N. 94 - Ottobre 2015
(CXXV)
CASTIGLIONE MESSER RAIMONDO
STORIA DI UN BORGO
di Giorgio Giannini
Castiglione
Messer
Raimondo
si
trova
nella
media
Valle
del
Fino,
su
una
collina
alla
confluenza
del
fiume
Fino
con
il
torrente
Pretonico,a
265
metri
sul
livello
mare.
Chiude
con
Montefino
(antica
Montesecco)
la
media
Valle
del
Fino,
prima
che
il
fiume
si
disperda
nella
pianura
verso
Pescara.
Il
Comune
ha
una
superficie
di
30,84
Kmq
e
poco
meno
di
3.000
abitanti.
Il
Patrono
è
S.
Donato
Martire,che
si
festeggia
l’8
agosto.
Lo
Stemma
comunale
ha
una
torre,
che
è
raffigurata
con
le
ali
(come
nello
Stemma
di
Penne)
nella
Sala
Comunale
e
senza
le
ali
(come
nello
Stemma
di
Bisenti)
nella
Chiesa
Parrocchiale.
Il
centro
storico
conserva
la
struttura
medioevale,
con
vicoli
stretti
e
scalinate.
Anticamente
vi
erano
numerose
Contrade
e
quelle
lungo
la
Statale
81 (Piceno-Aprutina)
per
Penne-Chieti
hanno
avuto
un
notevole
sviluppo.
Il
territorio
della
Valle
del
Fino
è
stato
devastato
da
varie
epidemie,
la
più
grave
delle
quali
fu
la
peste
del
1656-57,
in
seguito
alla
quale
sopravvisse
solo
un
terzo
degli
abitanti.
Il
territorio
ha
subito
anche
le
conseguenze
di
alcuni
gravi
terremoti,
soprattutto
nel
Settecento
(devastante
fu
quello
del
1703).
In
passato
vi
si
svolgevano
ben
12
fiere
di
merci
e di
bestiame,
tutte
scomparse
tranne
quella
per
la
festa
di
S.
Donato,
che
una
volta
durava
tre
giorni
(dal
6
all’8
agosto).
Gli
abitanti
si
chiamano
Castiglionesi.
È
nota
la
loro
rivalità
con
gli
abitanti
di
Bisenti
che
li
chiamano
matti
(li
mìtte
di
Castiùne).
Origini
del
nome
Il
nome
deriva
probabilmente
dal
diminutivo
castellio-castellionis=
piccolo
castello
del
termine
antico
latino
castellum=
castello.
La
dizione
Messer
Raimondo
compare
in
un
documento
del
1532
in
riferimento
a
Raimondo
Caldora,
che
ne è
il
Feudatario.
La
denominazione
dell’abitato
ha
avuto,
nel
corso
del
tempo,
numerose
varianti:
nel
Catalogo
dei
Baroni
(Catalogus
Baronum,
detto
anche
quaternus
magne
expeditionis),compilato
nel
1150-1186
sotto
la
dominazione
normanna
per
registrare
la
leva
straordinaria
nelle
Provincie
di
terraferma
del
Regno
di
Sicilia,
è
chiamato
Castellionem.
Nel
Diploma
emanato
da
Carlo
d’Angiò
ad
Alife
il 5
ottobre
1273,
per
costituire
i
Giustizierati
di
Abruzzo
Ulteriore
e
Citeriore
(separati
dal
fiume
Pescara),
è
chiamato
Castellionum;
nelle
Decime
Vaticane
del
1324,
è
chiamato
Castellione.
Successivamente,
è
chiamato
anche
Castilioni,
Castellionem,
Castellioni,
Castiglioni.
Notizie
storiche
La
zona
è
abitata
sicuramente
dalla
preistoria,
al
quale
periodo
risalgono
i
raschiatoi
e le
punte
di
frecce
in
selce
ritrovate
nella
Frazione
S.
Giorgio,
a
554
metri
sul
l.m.
All’età
del
bronzo
finale
ed
all’età
del
ferro
(I
millennio
a.C.)
risale
una
necropoli,
in
cui
sono
stati
rinvenuti
tre
cuspidi
di
freccia,
un
coltellino
in
selce
e
vari
materiali
bronzei:
la
punta
di
una
lancia,
una
fibula
ed
un’armilla.
Un’altra
necropoli
dell’età
del
ferro
è
rinvenuta
nella
Frazione
Piane,
con
una
tomba
di
un
bambino
del
V
secolo,
con
un
ricco
corredo,
conservato
nella
Collezione
Leopardi
del
Museo
archeologico
di
Penne.
Una
tomba
femminile,
risalente
al
VII
secolo
a.
C.,
in
cui
ci
sono
due
fibule
in
bronzo,
con
staffa
a
disco,
è
rinvenuta
nel
1900
nella
Frazione
Appignano
ed è
citata
in
una
relazione
dell’archeologo
Prof.
Edoardo
Brizio
del
1902.Questo
materiale
è
attualmente
disperso.
Anche
nella
località
Selva
Grande,
intorno
al
1930,
sono
rinvenute
delle
tombe
del
periodo
italico
ben
conservate,
scavate
nel
tufo,
con
all’interno
resti
umani,
con
corredi
di
armi
ed
oggetti
vari.
Nello
stesso
periodo
è
rinvenuto,
nella
Frazione
S.
