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N. 33 - Settembre 2010 (LXIV)

insediamenti tardo-antichi e medievali a Castiglione del Lago
Parte Ii - ANALISI STORICA DEL TESSUTO URBANO

di Michele Broccoletti

 

Le notizie storiche di Castiglione del lago possono principalmente essere individuate sui testi di tre storici: Robert Davidsohn (scrittore del libro “Storia di Firenze”), Girolamo Mancini (“Cortona nel Medioevo”), e Felice Ciatti (“Perugia Pontificia”).

 

Il contributo offerto dai tre storici appare incompleto, e l’autore più preciso in merito è Robert Davidsohn, il quale ci fa capire che, ai tempi di Federico II, la ricostruzione della città-fortezza di Castiglione del Lago, permetteva all’imperatore il libero transito sulla via Firenze-Roma.

 

Anche se non si hanno documenti scritti che attestino una diretta partecipazione di Federico II alla ricostruzione della città lacustre, la morfologia urbana castiglionese resta la testimonianza più attendibile. Il modulo del quadrato, ripetuto sei volte, caratterizza i castelli svevi del sud.

 

Le due cortine della rocca castiglionese, che conducono al mastio, hanno uno spessore di 2,60 metri, dimensione che si trova nel castello di Prato e nelle fortezze meridionali. Questa misura è chiaramente indicata nello spigolo di ponente del mastio castiglionese, che ha le stesse dimensioni della torre che sta a guardia dell’ingresso del castello di Bari.

 

Negli Statuti di Perugia del 1279, alla rubrica numero 40, troviamo scritto quanto segue: “…che quella porta, che è chiamata Porta Imperiale, debba essere chiamata Porta Perugina; e che la Porta, che è chiamata Porta Aretina debba essere chiamata Porta Lacosciana, e qualsiasi persona non debba in altro modo dire e neanche nominare, se non Porta Perugina e Porta Lacosciana. E se qualcuno facesse il contrario, sia comminata a lui una pena nominale in favore del Comune di circa 20 soldi di denari”.

 

Anche quest’interessante documento lascia chiaramente trasparire la matrice federiciana di Castiglione del Lago. Se il paese fosse stato ricostruito dai Perugini, acerrimi nemici degli imperiali ed Aretini, non avrebbero dedicato loro due Porte della città lacuale. Nelle rubriche 36, 60, e 66 degli Statuti di Castiglione del Lago si attribuisce al paese il nome di Castello del Leone.

 

Sappiamo che le città fondate da Federico II portano in genere nomi classici quali: Augusta, Eraclea, Cesarea, Vittoria; o nomi quali Terranova (attuale Gela), Monteleone ed Alitea in Calabria, Altamura in Puglia. Si può quindi pensare ad una fondazione federiciana di Castiglione del Lago con il nome di Castello del Leone.

 

Con la sconfitta e la distruzione di Vittoria però, nel 1248, l’astro di Federico II cominciò la sua parabola discendente. Rientrato nel sud, Federico II morì in Puglia nel 1250. I lavori del castello di Prato non vennero mai ultimati, ed ancora oggi si vedono i peducci incastrati nei muri del cortile per sostenere volte di chiostri che non verranno mai realizzati.

 

Anche se a Castiglione del Lago erano ultimati i lavori di costruzione delle mura di cinta della rocca e definiti i tracciati stradali con le relative piazze, si doveva ancora fare molto nel settore abitativo, quando Perugia ritornò in possesso del paese. C’è altresì da notare che i Perugini non alterarono il primitivo impianto urbano ma lo portarono anzi a termine.

 

Altro problema importante è l’individuazione dell’urbanistica che in maniera geniale riuscì a fondere gli elementi architettonici del nord-Europa con i moduli quadrati del sud-Europa. Quasi sicuramente l’urbanista di Castiglione fu frate Elia da Cortona.

 

Frate Elia si trovava a Cortona già nel 1239, anno in cui fu sospeso dai lavori della basilica di San Francesco di Assisi. Nel 1245, a Cortona, frate Elia aveva dato inizio alla fabbrica di San Francesco.

