N. 33 - Settembre 2010
(LXIV)
insediamenti tardo-antichi e medievali a Castiglione del Lago
Parte Ii - ANALISI STORICA DEL TESSUTO URBANO
di Michele Broccoletti
Le
notizie
storiche
di
Castiglione
del
lago
possono
principalmente
essere
individuate
sui
testi
di
tre
storici:
Robert
Davidsohn
(scrittore
del
libro
“Storia
di
Firenze”),
Girolamo
Mancini
(“Cortona
nel
Medioevo”),
e
Felice
Ciatti
(“Perugia
Pontificia”).
Il
contributo
offerto
dai
tre
storici
appare
incompleto,
e
l’autore
più
preciso
in
merito
è
Robert
Davidsohn,
il
quale
ci
fa
capire
che,
ai
tempi
di
Federico
II,
la
ricostruzione
della
città-fortezza
di
Castiglione
del
Lago,
permetteva
all’imperatore
il
libero
transito
sulla
via
Firenze-Roma.
Anche
se
non
si
hanno
documenti
scritti
che
attestino
una
diretta
partecipazione
di
Federico
II
alla
ricostruzione
della
città
lacustre,
la
morfologia
urbana
castiglionese
resta
la
testimonianza
più
attendibile.
Il
modulo
del
quadrato,
ripetuto
sei
volte,
caratterizza
i
castelli
svevi
del
sud.
Le
due
cortine
della
rocca
castiglionese,
che
conducono
al
mastio,
hanno
uno
spessore
di
2,60
metri,
dimensione
che
si
trova
nel
castello
di
Prato
e
nelle
fortezze
meridionali.
Questa
misura
è
chiaramente
indicata
nello
spigolo
di
ponente
del
mastio
castiglionese,
che
ha
le
stesse
dimensioni
della
torre
che
sta
a
guardia
dell’ingresso
del
castello
di
Bari.
Negli
Statuti
di
Perugia
del
1279,
alla
rubrica
numero
40,
troviamo
scritto
quanto
segue:
“…che
quella
porta,
che
è
chiamata
Porta
Imperiale,
debba
essere
chiamata
Porta
Perugina;
e
che
la
Porta,
che
è
chiamata
Porta
Aretina
debba
essere
chiamata
Porta
Lacosciana,
e
qualsiasi
persona
non
debba
in
altro
modo
dire
e
neanche
nominare,
se
non
Porta
Perugina
e
Porta
Lacosciana.
E se
qualcuno
facesse
il
contrario,
sia
comminata
a
lui
una
pena
nominale
in
favore
del
Comune
di
circa
20
soldi
di
denari”.
Anche
quest’interessante
documento
lascia
chiaramente
trasparire
la
matrice
federiciana
di
Castiglione
del
Lago.
Se
il
paese
fosse
stato
ricostruito
dai
Perugini,
acerrimi
nemici
degli
imperiali
ed
Aretini,
non
avrebbero
dedicato
loro
due
Porte
della
città
lacuale.
Nelle
rubriche
36,
60,
e 66
degli
Statuti
di
Castiglione
del
Lago
si
attribuisce
al
paese
il
nome
di
Castello
del
Leone.
Sappiamo
che
le
città
fondate
da
Federico
II
portano
in
genere
nomi
classici
quali:
Augusta,
Eraclea,
Cesarea,
Vittoria;
o
nomi
quali
Terranova
(attuale
Gela),
Monteleone
ed
Alitea
in
Calabria,
Altamura
in
Puglia.
Si
può
quindi
pensare
ad
una
fondazione
federiciana
di
Castiglione
del
Lago
con
il
nome
di
Castello
del
Leone.
Con
la
sconfitta
e la
distruzione
di
Vittoria
però,
nel
1248,
l’astro
di
Federico
II
cominciò
la
sua
parabola
discendente.
Rientrato
nel
sud,
Federico
II
morì
in
Puglia
nel
1250.
I
lavori
del
castello
di
Prato
non
vennero
mai
ultimati,
ed
ancora
oggi
si
vedono
i
peducci
incastrati
nei
muri
del
cortile
per
sostenere
volte
di
chiostri
che
non
verranno
mai
realizzati.
Anche
se a
Castiglione
del
Lago
erano
ultimati
i
lavori
di
costruzione
delle
mura
di
cinta
della
rocca
e
definiti
i
tracciati
stradali
con
le
relative
piazze,
si
doveva
ancora
fare
molto
nel
settore
abitativo,
quando
Perugia
ritornò
in
possesso
del
paese.
C’è
altresì
da
notare
che
i
Perugini
non
alterarono
il
primitivo
impianto
urbano
ma
lo
portarono
anzi
a
termine.
