N. 31 - Luglio 2010
(LXII)
Il castello della porcareccia
medioevo romano
di Franco Leggeri
Fuori
dal
traffico
della
Via
Boccea,
in
una
discontinuità
edilizia,
c’è
il
Castello
della
Porcareccia,
noto
anche
con
il
nome
“Castello
aureo”,
che
domina
il
suo
borgo
medievale.
Il
fortilizio,
in
posizione
strategica,
è
costruito
su
di
uno
sperone
roccioso.
Anticamente
vi
era
una
torre
di
avvistamento,
ora
scomparsa.
Il
Castello
attualmente
presenta
modifiche
strutturali
evidenti.
Il
toponimo
deriva
da
Porcaritia.
Nel
passato
questa
era
una
località
al
centro
di
boschi
di
querce
e,
quindi,
luogo
più
che
mai
adatto
all’allevamento
dei
maiali.
Il
primo
documento
che
parla
del
Castello
è
una
lapide
del
1002,
che
si
trova
nella
Chiesa
di
Santa
Lucia
delle
Quattro
Porte,
dove
si
legge
che
un
prete
romanus
dona
la
tenuta
della
Porcareccia
ai
canonici
di
Monte
Brianzo.
Nel
1192
Papa
Celestino
III
dà
la
cura
del
fondo
ai
canonici
di
Via
delle
Botteghe
Oscure.
Il
Papa
Innocenzo
III
affidò
una
parte
della
tenuta
all’Ordine
Ospedaliero
di
Santo
Spirito.
La
tenuta
passò,
dopo
la
crisi
fondiaria
del
1527,
ai
principi
Massimo
e
nel
1700
ai
Principi
Borghese,
quindi
ai
Salviati
e ai
Lancillotti.
Attualmente
proprietaria
del
Castello
è la
Famiglia
Giovenale
che
lo
possiede
dal
1932.
Il
portale
d’ingresso
è
imponente
e su
di
esso
vi è
lo
stemma
di
Sisto
IV.
Prima
di
accedere
al
cortile
interno,
nel
“tunnel”,
in
alto,
si
notano
dei
fori
passanti
sedi
di
una
grata
metallica
che,
alla
bisogna,
veniva
calata
per
impedire
assalti
e
irruzioni
di
nemici.
Nel
giardino
del
Castello
vi
è,
in
bella
mostra,
una
stele
commemorativa
di
un
funzionario
imperiale
delle
strade.
La
stele
probabilmente
era
riversa
in
terra
perché
presenta
evidenti
segni
di
ruote
di
carro.
Vicino
vi è
una
lapide
funeraria
con
incisi
dei
pavoni,
antico
simbolo
di
morte.
Sono
visibili
altri
reperti
di
epoca
romana,
come
frammenti
di
capitelli
e
spezzoni
di
colonne.
In
bella
mostra,
montata
alla
rovescia,
vi è
una
vecchia
macina
a
mano,
una
simile
è
nel
cortile
della
Chiesa
di
Santa
Maria
di
Galeria.
Nel
piazzale
interno
c’è
la
Chiesetta
di
Santa
Maria
la
cui
costruzione
risale
al
1693.
Ciò
che
colpisce
nella
chiesa
è la
bellezza
dell’Altare
in
legno
intagliato,
come
dice
uno
dei
proprietari,
Pietro
Giovenale:
”l’Altare
è
stato
costruito
dai
prigionieri
austriaci
della
Grande
Guerra
che
qui
erano
stati
internati”.
Nel
1909,
giusto
un
secolo
fa,
in
questa
Chiesa
celebrava
la
Messa
il
giovane
prete
Don
Angelo
Roncalli,
il
futuro
Papa
Buono,
Giovanni
XXIII
il
quale
veniva
in
questi
luoghi
per
goderne
la
bellezze
naturali
e
gustare
”la
buona
ricotta”
che
Gli
veniva
offerta.
La
tenuta
della
Porcareccia
fu
anche
antesignana
della
“guerra
delle
quote
latte”.
Ci
narra
la
storia
che
nel
periodo
di
carestia
si
diede
il
massimo
sviluppo
all’allevamento
dei
suini
per
sfamare
la
popolazione
di
Roma,
come
si
legge
in
una
bolla
di
Papa
Urbano
V
nel
1362
che
decretava
“libertà
di
pascolo
ai
suini
in
qualsiasi
terreno
e
proprietà…”.
Per
segnalare
la
presenza
degli
animali
furono
messi
dei
campanelli
alle
loro
orecchie
e
chiunque
ne
impediva
il
pascolo
incorreva
in
pene
severissime.
A
seguito
delle
proteste
della
Germania,all’epoca
maggior
produttrice
ed
esportatrice
di
suini
in
Europa,
il
Papa
Sisto
IV
nel
1481,
riaffermò
il
documento
di
Avignone
di
Urbano
V.
Davanti
al
Castello,
divisa
dalle
case
del
Borgo
a
chiudere
la
Piazza,
c’è
la
chiesa
parrocchiale,
costruita
negli
anni
1950/54,
dedicata
alle
sante
Rufina
e
Seconda,
martiri
della
Via
Boccea.
Come
tutti
i
castelli
che
si
rispettano,
anche
questo
ha
il
suo
fantasma
che
si
aggira
nei
cunicoli
sotterranei
inesplorati
che
si
diramano
dal
Castello
nella
campagna
circostante.
Ma
alla
domanda
che
rivolgo
al
signor
Giovenale
se
esiste
il
fantasma
egli
risponde
con
un
sorriso.