 

Le chiese di Cortona ed Assisi, dedicate a San Francesco, hanno diversi elementi in comune con l’urbanistica castiglionese e con le architetture federiciane. Nella chiesa di San Francesco di Assisi, strutturata ad una sola navata con transetto, il modulo quadrato è stato ripetuto cinque volte, più una metà che interessa l’abside.

 

La chiesa di San Francesco di Cortona è ancora più semplice: è caratterizzata da una sola navata ed ha l’abside rettangolare.

 

Per ottenere questo, frate Elia ha utilizzato il modulo quadrato tre volte in senso trasversale, e nove in senso longitudinale. In questa costruzione, lo sviluppo longitudinale dello spazio gotico è esaltato dalla semplicità della struttura.

 

Nella basilica del Murgo, realizzata nel 1224, che sorge a pochi chilometri da Augusta, si ritrova la stessa concezione spaziale espressa nelle due chiese francescane. Le somiglianze non sono casuali: frate Elia doveva conoscere bene quest’architettura religiosa, così come il castello di Augusta e quello di caccia di Lagopesole, che si sviluppa secondo una pianta rettangolare.

 

Salimbene ci dice che frate Elia lasciò Cortona diretto in Sicilia. Il viaggio del frate verso l’isola nel 1247, sarebbe privo di motivazioni: Federico II era, infatti, in quel periodo impegnato nell’assedio di Parma.

 

E’ logico quindi congetturare un errore da parte dello storico e pensare alla presenza di frate Elia in Castiglione, visto che alla ricostruzione della città-fortezza presero parte, oltre agli imperiali, anche i ghibellini Aretini e Cortonesi.

 

D’altro canto sappiamo come al servizio di Federico II lavorassero diversi frati-architetti, provenienti da badie cistercensi. In questa ipotesi ci viene incontro Maselli che parla di una partecipazione di frate Elia (negli ultimi anni della sua vita) alla realizzazione di fortificazioni imperiali.

 

Secondo lo stesso Maselli, frate Elia con ogni probabilità nacque ad Assisi da un’agiata famiglia che gli permise di dedicarsi a Bologna agli studi per diventare notaio. Nel 1217 San Francesco lo inviò come ministro provinciale in Terra Santa, che era la più grande ed importante provincia spirituale creata dal Santo. Egli ha sempre avuto grande importanza, al punto che dopo la morte di Francesco assunse la guida dell’ordine.

 

Riprendendo l’analisi del tessuto urbano, possiamo ripartire dalla certezza secondo la quale, in linea di massima, nelle città medievali, il tessuto urbano era adattato all’orografia del sito.

 

Per Castiglione si eseguì l’operazione inversa: il sito è stato adattato al disegno che si voleva realizzare, mediante un poderoso lavoro di livellamento. Gli imponenti lavori di costruzione si protrassero per anni e richiesero l’impiego di una numerosa manovalanza.

 

Si cercò infatti di livellare il colle ed eliminare le due cuspidi, che ancora oggi invece, sono presenti in corrispondenza di piazza Mazzini e del mastio.

 

All’orografia del sito, che impose una pianta rettangolare difficile da difendere, vi fu una risposta tecnicamente geniale e formalmente pregevole, costituita dalla creazione di un dislivello di circa 6 metri tra il piano di campagna e quello dell’abitato. Il paese risultò così inespugnabile, tanto che, solo la fame ed il tradimento, nei secoli successivi, hanno permesso la sua capitolazione.

 

Nel 1299 Ruggero Montemelini, podestà di Castiglione, ricevette dai consoli di Perugia l’ordine di costruire, a scopo difensivo, un istmo ai piedi del colle; ma il Montemelini non credette opportuno dar corso all’opera, perché Castiglione appariva già fortificato a sufficienza.

