moderna
Le cause finanziarie della Rivoluzione
francese
una
società
da
riformare
di Enrico Targa
Alla
fine del Settecento la corona francese,
a seguito della sconfitta nella Guerra
dei Sette anni e da anni di malgoverno e
speculazione finanziaria sui titoli di
stato, si trovò in gravi difficoltà
economiche. A seguito della nomina a
primo ministro di Jean-Frédéric
Phélypeaux de Maurepas, Luigi XVI scelse
come controllore generale delle finanze
un allievo del grande economista
fisiocratico Quesnay, Anne Robert
Jacques Turgot (rimase in carica dal 20
luglio 1774 - 12 maggio 1776) autore
dell’importante opera, edita nel 1760,
Réflexions sur la formation et la
distribution des richesses.
Di fronte a una situazione finanziaria
disperata, Turgot ordinò che, da quel
momento in poi, tutte le spese
dipartimentali non potevano essere
erogate senza il consenso del
controllore generale delle finanze e
abolì, dietro pagamento, molti degli
uffici inutili e improduttivi di origine
medievale chiamati sinecure. Fece
personalmente appello al re per
annullare le generose pensioni di corte
che gravavano pesantemente sul bilancio
statale.
Per prima cosa riformò la gestione
finanziaria e contabile della Ferme
Générale, stilò un bilancio di
previsione delle spese dello stato e nel
settembre del 1783 ottenne dal re,
nonostante la contrarietà del Consiglio
Reale, la firma alla legge che
liberalizzò il commercio interno dei
grani. Turgot riuscì a ridurre
considerevolmente il disavanzo
migliorando il credito nazionale, poco
prima della sua caduta avvenuta nel
1776, lo Stato poté ottenere prestiti a
tassi agevolati al 4%.
Il deficit rimase molto elevato tanto da
non consentirgli di attuare la più
ambiziosa delle sue riforme, la
sostituzione delle imposte indirette con
un’imposta generale sugli immobili.
Oltre alle opposizioni dei Pari e dei
nobili una crisi agricola scaturita dal
cattivo raccolto del 1774 causò un forte
rincaro del pane durante tutto l’inverno
1774 e la primavera del 1775: ad aprile
scoppiarono disordini a Digione e,
all’inizio di maggio, si verificarono
grandi sollevazioni note come la “Guerra
dei pasti” che anticipavano le sommosse
sociali scaturite nel corso della
Rivoluzione francese.
Turgot mostrò grande fermezza e un alto
spirito decisionale ottenendo la
registrazione dei decreti (oltre a
liberalizzare il commercio dei grani
prevedevano la soppressione delle
corporazioni d’arti e mestieri e delle
corvées per la costruzione e
manutenzione delle strade) grazie
all’appoggio del re ma nel maggio 1776
le opposizioni sollevate da tutti questi
provvedimenti, in particolare la nobiltà
di corte e i fermiers sostenuti
dalla regina Maria Antonietta e dalla
sua favorita la principessa di Lamballe,
ebbero la meglio: il ministro
riformatore fu costretto a dimettersi da
una carica che egli aveva occupato per
meno di due anni e i suoi provvedimenti
furono, per la maggior parte, revocati.
Ritiratosi nella quiete dei suoi studî
Turgot morì cinque anni dopo.
Altrettanto ambiziose furono le riforme
portate avanti dal controllore generale
delle finanze Jacques Necker (29 giugno
1777-19 maggio 1781) comunque contrario
alla politica di libera circolazione dei
grani voluta da Turgot. Fermo
sostenitore dell’intervento dello Stato
nell’economia Necker riformò il sistema
assistenziale francese: con un editto
del 1780 autorizzò la vendita dei beni
immobili degli ospedali e spinse tali
enti a investire i proventi delle
vendite nell’acquisto dei titoli di
stato dato che lo Stato era impegnato a
finanziare le colonie americane nella
guerra d’indipendenza contro la
monarchia britannica.
Per sovvenzionare l’ingente spesa
introdusse il principio di trasparenza
nella gestione finanziaria del bilancio
pubblico tramite l’istituzione delle
assemblee provinciali preposte alla
distribuzione e riscossione delle tasse,
alla direzione dei lavori per la
costruzione di strade ed erano investite
del potere di presentare gli interessi
delle singole province. Non mancarono
massicci tagli alla spesa: pensioni,
rendite subirono drastici ritocchi al
ribasso e la stessa Camera del re fu
completamente riorganizzata.
I suoi tentativi di riformare
l’amministrazione gli valsero l’ostilità
dei ceti privilegiati, che imposero al
re il suo allontanamento, nonostante il
favore popolare venutogli dalla
pubblicazione del Compte rendu au roy
(1781), denunciò la situazione
finanziaria dello stato e i responsabili
degli sprechi, in cui svelò la paurosa
crisi delle finanze francesi e non senza
certo dottrinario demagogismo indicò con
la cruda e un po’ semplicistica realtà
delle cifre i colpevoli.