Giorgio,
il
basamento
(podium)
in
pietra
di
un
Tempio
italico
del
II
secolo,costruito
in
legno
e
decorato
con
materiale
fittile
(terrecotte
policrome,
che
rappresentano
Artemide
persiana,
con
leone
e
tridente,
ed
altre
decorazioni
della
trabeazione)
pervenutoci
in
parte
e
conservato
nel
Museo
Archeologico
di
Chieti.
Sono
rinvenuti
anche
oggetti
di
bronzo
ed
alcune
monete
del
periodo
romano
repubblicano.
Il
Tempio
è
stato
ampiamente
studiato
ed è
oggetto
di
una
interessante
pubblicazione
a
cura
della
Cassa
di
Risparmio
di
Teramo.
Sull’insediamento
del
Tempio
italico
è
stata
realizzata
nel
periodo
romanico
una
chiesa,
ora
scomparsa,
certamente
un
Monastero
benedettino
dato
che
è
citata
nel
giugno
982,
nel
Chronicon
Cassinensis
(Cronaca
dell’Abbazia
di
Montecassino)
come
possedimento
dell’Abbazia
di
Montecassino,
come
chiesa
di
Sancti
Georgii
de
Colline,
nel
Contado
di
Penne.
Nel
periodo
italico,
Castiglione
fa
parte
della
Vestinia
(territorio
dei
Vestini,
di
cui
Pinna-Penne
è il
centro
principale),separata
dal
fiume
Fino
dal
territorio
dei
Sabini
Adriatici
(l’Ager
Hadrianus)
con
capoluogo
Hadria-Atri,
dal
fiume
Pescara
dai
Marrucini
(di
cui
Chieti
era
la
città
principale)
e
dal
fiume
Vomano
dai
Pretuzi
(di
cui
Teramo
era
la
città
principale).
Castiglione
si
trova
sulla
strada
romana
che
da
Montorio
al
Vomano
(l’antica
Berega)
proseguiva
verso
Penne
(Pinna),
e
che
era
un
diverticolo
della
Via
Cecilia,
che
a
sua
volta
si
diramava
dalla
Via
Salaria
in
località
Ponte
Buida
(vicino
a
Monteleone
Sabino,
l’antica
cittadina
sabina
di
Trebula
Mutuesca).
Un
altro
diverticolo
della
Via
Cecilia,
da
Villa
S.
Romualdo-Villa
Bozza,
si
dirigeva
verso
Hadria-Atri.
Al
tempo
dei
Romani
il
Fino,nel
tratto
inferiore,
segna
il
confine
tra
la
Regione
(Regio)
IV
Sabina
e
Sannio
e la
Regione
V
Piceno.
Successivamente,
nel
periodo
longobardo,il
fiume
Fino,nel
tratto
inferiore,
segna
il
confine
tra
il
Ducato
di
Spoleto
(a
nord)
ed
il
Ducato
di
Benevento
(a
sud).
Castiglione
fa
parte
della
Contea
di
Penne,
che,
insieme
alla
Contea
di
Aprutio
e di
Ascoli,
fa
parte
del
Ducato
di
Spoleto.
Nel
periodo
altomedieovale
(X-XI
secolo)
a
Castiglione
è
stato
costruito
un
Castello,il
Castrum
Castellionis,
citato
nel
Chronicon
Casauriense
(Cronica
dell’Abbazia
di
S.
Clemente
a
Casauria),
redatto
da
Giovanni
di
Berardo
nel
XII
secolo,con
gli
altri
due
Castelli
della
zona:
il
Castrum
Apignani
ed
il
Castrum
Sancti
Georgi,
costruiti
probabilmente
per
difendersi
dai
Saraceni,
che
compivano
frequenti
scorrerie
nella
zona.
Il
Castello
di
Castiglione
probabilmente
apparteneva
al
Monastero
benedettino
di
S.
Giorgio,
ed
aveva
una
notevole
importanza
militare
dato
che
chiudeva
la
Valle
del
Fino
insieme
al
Castello
di
Montesecco
(Montefino),
con
il
quale
costituiva
la
Baronia
di
Montesecco,
in
possesso
degli
Acquaviva.
Il
primo
documento
storico
è
del
1047,
conservato
nel
Monastero
di
S.
Giovani
in
Venere,
secondo
il
quale
il
castellum
Castilioni
appartiene
al
Monastero
benedettino
di
S.
Giorgio.
Nel
1065,
Sassone,figlio
del
Longobardo
Rainaldo,
dona
al
Monastero
di
Picciano
la
sesta
parte
del
Castello
di
Montesecco
con
varie
pertinenze:
alcuni
castelli,
tra
i
quali
quello
di
S.
Giorgio,
oltre
a
chiese
e
molini.
Secondo
il
Catalogo
dei
Baroni
(Catalogus
Baronum),
compilato
negli
anni
1150-1186,
sotto
la
dominazione
normanna,
per
registrare
la
leva
straordinaria
delle
Province
di
terraferma
del
Regno
di
Sicilia,
il
castellum
Castellionem
è
feudo
di
Galgano
di
Collepietro,
figlio
di
Gualtiero,
con
due
militi
(circa
260
abitanti).
Nel
1193,
l’abitato
è
devastato,
come
tutta
la
Contea
(contado)
di
Penne,dalle
truppe
di
Bertoldo
di
Koenigsburg,
al
servizio
dell’Imperatore
Enrico
IV.
Da
quel
momento
la
Contea
di
Penne
diventa
possesso
del
Sacro
Romano
Impero,
anche
se
la
giurisdizione
è
affidata
al
Vescovo
di
Penne,
che
è
“Cappellano
regio”.