 

Tre secoli dopo Scipione Tolomei, segretario dei della Corgna, in una lettera così scriveva, facendo precisi riferimenti a particolarità urbanistiche del paese; “Castiglione… con le mura di terra tutte ripiene…; c’è una rocca ben munita che lo fa inespugnabile”. Anche nel XVIII secolo, Leone Pascoli nel suo “Testamento Politico” sosteneva che la fortezza di Castiglione “…se non supera, uguaglia qualunque altra d’Europa”.

 

In questo secolo, diversi paesi della Val di Chiana acquistarono la forma urbana che ancora oggi li caratterizza. Il tessuto cittadino fu diviso in strade principali e vicoli secondari, rispondenti all’uso che ne facevano i cavalieri ed i pedoni.

 

La classe dominante costruì le proprie abitazioni lungo la strada più importante, al fine di dominare il transito ed usufruire dei vantaggi strategici che il possesso dei cavalli le permetteva nella guerriglia urbana.

 

La parte abitata dai pedoni era invece formata da vicoli stretti, in forte pendenza, con scale e vie cieche: un tessuto spezzato adatto alla difesa di uomini a piedi contro i cavalieri.

 

A Castiglione del Lago, il tessuto urbano così gerarchizzato fu sovrapposto allo schema triangolare elaborato da frate Elia. La tripartizione traeva origine dalla divisione della società in ecclesiastici, guerrieri e contadini. Allo stesso tempo il triangolo simboleggiava il rapporto di dipendenza e armonia della città con l’ordine celeste.

 

Frate Elia, che si richiamò a modelli etruschi, sosteneva che ogni paese doveva avere tre porte, tre chiese, tre strade. Questo metodo applicato a Castiglione subì delle varianti, rispetto ad un intervento simile operato a Cortona nel 1245, sotto la guida dello stesso frate.

 

Nella città toscana furono aperte tre porte, mentre le diagonali del triangolo da esse generate vanno ad incontrarsi nel punto in cui sorge la torre pubblica. Le chiese furono sistemate sulle diagonali.

 

Anche a Castiglione le diagonali del triangolo costruite sulle tre porte vanno ad incontrarsi sul punto in cui si eleva la torre pubblica, ma le tre chiese furono disposte non sulle diagonali del triangolo, bensì su quelle di un quadrato, che è il generatore di uno schema a traliccio di provenienza lucchese e di origine nordica.

 

A Castiglione, nella sistemazione delle chiese, il progettista si lasciò influenzare dalla posizione dell’esistente chiesa di Sant’ Agostino e da quella della rocca: per questo motivo all’altra fabbrica religiosa assegnò la stessa posizione sulla diagonale del quadrato.

 

Volgendo le spalle a Porta Senese, Santa Maria Maddalena è sistemata sulla diagonale sinistra del quadrato, così come volgendo le spalle a Porta Imperiale, la chiesa di Sant’Agostino si trova nella prima diagonale sinistra del quadrato.

 

La pianta della torre del Palazzo del Popolo è la generatrice dell’impianto a traliccio. Il modulo quadrato che genera lo schema a traliccio è stato ripetuto sei volte, originando così un rapporto di 1/6 fra larghezza e lunghezza del paese.

 

La principale piazza di Castiglione fu costruita sul punto più alto del colle al fine di realizzare un più stretto raccordo tra la città terrena e quella divina.

 

La piazza inoltre rivestiva un’importante funzione sociale, perché vi si esplicavano le principali attività del paese. Piazza Mazzini è delimitata da due strade assiali, in cui è inserito scenograficamente il Palazzo del Popolo, che la domina.

 

La torre del palazzo è inoltre sbaricentrata verso il corso, ed ha la funzione ulteriore di sottolineare la maggiore importanza del corso su via del Forte. Nella stessa piazza, accanto al Palazzo del Popolo, che rappresentava il potere civile e quindi la città terrena, doveva sorgere la cattedrale, che rappresentava il potere religioso quindi la città celeste.