Il 3 novembre 1783, dopo il disastroso
fallimento del ministero di Ormesson la
carica passò a Charles-Alexandre de
Calonne che a differenza del suo
predecessore, per prima cosa, aumentò i
capitali della Caisse d’écompte e creò
un nuovo fondo di affondamento che
avrebbe rimborsato 1.264 milioni di
debiti dello Stato in 25 anni su un
totale di 2.800 milioni, concesse lo
stato di porto franco ai porti di
Lorient, Bayonne e Saint-Jean-de-Luz,
nel 1785 riformò il sistema monetario in
modo da frenare la speculazione
sull’oro, raddoppiò il capitale
disponibile della Compagnia delle Indie
Orientali e impose un forte controllo
sui dividendi della Caisse d’Escompte.
Il 26 settembre 1786 fece pressioni sul
re il re affinché approvasse un trattato
commerciale con l’Inghilterra volto a
liberalizzare il commercio tra i due
paesi ma il deficit pubblico rimase
troppo alto e di conseguenza gli
investitori rifiutarono di concedere
ulteriori crediti alla corona.
Calonne non si perse d’animo e propose
una serie di progetti (18 memoriali)
volti al risanamento finanziario: la
creazione di una “sovvenzione
territoriale” pagabile da tutti senza
distinzione di ceto e proporzionale al
reddito fondiario (sostituì il ventesimo
dal quale erano esentati il clero e la
nobiltà), l’istituzione di assemblee
provinciali e municipali, la
riscattabilità delle rendite dovute agli
ecclesiastici e infine l’alleviamento
delle gabelle.
Per discutere la riforma il re, il 22
febbraio 1787, convocò l’Assemblée
des notables la quale comprendeva:
principi di sangue, sette arcivescovi,
sette vescovi, sei duchi e pari, sei
duchi non pari, otto marescialli di
Francia, amministratori, parlamentari,
deputati dei paesi di stati, i
rappresentanti dei corpi di città dei
più grandi centri del regno per un
totale di 157 persone. L’assemblea
respinse i 18 memoriali (nonostante le
proteste di numerosi libellisti
portavoce del Terzo Stato esclusi dalle
sedute) perché riteneva illegittimo il
principio dell’equità fiscale.
Il 1° maggio 1787 con la nomina a primo
ministro del cardinale Étienne-Charles
de Loménie de Brienne, salito al potere
grazie all’appoggio della regina Maria
Antonietta, Calonne fu sostituito da
Michel Bouvard de Fourqueux.
Una volta al potere Brienne, mise fine
alle grandi speculazioni del mercato
azionario, poi riuscì a far decretare i
registri del Parlamento di Parigi che
istituivano il libero scambio
all’interno del paese e prevedevano
l’istituzione di assemblee provinciali e
il riscatto di faccende. Quando i
parlamentari si rifiutano di registrare
i decreti che propone di applicare
all’imposta di bollo e alla nuova tassa
generale sulla proprietà, persuade Luigi
XVI a mantenere un letto di giustizia
per costringerli a farlo.
Il 18 agosto 1787, i parlamentari furono
esiliati a Troyes e richiamati a Parigi
solo dopo aver accettato l’estensione
l’imposta diretta a tutte le forme di
reddito. Un nuovo tentativo di forzare
il parlamento a registrare un decreto
che autorizza un prestito di 120 milioni
di sterline incontrò un’opposizione
determinata.
La lotta del Parlamento contro la
politica di Brienne termina l’8 maggio:
accettò le proprie dimissioni, ma a
condizione che gli Stati generali siano
convocati per porre rimedio ai disordini
dello Stato. Brienne, che nel frattempo
era stato nominato arcivescovo di Sens,
si trovò quindi di fronte a
un’opposizione quasi generale. Dietro
numerose pressioni fu costretto a
sospendere la corte plenaria che
intendeva sostituire il parlamento, ma
nonostante queste concessioni il 25
agosto 1788 dovette ritirarsi, lasciando
il tesoro pubblico in grave deficit.
Il 25 agosto 1788 il re diede nuovamente
l’incarico Necker, il quale aveva già
espresso ampie critiche all’opera di
riforma varata da Calonne (contenute
nello scritto De l’administration des
finances de France datato
1784), nel ruolo di controllore generale
delle finanze, ma inviso nuovamente
dalla corte fu costretto a dimettersi
l’11 luglio 1789 e dalle proteste per il
suo allontanamento (il che dimostrava
l’indisposizione del re alle riforme
avanzate dal Terzo Stato durante le
sessioni degli Stati Generali) scoppiò
la rivolta popolare culminata con la
presa e conseguente distruzione della
Bastiglia.
Riferimenti bibliografici:
Jacques Ellul, Storia delle
istituzioni politiche, volume 3,
Mursia, Milano 1976.
Ronald L. Meek, Precursori di Adam
Smith, Il Mulino, Bologna 1978.
Étienne-Charles de Loménie de Brienne,
in Dizionario di storia, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, 2010.
Storia economica di Cambridge,
Economia e società in Europa nell’età
moderna, Einaudi, Torino 1976. |