N. 88 - Aprile 2015
(CXIX)
cattolici e unità d’Italia
I limiti della celebre enciclopedia online
di Cristian Usai
Il
presente
lavoro
intende
mostrare
come
utilizzare
la
fonte
Wikipedia
per
una
ricerca
storica
utilizzando
la
metodologia
suggerita
dal
professor
Sergio
Luzzatto
in
Prima
lezione
di
metodo
storico.
Nella
fattispecie,
la
domanda
–
ipotesi
alla
quale
la
ricerca
intende
dare
risposta
è:
“La
Chiesa
e i
cattolici,
furono
realmente
contrari
al
processo
di
unificazione
nazionale
in
quanto
tale,
e
ancor
oggi,
gli
stessi
soggetti
debbono
considerare
l’Unità
d’Italia
un
evento
storico
insensato
e
contrario
ai
dettami
della
fede
cattolica”?.
Chi
scrive
ha
imposto
a se
stesso
la
sola
consultazione
delle
pagine
di
Wikipedia
relativamente
al
tema
in
argomento,
con
l’eccezione
del
summenzionato
testo
del
professor
Luzzatto,
di
un
paper
del
professor
Marco
Impagliazzo
relativo
al
rapporto
tra
Chiesa
e
Unità
d’Italia
e
degli
scritti
di
Mauro
Leonardo
e di
E.
Renan,
riguardo
al
concetto
di
nazione.
Come
si
può
notare,
dall’elenco
bibliografico
e
sitografico
in
calce,
i
libri
utilizzati
sono
due
trattati,
rispettivamente
di
Metodologia
della
ricerca
storica
e di
Filosofia,
ergo
non
si è
ritenuto
opportuno
classificarle.
Le
pagine
Wikipedia
consultate,
disponibili
sul
web,
rappresentano
fonti
elettroniche
secondarie
e
intenzionali,
finalizzate
alla
divulgazione.
Ognuna
di
tali
pagine
è
già
paragrafata
e
non
si è
ritenuto
necessario
procedere
alla
schematizzazione,
le
informazioni
riguardanti
il
periodo
storico
trattato
sono
palesi
e
saranno
argomentate
nella
discussione.
Per
quanto
concerne
l’utilizzo
della
"fonte" Wikipedia,
è
stata
seguita
la
seguente
metodologia:
si è
esordito
copiando
alcune
parti
delle
varie
voci
di
Wikipedia
citando
la
fonte,
laddove
non
è
stato
possibile
verificare
l’attendibilità
della
voce,
si è
“scaricata
la
responsabilità”
dell’eventuale
inattendibilità
su
Wikipedia,
o si
è
scelto
di
non
riportare
la
parte
interessata.
Le
voci
di
Wikipedia
riguardanti
la
storia,
sono
meno
“affidabili”
di
quelle
di
carattere
scientifico.
Tendenzialmente
Wikipedia
è
anarcoide-liberale
e
populista;
le
sue
informazioni
sono
accessibili
a
chiunque
senza
il
filtro
di
alcuna
metodologia
di
ricerca
e
senso
critico.
Ciò
porta
alla
produzione
di
una
miriade
di
errori
che
si
ripercuotono
nei
risultati
di
una
eventuale
ricerca
storica
condotta
con
l’ausilio
di
questa
fonte.
Alcuni
errori
potrebbero
essere
inseriti
volutamente
da
chi
intende
divenire
amministratore
di
Wikipedia.
Stante
il
target
di
utenti
di
Wikipedia,
disinteressato
alla
verifica
dell’attendibilità
dei
contenuti,
taluni
gruppi
di
potere
immettono
informazioni
viziate
di,
ideologia
e
propaganda.
Dall’esame
delle
pagine
Wikipedia
inerenti
al
tema
in
argomento
si
evince
che
la
Chiesa,
per
ordine
del
Card.
Antonelli,
avrebbe
ordinato
ai
soldati
svizzeri,
di
saccheggiare
la
città
di
Perugia,
allo
scopo
di
ripristinare
i
confini
precedenti,
il
1859.
Quest’affermazione
non
è
suffragata
da
alcuna
fonte.
Wikipedia,
inoltre,
non
scrive
nulla
circa
il
concetto
di
nazione
e
sul
fatto
che
Pio
IX,
come
i
suoi
predecessori,
non
era
contrario
all’unificazione
nazionale,
anzi
aveva
sempre
incarnato
il
sentimento
di
italianità.