 

Ancora una volta il progettista diede un’interpretazione personale, sistemando il Palazzo del Popolo e la cattedrale sullo stesso lato di un quadrato del traliccio reticolare, e non sulla diagonale come solitamente si faceva.

 

L’inserimento dei due edifici sullo stesso lato del quadrato, può interpretarsi come un tentativo ben riuscito di attribuire un’eguale importanza al potere civile e a quello religioso. Tuttavia la cattedrale fu iniziata ma mai ultimata. Importante era la funzione che la principale piazza assolveva per le pubbliche assemblee ed il mercato: a Castiglione vi si poteva accedere da una galleria realizzata sul fianco dell’erigenda cattedrale. La piazza fu progettata per una capienza massima di 600 persone: si calcolava, infatti, che un uomo armato occupasse lo spazio di 1 metro quadrato.

 

La piazza fu anche studiata come spazio commisurato agli edifici che ne determinano il perimetro. La dimensione dominante del Palazzo del Popolo è quindi quella della larghezza, e quella della cattedrale la profondità, mentre la torre civica e il campanile della cattedrale formavano gli elementi equilibratori delle dimensioni fisiche orizzontali.

 

Nella piazza vi è un asse di riferimento, dove convergono le vie e che subordina a queste il rimanente tessuto cittadino. Preciso è il rapporto gerarchico tra la piazza principale e le altre minori: la larghezza della piazza delle Erbe è 1/3 di quella Mazzini, mentre piazza Caporali è 2/3, aveva la forma di un triangolo equilatero e fu ricavata nel punto d’incontro delle diagonali del quadrato. Tutte e tre le piazze sono tangenti agli assi stradali.

 

La piazza rappresenta il più felice esempio di opera aperta del Medioevo: chiunque poteva accedervi, parlarvi, ricevervi informazioni e partecipare ai mercati settimanali.

 

L’andamento delle strade è determinato da linee rette spezzate, dovute alla variazione di visuale dei singoli edifici, mentre la larghezza delle vie fu determinata dal traffico, a piedi o a cavallo, che dovevano sopportare questi tracciati stradali che nei secoli successivi sono stati alterati e diminuiti da nuove costruzioni.

 

Gli isolati sono elementari, scanditi da forme geometriche pure come quadrati e rettangoli, che formano le abitazioni. In questi isolati esistono precisi rapporti di proporzionalità fra la loro lunghezza e larghezza: si hanno così i vari 2 e 2,5 ed i loro doppi 4 e 5.

 

La struttura residenziale è quella delle case-torri, caratterizzata da edifici di tipo monofamiliare, formati da poche stanze collocate a diversi piani e collegate con una ripida scala interna, mentre al piano terreno è situata la bottega artigiana. Le abitazioni non vennero costruite lungo le mura di cinta per motivi difensivi e per motivi tecnici, in quanto il terreno lungo le mura era stato riportato, quindi inconsistente ed incapace di sopportare pesi elevati.

 

Il sistema difensivo fu invece organizzato sulle mura di cinta e sulla rocca. Le torri sono state disposte secondo uno schema radiale che fa capo alla torre del Palazzo del Popolo.

 

Come nel centro abitato, anche nella rocca furono aperte tre porte: la Porta di Levante (della rocca) con la Porta Senese, costituiva l’asse portante della maglia urbana castiglionese.

 

La superficie della pianta della città-fortezza è stata divisa in due parti uguali, di cui una metà destinata alle abitazioni e l’altra metà libera per organizzare la difesa. La parte libera è ancora a sua volta divisa in tre parti uguali e quella terminale sul lago è stata occupata dalla rocca.

 

Come sulla piazza si era attribuito uguale importanza al potere religioso e a quello civile, ugualmente nella planimetria generale del paese, fu destinato il medesimo spazio all’attività abitativa e a quella militare.

 

La rocca ha la forma di un poligono irregolare ai cui vertici vi sono le torri, dominate dall’imponente mole a pianta triangolare del mastio, i cui spigoli sono orientati verso nord, ovest e sud.

