N. 86 - Febbraio 2015
(CXVII)
tutto iniziò DOPO IL NOVANTESIMO
BARCELLONA INCORONA IL DIAVOLO
di Andrea Bajocco
“La beffa più grande che il Diavolo abbia mai fatto...”. No, non stiamo parlando de I Soliti Sospetti, pellicola cult diretta da Bryan Singer, ma di una partita di calcio. O meglio, di quello che è successo dopo il 90°, prima del triplice fischio...
26 maggio 1999, Barcellona. Un Camp Nou gremito da
90.045
spettatori
regala
agli
appassionati
di
calcio
di
tutto
il
mondo
una
partita
non
bellissima
nei
90
minuti
canonici,
ma
meravigliosa
nei
3
minuti
di
recupero,
al
punto
da
entrare
di
diritto
nella
Storia
di
quel
meraviglioso
sport
che
è il
calcio.
Le protagoniste di questa magica (o stregata...) serata
sono
il
Bayern
Monaco
di
Ottmar
Hitzfeld
e il
Manchester
United
di
Sir
Alex
Ferguson;
due
squadre
tradizionalmente
vincenti,
due
squadre
che,
rose
alla
mano,
promettono
spettacolo.
Entrambe le compagini si presentano formazioni ricche di
top
player.
I bavaresi hanno vinto già tre volte in passato la Champions
League
e,
per
l’assalto
alla
quarta,
schierano
la
saracinesca
Kahn
a
difendere
la
propria
porta
dagli
attacchi
nemici;
davanti
a
lui,
il
Bayern
vanta
calciatori
del
calibro
di
Matthäus,
Tarnat,
Effenberg,
Jancker
e
Basler.
Non da meno è lo United. I mancuniani schierano infatti il
portiere
danese
Schmeichel,
davanti
al
quale
agiranno,
sperando
di
portare
a
casa
la
seconda
Coppa
dei
Campioni
della
loro
storia,
Neville,
Stam,
Beckham
e
Giggs,
oltre
ai
Calypso
Boys
(Yorke
e
Cole)
pronti
a
mettere
a
repentaglio
la
porta
avversaria.
5 minuti e il Bayern passa. Una punizione da sinistra di
Mario
Basler
supera
la
barriera
e si
insacca
quasi
rasoterra
sul
secondo
palo,
alla
sinistra
di
un
non
privo
di
colpe
Schmeichel.
I
pronostici,
dalla
parte
dei
Red
Devils,
vengono
subito
traditi.
Tuttavia,
con
quei
due
davanti,
il
Manchester
può
fare
male
a
chiunque
e 85
minuti
sono
un’eternità.
Ciononostante, il Manchester fatica e non poco, anche grazie
all’intelligenza
tattica
dell’allenatore
del
Bayern,
a
trovare
spazi
e ad
arrivare
alla
conclusione.
Ne
deriva
una
partita
piuttosto
noiosa
che
vede
il
massimo
“splendore”
nei
due
legni
colpiti
dal
Bayern,
simbolo
di
un
vantaggio
quantomeno
meritato.
I
minuti
passano
e si
viaggia
verso
il
90°
con
la
classica
girandola
dei
cambi
che
vede
entrare
per
lo
United
altri
due
attaccanti,
Teddy
Sheringham
e
Ole
Gunnar
Solskjaer.
Il
Bayern
risponde
con
Mehmet
Scholl,
Thorsten
Fink
e
Hasan
“Brazzo”
Salihamidžić.
Tra
gli
altri,
al
90°
esce
Mario
Basler,
il
man
of
the
match,
l’uomo
della
storia.
Il
Campo
Nou,
almeno
la
parte
bavarese
e i
super
partes
presenti,
è in
piedi
a
tributare
la
più
meritata
delle
standing
ovation.
Forse
anche
a
causa
dell’impotenza
offensiva
del
Man
United,
il
Bayern
si
sente
già
Campione
d’Europa
e
nel
calcio,
si
sa,
non
si
deve
mai
dare
nulla
per
scontato,
fino
al
triplice
fischio
del
direttore
di
gara,
che
per
l’occasione
era
il
“nostro”
Pierluigi
Collina.
L’arbitro
di
Bologna
(ma
della
sezione
arbitrale
di
Viareggio)
comanda
3
minuti
di
recupero.
180
secondi
dividono
il
Bayern
dalla
gioia
più
grande.