Tale
atteggiamento
in
seno
al
papato
risale
a
Gregorio
Magno.
Pio
IX,
assunse
un
atteggiamento
intransigente
di
fronte
alla
violenza
subita
da
parte
dei
Savoia
che
con
la
forza
giunsero
a
realizzare
un
progetto
(l’unità
nazionale)
giusto
e
auspicato
da
secoli.
Wikipedia
commette
insomma
lo
stesso
errore
di
quei
cattolici
che,
ancora
oggi,
definendosi
tradizionalisti,
ignorano
il
fatto
che
la
nazione
italiana
(secondo
l’accezione
di
Renan)
già
esisteva
e
che
Pio
IX,
come
politico,
era
assai
scarso
e
non
si
rese
conto
che
con
la
caduta
definitiva
dell’ancien
régime,
la
Chiesa
sarebbe
divenuta
più
libera
di
gestire
la
sua
missione
(vedere
investitura
Vescovi).
Le
lacune
di
Wikipedia
di
cui
sopra,
mostrano
una
fotografia
della
cultura
secolarizzata
e
atea,
che
tende,
volutamente
a
dipingere
la
Chiesa,
come
un’entità
contraria
a
qualsiasi
tipo
di
progresso:
politico,
sociale,
scientifico.
Il
tema
in
argomento,
impone
una
definizione
del
concetto
di
nazione.
È
arduo
fornire
una
definizione
compiuta
di
che
cosa
sia
una
nazione;
innanzitutto
perché
fin
dal
sorgere
di
quest’idea
si è
richiamata
l'attenzione
sul
fatto
che
ogni
nazione
ha
proprie
caratteristiche
specifiche,
legate
alla
cultura,
alla
storia,
alla
geografia,
che
non
possono
essere
ricondotte
a un
concetto
generale.
Tantomeno
è
possibile
individuare
un
solo
e
univoco
fattore
che
possa
definire
l’esistenza
di
una
nazione,
sia
che
si
tratti
di
componenti
linguistiche,
etniche,
o
religiose.
Lo
storico
francese
Ernest
Renan
(1823-92),
studioso
del
cristianesimo
e
filologo
che
può
essere
considerato
uno
dei
padri
della
moderna
critica
storico-religiosa,
indica
nella
convergenza
di
molteplici
e
differenziati
elementi
la
causa
storica
del
sorgere
delle
nazioni
e
specifica
come
le
ragioni
della
loro
esistenza
si
possano
ricondurre
alla
volontà
dei
gruppi
sociali
di
unirsi
per
un
determinato
interesse,
cioè
quello
che
lo
stesso
Renan
chiama
«il
plebiscito
di
ogni
giorno».
Secondo
Renan,
l’oblìo,
e
persino
l’errore
storico,
costituiscono
un
fattore
essenziale
nella
creazione
di
una
nazione,
ed è
per
questo
motivo
che
il
progresso
degli
studi
storici
rappresenta
spesso
un
pericolo
per
le
nazionalità.
La
ricerca
storica,
infatti,
riporta
alla
luce
i
fatti
di
violenza
che
hanno
accompagnato
l’origine
di
tutte
le
formazioni
politiche,
anche
di
quelle
le
cui
conseguenze
sono
state
benefiche:
l’unità
si
realizza
sempre
in
modo
brutale;
l’unificazione
della
Francia
del
nord
e
della
Francia
del
sud
è
stata
il
risultato
di
uno
sterminio
e di
un
terrore
durato
ininterrottamente
per
quasi
un
secolo
[...].
Queste
grandi
leggi
della
storia
diventano
percepibili
per
contrasto.
Molti
paesi
hanno
fallito
nell’impresa
che
il
re
di
Francia
ha
condotto
a
termine
in
modo
così
ammirevole,
in
parte
attraverso
la
tirannide,
in
parte
attraverso
la
giustizia.
Sotto
la
corona
di
Santo
Stefano,
i
magiari
e
gli
slavi
sono
rimasti
distinti
quanto
lo
erano
ottocento
anni
fa.
Lungi
dal
fondere
i
diversi
elementi
dei
propri
domini,
la
casa
d’Asburgo
li
ha
tenuti
distinti
e
spessi
posti
gli
uni
contro
gli
altri.
