N. 23 - Aprile 2007
Centesimus
annus
Il messaggio di un Enciclica
di
Arturo Capasso
Nel maggio del 1991 Giovanni Paolo II
promulga l'Enciclica Centesimus annus, per celebrare
il centenario della Rerum novarum di Leone XIII.
L'articolo che segue ricorda la più importante
Enciclica del Papa scomparso.
L'Enciclica è una lettera; ciò ricorda le "Lettere"
degli Apostoli, primo fra tutti San Paolo, che ne
scrisse 14. La lettera è inviata venerati fratelli
nell’episcopato, al clero, alle famiglie religiose,
ai fedeli della chiesa cattolica, e a tutti gli uomini
di buona volontà., senza distinzione di razza e di
credo. Il loro comune denominatore deve essere "la
buona volontà".
INTRODUZIONE
C'è
il richiamo alla Rerum novarum e ai numerosi
Documenti da essa scaturiti. Il Papa ha accolto la
richiesta di celebrarne il centenario. È opportuno
rilevare che fin dall'introduzione c'è una chiave di
lettura: hanno infatti invitato a scrivere
imprenditori e lavoratori, sia a titolo individuale
che come membri di associazioni. Il Papa si
rivolgerà spesso a queste due categorie, che
rappresentano il mondo economico e il vero motore
della comunità.
Con
la Centesimus annus c'è un indirizzo ben preciso:
guardare indietro, guardare intorno e guardare al
futuro. Si vuole andare incontro al terzo millennio
con un profondo senso di responsabilità.
C'è
un continuum nell'insegnamento della Chiesa, che
deriva dagli Apostoli. C'è il richiamo a San Paolo,
che nella prima lettera ai Corìnti scrive: “ io, da
perito architetto, ho gettato il fondamento, altri poi
vi costruisce sopra. Ma l'Apostolo invita, anzi
ammonisce: Ognuno però stia attento al modo con cui vi
costruisce sopra. Nessuno infatti può gettare altro
fondamento oltre quello già posto, cioè Gesù Cristo.”
Il
Papa ribadisce il desiderio dell'aggancio fra passato
e presente, vecchio e nuovo. Ricorda Matteo, per il
quale ogni scriba è simile ad un padrone di casa che
trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
Ciò necessariamente presuppone che il padrone di casa
sia capace di conservare il tesoro e, ancor più,
capace di gestirlo.
TRATTI CARATTERISTICI DELLA RERUM NOVARUM
Verso la fine del secolo scorso lo scenario presenta
un mondo in rapido mutamento politico, economico e
sociale. Ci sono nuove libertà ma anche nuove forme di
ingiustizia. Si parla di nuove strutture nella
produzione. A queste strutture si affiancò un nuovo
tipo di proprietà: nasceva il capitalismo. Lo
sfruttamento del lavoro a basso costo determinava
illeciti arricchimenti, con mancanza di assicurazione
sociale.
Le
pagine memorabili del Capitale di Marx hanno scosso la
coscienza di quanti avevano a cuore la dignità
dell'uomo. La Chiesa non poteva restare da parte.
Oltretutto il suo messaggio evangelico anticipava di
circa due millenni una giustizia sociale. Da una parte
troviamo il liberismo che fa da traino al liberalismo,
dall'altra un socialismo utopico che cerca nuove vie
al consesso civile.
Il
Papa fa riferimento al “ momento culminante di questa
contrapposizione”e all'intervento di Leone XIII.
Il
dualismo capitale/lavoro resterà a lungo, ma la Chiesa
con la Rerum novarum stabilirà il diritto/dovere di
intervenire nella vita pubblica. La dottrina sociale
è anche missione evangelica.
Pertanto la nuova evangelizzazione deve passare
attraverso la dottrina sociale della Chiesa
.
