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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

SIGNORI, CASTELLI E FEUDI
ANALISI DI UN SISTEMA

di Emilio Vaccaro

 

Intorno al 1050 nell’Europa occidentale occorrono mutamenti rispetto all’età carolingia relativi alla situazione politico-istituzionale, sociale, economica, insediativa.

 

Sul piano politico istituzionale i compiti amministrativi passano dall’autorità regia alle singole famiglie a cui la popolazione rurale viene sottoposta, sul piano sociale si verifica una netta distinzione fra chi pratica le attività belliche tutti gli altri; su quello economico s’assiste a forme di vessazione fiscale sulla classe rurale; infine, sul piano insediativo si assiste al sorgere, nelle campagne di castelli e villaggi.

 

È una nuova realtà dotata di una sua specificità che non può esser considerata come il deterioramento della precedente o quella nella quale cercare le premesse della società futura. Dobbiamo vedere se le modalità con cui si passò al periodo carolingio a quello della signoria presentano momenti di rottura o si tratta di un processo evolutivo e analizzare quali furono le caratteristiche di quest’età.

 

Tra il 1000 e il 1050 nasce una nuova realtà rappresentata dalla signoria rurale, cellula della futura organizzazione economica, sociale e del potere rappresentato dal castello del signore. È una costruzione fortificata con mura di cinta all’interno delle quali vivono contadini e cavalieri, combattenti professionisti al servizio del signore. Nell’edificio, spesso ulteriormente fortificato, vive la “familia” del “dominus” parenti, fedeli, servitori che agiscono all’interno della costruzione.

 

Il territorio o distretto che si estende anche in zone lontane dal castello, e così strutturato = una quota, la “riserva signorile”, è direttamente gestita dal signore che si avvale dell’opera dei contadini della sua casa, ma anche del lavoro di corvèes prestato da lavoratori che hanno avuto terreni in concessione.

 

La parte più ampia è gestita indirettamente tramite rapporti d’affitto e concessioni consuetudinarie le cui regole sono costituite da usanze locali. I concessionari fruiscono liberamente dei terreni ricevuti e possono lasciargli in eredità dietro modesto pagamento, ma devono al signore alcune giornate di lavoro (corvèes) e un canone costituito da una quota del prodotto e/o versamenti in moneta.

 

Altri terreni sono posseduti dai contadini, allodi contadini, da enti ecclesiastici, dall’aristocrazia cavalleresca e da signori di altri castelli.

 

I canoni fondiari spettano ai vari proprietari e non al signore del castello che tuttavia può contare su una vasta serie di diritti e prerogative indipendentemente dalla proprietà della terra coltivata e che una volta erano prerogative del potere centrale = l’esercizio dell’autorità giudiziaria, l’organizzazione della difesa militare e la riscossione delle imposte; un insieme di prerogative, insomma che sono uno strumento di coercizione e un ingente fonte di redditi anche attraverso pene pecuniarie, il fodro (tributo dovuto all’imperatore dagli abitanti dei terreni che egli attraversava), l’albergaria (l’obbligo del mantenimento degli ufficiali carolingi e del loro seguito), tributi, imposte di varia entità, donativi, mònopoli che sottraggono ai contadini quanto faticosamente accumulato. Il nome di “discrictus” dato al territorio trova la sua motivazione nel significato di costringere, punire.

 

Altra caratteristica della signoria è la patrimonializzazione non solo dei terreni, di cui i signori in età carolingia erano solo affidatari e amministratori ma anche delle prerogative pubbliche relative all’amministrazione. Tutte le funzioni amministrative relative alla giustizia, la riscossione dei tributi, la guerra etc diventano ereditarie ed assimilabili al bene patrimoniale o possono essere alienate dietro compenso.

 

Si vengono così a creare migliaia di organismi completamente autonomi e spesso sovrapponibili.

 

La crisi carolingia, al di là di quella dinastica, amministrativa, militare, fu sostanzialmente strutturale; l’unità e quindi l’indivisibilità dell’Impero, era in contrasto con le forme di successione ereditarie che comportava la spartizione del territorio fra i figli.

 

L’esito finale delle lotte e degli accordi tra Pipinidi-Carolingi fu la formazione di più regni (Franchi Occidentali, Franchi Orientali, d’Italia, di Borgogna e di Provenza, di Bretagna, Ducato autonomo di Aquitania) e l’attribuzione del titolo imperiale del titolare del regno italico.

 

Tale frammentazione tuttavia, non fu la sola causa della realtà che si viene a delineare, vi contribuirono le aggressioni dei Saraceni i cui attacchi in prevalenza marittimi erano autonoma iniziativa di predoni; nell’Italia Meridionale crearono vere e proprie dominazioni politiche come gli Emirati di Taranto e Bari.

 

In alcuni siti, rimasero per decenni, in contrasto con i potentati locali. Le loro incursioni che si andarono esaurendo nel corso del X secolo comportarono immense perdite e spopolamento, il saccheggio di diversi monasteri, e di razzìa di territori urbani e rurali La pressione degli Ungari o Magiari, che dopo essersi insediati in Pannonia (Ungheria), si riversò anche in Italia che per un cinquantennio fu sottoposta a spedizioni di saccheggio soprattutto in regioni i cui sovrani erano impegnati in lotte interne. Avevano particolari capacità belliche, con una tecnica di combattimento basata sulla cavalcatura e l’arco, molto efficace contro le fortificazioni.

 

L’espansione scandinava, dopo essersi riversata sulla Russia, si diresse verso l’Islanda e la Groelandia, la Norvegia per approdare sulle coste della Normandia.

 

Qui gli scandinavi si organizzarono politicamente sotto la guida di Rollone. Di fronte alle agili tecniche di combattimento dei Saraceni, Ungari e Scandinavi, l’apparato bellico dei nuovi signori si trovò impreparato; incapace di garantire la difesa territoriale si ricorse alla costruzione di fortezze e castelli.



 

 

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