Nel
Diploma
emanato
da
Carlo
d’Angiò
ad
Alife
il 5
ottobre
1273,
per
costituire
i
Giustizierati
di
Abruzzo
Ulteriore(con
Capoluogo
Teramo)
e
Citeriore
(con
Capoluogo
Chieti),
separati
dal
fiume
Pescara,
l’abitato
è
chiamato
Castellionum
Domini
Raonis
(Castello
di
Messer
Raone
o
Ragone)
e fa
parte
del
Contea
di
Penne,
nell’Abruzzo
Ulteriore.
Il 9
ottobre
1320,
a
Napoli,
i
Maestri
Razionali
della
Regia
Corte,
stabiliscono
l’importo
della
sovvenzione
annua
di
Castellionum
in
14
once
e 16
grani.
Nelle
Decime
Vaticane
del
26
gennaio
1324,
i
chierici
di
Castellione
versano
alla
Camera
Apostolica
del
Vaticano
la
decima
annua
di
21
tarì.
Nel
1418,
il
Castrum
Castellionis
è
acquistato,
per
2.300
ducati
veneziani
d’oro,con
un
atto
riportato
nel
Salconio,
dalla
Città
(Civita)
di
Penne,
che
acquista,
con
un
altro
atto,
anche
il
Castrum
Appiniani
e
quello
di
Villa
Bozza.
Il
22
luglio
1446,
Alfonso
d’Aragona,
a
Gaeta,
concede
a
Giosia
Acquaviva,
Conte
di
S.
Flaviano,
figlio
di
Andrea
Matteo
I e
quinto
Duca
di
Atri,i
feudi
posseduti
dai
suoi
avi,
tra
cui
Castiglionum.
Il
possesso
degli
Acquaviva
è
confermato
da
vari
atti,
tra
i
quali
importante
quello
del
6
gennaio
1464
con
cui
gli
Acquaviva
sono
investiti
dell’Abruzzo
Ultra(Ulteriore),
con
Atri
e
Teramo,
diventato
successivamente
Regio
Stato
allodiale
di
Atri,
cessando
dalla
servitù
feudale.
Il
27
settembre
1462,
a
Lucera,
il
Re
Ferrante
I
d’Aragona
restituisce
a
Giulio
Antonio
Acquaviva,dopo
averlo
assolto
dal
reato
di
lesa
maestà
ed
in
conformità
con
l’accordo
siglato
con
Giovanni
Antonio
Orsini,
Principe
di
Taranto,
i
possedimenti
del
padre
Giosia,
tra
i
quali
c’è
Castiglioni.
La
restituzione
è
confermata
dal
Re
il 6
gennaio
1464
da
Monopoli.
Nel
1468-69,
Castellioni
de
Messer
Rago
(il
feudatario
del
tempo)
versa
8
ducati
per
il
pagamento
del
mezzo
tomolo
di
sale
di
ottobre
1468,
80
ducati
per
il
terzo
tomolo
di
Natale
1468,
di
Pasqua
1468
e di
Agosto
1469
ed
infine
18
ducati
per
il
tomolo
di
sale
straordinario
di
giugno
1469.
Il
15
maggio
1481,
a
Matera,
Ferdinando
d’Aragona
conferma
il
possesso
della
terra
(territorio)
di
Castellioni
a
Andrea
Matteo
III,figlio
primogenito
di
Giulio
Antonio,
Marchese
di
Bitonto,Conte
di
Conversano
e di
S.
Flaviano
e
settimo
Duca
di
Atri.
Il
15
marzo
1495,nel
Palazzo
reale
di
Castel
Capuano
a
Napoli,
il
Re
Carlo
VIII
di
Valois
conferma
ad
Andrea
Matteo
III
d’Acquaviva
il
possesso
del
Castello
di
Castiglioni.
Nel
maggio
1502,il
Re
Luigi
XII
di
Valois-Orleans
conferma
il
possesso
suddetto.
Il
20
novembre
1506,
nel
Palazzo
regio
di
Castelnuovo
a
Napoli,
il
Re
Ferdinando
d’Aragona
(il
Cattolico)
restituisce
a
Matteo
Andrea
III
i
suoi
feudi,
in
seguito
agli
accordi
della
Pace
di
Blois
con
il
Re
Luigi
XII
di
Valois-Orleans,
secondo
la
quale
i
nobili
che
avevano
parteggiato
contro
di
lui
dovevano
essere
reintegrati
nei
loro
possedimenti.
Nel
1526,
Castiglione
adotta
propri
Statuti
per
regolamentare
sia
l’amministrazione
pubblica
che
la
vita
quotidiana,
i
cosiddetti
Capitoli
Castiglionesi,
giunti
a
noi
nella
versione
della
trascrizione
notarile
del
1759,
scoperta
nella
Biblioteca
del
Senato
della
Repubblica,
in
cui
è
conservato
come
Manoscritto
n.
519.
Nel
1532,
Castiglione
è in
possesso
di
Raimondo
Caldora,
di
cui
ha
preso
il
nome.
Nel
1567,
Castiglione
ed
Appignano
sono
donati
dal
Re
delle
Due
Sicilie
Filippo
II
al
Barone
Agostino
Scorpioni,di
Penne,
Capitano
dei
Cavalleggeri
Reali.
Il
29.1.1575,
arriva
a
Castiglione,
provenendo
da
Penne,
il
Domenicano
Serafino
Razzi.
In
quel
periodo,
il
Feudatario
è
Gregorio
Scorpioni.
