[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 150 / GIUGNO 2020 (CLXXXI)


moderna

Le cause finanziarie della Rivoluzione francese

una società da riformare

di Enrico Targa

 

Alla fine del Settecento la corona francese, a seguito della sconfitta nella Guerra dei Sette anni e da anni di malgoverno e speculazione finanziaria sui titoli di stato, si trovò in gravi difficoltà economiche. A seguito della nomina a primo ministro di Jean-Frédéric Phélypeaux de Maurepas, Luigi XVI scelse come controllore generale delle finanze un allievo del grande economista fisiocratico Quesnay, Anne Robert Jacques Turgot (rimase in carica dal 20 luglio 1774 - 12 maggio 1776) autore dell’importante opera, edita nel 1760, Réflexions sur la formation et la distribution des richesses.

 

Di fronte a una situazione finanziaria disperata, Turgot ordinò che, da quel momento in poi, tutte le spese dipartimentali non potevano essere erogate senza il consenso del controllore generale delle finanze e abolì, dietro pagamento, molti degli uffici inutili e improduttivi di origine medievale chiamati sinecure. Fece personalmente appello al re per annullare le generose pensioni di corte che gravavano pesantemente sul bilancio statale.

 

Per prima cosa riformò la gestione finanziaria e contabile della Ferme Générale, stilò un bilancio di previsione delle spese dello stato e nel settembre del 1783 ottenne dal re, nonostante la contrarietà del Consiglio Reale, la firma alla legge che liberalizzò il commercio interno dei grani. Turgot riuscì a ridurre considerevolmente il disavanzo migliorando il credito nazionale, poco prima della sua caduta avvenuta nel 1776, lo Stato poté ottenere prestiti a tassi agevolati al 4%.

 

Il deficit rimase molto elevato tanto da non consentirgli di attuare la più ambiziosa delle sue riforme, la sostituzione delle imposte indirette con un’imposta generale sugli immobili. Oltre alle opposizioni dei Pari e dei nobili una crisi agricola scaturita dal cattivo raccolto del 1774 causò un forte rincaro del pane durante tutto l’inverno 1774 e la primavera del 1775: ad aprile scoppiarono disordini a Digione e, all’inizio di maggio, si verificarono grandi sollevazioni note come la “Guerra dei pasti” che anticipavano le sommosse sociali scaturite nel corso della Rivoluzione francese.

 

Turgot mostrò grande fermezza e un alto spirito decisionale ottenendo la registrazione dei decreti (oltre a liberalizzare il commercio dei grani prevedevano la soppressione delle corporazioni d’arti e mestieri e delle corvées per la costruzione e manutenzione delle strade) grazie all’appoggio del re ma nel maggio 1776 le opposizioni sollevate da tutti questi provvedimenti, in particolare la nobiltà di corte e i fermiers sostenuti dalla regina Maria Antonietta e dalla sua favorita la principessa di Lamballe, ebbero la meglio: il ministro riformatore fu costretto a dimettersi da una carica che egli aveva occupato per meno di due anni e i suoi provvedimenti furono, per la maggior parte, revocati. Ritiratosi nella quiete dei suoi studî Turgot morì cinque anni dopo.

 

Altrettanto ambiziose furono le riforme portate avanti dal controllore generale delle finanze Jacques Necker (29 giugno 1777-19 maggio 1781) comunque contrario alla politica di libera circolazione dei grani voluta da Turgot. Fermo sostenitore dell’intervento dello Stato nell’economia Necker riformò il sistema assistenziale francese: con un editto del 1780 autorizzò la vendita dei beni immobili degli ospedali e spinse tali enti a investire i proventi delle vendite nell’acquisto dei titoli di stato dato che lo Stato era impegnato a finanziare le colonie americane nella guerra d’indipendenza contro la monarchia britannica.

 

Per sovvenzionare l’ingente spesa introdusse il principio di trasparenza nella gestione finanziaria del bilancio pubblico tramite l’istituzione delle assemblee provinciali preposte alla distribuzione e riscossione delle tasse, alla direzione dei lavori per la costruzione di strade ed erano investite del potere di presentare gli interessi delle singole province. Non mancarono massicci tagli alla spesa: pensioni, rendite subirono drastici ritocchi al ribasso e la stessa Camera del re fu completamente riorganizzata.

 

I suoi tentativi di riformare l’amministrazione gli valsero l’ostilità dei ceti privilegiati, che imposero al re il suo allontanamento, nonostante il favore popolare venutogli dalla pubblicazione del Compte rendu au roy (1781), denunciò la situazione finanziaria dello stato e i responsabili degli sprechi, in cui svelò la paurosa crisi delle finanze francesi e non senza certo dottrinario demagogismo indicò con la cruda e un po’ semplicistica realtà delle cifre i colpevoli.

