[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

194 / FEBBRAIO 2024 (CCXXV)


arte

suGLI AFFRESCHI

DELLA CATTEDRALE DI ORTONA TRA LE DUE GUERRE E OLTRE / iI

di Teresa Nicolangelo

 

L’inaugurazione della nuova cupola della Cattedrale di San Tommaso Apostolo, il 29 novembre del 1931, con una celebrazione solenne officiata dal vescovo Mons. Nicola Piccirilli alla presenza dell’intero Capitolo, del Comitato, delle Autorità e di un gran numero di cittadini, avviene in un clima di giubilo ed esultanza, al solenne canto del Te Deum di ringraziamento: «Ortona ha sciolto un voto verso il suo grande Apostolo, ha indugiato sin troppo, è vero, ma l’opera compiuta è veramente ammirevole [...] l’opera principale è costituita dai quattro Evangelisti affrescati nei piloni dal giovane pittore Ortonese Prof. Antonio Piermatteo.

 

Questi, cosciente del proprio genio ha sdegnato di assumere un atteggiamento modesto e ispirandosi ai grandi maestri italiani del 500 ha preferito la forma classica e vi è riuscito mirabilmente, onde le quattro grandiose composizioni costituiscono un’opera che ha i suoi indiscutibili pregi; e tanto è ciò vero che i più visitatori ammutoliscono nel contemplare le imponenti raffigurazioni dei quattro storici della Chiesa. In questo lavoro il Piermatteo è stato quello che doveva essere: non figure sdolcinate, non vestimenta, né atteggiamenti scomposti, ma vi si ammira la scienza anatomica profonda, la severità degl’intendimenti e lo sdegno per tutto ciò che non rivela atteggiamento mistico. Guardate – per esempio – il S. Giovanni, come soddisfa l’occhio di chi guarda quella figura meravigliosa; nel movimento, nello sguardo c’è la ispirazione prodotta in Lui dalla celeste armonia della voce di Maria, che egli ebbe il privilegio di ascoltare nell’isola di Patmos» (“La Nuova Fiaccola”, 21 dicembre 1931).

 

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In senso orario:

A. Piermatteo, San Giovanni (particolare), affresco di una delle vele a sostegno della cupola della Cattedrale di San Tommaso Apostolo in Ortona, perduto.

A. Piermatteo, San Sebastiano, maiolica policromata. Ortona, collezione privata Dott. Pasquale Grilli.

A. Piermatteo, Autoritratto, dipinto su tela. Ubicazione ignota.

Ritratto fotografico di A. Piermatteo. Damasco, 1951. Ortona, collezione privata Patrizia Piermatteo-D’Alleva.

 

Difficile, confrontando i volti – iconograficamente perfettamente sovrapponibili – di quel giovane Evangelista e di un San Sebastiano (probabilmente il medesimo rintracciato in una collezione privata ortonese e menzionato tra le opere dell’esposizione capitolina del 1932, oltre che nell’articolo di Alfredo Francia – che ne decanta la forte carica mistica e patetica – pubblicato su “La Nuova Fiaccola” in data 21 luglio 1929, data che in tal modo viene a configurarsi come terminus ante quem dell’opera) con quello dell’autore, sfuggire alla suggestione di riconoscere in quei tratti, nell’attitudine del capo, nell’arcata sopracciliare, nell’ampiezza delle nari, nell’arco di cupido pronunciato, nel mento volitivo e nella linea mandibolare, un intento autoritrattistico e autocelebrativo – per quanto sublimato –, quasi a sphragis, ulteriore firma nascosta, silente lascito ai posteri della grandiosa impresa.

 

Tuttavia, il giubilo ha vita breve: poco più che un decennio e l’amata Cattedrale, con la sua cupola tanto ammirata e orgoglioso simbolo della devozione cittadina al Santo Patrono, sarà nuovamente da ricostruire, e questa volta, per la gravità della profanazione subita per mano tedesca il 21 dicembre 1943, da riconsacrare, ricorda Don Antonio Politi, testimone oculare degli eventi, custode della memoria storica e longevo parroco del tempio: la ricostruzione ha inizio, sgomberate le macerie, nel 1946, sotto l’episcopato di Mons. Gioacchino Di Leo, affidata dal Genio Civile di Chieti all’opera dell’architetto romano Dagoberto Drisaldi e nell’ossatura primaria l’edificio risulta quasi completamente riedificato già alla fine del 1947.

