N°
173
/ MAGGIO 2022 (CCIV)
moderna
CATERINA DE‘ MEDICI
UNA REGINA DALLO SPIRITO MACHIAVELLICO
di Francesca Giordano
«Che si sia servita dell’astuzia,
che la si colga spesso in colpa flagrante di mala
fede è accertato, ma la cosa importante è che abbia
posto quel machiavellismo fiorentino al servizio
della Francia e non della sua ambizione personale».
È il 13 aprile 1519 quando a Firenze nasce Caterina
de’ Medici, figlia di Lorenzo de’ Medici e Madelaine
de la Tour d’Auvergne. Rimasta subito orfana di
padre, viene trasferita a Roma su ordine del Papa
Leone X, suo zio, e viene allevata dalla nonna
Alfonsina Orsini.
Subito individuata come una pedina nello scacchiere
nazionale e internazionale, avrà un’infanzia
difficile, rimasta vittima del sacco di Roma del
1527, quando non riesce a scappare dall’Urbe,
perché’ trattenuta come ostaggio, a differenza dei
suoi cugini Ippolito e Alessandro. Viene spedita dai
rivoltosi nel convento di Santissima Annunziata
delle Murate da cui verrà poi spostata per essere
mandata in uno meno filomediceo, quello di Santa
Lucia.
Durante la sua permanenza in questi conventi, fuori
le mura i grandi della politica cercano di trovare
un accordo per porre fine ai disastri che inondavano
la penisola: Clemente VII stringe un accordo con
Carlo V, lo nominerà imperatore e re d’Italia, Carlo
V si impegnerà per restituire la città fiorentina ai
Medici, liberandola dai ribelli.
Nel frattempo, comincia il tragico ‘assedio di
Firenze’, che durerà dal 14 ottobre 1529 fino
all’agosto successivo, e si viene a conoscenza del
patto fatto tra il pontefice e l’imperatore, che
scatenerà l’ira dei più estremisti che vorranno far
pagare a Caterina le colpe dello zio. Alla fine,
uscirà illesa dal convento, in quanto Firenze si
arrenderà agli assalitori e Alessandro de Medici
diventerà signore della città, ma l’odio subito in
quei mesi lo ricorderà per sempre.
Ad acque calmate, i tutori di Caterina possono
cominciare a pensare all’ipotetico consorte, e
stabilitisi i rapporti con la Francia, Clemente VII
accetta la proposta di Francesco I di Valois, Re di
Francia, che aveva suggerito come partito suo
figlio, il secondogenito Enrico. Il 23 ottobre 1533
la piccola fiorentina giunge a Marsiglia, per
arrivare poi a Parigi, dove conosce il suo futuro
sposo, con cui convolerà a nozze il 28 dello stesso
mese.
Qui si renderà conto
di non essere così amata dai francesi e che non
potrà fare troppo affidamento sulle promesse dello
zio, che nel 1534 morirà, costringendo Caterina a
cavarsela completamente da sola, e a sviluppare
quella freddezza e quel genio politico che la
caratterizzeranno tanto da giungere fino a noi.
Amata da suo suocero, Francesco I, sarà uno dei
pochi, insieme a Margherita di Navarra, sorella del
re, a rendersi conto della sua intelligenza, della
sua capacità di osservazione, che le tornerà utile
nel momento in cui si troverà a regnare, e della sua
obbedienza, che il re definirà il suo punto di
forza.
La permanenza francese prenderà tutta un’altra piega
quando il 10 agosto 1536 il delfino di Francia,
Francesco di Valois muore avvelenato, e lei ed
Enrico, per successione dinastica, diventano i
prossimi eredi al trono. Impaurita dal fatto che non
abbia ancora concepito un’erede, questa situazione
la metterà ancora più in uno stato d’ansia, sapendo
che sono i figli che conferiscono poteri alle regine
e le assicurano sul trono, ricorrendo ai più
svariati medicinali pur di rimanere incinta, e dopo
dieci anni di sterilità arriva il primo figlio,
maschio, Francesco. Dopo di lui ce ne saranno altri
nove, Elisabetta, Claudia, Luigi, Carlo, Edoardo
Alessandro, futuro Enrico III, Margherita, ed
Ercole, poi chiamato Francesco, e due gemelline,
subito scomparse. Solo tre di loro diventeranno Re
di Francia: Francesco, Luigi ed Enrico, guidati
sempre nel loro operato dalla Regina Madre.
Nel 1547 Francesco I muore e diventano sovrani
Enrico e Caterina. Una volta regina, la Duchessina
non cambia atteggiamento, sempre imperscrutabile,
indecifrabile e impermeabile, non si prende
rivincite né si vendica, sopporta, anche se a volte
con fatica, di essere la seconda nel cuore del re,
perché’ il primo posto è sempre stato della duchessa
del Valentinois, Diane de Poitiers, la sua favorita.
Nonostante sia diventata regina il suo potere
politico è pari a zero si può dire, ma si impegnò a
chiamare a corte un gran numero di italiani,
soprattutto fiorentini, nei più svariati campi.
