N. 100 - Aprile 2016
(CXXXI)
I CAVALLI DI SAN MARCO
QUADRIGA DOMINI
di Federica Campanelli
Dal
1982,
in
una
sezione
dedicata
ai
simboli
del
potere
della
Serenissima,
il
Museo
di
San
Marco
conserva
un’opera
speciale,
quasi
unica,
sicuramente
tra
le
principali
attrazioni:
il
gruppo
statuario
equestre
in
bronzo
dorato
che
una
volta
campeggiava
sulla
parte
sommitale
della
facciata
della
basilica
(ora
sostituito
da
una
copia).
Ma
i
Cavalli
di
San
Marco,
così
li
si
vuole
ricordare,
hanno
dovuto
superare
un
lungo
e
insidioso
percorso
tra
terre
e
mari,
passando
da
una
città
all’altra,
da
un
sovrano
all’altro,
prima
di
fermarsi
definitivamente
e
godere
della
meritata
protezione
all’interno
di
uno
spazio
museale.
Sì,
perché,
se
da
un
lato
la
musealizzazione
è in
grado
di
accendere
sentimenti
contrastanti
in
chi
è
convinto
che
tale
pratica
snaturi
un’opera
d’arte,
dall’altro,
se
non
ci
fosse
questa
accortezza,
non
potremmo
beneficiare
della
potenza
figurativa
e
comunicatrice
di
un
manufatto
come
quello
dei
Cavalli
di
San
Marco,
raro
esempio
di
bronzistica
antica
giunto
ai
giorni
nostri
in
un
così
eccellente
stato
d’integrità.
Analogamente
a
quanto
accaduto
per
i
Tetrarchi,
i
Cavalli
sono
pervenuti
a
Venezia
da
Costantinopoli
solo
in
seguito
alla
sua
caduta
sopraggiunta
nella
primavera
del
1204,
evento
che
ha
reso
manifesto
l’ormai
secolare
scisma
politico,
sociale
e
militare
tra
Oriente
e
Occidente.
Ma
poiché
non
esistono
testimonianze
coeve
sul
dislocamento
del
gruppo
equestre
dalla
capitale
bizantina
a
quella
della
Repubblica
Veneta,
non
è
dato
conoscere
esattamente
l’anno
in
cui
questo
avvenne,
si
suppone
che
il
trasferimento
sia
stato
effettuato
tra
la
fine
del
1205
(morte
del
doge
Enrico
Dandolo)
e il
1206.
Raggiunta
Venezia,
i
Cavalli
sostarono
nell’Arsenale
fino
alla
caduta
dell'Impero
Latino
d’Oriente
(1261),
per
poi
essere
collocati
sulla
facciata
della
grandiosa
basilica
di
San
Marco.
La
prima
testimonianza
della
presenza
dei
Cavalli
nella
basilica
veneziana
è
data
dalla
decorazione
musiva
con
la
Traslazione
del
corpo
di
San
Marco
presente
sul
portale
di
Sant’Alipio.
È
datata
al
1270
circa,
ed è
l’unico
mosaico
giunto
ai
giorni
nostri
facente
parte
del
ciclo
musivo
originale
del
XIII
secolo
a
ornamento
della
facciata
basilicale.
Sulla
provenienza
dei
Cavalli,
facenti
parte
di
una
quadriga,
si è
sempre
proposto
l’ippodromo
di
Costantinopoli,
eretto
da
Costantino
sulle
rovine
del
vecchio
ippodromo
di
Bisanzio.
Circa
la
presenza
di
opere
d’arte
a
Costantinopoli
le
fonti
citano
numerosissimi
e
pregevoli
manufatti,
e
per
quanto
riguarda
l’esistenza
di
quadrighe
nel
periodo
post
costantiniano
emergono,
in
particolare,
due
esemplari:
la
quadriga
del
Milion
(il
miliario
situato
all’inizio
della
via
Mese),
poi
spostata
nell’ippodromo, e
una
quadriga
originaria
di
Chio,
presunta
opera
di
Lisippo
(IV
secolo),
poi
collocata
nell’ippodromo
sulla
torre
dei carceres per
volere
di
Teodosio
II,
imperatore
d’Oriente
dal
408
al
450.
Altre
ipotesi
sostengono,
invece,
che
i
cavalli
siano
l’ex
voto
che
i
Rodii
collocarono
a
Delfi
per
il
dio
Helios
dopo
l’assedio
del
304
a.C.
da
parte
di
Demetrio
Poliorcete,
figlio
del
generale
macedone
Antigono
I
Monoftalmo.
Il
gruppo
equestre
sarebbe
poi
sopraggiunto
a
Costantinopoli
proprio
da
Delfi,
o in
seguito
a un
intermezzo
romano.