Il
giorno
seguente,
fonda
la
Compagnia
(Confraternita)
del
SS.
Nome
di
Dio
ed
il
giorno
successivo
rivitalizza
la
Confraternita
del
SS.
Rosario.
Nell’ultimo
decennio
del
XVI
secolo,
opera
nella
zona
il
capobrigante
Marco
Sciarra,
capo
di
una
banda
con
alcune
centinaia
di
uomini
(si
dice
addirittura
800),
che
si
fa
chiamare
il
Re
della
montagna.
Il
Consigliere
Regio
di
Chieti,
Carlo
Gambacorta,
muove
contro
di
lui
con
un
gran
numero
di
soldati
e di
volontari
e lo
costringe
a
riparare
nello
Stato
Pontificio,
dove
però
è
ricercato
anche
dalla
Polizia
locale,
dato
che
il
Papa
Sisto
V
combatte
il
brigantaggio.
Così,
Sciarra
è
costretto
a
rientrare
nel
Regno
di
Napoli.
Nel
1621,
una
grave
carestia
colpisce
tutta
la
regione
pennese,
provocando
la
morte
di
migliaia
di
persone,
per
la
fame
e le
malattie.
Nel
1627,
si
verifica
un
forte
terremoto,
che
causa
molte
vittime.
Nel
1656-57,
si
diffonde
la
peste,
che
causa
la
morte
di
oltre
un
terzo
della
popolazione.
Nel
1669,
ha
la
portolania
di
Castiglione
Tito
di
Leone.
Il
Settecento
inizia
con
il
disastroso
terremoto
del
1703,
che
è
devastante.
Nel
1713,
il
territorio
è
colpito
da
una
grave
carestia.
Nel
1760,dopo
l’estinzione
della
Casata
degli
Acquaviva,
non
avendo
la
Duchessa
Isabella
Acquaviva
eredi,
lo
Stato
di
Atri,
di
cui
fa
parte
Castiglione,è
devoluto
al
Regno
di
Napoli.
Nel
1760,
Governatore
del
Distretto
di
Castiglione
e di
Montesecco
(Montefino)
è
Gaspare
Antonio
Perazza
di
Città
S.
Angelo.
Nel
1774,
c’è
di
nuovo
la
carestia
in
conseguenza
di
un
cattivo
raccolto.
Nel
1795,
Castiglione
è
terra
regia
allodiale,
dello
Stato
di
Atri,
con
oltre
2.000
abitanti.
Nel
1798,
è in
possesso
della
baronessa
Maddalena
Castiglione
(un
casato
pennese).
Nel
1798,
arrivano
i
Francesi,
portatori
degli
ideali
della
Rivoluzione,
i
quali
piantano
in
tutte
le
città
e
paesi
l’Albero
della
Libertà.
Però,la
popolazione
abruzzese,
come
quella
del
resto
del
Meridione,
è
tenacemente
attaccata
ai
valori
tradizionali
cattolici
ed
alla
dinastia
dei
Borboni,
per
cui
ben
presto
si
ribella
all’occupazione
francese,
che
peraltro
ha
già
dato
origine
alla
diffusione
del
fenomeno
del
brigantaggio,soprattutto
per
sottrarsi
agli
obblighi
della
leva
militare.
Nel
1807
e
nel
1810,
Castiglione
è
saccheggiato
dalla
banda
dei
briganti
guidata
dai
fratelli
Matteo
e
Venanzio
Sciabolone.
La
repressione
del
brigantaggio
da
parte
dei
Francesi
è
molto
dura:
i
briganti
catturati
sono
condannati
a
morte,
mediante
impiccagione,
ed
il
loro
corpi
sono
lasciati
appesi
agli
alberi
per
alcuni
giorni,
come
monito
per
la
popolazione.
Nell’Ottocento,
anche
in
seguito
all’arrivo
dei
Francesi,
si
diffonde
in
Abruzzo
la
Carboneria,
che
è
particolarmente
attiva
a
Castiglione,dove
c’è
la “vendita”
denominata
Auspici
della
Fortuna,
di
cui
è
Gran
Maestro
l’agrimensore
Domenicantonio
Toro.
Della
“vendita”
fanno
parte
anche
il
Medico
Condotto
Serafino
Giuliani
e
suo
fratello
Vincenzo,
Domenico
Luciani,
Nicola
Moschetta
(Tenente
delle
Guardie
Provinciali),
Pietro
Giovanni
Piccirilli,
Domenico
Simoni
(Capitano
delle
Guardie
Provinciali),
Francesco
Simoni,
Don
Michele
De
Paulis
(Vicecurato
della
Parrocchia),
i
Frati
Alberto
Manna
e
Martino
Luciani
(
entrambi
ottuagenari).
Toro
ne
diventa
il
Gran
Maestro,
con
una
solenne
cerimonia
religiosa
celebrata
nella
Chiesa
Parrocchiale
di
S.
Rocco
dal
Vicecurato
Michele
De
Paulis.
Nel
1814,
Toro
diventa
uno
dei
Capi
dell’insurrezione
“anti
murattiana”
(contro
Gioacchino
Murat,
nominato
da
Napoleone
Re
di
Napoli),
dato
che
i
Francesi
hanno
tradito
gli
ideali
di
libertà,uguaglianza
e
fratellanza
portati
nel
1798.
Toro,fallita
la
sollevazione
antimurattiana,
è
catturato
e
rinchiuso
nel
carcere
del
Coccodrillo,nel
Castello
de
L’Aquila.