 

A Castiglione del Lago si è ripreso il concetto di “bello” come armonia di proporzioni e si è applicata questa teoria sul piano urbanistico. La bellezza viene determinata attraverso l’oculata dosatura dei suoi elementi costitutivi, cioè la distribuzione dei moduli che stanno alla base della completa incastellatura proporzionale. Le proporzioni non sono rigide, ma applicate con elasticità: viene così realizzato un rapporto di globalità fra le diverse parti, raggiunta una sorta di musicalità, un’anticipazione di qualche anno sul concetto di bello e di proporzione teorizzato da Tommaso d’Aquino.

 

Varianti al tessuto urbano furono apportate nel 1325 da Lorenzo Maitani che si portò a Castiglione da Orvieto, dove lavorava sulla facciata del duomo.

 

L’architetto senese sovrappose alla planimetria un fuso, innalzando ai vertici della diagonale minore due porte-torri, in aggiunta a quelle che ai vertici di quella maggiore erano già presenti. Maitani chiuse la Porta dell’Imperatore ed ampliò di poco la zona abitativa. Le forme della Porta Perugina, che privilegiano la dimensione verticale, sono uno stimolante richiamo alla facciata delle cattedrali di quel secolo. Questa struttura è una felice sintesi della porta di San Bartolomeo a Montefalco.

 

A Castiglione restano le tre finestre simmetriche dove erano collocate le bertesche, mentre i modiglioni sono trasposti internamente. Esternamente la porta è incorniciata da un arco a sesto acuto ribassato, tipico del gotico toscano, edificato in conci d’arenaria.

 

In simmetria a questa porta, l’architetto ne costruì un’altra con le stesse caratteristiche. Sono ancora visibili alcuni modiglioni incorporati nella torre del Grifo. Dello stesso autore è la Porta Pusterla, (che permette l’ingresso alla rocca) caratterizzata da un arco ogivale e sovrastata da un cordone di beccatelli con caditoie. Davanti alle porte furono costruite delle carbonaie, per meglio difendere il paese da eventuali attacchi.

 

Nel 1480 la rocca fu restaurata ed il mastio fu munito di merli da Simone di Matteo Lombardo, mentre l’attuale Torrione fu realizzato nel 1488.Più tardi alcune torri del paese, a pianta quadrata, furono sostituiti con bastioni cilindrici (tendenza rinascimentale), che opponevano maggiore resistenza all’urto delle palle di cannone e venne chiusa la Porta di Levante.

 

Nelle mura vennero inserite delle feritoie a buco di chiave, per consentire nella difesa l’uso delle armi da fuoco. Le mura divennero il simbolo tangibile della città idealizzata, in cui risiedeva il potere civile e religioso ed era amministrata la giustizia. Vi si trasmetteva inoltre la cultura e l’inurbato vi si sentiva sicuro. Il contadino poteva trovarvi rifugio per difendersi da predoni e scorrerie, allora frequenti.

 

Trasformata la città in isola a seguito dell’interruzione fra murato e paesaggio naturale, le mura contribuiranno però anche ad originare due mentalità contrapposte: quella del cittadino, che si appropriava dei prodotti della campagna ed aveva il diritto di non lavorare, e quella del contadino, psichicamente e fisicamente represso, in balia degli agenti atmosferici, privo dei mezzi di produzione, che per sopravvivere doveva subire il vergognoso stillicidio dello sfruttamento quotidiano, ed aveva il dovere di lavorare vita natural durante.

 

Per quanto concerne il rifornimento di viveri, la città dipendeva dalla campagna e per questo doveva controllare un territorio più o meno grande. A differenza della città greca però non concesse parità di diritti agli abitanti della campagna e la città rimase così chiusa, mentre la politica fu determinata dagli interessi di una piccola élite.

 

Nel 1550, quando Ascanio della Corgna prese il potere a Castiglione, si ebbe una svolta nella storia del paese.

