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N. 15 - Agosto 2006

L’ITALIANA CHE GOVERNO’ LA FRANCIA

Intervista al di là del tempo con Caterina de’ Medici, moglie e madre di re

di Alessia Ghisi Migliari

 

E’ vestita di nero, di un’età che non si può dire. I suoi abiti sono di questo colore da secoli, da quando è morto suo marito. Non è bella, nè lo deve essere stata – ma è regale, inevitabilmente. La sua vita è stata grandiosa, senza soste e senza scampo.
Nata tra gli intrighi, salita al trono, di altri troni madre. Non è stata amata ed ancora oggi è considerata donna calcolatrice e spietata, ben dotata di un’anima machiavellica, come ogni italiana rinascimentale che si rispetti.

 

Caterina de’ Medici adesso ha finalmente tempo di parlare, concede un gesto gentile, fa cenno di sedere.

 

Maestà, scusate se non non ci è noto come ci si comportava al vostro cospetto. Ma siamo qui per avere le vostre parole, la vostra vita da spiegare, dopo tanto silenzio.

 

Non temete delle usanze, se esse non seguono l’etichetta di corte. So esservi altre abitudini, ormai, presso di voi.
Ma io sono qui, vittima quieta del clamore che ho sollevato.

E non penso potessi fare altro. Io venni al mondo unica erede legittima della prestigiosa schiatta fiorentina, che tanta gloria, anche senza blasone, portò al nostro popolo.

Mio padre, Lorenzo, nipote del Magnifico e mia madre, principessa francese, mi lasciarono orfana entrambi, quando ancora ero in fasce.

E fui, da quel momento, al centro di cospirazioni e progetti matrimoniali, che fecero di me, nemmeno fanciullina, pedina delle brame politiche di chi si occupava del prezioso fardello che ero.

 

In voi è molto profonda la consapevolezza del vostro valore...

 

Non potrebbe essere diversamente. Mi è stato assegnato un arduo e penoso compito, il mio lignaggio non mi avrebbe mai permesso di fallire.

Vidi appunto la luce nel 1519, e di me si occupò, intrigante e ambiziosissimo uomo, Giulio, nipote bastardo del Magnifico. Aveva la porpora cardinalizia senza nemmeno essere sacerdote, e si preoccupò alquanto di seguire la mia crescita, accanto a papa Leone X, anche lui membro della nostra famiglia. Quano il Pontefice morì, si volle occupare del mio germogliare sua sorella, Lucrezia Salviati, anche se mio tutore fu il duca d’Albany.

Potevo valere molto, ancorchè piccola e non particolarmente graziosa. La mia razza era potente, avevo infinite strade innanzi.

 

E poi vi erano Ippolito e Alessandro.

 

Oh Ippolito!, quale magnificenza!, che elevato spirito e che figura di valore...lo amai molto, innocentemente, nei palpiti intensi della giovinezza. Aveva cultura, come si confaceva a un Medici, visto che tale era, sia lui che Alessandro. Non legittimi, ma comunque parenti. Presso di noi, il sangue era sangue. Ma Alessandro, figlio del furbo Giulio e di una donna mora, era stolto e incapace, e invero quando Firenze sarà in seguito fra le sue mani, causò rivolte e odio.

In molti speravano in un’unione fra Ippolito e me, la “duchessina”, come venivo chiamata, per via che il mio degno padre era duca di Urbino.

 

Poi fu proprio Giulio, il suo spregiudicato angelo custode, a raggiungere ben altre cime.

 

Giunse al soglio pontificio.

Clemente VII, lui che di clemenza conosceva assai poco.

Sapeva affabulare e ingannare, e faceva sembrare che il suo appoggio fosse sia per Carlo V che per Francesco I...adorava il potere, e lo sapeva giocare. Seppe anche salvarsi quando, in quello che voi chiamate “sacco di Roma”, nel 1527, fu fatto praticamente prigioniero della furia lanzichenecca.

Per quel che mi riguarda, il mio peregrinare tra Firenze e Roma ebbe un brusco fermarsi, quando proprio a causa della ferocia e stoltezza di Alessandro, la mia città natia si ribello a un Medici.

Fui accolta presso le suore domenicane e, in seguito, per via della peste, venni accudita dalle sorelle del convento delle “murate”, dove ebbi cura e affetto, e non ebbi timore, per la prima volta da che avevo aperto i miei occhi.

 

A quattordici anni, però, andò in moglie a Enrico II di Francia.

 

Mon Dieu...Enrico...il mio matrimonio fu contrattato con ogni sorta di nobile fanciullo da che avevo tre anni appena.