Leone XIII aveva difeso la dignità del lavoratore e la
dignità del lavoro, attività necessaria per i bisogni
della vita. Aveva anche sancito il diritto alla
proprietà privata, anche se poi c'è stata una
divaricazione: da una parte un accumulo eccessivo che
danneggia parti povere, dall'altra una
collettivizzazione che era sorta a favore di classi
povere.
Inoltre aveva riconosciuto il diritto di
associazioni/sindacati e di giusto salario. Lo Stato
deve tutelare i diritti di tutti, ma specialmente
quelli dei più deboli e indifesi. Una solidarietà a
livello nazionale ed internazionale.
Questo, per grandi linee, il vecchio; ma esso resiste
ancora in troppi casi. Tali processi di
trasformazione ricompaiono in Paesi con grosse sacche
di povertà. L'accumulo è più immediato, la richiesta
d'un pezzo di pane più accanita, l'offerta di mano
d'opera a prezzi avvilenti, la dignità offesa.
Giovanni Paolo II rileva che Leone XIII si appella
allo Stato, ma questa entità non può tutto. Infatti,
“ l'individuo, la famiglia e la società gli sono
anteriori ed esso (Stato) esiste per tutelare i
diritti dell'uno e delle altre, e non già per
soffocarli.” Ricorderei a questo punto la Lettera di
San Paolo ai Romani, perché in essa si fa richiamo
alla legge naturale, che dovrebbe sempre essere da
guida, in mancanza di altre norme.
Alludendo ai Gentili che non hanno legge scritta, San
Paolo dice che i “dettami della legge sono scritti nei
loro cuori come ne fa fede la loro coscienza coi suoi
giudizi” (2, 15).
LE
"COSE NUOVE" DI OGGI
Leone XIII era contro le ingiustizie verso le masse
proletarie, ma era anche contro un sistema che voleva
issare la bandiera della rivoluzione sociale e della
diversa divisione della ricchezza: “ i socialisti
spingono i poveri all'odio contro i ricchi, e
sostengono che la proprietà privata deve essere
abolita ed i beni di ciascuno debbono essere comuni a
tutti. Si dichiara -Leone XIII - contrario a tale
teoria, che crea disordini sociali e va contro i
diritti dei proprietari, finendo così col non giovare
neppure agli operai.
Purtroppo i fatti sono andati ben oltre. Là dove il
socialismo è andato al potere, ha finito col creare
danni e ci vorranno decenni per eliminarli. L'uomo
in quella società è stato (ed è) un semplice
ingranaggio d'un meccanismo. Quando poi la misura è
colma, la massa si organizza e si batte per diverse
condizioni di vita e per la dignità violata, anzi
rubata. La società ha subito un doppio attacco da due
diverse forze, ambedue fondate sull'ateismo. Da una
parte il socialismo reale con le sue purghe,
dall'altra il militarismo coi suoi campi di sterminio.
Le
giuste riforme portano ad una vita migliore, al lavoro
sicuro senza lo spettro della disoccupazione; alla
mancanza di sfruttamento verso fasce più deboli,
quali oggi possono essere gli immigrati. Il diritto al
riposo e ad orari più umani è un punto incontestato.
Vorrei ricordare ciò che era la Svezia all'inizio
dell'industrialismo: un Paese molto arretrato, con una
grossa divaricazione fra lavoratori ed industriali. (Cfr.
Arturo Capasso, Socialismo in Svezia, pp. 128, Milano
1966).
La
mano d'opera si spostava verso il Nord, dove
l'introduzione delle seghe a vapore dava un nuovo
impulso all'industria del legno. Le case degli operai
stagionali erano primitive. I letti costruiti con
rozze tavole e in una sola stanza vi potevano dormire
anche dieci operai. Sembra quasi di assistere ad una
descrizione odierna, con gl'immigrati africani nel
nostro Paese. Il contrasto continuo col capitale,
determinato da basse retribuzioni, licenziamenti
arbitrari e penose condizioni di vita, indussero al
primo sciopero -1879 - della storia svedese.