 

Ma è il 5 settembre 1949 a regalare agli ortonesi la gioia e la gloria della resurrezione della Basilica dalle proprie ceneri: «Giornata veramente storica quel 5 settembre (1949, N.d.R.): la seconda « Dedicazione» della Cattedrale di S. Tommaso dopo quella del 10 novembre 1127 (a seguito di un violentissimo terremoto l’11 ottobre 1125, quando ancora era intitolata a santa Maria, N.d.R.)! In effetti la chiesa di S. Tommaso attraverso i secoli aveva subito i disastri dell’assalto dei turchi e dei francesi; ma, probabilmente, le precedenti rovine non saranno state tanto irreparabili da giustificare una nuova consacrazione […]. Il giorno successivo DCXCI anniversario della traslazione delle Ossa di s. Tommaso in Ortona si ebbe la solenne inaugurazione del risorto tempio. Per l’occasione intervenne per la terza volta con lo splendore della Porpora Romana il Datario di Su a Santità Eminentissimo Card. Federico Tedeschini. A lui fecero corona i Vescovi d’Abruzzo, Ministri, Parlamentari, Autorità, Clero e un’immensa folla di fedeli» (Politi 1974).

 

La ricostruzione, però, lascia anche un sentore di amaro in bocca: due dei tre Evangelisti superstiti erano ancora in piedi, soltanto minimamente intaccati dall’esplosione del 1943, ma non per questo si è lontanamente presa in considerazione l’ipotesi di un restauro degli stessi o, per lo meno, di una valutazione di quanto potesse essere salvato o meno da parte dell’artista, preferendo la più semplice e diretta – ma anche scellerata – via della demolizione (si pensi alla distruzione del quattrocentesco colonnato esterno, rimasto indenne per più dell’ottanta per cento, N.d.R.).

 

Quello stesso sentore è chiaramente percepibile in tutta la sua indignata e impotente amarezza, frutto della piena consapevolezza del proprio operato artistico, in una lettera aperta che Antonio Piermatteo indirizza al periodico cittadino “La Nuova Fiaccola” (30 settembre 1949) e che sarà opportuno riportare per esteso: «Egregio Direttore “Nuova Fiaccola”, scorrendo l’ultimo numero della “Nuova Fiaccola”, dedicato all’inaugurazione della rifatta Cattedrale, leggo tra le note dell’ “Arte nella Chiesa”, un accenno agli affreschi in essa eseguiti nell’ultimo periodo contemporaneo precedente la rovina. A ritrovarvi il mio nome, ho l’impressione come di una cosa a me estranea, tanto è lontano lo spirito che animava gl’intendimenti di quegli ortonesi i quali dedicarono la loro opera a rendere degno il Tempio del loro Protettore. Non discuto sul carattere dell’allora intrapresa opera di restauro, nè sull’opulenza dell’oro profuso nelle decorazioni, ma una cosa è certa: Comitato, dirigenti ed esecutori, hanno dato la loro opera, con la sicura coscienza di fare opera degna del nome Arte, sia pure circoscritta nel tradizionalismo dello stile a essa improntata. Per quel che mi riguarda, ricordo, che in quei tempi (decisamente meno democratici) ci fu una specie di concorso per quegli affreschi; e non fu certo lo spirito di campanilismo che prevalse per l’assegnazione del lavoro. Oggi, nel conformismo corrente, e nella comune indifferenza per le regole dell’Arte, si plaude all’opera per le somme stanziate, come se queste non fossero della cassa comune. Si accettano pure per opere d’arte tutti i muri e i mattoni che i dirigenti dell’Ente preposto, con la compiacente approvazione della Sovraintendenza ai monumenti, vanno alzando là dov’era il segno cosciente delle più severe linee architettoniche dell’epoca; e si accetta per buona pittura, delle mediocri composizioni, degne appena di rustiche cappelle villereccie; in barba alle non indifferenti somme elargite, le quali avrebbero fornito materia d’ispirazione non dico tanto al sottoscritto, quanto ad Artisti di ben più solida fama quale (senza il nome) un noto pittore, purtuttavia han preferito per la chiesa di Santa Maria. Ora, non so se tra i venti milioni dei lavori in corso per il completamento della Cattedrale vi siano comprese anche le decorazioni pittoriche. Contro ogni correttezza, ch’è usata anche verso modesti artigiani, finora non mi si è neanche interpellato sull’opportunità o meno di lasciare gli avanzi di quelle esistenti. Ma può darsi, che con l’usata autorità di Ente statale (sia pure con il sigillo di quello Ecclesiastico) ci si appresti ad assegnarle al primo venuto, ben corredato di solide commendatizie, come se si trattasse di un qualsiasi appalto d’imbianchitura; salvo poi a cose fatte, riscontrarne l’errore nel sarcasmo provocato dal vedere come il faceto si confonde col Sacro, magari in veste di qualche Profeta con il regolo calcolatore tra le pieghe della tunica. Eppertanto, per quei principi di orgoglio professionale e cittadino, per i quali ognuno che ne senta il dovere è portato a tenere a un più alto livello la tutela del patrimonio artistico del proprio paese, mi sia lecito levare la mia voce di ortonese, in nome di quell’Arte, che al pari di altri degni concittadini io professo. Mi creda, A. Piermatteo».