Infine, divenni la promossa sposa del figlio cadetto di Francesco I di Francia, uomo bellissimo d’aspetto, baldanzoso e gioviale nei modi. Ma sarebbe arduo descriverlo senza dilungarsi. Re Francesco I mi trattò come figlia, e io lo accompagnai spesso, affini per il nostro amore per la cultura e l’intelligenza, due doti che io possedevo in abbandonza.

Enrico era assai diverso, turbato e malinconico. Non è difficile da comprendere.

Suo padre venne fatto prigioniero dal suo avversario Carlo V, e venne rilasciato solo in cambio dei suoi due figli...fu cosa atroce e spiacevolissima. I due poveretti erano assai giovani, e furono lasciati in un’umida stanza per anni e anni. Quando tornarono, sia il delfino che il mio futuro sposo, quasi non sapevano più parlare. E, soprattutto, per essere riaccolti nella loro terra, fu pagato un cospicuo riscatto, ammorbidito solo dal matrimonio che Francesco I acconsentì di contrarre con Eleonora, la dolcissima e ben poco avvenente sorella di Carlo V.

Il marito che mi ritrovai, ancora ignara delle umane vicende, portava in sè pensieri cupi e ferite che non sarebbero mai guarite. Ma io ne fui pazza d’immediato, dalla prima notte, fino alla fine.

Anche se lui aveva il suo cuore bene altrove.

 

Diana de Poitiers

 

Proprio lei. Il mio fu un matrimonio a tre.

Enrico la amava da quando, giovanissimo, lei lo salutò con tenerezza, il giorno in cui fu portato alla sua prigione. La signora aveva venti anni più di lui, ma ciò non frenò il suo ardore, e appena ne ebbe l’età, la fece sua amante. E tale rimase sempre.

La sua bellezza non sapeva sfiorire, e fu per me perenne croce, il dover convivere con lei. Seppe essere saggia ed io pure. Ero una maestra nel dissimulare. Ma non era crudeltà, la mia. Era capacità di sopravvivenza e volontà ferrea nel non perdere un potere che un giorno sarebbe stato del frutto dei miei lombi, visto che il fratello maggiore di mio marito morì.

Diana stessa, consapevole della posizione di Enrico, gli suggeriva di venire nel mio talamo ad assolvere il suo dovere. Seppe consigliarlo, e io finsi. Finsi, esercitando su me stessa un controllo enorme. Fu lei, poi, a crescere i miei figli...figli che tardavano ad arrivare.

 

Per dieci anni voi non aveste eredi

 

Mi credevano sterile. La morte di Clemente VII aveva fatto decadere le promesse di terre per cui Francesco I, sempre smanioso di avere il milanese e il napoletano, aveva acconsentito a darmi al proprio figlio. Quando si vide che non ero nemmeno in grado di concepire, divenni inutile, schernita per non essere nobile, sempre nel rischio di vedermi dimenticata e persa. Poi, infine, nel 1544, nacque mio figlio, Francesco. Negli undici anni seguenti ebbi ben dieci piccini, di cui sette sopravvissero. Una fecondità tardiva di cui il mio amato suocero sarebbe stato ben orgoglioso. Fra me e lui, come già detto, vi era un affetto senza eguali, almeno lui sapeva vedere in me doti che altri non consideravano. Quando morì, divenni regina. Ricordo ancora lo sfarzo dell’incoronazione del mio signore, e l’emozione della mia, nel 1549.

Ero brutta. Lo fui sempre. Ma madonna Caterina era coltissima e da questo veniva il suo fascino. Sapevo meditare prima di agire, e sapevo essere chiara nell’intelletto, quando c’era bisogno. I sentimenti li ebbi nel petto, ma sapevo lasciarli indietro, se necessario.

Ma ciò non fu abbastanza per l’uomo che fu mio re e mio amato. Diana era il suo tutto, e sin da quando sbarcai a Marsiglia, pronta a conoscere l’uomo che mi era stato dato, capii che non sarei mai stata ben voluta. Mi tenne e mi stimò. E basta.

 

Il vostro consorte morì giovane

 

Lo temevo. I miei indovini avevano vaticinato.

Fui spesso derisa per la mia abitudine italiana del rivolgermi ad astrologi e uomini in grado di premonire. Ma spesso seppero dirmi ed ebbero ragione.

Son sorte tante leggende, circa i poteri occulti di cui mi circondavo!, divenni io stessa strega.

Comunque, Enrico morì in una giocosa tenzone.

Diana scivolò via dalle scene, ma la mia tanto narrata vendetta non agì. Le tolsi una sola proprietà, e lasciai che si ritirasse a vita privata. Non fu generosità, però.

