasco quasi
centenario nel 2010.
L’opera di Charlotte si compone di
tre sezioni, un Preludio, dedicato
alle tenere immagini di una infanzia
felice, una Parte Principale che
riguarda la ossessione amorosa per
il maestro di canto Alfred Wolfsohn
e la presa di coscienza della sua
passione per la pittura, e un
Epilogo che racconta la fuga dal
nazismo e la vita da profuga in
Costa Azzurra.
La serie pittorica inizia nel 1913
col suicidio della zia Charlotte,
prosegue con l’adolescenza, gli
studi all’Accademia, la Francia, la
rielaborazione del suicidio della
madre, il matrimonio; lo stile si
adegua alle illustrazioni secondo il
soggetto trattato ma si va facendo
sempre più scarno, astratto ed
essenziale mano a mano che la storia
procede; nelle immagini che
ricordano fatti realmente accaduti o
immaginati aggiunge brevi commenti e
riflessioni filosofiche. Gli ultimi
capitoli mostrano una mano frenetica
e quasi allucinata come se Charlotte
sentisse di avere sempre meno tempo
per concludere il suo racconto.
A tutti i personaggi del suo
“Teatro” assegna nomignoli spesso
umoristici: lei è Charlotte Kann
(capace), l’adorata e vivacissima
matrigna diviene Paulinka Bimbam,
l’amato Alfred Wolfsohn diventa
Amadeus Daberlohn (Amadeus/Mozart
squattrinato) e il musicista Kurt
Singer Dr. Singsong (cantilena). La
tavola con l’elenco dei nomi e
soprannomi scritti in vari colori,
simile a una locandina teatrale,
reca sul fondo in blu la scritta
“Das stück spielt in der zeit von
1913-1940 in deutsche land später in
Nizza” (Lo spettacolo è ambientato
tra il 1913 e il 1940 in Germania e
successivamente a Nizza).
Vita? O Teatro? Non è solo una
successione di guazzi che
rappresentano anche metaforicamente
i momenti fondamentali della
formazione affettiva, artistica e
culturale dell’autrice, ma le
annotazioni scritte a colori in
lettere maiuscole in forma di frasi
o narrazione nei dipinti o su fogli
trasparenti costituiscono nel loro
insieme una sceneggiatura dell’opera
che si associa al commento musicale
suggerito da Lotte con citazioni di
brani di Bach, Weber, Gluck, Bizet,
Schubert, Mozart, Mahler e di
canzoni popolari che cantava
Pauline.
In tutto il lavoro si nota
l’influsso della pittura di artisti
“degenerati” come George Grosz,
Ernst Ludwig Kirchner e Amedeo
Modigliani oltre a maestri storici
come Cézanne, Munch e Van Gogh. I
guazzi di Charlotte sono sia delle
scene uniche, sia delle ripetizioni
dello stesso soggetto nella stessa
pagina ma in atteggiamenti diversi
perché riferito a momenti temporali
successivi con una tecnica quasi
cinematografica. L’insieme riporta a
una specie di storyboard, cioè una
sequenza di figure, bozzetti e
didascalie dove i singoli fogli si
compongono in una narrazione della
sua vita interiore, delle sue
passioni e delle sue paure
presentate senza pietismo malgrado
le tragedie e gli orrori vissuti.
Lei è una vittima dell’olocausto,
anche se nei suoi fogli le
testimonianze del nazismo e
dell’antisemitismo sono sporadiche,
qualche gouache mostra
sfilate naziste e la
Kristallnacht, ma non c’è
evidenza delle persecuzioni e della
guerra se non quando ne sono
coinvolti direttamente i personaggi
del suo “Teatro” (il padre medico
espulso dall’ospedale, Pauline
cacciata dai teatri lirici), per cui
la sua opera non è da affiancare
alla letteratura “concentrazionaria”
in quanto, come scrive Antonio
Polito, “la persecuzione razziale è
quasi un’eco nel lavoro di
Charlotte, non il tema conduttore.
Essa è già iscritta nella sua vita,
come un destino irreversibile”.
