N. 86 - Febbraio 2015
(CXVII)
CATANIA SOTTERRANEA
LE TERME ACHILLIANE
di Federica Campanelli
L’archeologo
catanese Ignazio
Paternò
Castello,
principe
di
Biscari
(1719-1786),
attraverso
il
suo
scritto Viaggio
per
tutte
le
antichità
della
Sicilia (Napoli
1781),
racconta
del
rinvenimento
di
un
complesso
termale
romano,
d’epoca
tardo
imperiale,
al
di
sotto
della Cattedrale
Sant’Agata
di
Catania.
Egli
chiamo
tale
complesso
Terme
Achilliane.
Queste
riemersero
dai
detriti
accumulati
in
seguito
ai
diversi
fenomeni
sismici
che
coinvolsero
la
città
(soprattutto
i
terremoti
del
1169
e
del
1693),
ma
la
struttura
rinvenuta,
oggi
visitabile,
non
è
che
un’esigua
parte
di
un
grandioso
impianto
termale
che
doveva
estendersi
ben
oltre
l’area
di
piazza
Duomo,
spingendosi
almeno
fino
all’attuale
via
Garibaldi.
Non
si
conosce
la
data
esatta
in
cui
le
terme
furono
costruite,
ma
la
loro
presenza
è
quasi
certamente
attestata
già
dal
IV
secolo,
sulla
base
della
datazione
di
alcuni
elementi
di
reimpiego
presenti
in
Cattedrale
che
potrebbero
ragionevolmente
provenire
proprio
dall’impianto
termale
sottostante.
Il
settore
dell’edificio
oggi
praticabile,
esposto
a
Nord,
è
stato
identificato
nel
frigidarium.
L’ingresso
all’ipogeo
è
consentito
da
un
accesso
di
epoca
medievale
costituito
da
una
piccola
rampa
posta
a
destra
del
sagrato
della
Cattedrale.
Il
percorso
consentito
prosegue
per
un
corridoio
voltato
a
botte
lungo
16
metri
orientato
Est-Ovest
dal
quale
è
possibile
osservare
l’intera
area
del frigidarium.
Questo
si
compone
di
una
grande
sala
a
pianta
quadrangolare
(circa
11,50
X 12
metri)
con
volta
a
crociera
sorretta
da
quattro
pilastri
anch’essi
a
pianta
quadrangolare.
Lungo
la
parete
occidentale
si
aprono
alcune
profonde
camere
disposte
parallelamente,
in
cui
si
può
ancora
apprezzare
l’antico
sistema
di
canalizzazione
e
filtraggio
delle
acque.
Al
centro
dell’aula
è
presente
una
vasca
(piscina)
con
tracce
di
rivestimento
in
marmo;
per
quanto
concerne
l’apparato
decorativo
si
notano
frammenti
di
rivestimento
pavimentale
in opus
sectile e,
su
pareti
e
volta,
deboli
tracce
di
stucchi
raffiguranti
motivi
ornamentali inseriti
in
un
contesto
di vita
agreste
e
di vendemmia.
Dai
soggetti
delle
decorazioni
(eroti,
animali
e
viticci)
è
nata
in
tempi
più
recenti
l’ipotesi
che
il
complesso
possa
esser
stato
un
grandioso
tempio
dedicato
a
Bacco,
fantasia
che
ha
trovato
particolare
successo
tra
gli
abitanti
del
luogo.
Possibili
resti
del calidarium
–
riconoscibili
dalla
pavimentazione
a
ipocausto
–
sono
stati
individuati
nel
1856
sotto
il
palazzo
del
Seminario
dei
Chierici
(lato
Sud
di
piazza
Duomo),
nell’ambito
dell’ottocentesco
riassetto
urbano
che
auspicava
la
realizzazione
di
numerose
opere
pubbliche.
In
quello
stesso
anno
venne
infatti
concessa
la
costruzione
di
una
pescheria
che,
oggi
come
allora,
si
trova
al
di
là
della
galleria
ricavata
dalla
parte
inferiore
del
Seminario.