180
secondi
di
flebile
speranza
dividono
il
Manchester
dall’oblio
della
sconfitta.
20
secondi
dopo
il
90°
David
Beckham,
da
sempre
schierato
sulla
parte
destra
del
campo,
si
defila
stranamente
sulla
sinistra
e
offre
la
sfera
a
Gary
Neville.
Questi
prova
un
cross
basso
ma
Stefan
Effenberg,
scivolando,
butta
fuori
la
palla.
È
calcio
d’angolo.
Schmeichel lascia la propria porta e si riversa in attacco.
Beckham
va
sulla
bandierina
di
sinistra
e
batte
l’angolo
verso
il
centro
dell’area
con
il
suo
destro
magico.
Proprio
il
portierone
danese
colpisce
di
testa
ma
non
riesce
a
indirizzare
la
palla
verso
la
porta
avversaria.
Un
batti
e
ribatti
porta
la
sfera
sui
piedi
di
Ryan
Giggs
che,
sinistro
di
natura,
si
ritrova
con
la
possibilità
di
calciare
sì,
ma
di
destro.
Non
ci
pensa
due
volte
e il
tiro,
sbilenco
in
realtà,
diventa
un
assist
per
uno
dei
due
neo
entrati:
Teddy
Sheringham.
Questi
tocca
in
girata
la
palla
quanto
basta
per
trafiggere
un
incolpevole
Oliver
Kahn.
Cambia
il
parziale
al
Camp
Nou.
Pareggia
il
Manchester.
È
1-1.
La
panchina
dei
“Diavoli
Rossi”
impazzisce
per
l’insperato
(e
immeritato)
pareggio.
Tuttavia
non
si
deve
perdere
la
testa
e la
concentrazione.
Mancano
circa
due
minuti,
bisogna
stare
attenti
e
pensare
ai
tempi
supplementari.
Tempi
supplementari
che,
ormai,
sarebbero
il
giusto
proseguimento
di
una
partita
“normale”.
Ma
la
finale
della
Champions
League
del
1999
non
è
affatto
una
partita
normale...
Minuto
93.
Pochi
secondi
prima
della
fine
del
match,
il
Bayern
tiene
alta
la
pressione
costringendo
i
difensori
dello
United
a un
rilancio
senza
speranze.
Ole
Gunnar
Solskjaer
ci
prova
e
riesce
ad
arrivare
sulla
palla.
Come
in
occasione
del
gol,
l’azione
parte
da
sinistra.
Il
talento
norvegese
ubriaca
Kuffour
con
dei
giochi
di
gambe
prima
di
tentare
un
cross
verso
il
centro.
Il
centrale
del
Bayern
non
abbocca
e
devia
la
sfera
in
calcio
d’angolo.
Sembra
un
déjà
vu.
Sulla
bandierina
va
ancora
Beckham.
Sheringham
ci
riprova,
stavolta
di
testa,
ma
la
palla
va
sul
secondo
palo
dove
proprio
Solskjear,
subentrato
come
l’autore
del
primo
gol,
riesce
a
insaccare
per
il
gol
vittoria.
Non
c’è
più
tempo.
Finisce
così,
2 a
1
per
il
Manchester
United
che
per
90
minuti
non
ha
combinato
niente
in
fase
difensiva,
ma
che
nei
3 di
recupero,
grazie
alle
proprie
individualità,
ha
regalato
un
finale
al
cardiopalma
per
gli
spettatori.
Un
finale
di
gioia
immensa
per
i
Red
Devils;
un
finale
di
dolore
e
lacrime
per
i
bavaresi.
Se
il
portiere
dello
United
Schmeichel
esulta
facendo
capriole
su
capriole,
lo
stesso
non
si
può
dire
per
quello
del
Bayern
Kahn
su
cui
le
telecamere
hanno
ripetutamente
indugiato
trovandolo
sdraiato
a
terra
in
lacrime.
Il
calcio
è
così,
è
bello
per
questo.
Si
vince
e si
perde.
Si
festeggia
e si
soffre.
Si
ride
e si
piange.
Tutto
nello
stesso
stadio,
con
i
vinti
che
non
possono
far
altro
che
assistere
alla
gloria
dei
vincitori...
Ma
nella
finale
di
Champions
del
1999,
oltre
alla
normalità,
c’è
stato
quel
pizzico
di
magia
che
l’ha
resa
unica
nel
suo
genere.