Sui
grossi cartelli c'era scritto: Arbete och Bród (Lavoro
e pane). Non ottennero alcuna di queste elementari
rivendicazioni. Ma si resero conto che bisognava
essere compatti. Sorse così un sindacato che
rappresentò un punto di riferimento nella lotta dei
lavoratori. Ma la LO (Landsorganization i Sverige)
comprese pure che non si poteva puntare sulla lotta ad
oltranza, che meglio era raggiungere un accordo con la
controparte. Il Governo faceva da garante per
obbligare le parti a giusti equilibri.
Mi
sono soffermato sull'esempio svedese, perché si è
riusciti ad eliminare i grossi contrasti sociali,
senza passare né per Marx, né per la Rerum novarum.
Gli sviluppi susseguenti sono sotto gli occhi di tutti
.Ma
la libertà d'iscriversi ad un sindacato talvolta
diventa un preciso obbligo.
La
Rerum novarum era contro le ideologie dell'odio e
contro la violenza. Purtroppo tali indicazioni non
furono recepite dai protagonisti delle due guerre
mondiali, e soprattutto con l'Olocausto si ebbe il
culmine dell'aberrazione umana.
Chi
ha visitato un campo di sterminio n'è rimasto
profondamente sconvolto.
Col
1945 si arriva ad una divisione di blocchi, con
migrazioni forzate all'interno di sistemi e Paesi. Il
vento dell’’Est avanza. I Paesi più deboli si trovano
a dover scegliersi i loro protettori fra i
rappresentanti dei due sistemi. Ne scaturiscono lotte
selvagge, con l'esclusione degli uomini di buona
volontà. Si accenna “ al grandioso processo di
decolonizzazione, per il quale numerosi Paesi
acquistano... l'indipendenza.” È stato un cammino
lungo, faticoso. Interi popoli furono tenuti sotto
pressione, sfruttati, malmenati, ridotti a servitori
(o schiavi) dei bianchi. In quei casi estremamente
flebile fu la voce di pastori e di preti, . che si
trovavano fra connazionali spietati ed ipocriti,
avendo di fronte invece degli indigeni che vedevano a
piene mani come lontana fosse la buona novella (A.C.
Chorosciò! pp. 146, Roma 1963). Ma furono proprio i
migliori indigeni che andarono a Cambridge e alla
Sorbonne per studiare come i bianchi a cambiare le
cose. In quei centri di cultura appresero che
l'Inghilterra era stata sotto un giogo monarchico e se
ne era liberata con la Magna Charta, mentre la Francia
con la sua Declaration des droits aveva liquidato
tutte le vecchie istituzioni ed inserito di
prepotenza l'uomo nuovo, libero di pensare ed agire.
Quegli studenti pensavano che anche per i loro Paesi
si poteva far qualcosa. Si veniva creando una
coscienza nazionale che, a distanza di qualche
decennio, avrebbe dato i suoi frutti. Nell'Enciclica
si tratta -alla fine del capitolo - dell'apporto dato
dalle Nazioni Unite per la crescita dei diritti a
livello di singoli e di Nazioni. Ma si riconosce la
limitatezza degli strumenti a disposizione delle
Nazioni Unite.
L'ANNO 1989
Fin
dagli anni '80 in alcuni Paesi dell'America Latina,
dell'Africa e dell'Asia c'è un impegno della Chiesa a
trovare solidarietà e dialogo, invece di conflitti
senza fine.
E
ora veniamo agli avvenimenti della Polonia.
Secondo Papa Giovanni Paolo II il fattore principale
è stato “la violazione dei diritti del lavoro.”
Bisogna ricordare a questo punto che a Budapest, a
Praga, nella stessa Varsavia c'erano state
manifestazioni sedate nel sangue dalle locali
polizie, agli ordini diretti del Cremlino. Perché fu
resa possibile la svolta di Danzica?
Perché si cominciò a parlare che ormai non c'era (e
non c'era mai stata) la dittatura del proletariato, ma
la dittatura sul proletariato?