Altro
problema
importante
è
l’individuazione
dell’urbanistica
che
in
maniera
geniale
riuscì
a
fondere
gli
elementi
architettonici
del
nord-Europa
con
i
moduli
quadrati
del
sud-Europa.
Quasi
sicuramente
l’urbanista
di
Castiglione
fu
frate
Elia
da
Cortona.
Frate
Elia
si
trovava
a
Cortona
già
nel
1239,
anno
in
cui
fu
sospeso
dai
lavori
della
basilica
di
San
Francesco
di
Assisi.
Nel
1245,
a
Cortona,
frate
Elia
aveva
dato
inizio
alla
fabbrica
di
San
Francesco.
Le
chiese
di
Cortona
ed
Assisi,
dedicate
a
San
Francesco,
hanno
diversi
elementi
in
comune
con
l’urbanistica
castiglionese
e
con
le
architetture
federiciane.
Nella
chiesa
di
San
Francesco
di
Assisi,
strutturata
ad
una
sola
navata
con
transetto,
il
modulo
quadrato
è
stato
ripetuto
cinque
volte,
più
una
metà
che
interessa
l’abside.
La
chiesa
di
San
Francesco
di
Cortona
è
ancora
più
semplice:
è
caratterizzata
da
una
sola
navata
ed
ha
l’abside
rettangolare.
Per
ottenere
questo,
frate
Elia
ha
utilizzato
il
modulo
quadrato
tre
volte
in
senso
trasversale,
e
nove
in
senso
longitudinale.
In
questa
costruzione,
lo
sviluppo
longitudinale
dello
spazio
gotico
è
esaltato
dalla
semplicità
della
struttura.
Nella
basilica
del
Murgo,
realizzata
nel
1224,
che
sorge
a
pochi
chilometri
da
Augusta,
si
ritrova
la
stessa
concezione
spaziale
espressa
nelle
due
chiese
francescane.
Le
somiglianze
non
sono
casuali:
frate
Elia
doveva
conoscere
bene
quest’architettura
religiosa,
così
come
il
castello
di
Augusta
e
quello
di
caccia
di
Lagopesole,
che
si
sviluppa
secondo
una
pianta
rettangolare.
Salimbene
ci
dice
che
frate
Elia
lasciò
Cortona
diretto
in
Sicilia.
Il
viaggio
del
frate
verso
l’isola
nel
1247,
sarebbe
privo
di
motivazioni:
Federico
II
era,
infatti,
in
quel
periodo
impegnato
nell’assedio
di
Parma.
E’
logico
quindi
congetturare
un
errore
da
parte
dello
storico
e
pensare
alla
presenza
di
frate
Elia
in
Castiglione,
visto
che
alla
ricostruzione
della
città-fortezza
presero
parte,
oltre
agli
imperiali,
anche
i
ghibellini
Aretini
e
Cortonesi.
D’altro
canto
sappiamo
come
al
servizio
di
Federico
II
lavorassero
diversi
frati-architetti,
provenienti
da
badie
cistercensi.
In
questa
ipotesi
ci
viene
incontro
Maselli
che
parla
di
una
partecipazione
di
frate
Elia
(negli
ultimi
anni
della
sua
vita)
alla
realizzazione
di
fortificazioni
imperiali.
Secondo
lo
stesso
Maselli,
frate
Elia
con
ogni
probabilità
nacque
ad
Assisi
da
un’agiata
famiglia
che
gli
permise
di
dedicarsi
a
Bologna
agli
studi
per
diventare
notaio.
Nel
1217
San
Francesco
lo
inviò
come
ministro
provinciale
in
Terra
Santa,
che
era
la
più
grande
ed
importante
provincia
spirituale
creata
dal
Santo.
Egli
ha
sempre
avuto
grande
importanza,
al
punto
che
dopo
la
morte
di
Francesco
assunse
la
guida
dell’ordine.
Riprendendo
l’analisi
del
tessuto
urbano,
possiamo
ripartire
dalla
certezza
secondo
la
quale,
in
linea
di
massima,
nelle
città
medievali,
il
tessuto
urbano
era
adattato
all’orografia
del
sito.
Per
Castiglione
si
eseguì
l’operazione
inversa:
il
sito
è
stato
adattato
al
disegno
che
si
voleva
realizzare,
mediante
un
poderoso
lavoro
di
livellamento.
Gli
imponenti
lavori
di
costruzione
si
protrassero
per
anni
e
richiesero
l’impiego
di
una
numerosa
manovalanza.