 

 

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Gli affreschi di A. Piermatteo superstiti, ben visibili tra le macerie della Cattedrale

 

Riedificata dunque ex novo alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, la cupola (in cemento armato e sorretta da otto costoloni; non più a tiburio, ma dalla foggia più classica e slanciata) resta semplicemente imbiancata a calce sino al 1971, anno in cui “alla decorazione e agli stucchi si è sostituito il pennello del triestino Luciano Bartoli” (Politi 1974), artista dal forte accento simbolista, come si evince dallo stesso “concept” dell’opera, elaborato ed esposto dall’autore nella sua relazione tecnica: «Dio si serve, per manifestarsi, di segni naturali. Ecco quindi i giorni della creazione, ognuno con il suo colore (i colori dell’iride, segno della pace e dell’amicizia di Dio con l’universo) [...] Sotto, tra finestra e finestra, a semplice tratto, i segni dei sacramenti [...] E nel tamburo, quale immagine della Chiesa pellegrinante, le dodici tende di Israele, ricordate dall’Apocalisse, raggruppate a tre a tre, nei colori delle diverse razze, con i quattro venti – raduna, o Signore, dai quattro venti la tua chiesa – con uno sfondo astratto, che vuole ricordare come le vie di Dio possano apparire assurde, ingrovigliate, ma nel cammino della speranza (verde) quello che importa è l’amore (tracce in rosso). Alla fine una barca ha chiuso le vele; per ognuno c’è il posto di arrivo. Sotto i quattro evangelisti. Tolto Matteo che si è voluto conservare, come unico resto della cupola demolita dalla guerra, gli altri sono stati rifatti, traducendo nel loro simbolismo, il mistero pasquale, con le parole della Preghiera eucaristica IV» (Bartoli).

 

Matteo viene, così, a simboleggiare l’incarnazione; Luca la morte, con i rimandi alla vite sulla croce e alla Madonna (della quale la tradizione lo vuole il primo ritrattista) nera, quale Madre del Buon Consiglio; Marco (con il capo avvolto dal turbante, alludente alla sottrazione delle sue reliquie ai turchi per mano veneziana) la resurrezione, evocata dallo stesso simbolo teriomorfo dell’evangelista, il leone (che secondo un’antica credenza viene alla luce morto per poi rivivere, leccato dal genitore, il terzo giorno), e ulteriormente rimarcata da palma e sepolcro scoperchiato; Giovanni, con lo sguardo proteso verso l’alto e le sette chiese dell’Apocalisse, che ne circondano la figura, il Giudizio e la Resurrezione finali.

 

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L’attuale decorazione a fresco della cupola della Cattedrale: i dipinti di L. Bartoli e il San Matteo di A. Piermatteo.

 