Condannato
a
morte,
la
moglie
Maria
Nicola
Ruscitti,
riesce
a
salvarlo,
pagando
un
forte
riscatto.
È
liberato
nel
1815,
dopo
la
restaurazione
borbonica,
e
continua
la
suo
impegno
politico
per
la
democrazia
e la
libertà,
partecipando
ai
moti
del
1820,
del
1837
e
del
1848.
Muore
a 93
anni,
il
12
febbraio
1865.
Dopo
la
restaurazione
borbonica,
vari
Castiglionesi
partecipano
ai
moti
democratici
del
1820,
del
1837e
del
1848.
Nel
1833,
è
aggregata
a
Castiglione
l’Università
(Comune)
di
Appignano,
che
negli
anni
precedenti
era
stato
aggregato
al
Comune
di
Bisenti.
Dopo
l’unione
al
Regno
d’Italia,
continua
la
protesta
filoborbonica
della
popolazione
locale
(come
anche
di
altre
regioni
del
Sud),
tanto
che
il
Governatore
di
Teramo
è
costretto
a
chiedere
l’intervento
delle
truppe.
Nel
1927,
con
la
costituzione
della
Provincia
di
Pescara,
Castiglione,
pur
facendo
parte
del
Circondario
di
Penne,
che
è
aggregato
alla
nuova
Provincia,
rimane
con
la
Provincia
di
Teramo
(che
è il
Capoluogo
dell’Abruzzo
Ulteriore
Secondo).
L’8
giugno
1923,
è
inaugurata
solennemente
la
Scuola
elementare
intitolata
all’eroe
dell’Insurrezione
antimurattiana
del
1814,
Domenicantonio
Toro.
Durante
la
seconda
guerra
mondiale,nella
notte
tra
il
12
ed
il
13
giugno
1944,
la
scuola
è
incendiata
dai
tedeschi
in
ritirata.
Nel
dopoguerra,
in
seguito
al
fenomeno
dell’immigrazione
(sia
verso
l’estero-soprattutto
il
Belgio
e la
Germania
–
che
verso
la
costa
pescarese),
Castiglione
ha
subito,
come
gli
altri
paesi
della
Valle
del
Fino,
un
notevole
spopolamento,
tanto
che
la
popolazione
si è
ridotta,
in
mezzo
secolo,
alla
metà.
Infatti,
nel
1951
aveva
4.213
abitanti,
3.534
nel
1961
e
circa
2.600
nell’ultimo
censimento
generale
del
2001.
Nel
1956
viene
fondata
la
Cassa
Rurale
ed
Artigiana
di
Castiglione
Messer
Raimondo,
che
nel
1996
diventa
Banca
di
Credito
Cooperativo
di
Castiglione
Messer
Raimondo
e di
Pianella.
Le
chiese
La
Chiesa
Parrocchiale
di
S.
Nicola
di
Bari
Vescovo,che
si
erge
nella
parte
più
elevata
della
collina,
dove
anticamente
sorgeva
il
Castello.
È un
grande
edificio,
costruito
in
laterizio
tra
la
seconda
metà
del
XVIII
secolo
e
l’inizio
del
XIX
secolo.
I
lavori
durarono
quasi
un
secolo.
Sono
iniziati
nel
1780
e si
sono
conclusi
nel
1867.
La
facciata
è
coronata
da
un
timpano
semicircolare
sorretto
da
semicolonne,
con
lesene
e
cornici
ai
lati.
Vi
si
accede
da
un’ampia
scalinata
a
doppia
rampa.
L’interno
è a
croce
latina
con
una
grande
cupola
e
l’abside
semicircolare.
Conserva
un
busto
in
legno
di
S.
Nicola.
Conserva
anche
le
spoglie
di
S.
Donato
Martire,prelevate
dalle
Catacombe
di
S.
Ciriaca,
sulla
Via
Tiburtina
a
Roma,
e
portate
a
Castiglione
il
22
luglio
1843,
accolte
con
grande
solennità
dalla
popolazione.
Per
il
notevole
afflusso
di
pellegrini,
la
Chiesa
è
stata
elevata
a
Santuario
di
S.
Donato,
che
è il
più
importante
dell’Abruzzo
dopo
quello
di
S.
Gabriele
ad
Isola
del
Gran
Sasso.
L’altare
di
S.
Donato
è
stato
realizzato
dall’artista
pennese
Angelo
De
Vico
e
presenta
un’iscrizione
che
ricorda
il
sacrificio
fatto
dai
fedeli
per
la
raccolta
dei
fondi
per
la
costruzione
della
Chiesa
che
durarono
molti
anni.
In
una
Cappella
laterale,
è
conservato
il
corpo
di
S.
Donato
Martire.
Vicino
c’è
un
affresco
del
pittore
marchigiano
Sigismondo
Martini,
allora
Direttore
della
Scuola
d’Arte
di
Penne,che
raffigura
il
soldato
Donato
che
ha
la
visione
della
Croce.
L’affresco
è
stato
restaurato
dal
pittore
pennese
Paolo
Bellante.
Nella
chiesa
ci
sono
otto
altari
e
alcuni
quadri
interessanti
tra
cui
una
Pietà
(Deposizione
di
Gesù
dalla
croce)
e l’Annunciazione
(o
Annunziata),entrambe
di
autore
ignoto.
Ci
sono
inoltre
due
quadri
moderni,
opere
della
pittrice
Carlotta
De
Colli,
che
rappresentano
S.