Si
cercò
infatti
di
livellare
il
colle
ed
eliminare
le
due
cuspidi,
che
ancora
oggi
invece,
sono
presenti
in
corrispondenza
di
piazza
Mazzini
e
del
mastio.
All’orografia
del
sito,
che
impose
una
pianta
rettangolare
difficile
da
difendere,
vi
fu
una
risposta
tecnicamente
geniale
e
formalmente
pregevole,
costituita
dalla
creazione
di
un
dislivello
di
circa
6
metri
tra
il
piano
di
campagna
e
quello
dell’abitato.
Il
paese
risultò
così
inespugnabile,
tanto
che,
solo
la
fame
ed
il
tradimento,
nei
secoli
successivi,
hanno
permesso
la
sua
capitolazione.
Nel
1299
Ruggero
Montemelini,
podestà
di
Castiglione,
ricevette
dai
consoli
di
Perugia
l’ordine
di
costruire,
a
scopo
difensivo,
un
istmo
ai
piedi
del
colle;
ma
il
Montemelini
non
credette
opportuno
dar
corso
all’opera,
perché
Castiglione
appariva
già
fortificato
a
sufficienza.
Tre
secoli
dopo
Scipione
Tolomei,
segretario
dei
della
Corgna,
in
una
lettera
così
scriveva,
facendo
precisi
riferimenti
a
particolarità
urbanistiche
del
paese;
“Castiglione…
con
le
mura
di
terra
tutte
ripiene…;
c’è
una
rocca
ben
munita
che
lo
fa
inespugnabile”.
Anche
nel
XVIII
secolo,
Leone
Pascoli
nel
suo
“Testamento
Politico”
sosteneva
che
la
fortezza
di
Castiglione
“…se
non
supera,
uguaglia
qualunque
altra
d’Europa”.
In
questo
secolo,
diversi
paesi
della
Val
di
Chiana
acquistarono
la
forma
urbana
che
ancora
oggi
li
caratterizza.
Il
tessuto
cittadino
fu
diviso
in
strade
principali
e
vicoli
secondari,
rispondenti
all’uso
che
ne
facevano
i
cavalieri
ed i
pedoni.
La
classe
dominante
costruì
le
proprie
abitazioni
lungo
la
strada
più
importante,
al
fine
di
dominare
il
transito
ed
usufruire
dei
vantaggi
strategici
che
il
possesso
dei
cavalli
le
permetteva
nella
guerriglia
urbana.
La
parte
abitata
dai
pedoni
era
invece
formata
da
vicoli
stretti,
in
forte
pendenza,
con
scale
e
vie
cieche:
un
tessuto
spezzato
adatto
alla
difesa
di
uomini
a
piedi
contro
i
cavalieri.
A
Castiglione
del
Lago,
il
tessuto
urbano
così
gerarchizzato
fu
sovrapposto
allo
schema
triangolare
elaborato
da
frate
Elia.
La
tripartizione
traeva
origine
dalla
divisione
della
società
in
ecclesiastici,
guerrieri
e
contadini.
Allo
stesso
tempo
il
triangolo
simboleggiava
il
rapporto
di
dipendenza
e
armonia
della
città
con
l’ordine
celeste.
Frate
Elia,
che
si
richiamò
a
modelli
etruschi,
sosteneva
che
ogni
paese
doveva
avere
tre
porte,
tre
chiese,
tre
strade.
Questo
metodo
applicato
a
Castiglione
subì
delle
varianti,
rispetto
ad
un
intervento
simile
operato
a
Cortona
nel
1245,
sotto
la
guida
dello
stesso
frate.
Nella
città
toscana
furono
aperte
tre
porte,
mentre
le
diagonali
del
triangolo
da
esse
generate
vanno
ad
incontrarsi
nel
punto
in
cui
sorge
la
torre
pubblica.
Le
chiese
furono
sistemate
sulle
diagonali.
Anche
a
Castiglione
le
diagonali
del
triangolo
costruite
sulle
tre
porte
vanno
ad
incontrarsi
sul
punto
in
cui
si
eleva
la
torre
pubblica,
ma
le
tre
chiese
furono
disposte
non
sulle
diagonali
del
triangolo,
bensì
su
quelle
di
un
quadrato,
che
è il
generatore
di
uno
schema
a
traliccio
di
provenienza
lucchese
e di
origine
nordica.
A
Castiglione,
nella
sistemazione
delle
chiese,
il
progettista
si
lasciò
influenzare
dalla
posizione
dell’esistente
chiesa
di
Sant’
Agostino
e da
quella
della
rocca:
per
questo
motivo
all’altra
fabbrica
religiosa
assegnò
la
stessa
posizione
sulla
diagonale
del
quadrato.