Incerta
l’origine,
incerta
anche
l’epoca
di
realizzazione,
oscillante
tra
il
periodo
ellenistico
e
quello
romano
imperiale,
anche
se
pare
esserci
maggiore
tendenza
alla
prima
collocazione
temporale;
la
datazione
al
radiocarbonio
su
materiali
organici
residui
nella
terra
di
fonderia
ha
invece
posto
come
limite
temporale
il
II
secolo
a.C.,
ma
essendo
la
tecnica
suscettibile
di
contaminazioni
esterne
e di
tutta
un’altra
serie
di
problematiche
che
non
possono
essere
approfondite
in
questa
sede,
non
è
affatto
detto
che
riveli
un
dato
inconfutabile;
anche
l’applicazione
delle
tecniche
di
datazione
con
termoluminescenza,
estendibile
solo
in
alcuni
casi
a
materiali
non
ceramici,
non
ha
potuto
dirci
di
più
sulla
fusione
originaria
del
bronzo
di
San
Marco.
Ma
vi è
un
aspetto
squisitamente
tecnico
molto
interessante
che
riguarda
la
composizione
della
lega
bronzea
dei
Cavalli
veneziani:
questa,
infatti,
è
caratterizzata
da
un
contenuto
in
rame
elevatissimo,
circa
il
97%,
e da
una
minima
presenza
di
piombo
e
stagno,
alliganti
impiegati
nella
bronzistica
per
abbassare
la
temperatura
di
fusione
del
rame.
È
dunque
una
“lega
povera”,
che
poco
si
sposa
con
un’eventuale
datazione
romana;
è
difatti
noto
che
i
Romani,
rispetto
ai
Greci
per
esempio,
prediligessero
leghe
a
maggiori
tenori
di
piombo,
il
quale,
oltre
ad
abbassare
i
costi
di
produzione,
conferisce
alla
miscela
elevata
fluidità,
rendendola
quindi
facilmente
colabile.
Come
per
molte
opere
scultoree
in
bronzo
di
grandi
dimensioni,
la
tecnica
di
esecuzione
del
gruppo
equestre
è la
fusione
a
cera
persa,
in
questo
caso
secondo
il
metodo
indiretto,
che
permette
la
replicabilità
dell’opera
grazie
alla
creazione
di
un
modello negativo a tasselli
(ogni
cavallo
di
San
Marco
è
stato
ottenuto
da
almeno
dieci
pezzi
di
fusione,
tra
cui
zampe,
coda,
il
sistema
testa-collo,
arcata
dentaria
inferiore,
morso,
tronco,
e
altri
elementi).
Questo
procedimento,
che
compare
a
partire
dal
III
secolo
a.C.,
permette
di
ovviare
al
problema
della
perdita
irreversibile
del
modello
in
cera,
previsto,
invece,
dal
classico
metodo
diretto.
Ma
torniamo
alla
storia
dei
quattro
equini
bronzei
dallo
sguardo
triste:
dopo
oltre
500
anni
dalla
collocazione
della
quadriga
sulla
facciata
di
San
Marco,
quale
simbolo
splendente
della
magnificenza
della
Serenissima,
nel
1797,
caduta
la
Repubblica,
l’opera
subì
l’ennesimo
trasferimento
per
mano
dei
francesi
di
Napoleone,
che
in
quell’occasione
procedettero
a
sistematiche
razzie.
I
Cavalli
vennero
condotti
a
Parigi,
Napoleone
li
volle
a
ornamento
dell’arco
trionfale
del
Carrousel,
la
cui
costruzione
iniziò
nel
1806.
Dopo
il
Congresso
di
Vienna
si
procedette
al
recupero
delle
centinaia
di
opere
trafugate
durante
le
campagne
napoleoniche
(operazione
mai
del
tutto
portata
a
termine)
e il
13
dicembre
1815
i
Cavalli
bronzei
poterono
finalmente
tornare
nelle
mani
dei
loro
originali
predoni,
a
Venezia,
ora
facente
parte
del
regno
Lombardo-Veneto.
Qualche
intervento
di
restauro
e i
bronzi
tornarono
ancora
a
splendere
sulla
facciata
di
San
Marco,
dove
vi
rimasero
(fatta
eccezione
dei
grandi
conflitti
mondiali)
fino
agli
anni
’70
del
Novecento,
per
poi
essere
musealizzati
nel
1982.
Che
esistenza
travagliata.
.
Gli
originali
esemplari
bronzei
sulla
basilica
di
San
Marco
in
una
foto
di
Carlo
Naya
(fine
XIX
secolo)