In
Boemia,
l’elemento
ceco
e
l’elemento
tedesco
sono
sovrapposti
come
l’olio
e
l’acqua
in
un
bicchiere.
La
politica
turca
della
separazione
delle
nazionalità
in
base
alla
religione
ha
avuto
conseguenze
ben
più
gravi:
ha
causato
la
rovina
dell’Oriente.
Si
prenda
a
esempio
una
città
come
Salonicco
o
come
Smirne:
vi
si
trovano
cinque
o
sei
comunità,
ognuna
delle
quali
ha i
propri
ricordi,
ma
che
non
hanno
quasi
niente
in
comune.
Ora
l’essenza
di
una
nazione
sta
nel
fatto
che
tutti
i
suoi
individui
condividano
un
patrimonio
comune,
ma
anche
nel
fatto
che
tutti
abbiano
dimenticato
molte
altre
cose.
Nessun
cittadino
francese
sa
se è
burgundo,
alano
o
visigoto;
ogni
cittadino
francese
deve
aver
dimenticato
la
notte
di
san
Bartolomeo,
i
massacri
del XIII
secolo
nel
sud.
In
Francia
non
ci
sono
dieci
famiglie
in
grado
di
fornire
la
prova
di
un’origine
franca,
e
inoltre
una
tale
prova
sarebbe
fondamentalmente
difettosa,
a
causa
dei
mille
incroci
sconosciuti
che
possono
fuorviare
tutte
le
teorie
dei
genealogisti.
La
nazione
moderna
è
dunque
un
risultato
storico
prodotto
da
una
serie
di
fatti
convergenti
nella
stessa
direzione.
A
volte
l’unità
è
stata
realizzata
da
una
dinastia,
come
nel
caso
della
Francia;
talora
dalla
diretta
volontà
delle
province,
come
nel
caso
dell’Olanda,
della
Svizzera,
del
Belgio;
talaltra
da
un
generale
moto
degli
spiriti,
che
si
impone
tardivamente
sui
capricci
della
feudalità,
come
nel
caso
dell’Italia
e
della
Germania.
Una
profonda
ragion
d’essere
ha
sempre
presieduto
a
queste
formazioni.
In
casi
del
genere,
i
princìpi
si
fanno
luce
in
mezzo
alle
sorprese
più
inaspettate.
Wikipedia,
descrive
il Risorgimento come
il
riferimento
storiografico
al
periodo
della storia
d'Italia durante
il
quale
la penisola
italiana conseguì
la
propria unità
nazionale,
riunendo
in
un
solo
Stato –
il
Regno
d'Italia –
gli Stati
preunitari.
Per
indicare
questo
processo
storico
si
usa
anche
la locuzione "Unità
d'Italia".
Il
termine,
che
designa
anche
il
movimento
culturale,
politico
e
sociale
che
promosse
l'unificazione,
richiama
gli
ideali romantici, nazionalisti e patriottici di
una
rinascita
italiana
attraverso
il
raggiungimento
di
un'identità
unitaria
che,
pur
affondando
le
sue
radici
antiche
nel periodo
romano, aveva
subito
un
brusco
arresto
a
partire
dalla
seconda
metà
del
VI
secolo a
seguito
dell'invasione longobarda.
Su
Pio
IX,
invece
e
sul
suo
rapporto
con
l’Unità
d’Italia,
scrive
quanto
segue:
"Pio
IX
si
trovò
a
gestire
il
momento
storico
della
nascita
anche
in Italia di
un
moderno stato nazionale
unitario.
Entro
i
confini
dello
Stato
della
Chiesa
le
prime
città
a
manifestare
l'insofferenza
al
dominio
papale
furono
in
particolare
quelle
delle
antiche Legazioni di Bologna,
Ferrara, Forlì, Ravenna.
In Romagna,
Pio
IX
compì
l'ultima
visita
di
un
Papa-Re
nel 1857:
in
tale
occasione,
anzi,
Pio
IX
donò
alla
Cattedrale
di
Forlì un
nuovo
altare,
tuttora
in
uso.
Numerose
negli
anni
furono
le
insurrezioni,
sempre
represse
anche
grazie
agli
austriaci,
sino
al 1859,
anno
dell'annessione
della
Romagna
al Regno
di
Sardegna.