Volgendo
le
spalle
a
Porta
Senese,
Santa
Maria
Maddalena
è
sistemata
sulla
diagonale
sinistra
del
quadrato,
così
come
volgendo
le
spalle
a
Porta
Imperiale,
la
chiesa
di
Sant’Agostino
si
trova
nella
prima
diagonale
sinistra
del
quadrato.
La
pianta
della
torre
del
Palazzo
del
Popolo
è la
generatrice
dell’impianto
a
traliccio.
Il
modulo
quadrato
che
genera
lo
schema
a
traliccio
è
stato
ripetuto
sei
volte,
originando
così
un
rapporto
di
1/6
fra
larghezza
e
lunghezza
del
paese.
La
principale
piazza
di
Castiglione
fu
costruita
sul
punto
più
alto
del
colle
al
fine
di
realizzare
un
più
stretto
raccordo
tra
la
città
terrena
e
quella
divina.
La
piazza
inoltre
rivestiva
un’importante
funzione
sociale,
perché
vi
si
esplicavano
le
principali
attività
del
paese.
Piazza
Mazzini
è
delimitata
da
due
strade
assiali,
in
cui
è
inserito
scenograficamente
il
Palazzo
del
Popolo,
che
la
domina.
La
torre
del
palazzo
è
inoltre
sbaricentrata
verso
il
corso,
ed
ha
la
funzione
ulteriore
di
sottolineare
la
maggiore
importanza
del
corso
su
via
del
Forte.
Nella
stessa
piazza,
accanto
al
Palazzo
del
Popolo,
che
rappresentava
il
potere
civile
e
quindi
la
città
terrena,
doveva
sorgere
la
cattedrale,
che
rappresentava
il
potere
religioso
quindi
la
città
celeste.
Ancora
una
volta
il
progettista
diede
un’interpretazione
personale,
sistemando
il
Palazzo
del
Popolo
e la
cattedrale
sullo
stesso
lato
di
un
quadrato
del
traliccio
reticolare,
e
non
sulla
diagonale
come
solitamente
si
faceva.
L’inserimento
dei
due
edifici
sullo
stesso
lato
del
quadrato,
può
interpretarsi
come
un
tentativo
ben
riuscito
di
attribuire
un’eguale
importanza
al
potere
civile
e a
quello
religioso.
Tuttavia
la
cattedrale
fu
iniziata
ma
mai
ultimata.
Importante
era
la
funzione
che
la
principale
piazza
assolveva
per
le
pubbliche
assemblee
ed
il
mercato:
a
Castiglione
vi
si
poteva
accedere
da
una
galleria
realizzata
sul
fianco
dell’erigenda
cattedrale.
La
piazza
fu
progettata
per
una
capienza
massima
di
600
persone:
si
calcolava,
infatti,
che
un
uomo
armato
occupasse
lo
spazio
di 1
metro
quadrato.
La
piazza
fu
anche
studiata
come
spazio
commisurato
agli
edifici
che
ne
determinano
il
perimetro.
La
dimensione
dominante
del
Palazzo
del
Popolo
è
quindi
quella
della
larghezza,
e
quella
della
cattedrale
la
profondità,
mentre
la
torre
civica
e il
campanile
della
cattedrale
formavano
gli
elementi
equilibratori
delle
dimensioni
fisiche
orizzontali.
Nella
piazza
vi è
un
asse
di
riferimento,
dove
convergono
le
vie
e
che
subordina
a
queste
il
rimanente
tessuto
cittadino.
Preciso
è il
rapporto
gerarchico
tra
la
piazza
principale
e le
altre
minori:
la
larghezza
della
piazza
delle
Erbe
è
1/3
di
quella
Mazzini,
mentre
piazza
Caporali
è
2/3,
aveva
la
forma
di
un
triangolo
equilatero
e fu
ricavata
nel
punto
d’incontro
delle
diagonali
del
quadrato.
Tutte
e
tre
le
piazze
sono
tangenti
agli
assi
stradali.
La
piazza
rappresenta
il
più
felice
esempio
di
opera
aperta
del
Medioevo:
chiunque
poteva
accedervi,
parlarvi,
ricevervi
informazioni
e
partecipare
ai
mercati
settimanali.
L’andamento
delle
strade
è
determinato
da
linee
rette
spezzate,
dovute
alla
variazione
di
visuale
dei
singoli
edifici,
mentre
la
larghezza
delle
vie
fu
determinata
dal
traffico,
a
piedi
o a
cavallo,
che
dovevano
sopportare
questi
tracciati
stradali
che
nei
secoli
successivi
sono
stati
alterati
e
diminuiti
da
nuove
costruzioni.