Catherine Bernard racconta che
Charlotte “dipingeva come una
strategia per salvarsi la vita e
come mezzo per restituire una sorta
di vita a sua madre e sua nonna,
almeno per ritrarre il come e il
perché della loro morte. Mentre
dipingeva, divenne consapevole delle
decisioni che aveva preso nel
dipingere la sua vita – cosa
dipingere, come dipingerlo, di quale
sé si parlava e quale si affacciava
dalle pagine – e scelse, alla fine,
di portare queste questioni in primo
piano, per evidenziarne e renderle
elementi identificabili del suo
lavoro, e così trasformare
l’autobiografia in arte” (Bernard
2000).
Nelle ultime pagine di Vita? O
Teatro? Charlotte scrive che “non
doveva uccidersi come i suoi
antenati, perché poteva creare il
suo mondo nuovo, dalle profondità”.
Su uno dei dipinti in fondo
all’opera c’è una didascalia
profetica: «Vivrò per tutti loro».
In una delle ultime lettere, se non
l’ultima, a Wolfsohn dice: «È un
ritornello arcinoto che nessuno è
profeta in patria. Ci sono
pochissime persone in grado di
creare, che rubano agli altri forze
inconsapevoli lasciate a riposo,
come terre incolte che si
deteriorano perché non lavorate.
Queste forze dormono nella grande
maggioranza e solo in casi rarissimi
vegliano / La mia vita è
incominciata quando mia nonna ha
deciso di mettere fine alla sua».
L’ultima immagine la raffigura vista
di spalle in costume da bagno seduta
davanti al mare, sembra dipingere su
un foglio trasparente che il mare
riempie, lo inonda; non c’è più
nulla da disegnare o da scriverci
sopra. Sulla sua schiena nuda una
scritta in nero: “Leben Oder
Theatre”, Vita o Teatro,
domanda che, dopo avere versato e
scandagliato in oltre mille fogli la
sua esistenza, Charlotte non
risolve.
A lei è stata dedicata una Targa
ricordo a Berlino, nella casa natale
in Gedenktafel Wielandstrasse 15.
Sulla sua opera, anche se
tardivamente, esistono oggi numerosi
libri, film e i cataloghi che ne
hanno accompagnato le esposizioni.
Sono disponibili anche alcune
mirabili edizioni integrali dei
guazzi, come quella pubblicata in
Italia nel 2019 dall’editore
Castelvecchi. Fondamentale è il
libro della studiosa americana Mary
L. Felstiner del 1994 (Felstiner
1994), la prima storica e biografa
di Charlotte, che nel 1995 ottiene
per il suo lavoro il premio
dell’American Historical Association;
Bruno Pedretti, il curatore della
mostra a Milano nel 2017 della
Salomon, ha scritto nel 1998 il
romanzo Charlotte. La morte e la
fanciulla.
Enorme notorietà avrà qualche anno
dopo, il romanzo Charlotte dello
scrittore francese David Foenkinos,
pubblicato da Gallimard, Premio
Renaudon le Goncourt des Lycéens,
che vi lavora parecchi anni dopo
essere rimasto stregato dalla visita
a una mostra dell’artista ad
Amsterdam. Il romanzo ha subito
qualche critica per l’eccessiva
enfasi del dolore e il finale
consolatorio, tuttavia, grazie al
suo successo editoriale, Charlotte
Salomon, fino ad allora poco nota al
grande pubblico anche perché le sue
opere non hanno mercato essendo un
unicum inscindibile, è stata
conosciuta e apprezzata in tutto il
mondo ed è entrata a pieno titolo
nella storia dell’arte del
Novecento.
Riferimenti bibliografici:
Charlotte. Diario in figure di
Charlotte Salomon, prefazione di
Carlo Levi e Emil Strauss, Bompiani,
Milano 1963
Lowenthal Felstiner
M.,
To Paint her Life: Charlotte
Salomon in the Nazi Era, Harper
Collins, New York 1994
Capaldo M., Passava tutto
il tempo a dipingere, canticchiando
continuamente, La Rassegna
Mensile di Israel, vol. 85, n. 2,
2019
Bernard C. A., Women
Writing the Holocaust, Other Voices,
vol. 2, n. 1, February 2000
Aspesi N., Tutti i colori
di Charlotte contro il nero dei
Nazisti, La Repubblica, 22
gennaio 2015
Pedretti B., Charlotte. La
morte e la fanciulla, Giunti,
Firenze 1998
Foenkinos D., Charlotte,
Gallimard, Parigi 2016