 

Il 3 novembre 1783, dopo il disastroso fallimento del ministero di Ormesson la carica passò a Charles-Alexandre de Calonne che a differenza del suo predecessore, per prima cosa, aumentò i capitali della Caisse d’écompte e creò un nuovo fondo di affondamento che avrebbe rimborsato 1.264 milioni di debiti dello Stato in 25 anni su un totale di 2.800 milioni, concesse lo stato di porto franco ai porti di Lorient, Bayonne e Saint-Jean-de-Luz, nel 1785 riformò il sistema monetario in modo da frenare la speculazione sull’oro, raddoppiò il capitale disponibile della Compagnia delle Indie Orientali e impose un forte controllo sui dividendi della Caisse d’Escompte.

 

Il 26 settembre 1786 fece pressioni sul re il re affinché approvasse un trattato commerciale con l’Inghilterra volto a liberalizzare il commercio tra i due paesi ma il deficit pubblico rimase troppo alto e di conseguenza gli investitori rifiutarono di concedere ulteriori crediti alla corona.

 

Calonne non si perse d’animo e propose una serie di progetti (18 memoriali) volti al risanamento finanziario: la creazione di una “sovvenzione territoriale” pagabile da tutti senza distinzione di ceto e proporzionale al reddito fondiario (sostituì il ventesimo dal quale erano esentati il clero e la nobiltà), l’istituzione di assemblee provinciali e municipali, la riscattabilità delle rendite dovute agli ecclesiastici e infine l’alleviamento delle gabelle.

 

Per discutere la riforma il re, il 22 febbraio 1787, convocò l’Assemblée des notables la quale comprendeva: principi di sangue, sette arcivescovi, sette vescovi, sei duchi e pari, sei duchi non pari, otto marescialli di Francia, amministratori, parlamentari, deputati dei paesi di stati, i rappresentanti dei corpi di città dei più grandi centri del regno per un totale di 157 persone. L’assemblea respinse i 18 memoriali (nonostante le proteste di numerosi libellisti portavoce del Terzo Stato esclusi dalle sedute) perché riteneva illegittimo il principio dell’equità fiscale.

 

Il 1° maggio 1787 con la nomina a primo ministro del cardinale Étienne-Charles de Loménie de Brienne, salito al potere grazie all’appoggio della regina Maria Antonietta, Calonne fu sostituito da Michel Bouvard de Fourqueux.

 

Una volta al potere Brienne, mise fine alle grandi speculazioni del mercato azionario, poi riuscì a far decretare i registri del Parlamento di Parigi che istituivano il libero scambio all’interno del paese e prevedevano l’istituzione di assemblee provinciali e il riscatto di faccende. Quando i parlamentari si rifiutano di registrare i decreti che propone di applicare all’imposta di bollo e alla nuova tassa generale sulla proprietà, persuade Luigi XVI a mantenere un letto di giustizia per costringerli a farlo.

 

Il 18 agosto 1787, i parlamentari furono esiliati a Troyes e richiamati a Parigi solo dopo aver accettato l’estensione l’imposta diretta a tutte le forme di reddito. Un nuovo tentativo di forzare il parlamento a registrare un decreto che autorizza un prestito di 120 milioni di sterline incontrò un’opposizione determinata.

 

La lotta del Parlamento contro la politica di Brienne termina l’8 maggio: accettò le proprie dimissioni, ma a condizione che gli Stati generali siano convocati per porre rimedio ai disordini dello Stato. Brienne, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Sens, si trovò quindi di fronte a un’opposizione quasi generale. Dietro numerose pressioni fu costretto a sospendere la corte plenaria che intendeva sostituire il parlamento, ma nonostante queste concessioni il 25 agosto 1788 dovette ritirarsi, lasciando il tesoro pubblico in grave deficit.

 

Il 25 agosto 1788 il re diede nuovamente l’incarico Necker, il quale aveva già espresso ampie critiche all’opera di riforma varata da Calonne (contenute nello scritto De l’administration des finances de France datato 1784), nel ruolo di controllore generale delle finanze, ma inviso nuovamente dalla corte fu costretto a dimettersi l’11 luglio 1789 e dalle proteste per il suo allontanamento (il che dimostrava l’indisposizione del re alle riforme avanzate dal Terzo Stato durante le sessioni degli Stati Generali) scoppiò la rivolta popolare culminata con la presa e conseguente distruzione della Bastiglia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Jacques Ellul, Storia delle istituzioni politiche, volume 3, Mursia, Milano 1976.

Ronald L. Meek, Precursori di Adam Smith, Il Mulino, Bologna 1978.

Étienne-Charles de Loménie de Brienne, in Dizionario di storia, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2010.

Storia economica di Cambridge, Economia e società in Europa nell’età moderna, Einaudi, Torino 1976.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]