Gli
isolati
sono
elementari,
scanditi
da
forme
geometriche
pure
come
quadrati
e
rettangoli,
che
formano
le
abitazioni.
In
questi
isolati
esistono
precisi
rapporti
di
proporzionalità
fra
la
loro
lunghezza
e
larghezza:
si
hanno
così
i
vari
2 e
2,5
ed i
loro
doppi
4 e
5.
La
struttura
residenziale
è
quella
delle
case-torri,
caratterizzata
da
edifici
di
tipo
monofamiliare,
formati
da
poche
stanze
collocate
a
diversi
piani
e
collegate
con
una
ripida
scala
interna,
mentre
al
piano
terreno
è
situata
la
bottega
artigiana.
Le
abitazioni
non
vennero
costruite
lungo
le
mura
di
cinta
per
motivi
difensivi
e
per
motivi
tecnici,
in
quanto
il
terreno
lungo
le
mura
era
stato
riportato,
quindi
inconsistente
ed
incapace
di
sopportare
pesi
elevati.
Il
sistema
difensivo
fu
invece
organizzato
sulle
mura
di
cinta
e
sulla
rocca.
Le
torri
sono
state
disposte
secondo
uno
schema
radiale
che
fa
capo
alla
torre
del
Palazzo
del
Popolo.
Come
nel
centro
abitato,
anche
nella
rocca
furono
aperte
tre
porte:
la
Porta
di
Levante
(della
rocca)
con
la
Porta
Senese,
costituiva
l’asse
portante
della
maglia
urbana
castiglionese.
La
superficie
della
pianta
della
città-fortezza
è
stata
divisa
in
due
parti
uguali,
di
cui
una
metà
destinata
alle
abitazioni
e
l’altra
metà
libera
per
organizzare
la
difesa.
La
parte
libera
è
ancora
a
sua
volta
divisa
in
tre
parti
uguali
e
quella
terminale
sul
lago
è
stata
occupata
dalla
rocca.
Come
sulla
piazza
si
era
attribuito
uguale
importanza
al
potere
religioso
e a
quello
civile,
ugualmente
nella
planimetria
generale
del
paese,
fu
destinato
il
medesimo
spazio
all’attività
abitativa
e a
quella
militare.
La
rocca
ha
la
forma
di
un
poligono
irregolare
ai
cui
vertici
vi
sono
le
torri,
dominate
dall’imponente
mole
a
pianta
triangolare
del
mastio,
i
cui
spigoli
sono
orientati
verso
nord,
ovest
e
sud.
A
Castiglione
del
Lago
si è
ripreso
il
concetto
di
“bello”
come
armonia
di
proporzioni
e si
è
applicata
questa
teoria
sul
piano
urbanistico.
La
bellezza
viene
determinata
attraverso
l’oculata
dosatura
dei
suoi
elementi
costitutivi,
cioè
la
distribuzione
dei
moduli
che
stanno
alla
base
della
completa
incastellatura
proporzionale.
Le
proporzioni
non
sono
rigide,
ma
applicate
con
elasticità:
viene
così
realizzato
un
rapporto
di
globalità
fra
le
diverse
parti,
raggiunta
una
sorta
di
musicalità,
un’anticipazione
di
qualche
anno
sul
concetto
di
bello
e di
proporzione
teorizzato
da
Tommaso
d’Aquino.
Varianti
al
tessuto
urbano
furono
apportate
nel
1325
da
Lorenzo
Maitani
che
si
portò
a
Castiglione
da
Orvieto,
dove
lavorava
sulla
facciata
del
duomo.
L’architetto
senese
sovrappose
alla
planimetria
un
fuso,
innalzando
ai
vertici
della
diagonale
minore
due
porte-torri,
in
aggiunta
a
quelle
che
ai
vertici
di
quella
maggiore
erano
già
presenti.
Maitani
chiuse
la
Porta
dell’Imperatore
ed
ampliò
di
poco
la
zona
abitativa.
Le
forme
della
Porta
Perugina,
che
privilegiano
la
dimensione
verticale,
sono
uno
stimolante
richiamo
alla
facciata
delle
cattedrali
di
quel
secolo.
Questa
struttura
è
una
felice
sintesi
della
porta
di
San
Bartolomeo
a
Montefalco.
A
Castiglione
restano
le
tre
finestre
simmetriche
dove
erano
collocate
le
bertesche,
mentre
i
modiglioni
sono
trasposti
internamente.
Esternamente
la
porta
è
incorniciata
da
un
arco
a
sesto
acuto
ribassato,
tipico
del
gotico
toscano,
edificato
in
conci
d’arenaria.