Secondo me il merito maggiore della svolta è proprio
del Papa, che ha saputo far difendere Solidarnosc a
livello mondiale, che ha imposto a Gorbaciov una nuova
strategia, che ha dato la speranza a chi era
rassegnato.
Bisogna dare atto a chi per anni ha combattuto in
silenzio, inviando a quelle genti libri e generi di
prima necessità. Libri che destavano le coscienze,
che invitavano a combattere. A volte bastava la Bibbia
per raggiungere tale ambito traguardo. Il ruolo svolto
dai Padri di Russia Cristiana che da Seriate
sfidavano i colossi dell'Est non sarà mai lodato
abbastanza.
Il
secondo fattore di crisi è dato dall'inefficienza del
sistema economico. È stata negata l'iniziativa all'individuo,
egli è stato considerato come parte del sistema, non
come protagonista. E perciò l'avvicinarsi a Cristo è
stato per molti l'unico modo di ritrovare se stessi,
la propria dignità ferita.
Gli
avvenimenti dell'89 hanno portato ad un incontro tra
la Chiesa e il Movimento operaio.
Bisognerebbe essere stati nei Paesi dell'Est per
capire l'importanza della Chiesa quale gruppo di
pressione. Chi voleva dire qualcosa di non ortodosso
doveva buttarsi fra le braccia di chi ancora aveva la
capacità ad agire: la Chiesa. Gli anni bui della
dittatura comunista, le ingiustizie commesse
dovrebbero cedere il posto a pace e perdono. La
prosperità non deve essere solo appannaggio di qualche
Paese, ma la ricchezza deve essere equamente
distribuita.
I
Paesi che sono usciti dal tunnel del comunismo devono
mettersi a lavoro con spirito di sacrificio, come
avvenne per i Paesi liberi dopo il conflitto
mondiale. È auspicabile che arrivino aiuti da altri
Paesi. Un disordine economico ed una disperazione
spirituale non giovano certo ad alcuno.
Non
bisogna però dimenticare i Paesi del Terzo Mondo, che
hanno problemi maggiori.
Le
risorse possono venire col disarmo, con la vittoria
della pace sulla guerra. Ciò che va dato ai poveri è
la possibilità di lavorare, di vivere in un mondo più
giusto.
Basta col prevalere della forza sulla ragione. È
importante sancire il diritto della coscienza umana.
Solo così ci può essere una società libera e giusta.
Numerosi spettri si aggirano: forme diverse di
totalitarismo, caduta di valori morali,
fondamentalismo religioso. Occorre perciò vegliare a
che prevalgano “ i diritti della coscienza umana.”
Ma
oltre al dualismo capitalismo/socialismo c'è un
aspetto della società che deve essere considerato e
che è presente - purtroppo - in ambedue le sfere
eco-nomiche.
Si
tratta dell'illecito ed immediato arricchimento.
Ci
sono categorie di persone che sfuggono ad ogni
controllo, o meglio che riescono a controllare i
controllori e quindi agiscono indisturbate. Anzi il
loro tempo è speso a tessere trame per rapporti
sociali.
Li
troviamo alla ribalta con grossi personaggi e grosse
operazioni.
Il
guaio è che essi prosperano anche nei Paesi dell'Est
e la loro presenza è ancor più smaccata ed immorale,
perché la massa sta male e loro sono fra i pochissimi
privilegiati. Il loro esempio di narcisismo scompiglia
la coscienza di persone normali, operose. Quanti
hanno preso la stessa strada proprio per allinearsi ad
avere il plauso sociale, lo status symbol del
benestante ?
Sembrano quasi seguire la constatazione della Bibbia:
“I ricchi hanno molti amici” {Proverbi, 14, 20).
Si
riconoscono, si accroccano, si scambiano visite, si
fanno in quattro per tenersi vicendevolmente a galla.
Se
poi uno di loro cade in un infortunio di percorso, si
prendono le distanze con immediatezza.
E
nessuno li riconosce.