Stimolata
dall'esempio,
insorse
anche Perugia che
il
14
giugno 1859 instaurò
un
governo
provvisorio.
Il
legato
pontificio
se
ne
tornò
a
Roma
e lo
Stato
della
Chiesa
reagì
in
maniera
dura,
ordinando
la
repressione
dei
moti
ed
inviando
duemila
mercenari
svizzeri
comandati
dal
colonnello
Schmidt.
Il
segretario
di
stato
di
Pio IX,
il cardinale
Antonelli, autorizzò
al
saccheggio
della
città
le
truppe
svizzere
inviate
per
riportare
entro
i
confini
del
dominio
della
Chiesa
la
città
perugina:
il
20
giugno 1859 questi
entrarono
in
città
e
fecero
strage
dei
rivoltosi,
senza
risparmiare
donne
o
bambini.
L'evento
passò
alla
storia
come
le
"stragi
di
Perugia".
I
viaggiatori
stranieri
presenti
in
città,
rapinati,
provvidero
ad
avvertire
del
grave
accaduto
la
stampa
internazionale,
avvalorando
ancor
più
agli
occhi
dei
cittadini europei e statunitensi la
causa
dell'unità
italiana.
In
seguito
alla
riconquista
di
Perugia,
papa
Pio IX,
in
considerazione
del
successo,
promosse
il
colonnello
Schmidt
a
generale
di
brigata.
Il
18
settembre 1860,
in
seguito
alla battaglia
di
Castelfidardo,
le
truppe
piemontesi
sconfissero
le
truppe
svizzere
conquistando
le Marche e
l'Umbria,
che
poi
sancirono
la
loro
annessione
al Regno
di
Sardegna tramite
un plebiscito.
Il
territorio
posseduto
dalla
Chiesa
fu
ridotto
al
solo Lazio. Vittorio
Emanuele
II si
era
impegnato
con
l'imperatore
francese
a
non
attaccare Roma,
che
non
fu
coinvolta
nella
campagna
del 1860.
Il
17
marzo 1861 venne
proclamato
a
Torino
il
Regno
d'Italia.
Il
giorno
seguente,
Pio
IX
espresse
in
un'Allocuzione
ufficiale
una
tempestiva
risposta
a
Vittorio
Emanuele: ”Da
lungo
tempo
si
chiede
al
Sommo
Pontefice
che
si
riconcili
con
il
progresso
e
con
la
moderna
civiltà.
Ma
come
mai
potrà
avvenire
un
simile
accordo,
quando
questa
moderna
civiltà
è
madre
e
propagatrice
di
infiniti
errori
e di
massime
opposte
alla
fede
cattolica?”
Nasceva
la Questione
romana.
Nel 1864 Pio IX
fece
arrestare
il brigante Carmine
Crocco,
allorché
egli,
dopo
essere
stato
sconfitto
dalle
truppe
sabaude,
era
fuggito
a
Roma
per
incontrarlo,
confidando
erroneamente
in
un
sostegno
della
Santa
Sede,
in
virtù
del
suo legittimismo borbonico,
in
chiave
antisabauda.
L'8
dicembre 1864 papa
Pio
IX
pubblicò
l'enciclica Quanta
cura e
il Sillabo,
una
raccolta
di
ottanta
proposizioni
considerate
dal
Papa
stesso,
divise
in
dieci
rubriche.
Il 2
maggio 1868 approvò
la Società
della
Gioventù
Cattolica
italiana,
fondata
da Mario
Fani e
Giovanni
Acquaderni il
29
giugno 1867.
L'11
aprile 1869 furono
organizzate
solenni
celebrazioni
in
tutto
il
mondo
cattolico
per
il
suo
giubileo
sacerdotale
e il
7
dicembre 1869
aprì
il Concilio
Vaticano
I.
Mentre
il
potere
temporale
era
in
crisi,
a
pochi
mesi
dalla
breccia
di
Porta
Pia,
Pio
IX
si
preoccupò
di
rinvigorire
il
potere
spirituale.
Il Concilio
Vaticano
I portò
alla
formulazione
del
dogma
dell'infallibilità
del
Pontefice,
chiaramente
espresso
nella
costituzione
dogmatica Pastor
Aeternus.
Questo
portò
allo
scisma
tra
la
Chiesa
cattolica
e i vetero-cattolici.