In
simmetria
a
questa
porta,
l’architetto
ne
costruì
un’altra
con
le
stesse
caratteristiche.
Sono
ancora
visibili
alcuni
modiglioni
incorporati
nella
torre
del
Grifo.
Dello
stesso
autore
è la
Porta
Pusterla,
(che
permette
l’ingresso
alla
rocca)
caratterizzata
da
un
arco
ogivale
e
sovrastata
da
un
cordone
di
beccatelli
con
caditoie.
Davanti
alle
porte
furono
costruite
delle
carbonaie,
per
meglio
difendere
il
paese
da
eventuali
attacchi.
Nel
1480
la
rocca
fu
restaurata
ed
il
mastio
fu
munito
di
merli
da
Simone
di
Matteo
Lombardo,
mentre
l’attuale
Torrione
fu
realizzato
nel
1488.Più
tardi
alcune
torri
del
paese,
a
pianta
quadrata,
furono
sostituiti
con
bastioni
cilindrici
(tendenza
rinascimentale),
che
opponevano
maggiore
resistenza
all’urto
delle
palle
di
cannone
e
venne
chiusa
la
Porta
di
Levante.
Nelle
mura
vennero
inserite
delle
feritoie
a
buco
di
chiave,
per
consentire
nella
difesa
l’uso
delle
armi
da
fuoco.
Le
mura
divennero
il
simbolo
tangibile
della
città
idealizzata,
in
cui
risiedeva
il
potere
civile
e
religioso
ed
era
amministrata
la
giustizia.
Vi
si
trasmetteva
inoltre
la
cultura
e
l’inurbato
vi
si
sentiva
sicuro.
Il
contadino
poteva
trovarvi
rifugio
per
difendersi
da
predoni
e
scorrerie,
allora
frequenti.
Trasformata
la
città
in
isola
a
seguito
dell’interruzione
fra
murato
e
paesaggio
naturale,
le
mura
contribuiranno
però
anche
ad
originare
due
mentalità
contrapposte:
quella
del
cittadino,
che
si
appropriava
dei
prodotti
della
campagna
ed
aveva
il
diritto
di
non
lavorare,
e
quella
del
contadino,
psichicamente
e
fisicamente
represso,
in
balia
degli
agenti
atmosferici,
privo
dei
mezzi
di
produzione,
che
per
sopravvivere
doveva
subire
il
vergognoso
stillicidio
dello
sfruttamento
quotidiano,
ed
aveva
il
dovere
di
lavorare
vita
natural
durante.
Per
quanto
concerne
il
rifornimento
di
viveri,
la
città
dipendeva
dalla
campagna
e
per
questo
doveva
controllare
un
territorio
più
o
meno
grande.
A
differenza
della
città
greca
però
non
concesse
parità
di
diritti
agli
abitanti
della
campagna
e la
città
rimase
così
chiusa,
mentre
la
politica
fu
determinata
dagli
interessi
di
una
piccola
élite.
Nel
1550,
quando
Ascanio
della
Corgna
prese
il
potere
a
Castiglione,
si
ebbe
una
svolta
nella
storia
del
paese.
Ascanio
della
Corgna,
avventuriero
senza
scrupoli,
per
raggiungere
gli
obiettivi
preposti
non
esitava
a
sottoporre
i
sudditi
a
tasse
e
condizioni
di
vita
esose.
Tuttavia
non
si
può
negargli
una
buona
cultura
umanistica,
derivatagli
dalla
lunga
permanenza
a
Roma
e
Firenze,
oltre
che
nell’Italia
settentrionale.
Così,
dopo
essere
stato
investito
marchese,
cercò
di
operare
profonde
trasformazioni
a
Castiglione
del
Lago
e
nel
suo
territorio,
sulla
scia
dei
principi
mecenati
del
secolo
precedente.
La
possibilità
d’intervenire
in
modo
così
radicale
gli
derivava
dai
poteri
tirannici
che
aveva
acquisito,
quindi
non
incontrava
ostacoli
ai
suoi
propositi.
Ascanio
costruì
un
microcosmo
tutto
suo
(in
cui
il
palazzo
fu
il
centro),
ristrutturò
il
corso,
sistemò
la
rocca
e
fece
costruire
giardini
lungo
le
mura.
Il
palazzo
divenne
l’elemento
emergente
del
tessuto
urbano,
il
fulcro
del
marchesato,
il
luogo
dove
viveva
il
principe
con
la
corte,
la
sede
della
cultura
e
della
giustizia.