In tal modo, dunque, si chiude per la Cattedrale la lunga parabola, protrattasi per quasi un cinquantennio, dei suoi affreschi; ma, legata al primo autore degli stessi, un’ultima notazione – non certo priva d’importanza –, va doverosamente fatta. É di recente acquisizione la scoperta (attraverso la mappatura digitalizzata dei beni culturali ecclesiastici nazionali sulla piattaforma BeWeB) di un’ulteriore prova pittorica a fresco del Piermatteo, ritenuta, invece, sino a ora un unicum (essendo dell’artista essenzialmente documentata la produzione ceramica, maggioritaria, e in minor parte – rari esemplari – quella su tela) nelle realizzazioni dei quattro Evangelisti ortonesi: un ciclo pittorico dedicato a Santa Barbara, del quale non è dato sapere altro che data di realizzazione – 1946 – e ubicazione – terza cappella di destra nella chiesa intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo in Scandriglia (località che una tradizione, ricordata dal Codice Barberini 2867, lega al martirio e alla sepoltura della Santa), nel reatino. Come sempre sfuggente, come a Gualdo, come in Umbria, come nel soggiorno marchigiano, neppure nel Lazio il Piermatteo lascia tracce documentarie che non siano il suo pennello: l’archivio parrocchiale non presenta ricevute di pagamento, né mandato di commissione, né tantomeno indizi sulla residenza dell’artista, presumibilmente già spostata nella Capitale. Come sia arrivato a Scandriglia non è dato sapere, ciò che di lui resta è, come sempre, l’inconfondibile linguaggio espressivo che, attraverso una certa stilizzazione formale e volumetrica e un utilizzo di un’accesa cromia, volta all’esaltazione dei contrasti e del pathos, riesce a conferire a figure e scene la vis caratteristica della sua mano.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Falcone, Storia di Ortona, Centro studi sociali “G. Toniolo”, Ortona 2004.

A. Francia, Antonio Piermatteo nell’arte, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VIII n. 124, Ortona a mare 31 maggio 1931, Anno IX, p. 2.

A. Francia, Le decorazioni nella cupola della Cattedrale, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VIII n. 136 (correzione a penna 137), Ortona a mare 21 dicembre 1931, Anno IX, p. 5.

A. Francia, Nello studio di Antonio Piermatteo, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VII n. 93, Ortona a mare 16 febbraio 1930, Anno VIII, p. 4.

A. Francia, Le decorazioni nella Cattedrale Basilica di S. Tommaso, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VII n. 101, Ortona a mare 15 giugno 1930, Anno VIII, p. 5.

A. Francia, Un nostro giovane pittore Antonio Piermatteo, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VI n. 79, Ortona a mare 21 luglio 1929, Anno VII, p. 3.

F. Francia, Il ceramista Piermatteo giudicato da un profano, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno IX n. 145, Ortona a mare 28 aprile 1932, Anno X, p. 3 (?).

F. Francia, Ortona nella sua artistica suggestiva bellezza, in “Turismo d’Italia”, anno X, settembre-ottobre 1936, XIV, numeri 9-10, pp. 12-15.

Frecia, Antonio Piermatteo a Roma, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno IX n. 146, Ortona a mare 31 maggio 1932, p. 5.

Frecia, Gli affreschi nella Cattedrale di Ortona a mare, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno VIII n. 128, Ortona a mare 9 agosto 1931, Anno IX, p. 2.

E. Giannetti, Le chiese ortonesi dall’antichità ai nostri giorni, Ortona 2019. (pp. 44; 59; 118-119; 119 n. 157)

I tesori storici ed artistici della Cattedrale di San Tommaso, in “Quaderno di ricerca Associazione Ortonese di Storia Patria”, Luglio 2007 (pp. 4-7; 51; 53; 58).

L’Apostolo S. Tommaso nella fede, nell’arte e nella poesia popolare, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno XIII n.10, Chieti 1 settembre 1949, p. 2.

Mostra personale d’arte ceramica Antonio Piermatteo, Catalogo della Mostra (Roma, Famiglia Abruzzese Molisana, 16 - 31 marzo 1932), Sansaini Arti grafiche e fotomeccaniche di Roma, Roma 1932.

Ortona 1860-1945. I protagonisti, in “Quaderno di ricerca Associazione Ortonese di Storia Patria”, n. 2, Luglio 2005, pp. 5-6.

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A. Politi, Ortona - con introduzione su La vita e le tre tombe di S. Tommaso apostolo e con appendice di documenti, Editrice Itinerari, Lanciano 1974 (pp. 230-233, p. 233 nota 70 (1933 Sistemazione Oratorio del Crocefisso in occasione del rientro da Venezia della Sacra Ampolla: commissione al Piermatteo di una pala d’altare, appositamente innalzato quale perfetto pendant a quello del Crocefisso, raffigurante San Tommaso), pp. 287-289.

N. Serafini, Romolo Bernabeo nel cinquantesimo della scomparsa. 6, in “La Sveglia”, Periodico indipendente ortonese, Anno LIX n. 22, mercoledì 27 novembre 2019, p. 4.

Visita del Soprintendente Belle Arti e Monumenti, in “La Nuova Fiaccola”, Periodico quindicinale indipendente, Anno IX n. 139, Ortona a mare 26 gennaio 1932, Anno X, p. 5.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]