Nel
434
le
terme
subirono
interventi
di
ristrutturazione
tesi
a
perfezionare
l’impianto
idrico.
Tali
lavori
comportarono
un
innalzamento
del
piano
pavimentale
e
produssero
una
riduzione
del
consumo
di
legna
utilizzata
per
il
riscaldamento.
Tale
rinnovamenti
sono
attestati
da
una
lunga
iscrizione
in
lingua
greca
recuperata
in
frammenti
negli
ambienti
termali,
oggi
parte
dell’importante
collezione
epigrafica
del Museo
Civico
al
Castello
Ursino di
Catania.
L’epigrafe
in
marmo
lunense,
date
le
notevoli
dimensioni
(circa
4,30
metri
di
lunghezza),
era
collocata
con
ogni
probabilità
all’ingresso
delle
terme
e da
essa
si è
ricavato
il
nome
delle
stesse:
ΘΕΡΜΑTAΙ·ΑΧIΛΛΙΑΝΑΙ, Thermatai
Achillianai.
Tuttavia
non
è
dato
sapere
perché
fossero
intitolate
proprio
ad
Achille.
Forse
per
via
del
nome
del
costruttore,
o
per
la
presenza
di
una
scultura
–
tuttavia
mai
rinvenuta
–
rappresentante
l’eroe
greco.
Nel
testo
dell’iscrizione
sono
menzionati
tre
personalità: Flavius
Felix
Eumathius,
governatore
di
Sicilia; Liberalis,
un
notabile
locale
che
partecipò
ai
finanziamenti
dei
lavori;
e il
nome,
non
leggibile,
dell’architetto.
Sul
ruolo
assunto
dal
Liberalis,
gli
epigrafisti
(Kaibel,
Manganaro,
Mazzarino)
si
sono
a
lungo
dibattuti,
proponendolo
in
qualche
caso
(Manganaro)
come
un
possibile
predecessore
di
Eumathius,
oppure
come
amministratore
delle
terme
(Kaibel),
o
ancora
come
vescovo
o
presbiterio
di
Catania
(Mazzarino).
L’iscrizione
così
recita:
“Flavius
Felix
Eumathius,
v.
c.,
consularis
della
provincia
di
Sicilia,
disse:
Secondo
il
vecchio
regolamento,
le
Terme
Achilliane
consumavano...
[ogni
giorno].
Dopo
la
ristrutturazione,
avviata
dal
notabile
Liberalis,
consumavano
[meno.
Il
forno]
bruciava
22
pise
di
meno
per
il
preriscaldamento
e 18
pise
[di
meno
per
il
riscaldamento],
con
il
valore
totale
di
[--
la
somma
che
il
forno]
bruciava
per
il
preriscaldamento
e
per
[il
riscaldamento],
fu
compensata
dal
medesimo
Liberalis
dalle
sue
spese;
[della
ristrutturazione
se
ne
occupò]
l’architetto
[--];
dato
dopo
il
consolato
dell’imperatore
Teodosio
e di
Maximus,
v.
c.”.
Gli
interni
delle
terme
Achilliane
rappresentano
senz’altro
uno
dei
siti
più
suggestivi
della
città
etnea,
e
tanto
fascino
non
poteva
non
incantare
artisti
e
studiosi
che
toccavano
la
Sicilia
nel
loro
Grand
Tour.
Tra
le
testimonianze
più
note
di
questi
viaggi
vi è
quella
del
pittore
e
incisore
francese Jean-Pierre
Hoüel,
che
tra
il
1770
e il
1779
visitò
più
volte
l’Isola
realizzando
alcune
opere
a
guazzo
che
ritraevano
gli
ambienti
delle
terme
e le
sue
decorazioni,
già
ampiamente
compromesse
da
secoli
di
storia
ma
di
certo
più
integre
di
quanto
non
siano
oggi.
Alcune
di
queste
opere
di
viaggio
firmate
da
Hoüel
sono
oggi
conservate
all’Hermitage
di
San
Pietroburgo,
poiché
vendute
dallo
stesso
artista
francese
a
Caterina
la
Grande
sul
finire
del
XVIII
secolo.