Occorre molta pazienza, molta forza d'animo per non
restare colpiti dal vento dannoso di chi ha operato
in modo immorale. Nel libro dei Salmi (48, 6) c'è un
invito ad essere sereni : “ Perché impensierirmi nei
giorni tristi, quando mi circonderà da ogni parte
l'iniquità dei miei oppressori, che confidano nella
loro forza, menan vanto delle loro molte ricchezze?”
E
più avanti è scritto: “ L'uomo fra gli onori non
capisce più niente.”
A
chi spetta eliminare tali soprusi? Arrestare tanti
schiaffi dati a volti onesti, sani?
È
compito delle istituzioni e delle nostre coscienze.
Ma chi si muove?
La
loro eliminazione è molto difficile, perché sono
inseriti perfettamente nel contesto sociale; se
infatti si trattasse di organizzazioni fuori legge il
compito potrebbe essere forse più facile, scegliendo
opportune strategie. Ma qui si tratta di sepolcri
imbiancati e come tali più pericolosi.
La
proprietà privata e l’ universale destinazione dei
beni
Dio
ha dato la terra a tutto il genere umano. Per produrre
occorre lavorare; pertanto l’uomo che lavora la terra
ne diventa padrone. Ma, come si può immaginare, c’è
qualcuno che arriva in ritardo. Allora bisogna dargli
la possibilità di avere la sua parte. Qui sorgono
numerose variazioni sul tema.
Ho
visto lungo le coste di Ceylon,ora Sri Lanka, povere
baracche di indigeni che si nutrivano di cocco e di
pesca (A.C. Viaggio a Mosca e in Oriente, pp.130,
Napoli 1957) . Per loro il lavoro era semplice,
ancestrale: arrampicarsi e cogliere frutti abbondanti.
La
terra è stata sempre oggetto di proprietà privata, ma
ci sono anche esempi di terre in comune (A.C. voce
Comunismo, Enciclopedia Minerva vol.III,pag.319)
Contro l’accumulo irrazionale e l’egoismo esasperato
troviamo nella Bibbia numerosi ammonimenti:
“Gli
agnelli ti forniscono le vesti,
I
capretti ti pagano il campo;
Il
latte delle capre può bastare e nutrirti,
Al
necessario della tua famiglia,
Al
mantenimento delle tue serve”(Proverbi, 27, 27)
La
ricchezza delle Nazioni è ora basata più che sulle
risorse sul know how
“Chi
produce un oggetto, lo fa…perché altri possano usarne
dopo aver pagato il giusto prezzo, stabilito di comune
accordo, mediante una libera trattativa”
Questo passo dà lo spunto a varie considerazioni:
1)
Si stabilisce il principio secondo il quale il valore
di un oggetto non è determinato dal lavoro in esso
contenuto e che pertanto viene meno tutto il castello
della teoria del plusvalore. Marx sosteneva infatti
che il maggior valore dell’oggetto era determinato
dallo sfruttamento del lavoratore, che non aveva
percepito il giusto salario.
2)
Il giusto prezzo di cui si parla nell’Enciclica è un
concetto introdotto da San Tommaso, che parla appunto
di justum pretium.
3)
C’è una obiettiva discordanza tra comune accordo e
libera trattativa. A meno che non si voglia alludere
ad un comune accordo di produttori che firmano un
cartello, altrimenti si va sempre all’oscillazione
fra domanda ed offerta.
4)La
libera trattativa è su base morale, o si fonda solo su
quella economica? Quali possibilità di intervento ha
il più debole?
Purtroppo, il più debole soccombe in questa logica e
così le economie del Terzo Mondo stentano a
decollare.
Pochi Paesi ben attrezzati riescono a rifornire il
resto del mondo. Ecco, questo è il dramma del
ventesimo secolo. L’uomo – comunque- deve avere la
“possibilità di sopravvivere” I debiti dei Paesi
poveri vanno annullati o ridotti. .Non si deve
spingere alla disperazione intere popolazioni. “ Si
chiede una concertazione mondiale per lo sviluppo”.