Il
tedesco Joseph
Hubert
Reinkens si
fece
eleggere
primo
"vescovo
cattolico
dei
vetero-cattolici".
Il
Concilio
proseguì
fino
al
18
luglio1870 quando
venne
sospeso
a
causa
della guerra
franco-prussiana.
Lo
scontro
con
il
neo
costituito Regno
d'Italia giunse
all'apice
quando
nel 1870,
alla
caduta
di Napoleone
III,
le
truppe
dei Savoia entrarono
a
Roma
attraverso
la breccia
di
Porta
Pia,
ponendo
fine
alla
sovranità
temporale
dei
"papi
re".
Il
re Vittorio
Emanuele
II,
dopo
la
battaglia
di
Sedan
che
aveva
segnato
la
sconfitta
di Napoleone
III imperatore
dei
francesi
e
protettore
del
potere
temporale
papale,
inviò
il 7
settembre1870 una
lettera
a
tutte
le
potenze
europee
nella
quale
si
esponevano
i
motivi
della
futura
presa
di
Roma,
ribadendo
però
le
garanzie
e le
tutele
alla
persona
del
Sommo
Pontefice. Inviò
tra
l'altro
il
conte
Ponza
di
San
Martino,
che
giunse
a
Roma
il 9
settembre,
a
sondare
gli
animi:
costui
prima
parlò
con
il
cardinale Antonelli,
Segretario
di
Stato
e
poi
con
Pio IX.
Entrambi
ribadirono
la
posizione
di
non
accettazione
dell'inclusione
dei
territori
della
Santa
Sede
nel
neonato
Regno
d'Italia.
Alle
offerte
dell'emissario
del
re
il
pontefice
rispose:
"Maestà,
Il
conte
Ponza
di
San
Martino
mi
ha
consegnato
una
lettera,
che
a
V.M.
piacque
dirigermi;
ma
essa
non
è
degna
di
un
figlio
affettuoso
che
si
vanta
di
professare
la
fede
cattolica,
e si
gloria
di
regia
lealtà.
Io
non
entrerò
nei
particolari
della
lettera,
per
non
rinnovellare
il
dolore
che
una
prima
scorsa
mi
ha
cagionato.
Io
benedico
Iddio,
il
quale
ha
sofferto
che
V.M.
empia
di
amarezza
l'ultimo
periodo
della
mia
vita.
Quanto
al
resto,
io
non
posso
ammettere
le
domande
espresse
nella
sua
lettera,
né
aderire
ai principii
che
contiene.
Faccio
di
nuovo
ricorso
a
Dio,
e
pongo
nelle
mani
di
Lui
la
mia
causa,
che
è
interamente
la
Sua.
Lo
prego
a
concedere
abbondanti
grazie
a
V.M.
per
liberarla
da
ogni
pericolo,
renderla
partecipe
delle
misericordie
onde
Ella
ha
bisogno".
[...]
Il 20
settembre Roma
fu
attaccata
e
occupata.
Alla
fine
degli
scontri
si
contarono
49
caduti
tra
l'esercito
sabaudo
e 19
tra
i
pontifici.
Il
Papa
si
ritirò
nel Vaticano rifiutando
di
riconoscere
il
nuovo
Stato
e
dichiarandosi
prigioniero
politico.
Questa
situazione,
indicata
come Questione
romana,
perdurò
fino
ai Patti
Lateranensi del 1929 sottoscritti
in
accordo
col
governo
fascista.
Conseguentemente
Pio IX,
in
data
10
settembre 1874,
promulgò
il
famoso non
expedit con
il
quale
veniva
palesemente
sconsigliata
la
partecipazione
di
ecclesiastici
e
cattolici
alla
vita
politica
del
neo
Stato
italiano,
nato
da
un
violento
atto
contro
lo
Stato
della
Chiesa.
Il
13
maggio 1871 fu
promulgata
la Legge
delle
Guarentigie,
con
la
quale
lo
Stato
italiano
stabiliva
unilateralmente
i
diritti
ed i
doveri
dell'autorità
papale.
Il
21
agosto 1871 Pio
IX
scrisse
a
re Vittorio
Emanuele
II esprimendo
le
ragioni
per
cui
non
poteva
accettare
la
legge.
Fino
alla
sua
morte
il
Papa
continuò
a
definirsi
"prigioniero
dello
Stato
italiano".