Vincenzo
Ferreri
e la
Vergine
del
Rosario
di
Pompei.
Ci
sono
varie
statue
in
legno:
S.
Donato,
S.
Vincenzo,
S.
Nicola
di
Bari
(reliquario
a
mezzo
busto)
e
l’Addolorata.
Tra
gli
arredi,
c’è
una
croce
processionale
in
argento
e
rame
dorato,
del
Quattrocento
di
scuola
sulmonese,
che
raffigura
nel
lato
anteriore
Cristo
crocifisso
con
alla
sua
destra
la
Vergine
Maria
e
alla
sinistra
S.
Giovanni.Nel
lato
posteriore,
c’è
al
centro
il
Redentore
seduto
ed
alle
estremità
superiori
tre
figure,anch’esse
sedute,
e
nella
estremità
inferiore
una
figura
a
mezzo
busto.
Queste
quattro
figure
probabilmente
rappresentano
i
quattro
Evangelisti.
È
simile
alla
croce
conservata
nella
Chiesa
di.
Maria
delle
Grazie
ad
Atri.
Vi è
anche
un
organo
a
canne
datato
1765.
Nel
piano
inferiore
c’è
la
Cappella
della
Confraternita
del
SS.
Rosario,
in
cui
si
conserva
una
tela
seicentesca
che
raffigura
l’Addolorata
e S.
Rocco
ed
una
statua
lignea,
dipinta
e
dorata,
di
S.
Rocco
ed
un’altra
statua
che
raffigura
S.
Francesco
di
Paola.
Vi è
anche
un
quadro
con
S.
Rocco
e
Santi
(proveniente
dall’antica
Chiesa
di
S.
Rocco),
con
S.
Rocco
che
reca
in
mano
il
Castello
di
Castiglione.
La
Chiesa
di
S.
Donato,
in
località
Piano
della
Fiera
(attualmente
vicino
al
Cimitero,
lungo
la
strada
statale
365).
È
stata
edificata
nel
XV
secolo
e
ristrutturata
nel
secolo
seguente.
È
una
chiesetta
rurale
ad
una
sola
navata
con
capriate
con
mattoni
(formelle)
dipinte.
La
facciata
è
molto
semplice,con
due
finestrelle
laterali
all’ingresso.
All’interno
c’è
un
solo
altare
laterale,
che
risale
al
1734,
con
sopra
una
tela
settecentesca
che
raffigura
la
Vergine
Maria
con
al
lato
i
Vescovi
S.
Nicola
(Patrono
di
Castiglione)
e S.
Biagio
ed
in
basso
S.
Donato
con
un
Angelo
che
regge
un
libro
con
la
mezza
luna.
Presenta
il
sottopassaggio
per
l’entrata
laterale,
detta
“del
perdono”.
In
origine,
davanti,
vi
era
un
porticato
che
è
stato
abbattuto
nel
primo
decennio
del
Novecento
per
allargare
la
Strada
Statale
365.
La
Chiesa
di
S.
Lucia,del
Settecento,
molto
piccola,
ubicata
in
Via
Cavour,
nel
centro
storico,
dalla
facciata
molto
semplice.
Vi
si
accede
attraverso
5
gradini.
Conserva
un
affresco
con
una
rappresentazione
insolita
della
Santa,che
ha
un
atteggiamento
molto
fiero,
con
la
mano
sinistra
sul
fianco
e
con
la
destra
che
regge
un
nastro
da
cui
pendono
gli
occhi.
C’è
anche
un
quadro
ad
olio
che
raffigura
S.
Lorenzo
con
S.
Lucia
alla
sua
destra,
che
riceve
la
palma
da
Gesù
Bambino
in
braccio
alla
Madonna,
dipinto
in
alto.
La
Cappella
di
S.
Antonio
Abate,
consacrata
“alla
Beata
Vergine
ed
al
Divo
Antonio”,
all’interno
del
Palazzo
De
Leone,
nel
Rione
S.
Antonio,nel
centro
storico.
Non
è
officiata.
In
passato,
due
volte
l’anno,
nei
mesi
di
maggio
e di
ottobre,
vi
si
svolgeva
un
Triduo
per
la
Madonna
di
Pompei,
rappresentata
in
un
quadro.
Il
17
gennaio,
vi
si
festeggiava
S.
Antonio
Abate,
di
cui
ci
sono
due
statue:
una
lignea,
posta
sull’altare
ed
un’altra
vestita,
per
essere
portata
nelle
processioni.
La
Chiesa
di
S.
Maria
dello
Spino,
nella
Contrada
Borgo
S.
Maria,
sulla
strada
per
la
Frazione
S.
Giorgio.
È
l’antica
Chiesa
del
Monastero
benedettino
di
S.
Maria
di
Loquiano
(o
Lucuiano
o
Lucusano),
già
possesso
del
Monastero
di
S.
Giovanni
in
Venere,
ristrutturata
ne
secoli
XIII-XIV.
Del
Monastero
rimaneva,
fino
all’inizio
degli
anni
sessanta
del
Novecento,
una
Torre
diroccata
(detta
lu
torriijune).
Probabilmente
è
stata
costruita
sui
resti
di
un
tempio
dedicato
alla
Dea
Diana
Efesina
che
potrebbe
essere
quello
rinvenuto
a S.
Giorgio,dato
che
le
antefisse
di
terracotta
colorata
raffigurano
Diana-Artemide.
Forse
sorgeva
vicino
ad
un
Lucus
Dianae
(bosco
sacro
a
Diana)
da
cui
è
derivato
il
nome
Lucuiano
o
Lucusano.