Dal 1552 viene nominata reggente poiché il marito è
impegnato nelle guerre d’Italia, combattute tra la
Francia e la Spagna per il possesso dei territori
italiani. Una delle battaglie più importanti fu
quella del 10 agosto 1557, combattuta in Piccardia
presso la roccaforte di San Quintino che sbarrava
all’esercito spagnolo la via di penetrazione più
rapida verso Parigi, Filippo II d’Asburgo, re di
Spagna, succeduto al padre Carlo V da cui ha
ereditato la determinazione a distruggere la
Francia, pone Emanuele Filiberto di Savoia come
guida dell’esercito.
L’esercito francese risponde guidata da Montmorency
e guida l’esercito a San Quintino, avamposto che non
offre nessuna difesa naturale o artificiale. Questo
grande errore di valutazione del generale
determinerà la sconfitta della Francia nella
battaglia. Si contano uccisi ottomila uomini e fatti
prigionieri settemila, tra cui Montmorency. Parigi
cade nella disperazione e l’invasione spagnola è
molto facile e probabile, ciò che bisogna
assolutamente fare è trovare denaro e armare un
esercito.
Ecco qui che la fiorentina mette in atto per la
prima volta la sua grande abilità politica, e
accompagnata dalla cognata Margherita e da grandi
dame si reca all’Hotel de Ville e supplica davanti
ai grandi uomini francesi di concedere al re aiuti
economici. Abile e persuasiva riesce nel suo intento
e convince i ricchi borghesi a cedere il denaro.
Enrico mette così in piedi un esercito di diecimila
uomini, guidati da Francesco di Lorena duca de
Guise, che invece di precipitarsi da Filippo II e
invadere i Paesi Bassi, pone l’assedio a Calais,
roccaforte in mano agli inglesi, dalla guerra dei
Cent’anni, alleati degli spagnoli, e riesce a
riconquistarla. La Francia riesce così a prendersi
la rivincita, in cui Caterina ha avuto un ruolo
fondamentale, prima ma non ultima volta in cui
mostrerà abilmente il suo genio politico, agendo
sempre dietro le quinte.
Con quest’ultima rivincita Enrico II comincia a
pensare che forse è giunto il momento di rinunciare
al grande sogno italiano e mettere fine alle lunghe
guerre d’Italia che per sessant’anni hanno visto
scontrarsi due grandi imperi, e così nel 1559 con la
pace di Cateau-Cambrésis si pone fine allo scontro e
si determinano le sfere di influenza dei rispettivi
paesi, a Enrico II rimangono Calais, i tre vescovati
di Metz, Toul e Verdun, e il marchesato di Saluzzo,
restituisce Nizza, la Savoia, la Corsica e il
Piemonte, abbandona le pretese su Firenze e Urbino,
che gli spetterebbero dall’eredità di Caterina.
Questo sarà poi motivo di attrito tra i due, in
quanto Caterina, venuta a sapere del trattato si
dispererà dovendo abbandonare i suoi diritti di
rivendicazione su Firenze, città da lei tanto amata,
e farà di tutto per convincere il re a non accettare
alle condizioni proposte dalla pace, da lei
considerate poco onorevoli.
Con lei si schierano anche i Guise non d’accordo con
l’abbandonare così tanti territori in mano agli
spagnoli, ma il re, seppur forse con qualche dubbio,
si convince a firmare l’accordo, probabilmente per
ragioni religiose stabilite nell’accordo. Durante i
festeggiamenti per il trattato di pace, il 30
giugno, Enrico II rimane ferito durante un duello,
una spada gli trapassa l’occhio arrivando fino al
cervello, incidente profetizzato già da Nostradamus,
medico-veggente della corte, fidato di Caterina.
Ferita mortale che lo vedrà spirare il 10 luglio
dello stesso anno, portando via a Caterina sia il
suo grande amore sia la sua posizione di regina. I
sovrani, infatti, diventano Francesco II di Valois e
Maria Stuart, nuora tanto odiata da Caterina, ma non
regneranno per molto tempo, in quanto Francesco II è
molto cagionevole e a dicembre del 1560 la morte si
porta via anche lui.
La regina madre manda via Maria Stuart, che
ritornerà in Scozia, e può finalmente cominciare a
prendere in mano le redini del potere, come dirà
Simone Bertiere, "Si credeva che la sua ora fosse
passata, in realtà il suo regno cominciava". Essendo
l’erede al trono Carlo, che diventerà Carlo IX,
ancora troppo piccolo per governare in autonomia,
con abile maestria il 20 dicembre 1560, riesce a
farsi nominare dal Consiglio privato governante di
Francia, ruolo che le permetterà finalmente di
mostrare le sue abilità politiche, rivelare la sua
statura, mostrando quello spirito machiavellistico
che porta dentro di sé.