Riguardo
al
rapporto
tra
Pio
IX,
i
cattolici,
e
l’Unità
d’Italia,
il
professor
Marco
Impagliazzo
scrive:
"I
cattolici
e
Pio IX
non
furono
contrari
all’Unità
d’Italia;
bensì,
al
processo
di
unificazione
che
andava
affermandosi
dopo
il
1848
e
che
pareva
seguire
il
corso
della
Rivoluzione
Francese
e
delle
leggi
anti
ecclesiastiche
piemontesi
di
Cavour
e
Siccardi.
Nella
visione
cattolica,
andava
consolidandosi
la
libertà
di
opinione
e di
conseguenza
non
solo
la
verità
aveva
ragion
d’essere
proclamata
pubblicamente,
inoltre
veniva
eliminata
l’alleanza
tra
trono
e
altare,
dunque
affiorava
l’affermazione
della
laicità
dello
Stato.
Tutto
ciò
veniva
percepito
come
rivoluzione.
I
cattolici
e lo
stesso
Pio
IX
non
erano
cioè
contro
l’Italia,
anzi
avevano
storicamente
contribuito
all’identità
italiana.
Il
cattolicesimo,
da
quasi
tutti
gli
italiani
professato,
era
stato
e
rimaneva
un
elemento
basilare
dell’identità
italiana.
I
papi,
dal
Cinquecento,
erano
sempre
stati
italiani
e
tenevano
a
questa
appartenenza:
l’Italia
era
la
loro
terra,
anche
se
non
in
senso
politico.
Del
resto
c’era
una
tradizione
in
questo
senso
che
rimontava
almeno
a
Gregorio
Magno,
il
quale,
come
attestano
i
suoi
scritti,
aveva
una
precisa
coscienza
d’essere
il
difensore
dell’Italia
tutta,
specie
dai
longobardi.
L’unificazione
italiana
si è
realizzata
imponendo
al
Papa
la
fine
del
suo
potere
temporale
e
Pio IX
ha
continuato
sempre
a
protestare
contro
i
'fatti
compiuti'
[...].
Un
passo
rilevante
nella
direzione
della
fine
del
potere
temporale
fu,
paradossalmente,
compiuto
dallo
stesso
Pio IX,
quando
si
rifiutò,
nel
1848,
di
mettersi
alla
guida
della
guerra
degli
stati
italiani
contro
l’Austria,
poiché
Egli
sosteneva
di
non
poter
guidare
una
guerra
tra
potenze
cattoliche
in
quanto
Vicario
di
Cristo.
È da
ricordare
che
l’Austria
di
Metternich,
nel
1847,
occupò
Ferrara
come
risposta
al
diffondersi
della
fama
di
liberale
che
veniva
attribuita
a
Pio
IX,
il
quale
invece,
promulgò
semplicemente
un
atto
di
perdono
subito
dopo
l’elezione
a
Sommo
Pontefice;
atto
che
fu
considerato
in
tutta
Europa
come
rivoluzionario
e
liberale
e
determinò
il
crescere
del
sostegno
a
Pio
IX.
Questa
decisione
è
stata
in
genere
presentata
come
la
dimostrazione
dell’avversione
del
papa
per
l’unificazione
nazionale.
Indubbiamente,
rifiutandosi
di
sostenere
la
guerra
contro
l’Austria
spiazzò
i
suoi
sostenitori
e
iniziò
così
un
isolamento
crescente
di
Pio
IX
davanti
all’opinione
pubblica
risorgimentale.
Ma,
in
sede
storica,
si
deve
riconoscere
che
non
fu
una
scelta
anti-italiana:
subito
dopo,
egli
si
preoccupò
di
manifestare
la
sua
simpatia
per
la
causa
italiana,
indicando
una
via
di
mediazione
pacifica
per
realizzare
l’unità
nazionale.
La
sua
decisione,
ispirata
da
una
motivazione
essenzialmente
religiosa,
produsse
inoltre
effetti
politicamente
negativi
sulle
sorti
del
suo
regno:
diede,
infatti,
un
colpo
mortale
al
disegno
neoguelfo
di
porre
il
Papa
alla
guida
di
una
federazione
di
stati
italiani.