La
facciata
è
semplice,
con
un
portale
con
arco
a
sesto
acuto,
ed
il
campanile
è
sulla
destra.
All’interno
c’è
un
capitello
in
marmo
bianco,
del
VI
secolo,
ed
una
lastra
di
pietra
bianca,utilizzata
come
altare
(che
probabilmente
appartenevano
ad
una
vicina
villa
romana
e
poi
sono
state
utilizzate
per
la
costruzione
dell’antico
Monastero
benedettino)
ed
una
acquasantiera
rinascimentale,
con
scolpito
sul
fondo
un
vitellino
a
rilievo,
interpretato
come
il
simbolo
dell’Evangelista
Marco.
Sull’altare
c’è
un
quadro
che
rappresenta
in
alto
La
Madonna
con
il
Bambino,
tra
due
Angeli,
ed
in
basso
S.
Michele
con
la
spada
sguainata
contro
il
diavolo
e S.
Giuseppe
che
prega
rivolto
verso
la
Madonna.
A
fianco
dell’altare,
c’è
una
statua
della
Madonna,
opera
di
un
artista
di
Penne,
che
poggia
su
una
grande
pietra
rettangolare
(cm
130
x cm
70),
che
probabilmente
era
la
pietra
sacrificale
dell’antico
Tempio
pagano
sul
quale
è
stata
costruita
la
Chiesa.
Nella
Sacrestia,
c’è
un
altro
altare
formato
da
una
grande
lastra
di
pietra
di
marmo
(cm
180
x cm
67)
sorretta
da
due
colonnine
(cm
78)
di
stile
diverso,
ed
un’altra
lastra
di
pietra
(cm
78 x
cm
57),
che
si
dice
siano
state
portate
dalla
Schiavonia
(Montenegro).
È
anche
detta
la
Madonna
de
la
Vregnalète
perché,
secondo
la
leggenda,
la
Madonna
apparve
su
un
“mazzo
di
spine”
(nu
vregne
de
spine).
La
Cappella
della
Madonna
delle
Grazie,
all’entrata
meridionale
dell’abitato.
Ha
la
forma
di
un’Edicola.
Sull’altare
c’è
un
quadro
ad
olio
che
raffigura
Gesù
Bambino,
sorretto
dalla
Madonna
che
regge
nella
destra
un
giglio,
che
pianta
una
croce
sulla
Terra,
raffigurata
con
un
globo.
La
Chiesa
di
S.
Giovanni
Bosco,
realizzata
nel
secolo
scorso
nella
Frazione
Piane,
lungo
la
Statale
81
Piceno-Aprutina.
È la
prima
chiesa
dedicata
a
don
Bosco
dopo
la
sua
santificazione.
È a
una
sola
navata.
L’Edicola
con
la
Madonnina
del
Grappa,
nel
Parco
della
rimembranza,
realizzato
in
ricordo
dei
caduti
delle
guerre
sotto
il
paese,
in
un
tornante
della
statale
365.
Il
giorno
di
Natale
1935,
mentre
si
celebrava
una
messa,
la
figlia
di
Andrea
Cretarola,
di 5
anni,
scappa
dalle
mani
della
madre
ed
attraversa
la
strada,
dove
sta
transitando
un’automobile.
La
bimba
è
travolta,
ma
rimane
illesa
e si
grida
al
miracolo.
Le
chiese
scomparse
A
Castiglione
sorgevano
le
seguenti
altre
chiese,
andate
distrutte:
- La
Chiesa
di
Sancti
Georgii
de
Colline,
realizzata
nel
periodo
romanico
sul
sito
del
Tempio
italico
di
S.
Giorgio
del
II
secolo,
che
certamente
apparteneva
ad
un
Monastero
benedettino
dato
che
è
citata
nel
Chronicon
Cassinensis
del
giugno
982,
come
possedimento
dell’Abbazia
di
Montecassino.
-
La
Chiesa
di
S.
Maria
in
Loquiano
(o
Lucuiano),
nella
Contrada
Borgo
S.
Maria.
È
citata
nella
Bolla
del
16
giugno
1176
del
Papa
Alessandro
III
all’Abate
del
Monastero
di
S.
Giovanni
in
Venere.
Faceva
parte
del
Monastero
benedettino
di
S.
Maria
in
Loquiano
o di
S.
Bartolomeo,
costruito
nel
VI
secolo,
gli
ultimi
resti
del
quale
sono
stati
abbattuti
negli
anni
60.
Il
nome
della
località
Loquiano\Luquiano\Lucuiano,
chiamata
anche
Lucusano
in
un
documento
del
1279,
si
ritiene
sia
derivato
dal
latino
Locus
Dianae,
perchè
vi
era
un
Tempio
dedicato
a
Diana,
che
potrebbe
essere
quello
rinvenuto
a S.
Giorgio,dato
che
le
antefisse
di
terracotta
colorata
raffigurano
Diana-Artemide.
Attualmente
è la
Chiesa
di
S.
Maria
dello
Spino:
- La
Chiesa
di
S.
Rocco,
che
era
l’antica
Chiesa
Parrocchiale
e
sorgeva
sulla
Piazza.
È
stata
dismessa
al
culto
nel
1867,
dopo
l’inaugurazione
della
nuova
Parrocchiale
poi
diventata
Santuario
di
S.
Donato.
È
stata
utilizzata
come
sede
della
Confraternita
del
SS.