Io ero regina, e tale dovevo apparire.

 

Come regina madre, voi governaste comunque la Francia per lungo tempo

 

Fui madre di tre re. E tutti salirono al trono ancora giovani.

Avevano bisogno di me, e io non avrei mai permesso di vedere i loro diritti usurpati.

Per la loro gloria avrei fatto qualunque cosa. E così è stato.

Francesco II, il mio primogenito, il delfino, visse poco. Era deforme e gracile, e nemmeno l’amore che provava per Maria Stuarda, la sua sposa, lo mantenne in vita.

A lui seguì Carlo IX, per quattordici anni.

Ed infine il mio adorato, Enrico III, bellissimo e intelligente, ma anche egoista, umorale e pericoloso. Di lui si scrisse molto, delle sue stranezze e nefandezze.

Ma io vedevo solo una creatura senza eguali. Grazie a me ebbe anche la corona di Polonia.

 

Ma il vostro regno fu indubbiamente tormentato e violento

 

Erano tempi tormentati e violenti.

Le guerre di religione facevano vittime, molte vittime.

In un certo senso, si potrebbe dire che io fui la prima sovrana a sostenere quella che voi definite “laicità dello Stato”. Vista la mia posizione pericolante alla corte, una volta vedova, non mi feci scrupolo di appoggiare sia i cattolici Guisa che gli ugonotti Borboni. Lo scontro fra queste due fedi erano continui, e tentai di essere conciliante.

Semplicemente, la religione veniva dopo la politica, per me.

Ma tutto ciò che riuscii a ottenere fu la fama di crudele e spietata italiana...la strage di San Bartolomeo, del 1572, ove i cattolici uccisero selvaggiamente gli ugonotti, in occasione del matrimonio di mia figlia Margherita, è ormai nota.

Margherita era andata in sposa al protestanta Enrico di Navarra, ma ciò non servì a portare tolleranza. C’era chi attentava alla nostra corona. E non poteva essere, nessuno poteva permettersi.

Nessuno.

Allenze, tradimenti...necessarie spiacevolezze volte a mantenerci ove eravamo.

 

Ma nemmeno voi foste eterna

 

Morii sola e detestata, nel 1589.

Il mio corpo venne imbalsamato male, venne abbandonato per anni sotto al pavimento di una chiesa, e i miei resti furono dispersi durante la Rivoluzione Francese.

Non ebbi pace.

Il che immagino essere il destino di noi grandi nomi della vostra Storia.

Il mio popolo non amava le mie abitudine, le mie origini, il mio essermi circondata di italiani. Eh sì che, pensate, ho portato loro numerose ricette della mia Firenze, e altre piccole innovazioni...come la forchetta, per esempio...dabbenaggini che mi fanno sorridere. Cotanta costanza e tutto ciò che si dice di buono di me è che insegnai a non usare le mani nel pasteggiare!

 

Quale fu, secondo voi, il vostro grande errore, Maestà

 

Fui obbediente e paziente quando ce ne fu bisogno.

Seppi non guardare in viso chiunque volesse togliere il potere ai miei figli, poi.

Ero dietro di loro, a muovere i fili, a stringerli nel mio abbraccio italiano, io erede di grandi banchieri, amante delle arti e del sapere come i miei avi.

Io, moglie e madre di regnanti.

In grado di fingere e mentire, e sostenere e tradire.

Ma non fui nemmeno mostruosa, se così posso dire.

Solo una madre che dentro aveva tutto il coraggio ereditato dalla sua illustre famiglia.

Non ebbi pietà, è vero.

 

E la sua più grande forza...

 

La stessa cosa...io fui la mia immane forza.

Il mio esistere è stato travagliato. Se non fossi stata così, sin dal primo vagito, mai ce l’avrei fatta.

Mai.

Non pretendo assoluzioni. Non mi interessano.

 

Ma maestà, voi sostenete di aver combattuto ogni battaglia per i vostri figli.

Infine però, eravate voi al governo.

Questa non è sete di potere?, ambizione?

 

Conoscete una grandezza che sia priva di queste caratteristiche ?

Certo, adoravo il potere. Detenerlo, costruirlo, conservarlo.

Ma i miei figli erano parte di me.

Un tutt’uno.

Quindi, la vostra domanda non esiste.

Semplicemente, noi eravamo la Francia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Orieux J., “Caterina de’ Medici”, Oscar Storia Mondadori, Milano 2004

http://www.cronologia.it/battaglie/batta16.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_de'_Medici

http://www.mega.it/ita/gui/epo/medici.htm

http://www.mega.it/ita/gui/epo/medalb.htm



 

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