Se
realizzato,
il
progetto
neoguelfo
di Gioberti,
Rosmini
ed
altri
avrebbe
inserito
lo
Stato
della
Chiesa
in
un
assetto
nazionale
compatibile
con
i
tempi
e
accettabile
da
parte
dell’Europa:
era
forse
l’unica
possibilità
concreta
di
salvare
il
dominio
temporale
del
Papa.
Ed è
significativo
che
Pio
IX
trascurò
tali
conseguenze,
per
lui
politicamente
vantaggiose.
La
scelta
di
ritirarsi
dalla
guerra
contro
l’Austria
aprì,
inoltre,
al
papato
una
strada
nuova:
costituì
il
primo
passo
verso
l’assunzione,
da
parte
del
Papa,
della
figura
di
“padre
comune
di
tutte
le
genti”
e
per
ricollocare
in
una
chiave
più
universalistica
il
papato
in
Europa
e
nel
mondo
contemporaneo.
Al
di
là
delle
sue
alte
motivazioni
religiose,
si
potrebbe
perciò
dire,
questa
scelta
conteneva
un’importante
implicazione
geopolitica.
Anche
dopo
il
1848,
Pio IX
proseguì
su
questa
strada,
senza
cercare
strumenti
politicamente
efficaci
per
salvare
il
suo
potere,
anche
se
continuò
a
protestare
per
la
perdita
del
potere
temporale.
Ai
suoi
occhi,
infatti,
quella
causa
stava
trasformandosi
in
una
questione
di
principio,
in
cui
si
riassumevano
sia
la
rivendicazione
della
piena
indipendenza
del
papato
e
della
Chiesa
dal
potere
politico
sia
quel
senso
della
'diversità'
della
Chiesa
che
ha
ispirato
l’intransigenza
cattolica
tra XIX
e XX
secolo.
Ma,
nella
sostanza,
già
dopo
il
1848
egli
si
mosse
in
una
logica
che
oltrepassava
quella
del
sovrano
temporale
degli
Stati
pontifici.
Anche
se
egli
contrastò
il
nascente
stato
nazionale,
il
ruolo
di
Pio IX
costituisce
parte
integrante
del
processo
di
unificazione
italiana. Le
sue
scelte
influirono
sul
cattolici
italiani,
che
si
divisero
tra conciliatoristi
e
intransigenti
ma
che
condivisero,
in
gran
parte,
sia
un
sentimento
filoitaliano
sia
la
preoccupazione
per
la
libertà
della
Chiesa.
Egli,
inoltre,
contribuì
in
modo
decisivo
a
far
fallire
il
progetto
neoguelfo,
favorendo
indirettamente
l’affermazione
della
soluzione
unitaria.
Ispirate
da
motivazioni
più
religiose
che
politiche,
le
scelte
di
Pio
IX
hanno
in
seguito
anche
prodotto
conseguenze
storiche
allora
imprevedibili,
contribuendo
a
una
ricollocazione
del
papato
nel
contesto
internazionale
che
ha
giovato
sia
alla
Chiesa
sia
all’Italia,
come
hanno
evidenziato
i
suoi
successori'.
A
questo
punto
dell’argomentazione,
è
possibile
fornire
la
risposta
al
quesito
iniziale:
La
Chiesa
e i
cattolici,
furono
realmente
contrari
al
processo
di
unificazione
nazionale
in
quanto
tale,
e
ancor
oggi,
gli
stessi
soggetti
debbono
considerare
l’Unità
d’Italia
un
evento
storico
insensato
e
contrario
ai
dettami
della
fede
cattolica? La
Chiesa
e i
cattolici
non
furono
contrari
al
processo
di
unificazione
nazionale
in
quanto
tale;
assunsero
piuttosto
un
atteggiamento
intransigente
verso
il
nuovo
Stato
a
causa
del
comportamento
di
chi,
l’unità
nazionale,
la
realizzò
attraverso
l’imposizione
e la
sopraffazione,
senza
rendersi
contro
però,
dei
benefici
(esigui
rispetto
a
ciò
che
alla
Chiesa
fu
strappato)
che
avrebbero
conosciuto
con
la
fine
dell’ancien
régime.
Per
questi
motivi,
oggigiorno
erra
fortemente,
chi
si
arrocca
su
posizioni
antiunitarie,
in
nome
della
difesa
della
fede
e
delle
tradizioni
cattoliche".
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