 

Ascanio della Corgna, avventuriero senza scrupoli, per raggiungere gli obiettivi preposti non esitava a sottoporre i sudditi a tasse e condizioni di vita esose. Tuttavia non si può negargli una buona cultura umanistica, derivatagli dalla lunga permanenza a Roma e Firenze, oltre che nell’Italia settentrionale.

 

Così, dopo essere stato investito marchese, cercò di operare profonde trasformazioni a Castiglione del Lago e nel suo territorio, sulla scia dei principi mecenati del secolo precedente. La possibilità d’intervenire in modo così radicale gli derivava dai poteri tirannici che aveva acquisito, quindi non incontrava ostacoli ai suoi propositi. Ascanio costruì un microcosmo tutto suo (in cui il palazzo fu il centro), ristrutturò il corso, sistemò la rocca e fece costruire giardini lungo le mura.

 

Il palazzo divenne l’elemento emergente del tessuto urbano, il fulcro del marchesato, il luogo dove viveva il principe con la corte, la sede della cultura e della giustizia. Il marchese, d’ingegno acuto, si rendeva perfettamente conto che le opere d’architettura accrescevano il suo prestigio e la sua gloria, non soltanto nei confronti dei sudditi e degli altri regnanti, ma anche nel ricordo delle successive generazioni.

 

Nonostante l’opulenza ostentata da Ascanio nelle dimensioni del palazzo di corte, Castiglione rimase un centro di povere case-torri, anche se esternamente furono intonacate ed alcune decorate con motivi pittorici geometrici.

 

Il palazzo rinascimentale fu il prodotto più appariscente di quella società, il simbolo della ricchezza familiare, la testimonianza del gusto della casata, divenendo così centro d’arte, di cultura, di vita mondana, comunque legato alla storia della città e del suo costume.

 

La concezione spaziale rinascimentale sviluppa l’edificio come una massa compatta, caratterizzata da volumi puri. Il primitivo nucleo del Palazzo Ducale è costituito da una casa-torre costruita sulla diagonale del quadrato dello schema a traliccio. In seguito il palazzo fu ampliato e restaurato diverse volte, ma è difficile risalire all’autore di questi lavori, mentre è più sicuro tornare ad un discorso architettonico.

 

Nell’edificio castiglionese, è usata la bicromia intonaco-pietra, di impronta brunelleschiana. La rampa d’ingresso è assiale alla facciata, con lavorazione delle bugne, mentre si capisce che vi è la ricerca di una certa monumentalità, basata sulla grandezza da contrapporre all’edilizia comune. Le finestrelle che troviamo all’altezza del piano di campagna, sono un’opera giovanile del Vignola, ed esaminando con occhio attento il tessuto urbano castiglionese, si trovano altre opere dell’architetto parmense.

 

La Porta Fiorentina per esempio, con le sue bugne a pettine in arenaria grigia, riprende le forme della porta d’ingresso alla villa di Giulio III a Roma, costruita nel 1551. Allo stesso tempo sono vignoleschi i giardini, che sin dall’inizio del secolo scorso furono tenuti in buone condizioni. Questi avevano un carattere unitario, geometrico ed antinaturale, ed ogni elemento arboreo era modellato secondo forme sferiche, cubiche o prismatiche. La forma geometrica degli elementi naturali va anche intesa come una precisa affermazione della signoria dell’uomo sulla natura, che è quindi artefice di tutte le attività esplicate in terra.

 

Il Vignola dovette quindi essere presente a Castiglione del Lago per realizzare le opere sopra descritte e studiare con attenzione l’urbanistica del paese. Definita l’origine vignolesca del palazzo, si possono individuare la sua forma ed i suoi spazi interni. Siamo di fronte ad un edificio realizzato ricollegando ed integrando tra loro alcune costruzioni più antiche acquistate in precedenza da Ascanio.

 

L’interesse principale dell’edificio è dato dall’impostazione planimetrica, basata sul forte sviluppo della profondità del corpo principale, che comporta la disposizione del salone in senso trasversale ed asimmetrico, assicurando a questo ambiente un ingresso comodo e diretto oltre ad un eccellente illuminazione.