Il
marchese,
d’ingegno
acuto,
si
rendeva
perfettamente
conto
che
le
opere
d’architettura
accrescevano
il
suo
prestigio
e la
sua
gloria,
non
soltanto
nei
confronti
dei
sudditi
e
degli
altri
regnanti,
ma
anche
nel
ricordo
delle
successive
generazioni.
Nonostante
l’opulenza
ostentata
da
Ascanio
nelle
dimensioni
del
palazzo
di
corte,
Castiglione
rimase
un
centro
di
povere
case-torri,
anche
se
esternamente
furono
intonacate
ed
alcune
decorate
con
motivi
pittorici
geometrici.
Il
palazzo
rinascimentale
fu
il
prodotto
più
appariscente
di
quella
società,
il
simbolo
della
ricchezza
familiare,
la
testimonianza
del
gusto
della
casata,
divenendo
così
centro
d’arte,
di
cultura,
di
vita
mondana,
comunque
legato
alla
storia
della
città
e
del
suo
costume.
La
concezione
spaziale
rinascimentale
sviluppa
l’edificio
come
una
massa
compatta,
caratterizzata
da
volumi
puri.
Il
primitivo
nucleo
del
Palazzo
Ducale
è
costituito
da
una
casa-torre
costruita
sulla
diagonale
del
quadrato
dello
schema
a
traliccio.
In
seguito
il
palazzo
fu
ampliato
e
restaurato
diverse
volte,
ma è
difficile
risalire
all’autore
di
questi
lavori,
mentre
è
più
sicuro
tornare
ad
un
discorso
architettonico.
Nell’edificio
castiglionese,
è
usata
la
bicromia
intonaco-pietra,
di
impronta
brunelleschiana.
La
rampa
d’ingresso
è
assiale
alla
facciata,
con
lavorazione
delle
bugne,
mentre
si
capisce
che
vi è
la
ricerca
di
una
certa
monumentalità,
basata
sulla
grandezza
da
contrapporre
all’edilizia
comune.
Le
finestrelle
che
troviamo
all’altezza
del
piano
di
campagna,
sono
un’opera
giovanile
del
Vignola,
ed
esaminando
con
occhio
attento
il
tessuto
urbano
castiglionese,
si
trovano
altre
opere
dell’architetto
parmense.
La
Porta
Fiorentina
per
esempio,
con
le
sue
bugne
a
pettine
in
arenaria
grigia,
riprende
le
forme
della
porta
d’ingresso
alla
villa
di
Giulio
III
a
Roma,
costruita
nel
1551.
Allo
stesso
tempo
sono
vignoleschi
i
giardini,
che
sin
dall’inizio
del
secolo
scorso
furono
tenuti
in
buone
condizioni.
Questi
avevano
un
carattere
unitario,
geometrico
ed
antinaturale,
ed
ogni
elemento
arboreo
era
modellato
secondo
forme
sferiche,
cubiche
o
prismatiche.
La
forma
geometrica
degli
elementi
naturali
va
anche
intesa
come
una
precisa
affermazione
della
signoria
dell’uomo
sulla
natura,
che
è
quindi
artefice
di
tutte
le
attività
esplicate
in
terra.
Il
Vignola
dovette
quindi
essere
presente
a
Castiglione
del
Lago
per
realizzare
le
opere
sopra
descritte
e
studiare
con
attenzione
l’urbanistica
del
paese.
Definita
l’origine
vignolesca
del
palazzo,
si
possono
individuare
la
sua
forma
ed i
suoi
spazi
interni.
Siamo
di
fronte
ad
un
edificio
realizzato
ricollegando
ed
integrando
tra
loro
alcune
costruzioni
più
antiche
acquistate
in
precedenza
da
Ascanio.
L’interesse
principale
dell’edificio
è
dato
dall’impostazione
planimetrica,
basata
sul
forte
sviluppo
della
profondità
del
corpo
principale,
che
comporta
la
disposizione
del
salone
in
senso
trasversale
ed
asimmetrico,
assicurando
a
questo
ambiente
un
ingresso
comodo
e
diretto
oltre
ad
un
eccellente
illuminazione.
Gli
spazi
interni
risultano
fortemente
differenziati.
Il
progetto
originario
voleva
che
i
muri
fossero
intonacati
per
esaltare
le
cornici
in
arenaria.
Entrando
nelle
varie
sale,
i
focolari
sono
sistemati
sulla
parete
frontale
con
due
porte
di
passaggio
ai
lati.
La
Sala
Maggiore
ha
un
pavimento
in
cotto
diviso
in
otto
spicchi
ortogonali.
Nelle
varie
sale
vi
sono
degli
affreschi
fasciati
da
cornici
in
pietra.