Rosario,
Sacro
Monte
dei
Morti
e
SS.
Nome
di
Gesù.
Andata
in
rovina,
è
stata
abbattuta.
È
stato
eliminato
anche
il
cimitero
che
era
nelle
sue
vicinanze.
Nell’area
è
stato
costruito
l’edificio
scolastico,
intestato
a
Domenicantonio
Toro,Gran
Maestro
della
“vendita”
carbonara
“Auspici
della
fortuna”
ed
eroe
dell’insurrezione
antimurattiana
del
1814.
La
Confraternita
è
stata
trasferita
nella
Cappella
sottostante
la
Parrocchiale-
Santuario
di
S.
Donato.
- La
Chiesa
di
S.
Ippolito,
nel
centro
storico.
È
stata
abbattuta
perché
diruta
e
sul
suo
sito
c’è
ora
una
abitazione.
- La
Chiesa
di
S.
Giuseppe,
sita
nel
Rione
Giardino.
È
una
chiesetta
antica,
ora
adibita
a
magazzino.
- La
Chiesa
del
SS.
Salvatore,
in
Contrada
Vorghe,
dove
la
popolazione
in
passato
si
recava
il
martedì
dopo
la
Pasqua.
I
palazzi
storici
Il
Palazzo
De
Leone
è
stato
costruito
nel
XVII
secolo
nel
Rione
S.
Antonio,
nel
centro
storico,
dalla
nobile
famiglia
De
Leone,
che
aveva
residenze
anche
ad
Appignano
ed a
Penne.
È
attualmente
di
proprietà
della
famiglia
Luciani.
Ha
vari
ambienti
affrescati.
Versa
in
precarie
condizioni,
anche
per
il
recente
terremoto
del
6.4.2009.
All’interno
c’è
la
Cappella
di
S.
Antonio
Abate,
consacrata
“alla
Beata
Vergine
ed
al
Divo
Antonio”,
che
non
è
officiata.
Il
Palazzo
De
Dominicis
è
stato
costruito
nel
XVIII
secolo,nel
centro
storico,vicino
all’attuale
sede
del
Comune,
dalla
famiglia
de
Dominicis,
alla
quale
appartengono
alcuni
personaggi
illustri
di
Castiglione.
Attualmente
appartiene
ad
un’altra
famiglia.
Ha
gli
ambienti
del
primo
piano
affrescati
con
monocromie
a
soggetto
agreste.
Anche
le
stanze
del
piano
superiore
erano
affrescate,
ma
le
pitture
sono
state
coperte
perchè
rovinate
per
le
infiltrazioni
di
acqua
piovana,quando
il
palazzo
era
in
stato
di
abbandono.
Molto
interessanti
sono
i
vasti
locali
seminterrati,
destinati
a
magazzini
e
stalle.
Dalla
terrazza,
molto
grande,
si
gode
un
bellissimo
panorama
del
Gran
Sasso.
Il
Palazzo
Gambacorta,
del
XVIII
secolo,
adiacente
al
Santuario
di
S.
Donato.
È
sede
del
Museo
di
arte
cinese,
allestito
dall’attuale
proprietario,
dott.
Enrico
Gambacorta
che
ha
lavorato
per
molti
anni
nell’Ambasciata
italiana
in
Cina.
Il
Palazzo
Candelori,
costruito
nel
XIX
secolo,
nel
centro
storico,
vicino
al
Santuario
di
S.
Donato,dalla
famiglia
Candelori,
alla
quale
appartengono
alcuni
personaggi
illustri
di
Castiglione.
Ha
alcuni
ambienti
affrescati.
Il
Palazzo
Moschetta,
costruito
nel
XVIII
secolo
dalla
famiglia
Moschetta,
alla
quale
appartengono
alcuni
personaggi
illustri
di
Castiglione.
È
attaccato
al
Santuario
di
S.
Donato
ed
ha
vari
ambienti
affrescati.
Fa
parte
delle
Dimore
storiche
dell’Abruzzo.
Ricordiamo
anche
i
seguenti
edifici
pubblici,
ora
scomparsi:
- l’Asilo
Infantile
intitolato
alla
memoria
della
nobildonna
Luigia
Silvestri,
in
quanto
il
figlio
(il
Cav.
Quirino
Silvestri),
aveva
donato
all’Ente
Comunale
di
Assistenza
ECA
la
notevole
somma
di
300.000
lire;
- la
Scuola
di
Avviamento,
intitolata
alla
memoria
di
Michele
Candelori,medico
Igienista,
che
aveva
utilizzato
le
sorgenti
del
Vitello
d’Oro
nella
Valle
d’Angri.
Riferimenti
bibliografici:
Lamberto
De
Carolis,
Luci
e
voci
di
Castiglione
Messer
Raimondo,
Castiglione
Messer
Raimondo
1959
Donatangelo
Lupinetti,
Castiglione
Messer
Raimondo
e il
suo
tesoro,
Cattedra
Berardiniana,
L’Aquila
1963
Candido
Greco,
Liber
Capitolorum
Universitatis
Terrae
Castileonis
Messer
Raimundi
con
Cenni
storici
di
Castiglione
Messer
Raimondo,
Cassa
Rurale
ed
Artigiana
di
Castiglione,
Castiglione
Messer
Raimondo
1991.
Dalla
Valle
del
Piomba
alla
Valle
del
basso
Pescara.Dizionario
topografico
e
storico,Vol.
II,
Edizioni
Cassa
di
Risparmio
di
Teramo,
Teramo
2001.