 

Gli spazi interni risultano fortemente differenziati. Il progetto originario voleva che i muri fossero intonacati per esaltare le cornici in arenaria. Entrando nelle varie sale, i focolari sono sistemati sulla parete frontale con due porte di passaggio ai lati. La Sala Maggiore ha un pavimento in cotto diviso in otto spicchi ortogonali. Nelle varie sale vi sono degli affreschi fasciati da cornici in pietra. Le finestre sono tutte strombate verso l’interno e cornici, con uguali elementi decorativi, sono ripetute su tutte le porte. Nella rampa d’ingresso la pedana è in cotto, sistemata a spina di pesce, mentre l’alzata è in pietra, così come era il parapetto protettivo.

 

Il seminterrato del Palazzo Ducale serviva per i depositi, il piano terreno, rialzato di un paio di metri, per le funzioni rappresentative, amministrative, ed abitative del principe, mentre il piano superiore ospitava i servizi di corte. Nel XVI secolo a Castiglione il ciclo del rinnovamento urbano era già chiuso da tempo, e fu così che il marchese completò ed arricchì i vecchi tracciati, sostituendo i vecchi con nuovi edifici.

 

Il Vignola cercò di recuperare l’assialità della strada, concludendo la vista sulle emergenze urbane del Palazzo signorile e del mastio, dilatando la larghezza stradale e arretrando di qualche metro, rispetto al Palazzo Ducale, gli edifici più sporgenti.

 

Tra la fine del secolo XVI e i primi anni del XVII secolo nuove aggiunte vennero fatte al Palazzo Ducale, che acquistò l’aspetto faraonico che ancora oggi conserva. Di questo secolo è la costruzione della piccola chiesa di San Domenico. Venne costruito, sempre nel 1600, anche un ballatoio che unisce ancora oggi la rocca al Palazzo Ducale, riducendo così la struttura militare al rango di terrazza sul lago.

 

Nel secolo scorso si verificò un progressivo processo di disintegrazione dello spazio urbano: dapprima si occuparono le aree libere e quindi si sostituirono alcuni edifici. Ci fu così un lento ma inesorabile stillicidio dei giardini (quelli dinanzi al municipio furono adibiti al gioco della palla). Si costruì l’immensa mole della chiesa di Santa Maria Maddalena che sostituì la vecchia chiesa ad una sola navata, inserita nel cordone di case medievali: il nuovo volume, elefantiaco quanto goffo, frantuma le adiacenti strutture e l’asse viario. Vennero pavimentate strade e piazze, furono eliminate le scale che aggettavano sulle vie pubbliche.

 

Fu inoltre organizzata un embrionale illuminazione notturna e un servizio di nettezza urbana. Su progetto dell’ingegnere Edoardo Poggi fu costruita l’attuale strada XXV Aprile, che insieme con il Viale Belvedere, circonda l’intera città-fortezza. Per superare il dislivello che separava le pianure (258 mt. s.l.m.) dal poggio (305 mt. s.l.m.) su cui sorge Castiglione, furono realizzati due tornanti; affinché la pendenza stradale restasse entro modesti valori: tutto il percorso stradale fu incassato entro due solidi muraglioni di sostegno. Coeve della strada sono le tre scalinate principali, e la sistemazione di piazza Mazzini.

 

Nel nostro secolo furono costruiti infine l’ospedale di Sant’Agostino e la scuola elementare.

 

A conclusione di quest’analisi storica si può dire che la vecchia città assolveva alle sue funzioni in maniera esemplare: tre cordoni di case per l’attività abitativa ed artigianale, i giardini per il tempo libero, un sistema di strade (creato per camminarvi a cavallo o a piedi), univa le abitazioni ai giardini e veniva usato per il mercato. C’era un sistema di mura per difendersi da attaccanti esterni e la rocca serviva anche a prevenire eventuali movimenti di rivolta interni.



 

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