Gli investimenti in altri Paesi possono essere decisi
più che su un metro di mero guadagno, sulla
possibilità di offrire lavoro. Secondo l'Enciclica i
fattori di produzione attraverso i tempi sono stati:
la terra, il capitale, oggi l'uomo stesso. E
dall'armonico gruppo di uomini nasce l'impresa, coi
suoi rischi e i suoi problemi.
Ma
non ci sono imprese da per tutto. C'è ancora troppa
gente che vive ai margini e che non vi può accedere.
Bisogna inoltre rilevare che quei due fattori di cui
si diceva avanti - terra e capitale - sono ancora
presenti in forme abnormi in varie parti del globo.
Secondo me queste povertà di oggi sono peggiori di
quelle dei decenni addietro: perché questi popoli
sanno e vedono attraverso la televisione cos'è la
società del benessere. E perciò la loro umiliazione è
ancora più profonda.
L'impegno è per una società in cui ci sia libertà di
lavoro, di impresa e di partecipazione. L'esperienza
socialista è venuta meno alle aspettative delle masse
ed ha creato invece un capitalismo di Stato, con
pochi privilegiati.
Nell'impresa è riconosciuto il profìtto. Questo però
non deve essere a discapito di chi vi presta lavoro.
L'impresa è una comunità di uomini. Potremmo
aggiungere: è come una famiglia, con interessi ed
affetti comuni.
L'imprenditore accorto sa bene che deve dare una
sicurezza e continuità di lavoro, deve offrire tutta
la sua dedizione per cogliere frutti a favore di
tutti. Anche in questo caso l'egoismo non paga: “Il
re giusto rialza lo Stato, l'uomo avaro lo distrugge”.
(Proverbi 29, 4).
L'imprenditore deve avere sempre una parola di
conforto verso il collaboratore che ha un momento
difficile. Deve essere in grado di gioire con lui,
deve essere pronto ad aiutarlo. Questo è spirito
aziendale, che non è scritto in nessun contratto di
lavoro, che esula dalle fredde analisi dei costi, ma
che - laddove esiste - rappresenta il vero tesoro e
il sicuro successo.
È
una "catena di solidarietà" che si estende a tutti
gli altri. Il mondo è attraversato dal "fenomeno del
consumismo". Il Papa ritiene urgente” una grande
opera educativa e culturale”. Ma i produttori sono
quasi dei lupi famelici che si buttano sulle predi.
Spesso hanno impostato le loro ricerche di mercato
sollecitando altri consumi ed appetiti.
Ne
consegue una frustrazione di chi non può accedere a
tali richiami. E quindi scatta la molla perversa del
tutto e subito. Chi non ha dovrebbe crearsi una scala
di priorità, senza buttarsi in una mischia edonistica.
Ma
anche chi ha non sa limitarsi e il consumismo divora
tutti. Esempi perniciosi sono droga e pornografia
L'uomo deve cercare di salvare l'ambiente, ma ancor
più salvaguardare le condizioni morali di un
'autentica ecologia umana. per dove vive il tempo del
lavoro e del riposo. La base di ogni struttura sociale
è la famiglia. Giustamente è qui che riceve le prime
attenzioni. È qui che è amato ed impara ad amare. È
qui che si forma il suo carattere. La famiglia
rappresenta la base d'una piramide ideale, dove
interagiscono interessi senza egoismi, occasioni di
lavoro e crescita umana per tutti.
STATO E CULTURA
II
Papa rileva che nella Rerum novarum per la prima
volta la Chiesa presenta l'organizzazione della
società secondo i tre poteri - legislativo, esecutivo
e giudiziario. Bisogna ricordare che l'Enciclica porta
la data del 1891. Ma ben 143 anni prima - nel 1748 -
era apparso lo Spirito delle leggi di Charles
Monte-squieu.
Perché fu necessario attendere un secolo e mezzo per
recepire il nuovo che avrebbe modificato l'ossatura
dei futuri Paesi democratici?