Le
finestre
sono
tutte
strombate
verso
l’interno
e
cornici,
con
uguali
elementi
decorativi,
sono
ripetute
su
tutte
le
porte.
Nella
rampa
d’ingresso
la
pedana
è in
cotto,
sistemata
a
spina
di
pesce,
mentre
l’alzata
è in
pietra,
così
come
era
il
parapetto
protettivo.
Il
seminterrato
del
Palazzo
Ducale
serviva
per
i
depositi,
il
piano
terreno,
rialzato
di
un
paio
di
metri,
per
le
funzioni
rappresentative,
amministrative,
ed
abitative
del
principe,
mentre
il
piano
superiore
ospitava
i
servizi
di
corte.
Nel
XVI
secolo
a
Castiglione
il
ciclo
del
rinnovamento
urbano
era
già
chiuso
da
tempo,
e fu
così
che
il
marchese
completò
ed
arricchì
i
vecchi
tracciati,
sostituendo
i
vecchi
con
nuovi
edifici.
Il
Vignola
cercò
di
recuperare
l’assialità
della
strada,
concludendo
la
vista
sulle
emergenze
urbane
del
Palazzo
signorile
e
del
mastio,
dilatando
la
larghezza
stradale
e
arretrando
di
qualche
metro,
rispetto
al
Palazzo
Ducale,
gli
edifici
più
sporgenti.
Tra
la
fine
del
secolo
XVI
e i
primi
anni
del
XVII
secolo
nuove
aggiunte
vennero
fatte
al
Palazzo
Ducale,
che
acquistò
l’aspetto
faraonico
che
ancora
oggi
conserva.
Di
questo
secolo
è la
costruzione
della
piccola
chiesa
di
San
Domenico.
Venne
costruito,
sempre
nel
1600,
anche
un
ballatoio
che
unisce
ancora
oggi
la
rocca
al
Palazzo
Ducale,
riducendo
così
la
struttura
militare
al
rango
di
terrazza
sul
lago.
Nel
secolo
scorso
si
verificò
un
progressivo
processo
di
disintegrazione
dello
spazio
urbano:
dapprima
si
occuparono
le
aree
libere
e
quindi
si
sostituirono
alcuni
edifici.
Ci
fu
così
un
lento
ma
inesorabile
stillicidio
dei
giardini
(quelli
dinanzi
al
municipio
furono
adibiti
al
gioco
della
palla).
Si
costruì
l’immensa
mole
della
chiesa
di
Santa
Maria
Maddalena
che
sostituì
la
vecchia
chiesa
ad
una
sola
navata,
inserita
nel
cordone
di
case
medievali:
il
nuovo
volume,
elefantiaco
quanto
goffo,
frantuma
le
adiacenti
strutture
e
l’asse
viario.
Vennero
pavimentate
strade
e
piazze,
furono
eliminate
le
scale
che
aggettavano
sulle
vie
pubbliche.
Fu
inoltre
organizzata
un
embrionale
illuminazione
notturna
e un
servizio
di
nettezza
urbana.
Su
progetto
dell’ingegnere
Edoardo
Poggi
fu
costruita
l’attuale
strada
XXV
Aprile,
che
insieme
con
il
Viale
Belvedere,
circonda
l’intera
città-fortezza.
Per
superare
il
dislivello
che
separava
le
pianure
(258
mt.
s.l.m.)
dal
poggio
(305
mt.
s.l.m.)
su
cui
sorge
Castiglione,
furono
realizzati
due
tornanti;
affinché
la
pendenza
stradale
restasse
entro
modesti
valori:
tutto
il
percorso
stradale
fu
incassato
entro
due
solidi
muraglioni
di
sostegno.
Coeve
della
strada
sono
le
tre
scalinate
principali,
e la
sistemazione
di
piazza
Mazzini.
Nel
nostro
secolo
furono
costruiti
infine
l’ospedale
di
Sant’Agostino
e la
scuola
elementare.
A
conclusione
di
quest’analisi
storica
si
può
dire
che
la
vecchia
città
assolveva
alle
sue
funzioni
in
maniera
esemplare:
tre
cordoni
di
case
per
l’attività
abitativa
ed
artigianale,
i
giardini
per
il
tempo
libero,
un
sistema
di
strade
(creato
per
camminarvi
a
cavallo
o a
piedi),
univa
le
abitazioni
ai
giardini
e
veniva
usato
per
il
mercato.
C’era
un
sistema
di
mura
per
difendersi
da
attaccanti
esterni
e la
rocca
serviva
anche
a
prevenire
eventuali
movimenti
di
rivolta
interni.