Piena di astuzia, avendo osservato gli operati del
suocero, essendo cresciuta in due corti che le hanno
fatto da scuola, quella medicea e quella papale, ora
che è al potere sa come deve agire, soprattutto per
placare quei disordini che vengono dai conflitti tra
ugonotti e cattolici, che sfoceranno poi in otto
guerre di religione che dureranno dal 1562 al 1598.
Sa bene che da conflitti religiosi possono nascere
conflitti civili, che metterebbero a rischio il
potere dei suoi figli, considerata laica, se non
addirittura atea da molti pensatori, non comprende
il motivo di quei disordini, ma sa che possono
mettere in pericolo la stabilità dello stato e si
impegna nel proporre una forma di laicità. Motivo
per cui nel 1562 emana l’editto di Saint-Germain,
che concede svariate libertà agli ugonotti, tanto
che verrà chiamato anche editto della tolleranza.
Se Machiavelli fosse vissuto così a lungo, avrebbe
probabilmente apprezzato questa mossa di Caterina. È
intrisa di quella virtù politica, definita
dall’autore del Principe, come una piena
consonanza con i tempi, sa entrare in sintonia con
il proprio momento e comprende bene che in quel
periodo per la Francia, la cosa più importante è
fare Stato, organizzarlo al meglio e fare di tutto
affinché questi conflitti religiosi cessino il prima
possibile. Ha una visione quasi lungimirante, perché
proprio quell’editto di Saint-Germain, che nel suo
tempo non viene capito, può essere considerato
un’anticipazione di quello che sarà l’editto di
Nantes, emanato nel 1598 da Enrico IV, a fine guerre
di religione.
Proprio nel 1562 ci sarà la strage di Wassy, a cui
poi seguirà un periodo di pace, e nel 1563 verrà
firmato il trattato di Amboise con gli ugonotti. Nel
frattempo, Carlo IX ha raggiunto l’età per governare
ma lascerà alla madre, comunque, il ruolo di
reggente. Durante il regno di Carlo IX, scandito da
varie guerre di religione, la Medici organizza un
tour per la Francia, comprendendo a pieno la
vocazione itinerante delle corti dell’età moderna,
che per farsi amare dal popolo, dovevano farsi
conoscere. Riesce così a consolidare la pace nel
reame, che però durerà molto poco, pronta a crollare
al prossimo soffio di vento.
Siamo nel 1572, dopo varie guerre di religione che
l’hanno vista oscillare tra le varie fazioni, prima
tollerante nei confronti dei protestanti, poi
intransigente cattolica, nella notte del 24 agosto,
durante la festa di San Bartolomeo, ricordata dagli
storici come una strage, evento che segnerà la
reputazione di Caterina fino ai giorni nostri, che
la ricorderà come la regina nera, spietata,
malvagia, sempre pensata come l’artefice del
delitto, anche se fino a oggi ancora non si sa
certamente da chi fosse voluto. Qui, per l’occasione
del matrimonio di Margherita di Valois con il
protestante Enrico di Borbone, successivo Enrico IV,
nel corso dei festeggiamenti a cui avevano
partecipato svariati ugonotti, viene ordinata dal re
Carlo IX, sotto consiglio della madre, l’uccisione
dell’ammiraglio Coligny, che poi fallì, e di altri
protestanti, ma la situazione degenera. Si stima che
morirono tra le 20.000 e le 30.000 persone.
Molti storici sono convinti che sia il momento in
cui la regina mostri veramente la sua crudeltà, e
incarni tutta l’essenza del Principe, dotato di
immoralismo, cosciente che la politica non può
rimandare alle questioni morali, perché
inevitabilmente queste porteranno alla sconfitta,
c’è bisogno invece che questo sappia dosare quando
essere buono e quando non essere buono, come fa
Caterina, e sa bene che certe volte, per essere un
buon governante, bisogna servirsi di qualità
animali, come l’astuzia e la forza.
Accusata dagli storici di essere un’ “adepta del
machiavellismo”, per il suo oscillare tra le diverse
fazioni e creare disordine per rimanere al potere e
governare, rappresenta a pieno il Principe, dotato
di virtù e fortuna, che la regina tanto ha cercato
di far conciliare durante tutta la sua vita, non
tenuto a mantenere la sua parola se non gli conviene
più, e disposto a fare di tutto per rimanere al
potere, anche essere odiato, come succederà per
Caterina, piena incarnazione della teoria della
ragion di Stato, della realpolitik.
Abile regina, madre viscerale di figli non
all’altezza della sua genialità morirà nel 1589,
troppo presto per veder finire le guerre di
religione, e godersi quella Francia che stava
progredendo verso l’epoca del Grand Siècle,
epoca di cui certamente lei ha messo le basi.
Riferimenti bibliografici:
A. Aubert, P. Simoncelli, Storia moderna, dalla
formazione degli stati nazionali alle egemonie
internazionali. Cacucci Editore, Bari 2015.
A. Necci, Caterina de’ Medici. Un’italiana alla
conquista della Francia, Marsilio, Roma 2019.
B. Craveri, Amanti e Regine. Il potere delle
donne, Adelphi , Milano 2005.