Papa
Giovanni Paolo II ha invece impresso un nuovo ritmo
all'impegno della Chiesa. Interpreta in tempi reali i
numerosi cambiamenti, cerca la giusta via per il terzo
millennio.
Il
marxismo/leninismo, dove è andato al potere, ha
alterato l'armonia dei tre poteri, conquista del
costituzionalismo moderno. Apparentemente c'era il
Partito che comandava, ma il vero deus ex machina di
ogni attività era il capo del Partito. Le errate
impostazioni dei piani di sviluppo, il regime
poliziesco e militaristico facevano vivere il popolo
nella ristrettezza e nell'incubo. La limitazione
delle libertà andava dal divieto di muoversi
all'interno del Paese a quello di uscire; dal divieto
di associarsi a quello di praticare un culto
.
La
Chiesa è per la democrazia, unica garante delle
libertà dell'individuo.
Ci
sono diritti che devono essere esplicitamente
riconosciuti e tutelati:
1)
Il diritto alla vita
2)
Il diritto a vivere in una famiglia unita
3)
Il diritto a cercare la verità e a vivere in essa
4)
Il diritto a partecipare al lavoro
5)
Il diritto a fondare una famiglia
Ma
non tutti i Paesi riescono a comprendere e garantire
tali diritti. Scrive il Papa: “ Le domande che si
levano dalla società a volte non sono esaminate
secondo criteri di giustizia e di moralità, ma
piuttosto secondo la forza elettorale o finanziaria
dei gruppi che le sostengono. Simili deviazioni del
costume politico col tempo generano sfiducia ed
apatia con la conseguente diminuzione della
partecipazione politica e dello spirito civico in
seno alla popolazione, che si sente danneggiata e
delusa.”
Queste parole andrebbero a lungo meditate da quanti
ritengono di rappresentare il popolo, che si sente
invece umiliato ed offeso. Lo Stato deve altresì
garantire ai suoi membri il libero svolgimento
d'attività economica.
Pertanto occorrono:
a)
garanzia della libertà individuale
b)
garanzia della proprietà
c)
moneta stabile
d)
servizi pubblici efficienti.
Lo
Stato deve intervenire per avviare sani processi di
sviluppo economico; ma la sua presenza deve essere
limitata nel tempo per non interferire nella sfera
del singolo.
Lo
Stato assistenziale non giova ad alcuno, è solo
affetto da elefantiasi burocratica, con costi enormi.
C'è,
nell'Enciclica , un appello alla cultura della
Nazione, che rappresenta il patrimonio di valori che
si tramandano. Ma questi valori devono confrontarsi
con altre culture, in un armonico sviluppo.
Una
crescita che stia attenta a chi ha più bisogno, che
non porti alla violenza, alla guerra. "Mai più la
guerra! " ha implorato il Papa durante gli
avvenimenti drammatici del Golfo Persico. Ma ancora
una volta la forza brutale ha avuto la prevalenza
sulla ragione.
L'UOMO È LA VIA DELLA CHIESA
Desidero concludere queste note con quanto scrive il
Papa verso la fine del messaggio: “ Sono persuaso,
infatti, che le religioni oggi e doma-
ni
avranno un ruolo preminente per la conservazione
della pace e per la costruzione di una società degna
dell'uomo.
D'altra parte, la disponibilità al dialogo e alla
collaborazione vale per tutti gli uomini di buona
volontà, e in particolare per le persone ed i gruppi
che hanno una specifica responsabilità nel campo
politico, economico e sociale, a livello sia
nazionale che internazionale.”
Riflettiamo su questa chiusa evitando qualsiasi alibi.
Se
riteniamo di essere uomini di buona volontà, dobbiamo
metterci a lavorare con amore e sacrificio per un
mondo in cui l'individuo possa trovare la sua dignità.
Pace
a chi non ha pace
Gioia a chi non ha gioia
Pane
a chi non ha pane |