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N. 131 - Novembre 2018 (CLXII)

Cassiodoro e La trasmissione della cultura

l'uomo che fondò l'Europa del libro

di Marco Valerio Bava

 

Flavius Magnus Aurelius Senator. Questo il suo nome nella sua versione latina, anche se egli è meglio noto come Cassiodoro. Si tratta di uno dei personaggi più rilevanti nella trasmissione della cultura in un’epoca di rivolgimenti politici e paure diffuse; un "ingranaggio" fondamentale affinché in Europa si diffondesse il concetto di monasterium come luogo di tutela e diffusione dell’immenso patrimonio di conoscenze religiose e laiche accumulate fino ad allora.

 

Cassiodoro nacque a Squillace, in Calabria, tra il 480 e il 490, erede di una famiglia d’origine siriana di alto rango: il padre era prefetto del pretorio di Teodorico e fu proprio lui ad avviare il figlio alla carriere politica. Il re ne apprezzava le capacità diplomatiche, di equilibrio anche nelle situazioni più tese, intricate. D’altra parte Cassiodoro era figlio di un mondo, quello ellenistico, che più di ogni altro era in grado di aprirsi al mondo e alle sue diverse sfumature.

 

Ottenne, nel 507, la carica di questore, per poi diventare console sette anni dopo. Nel 523 viene eletto magister officiorum carica di enorme rilievo nel neonato regno dei goti. Una posizione che mantenne anche alla morte di Teodorico e con l’insediamento sul trono di Atalarico.

 

Cassiodoro si ritirò a vita privata proprio mentre infuriava la guerra greco-gotica, rifugiandosi diversi anni a Costantinopoli, prima di tornare nella sua Calabria e fondare il “Vivarium”. La data di fondazione è incerta, anche se diverse fonti la fanno risalire al 544, quando l’ex politico tornò dalla capitale d’Oriente. Cassiodoro istituì il cenobio su alcune terre appartenenti alla sua famiglia.

 

Oggi, del Vivarium non rimane nulla, anche la sua localizzazione è incerta, anche se la tesi più diffusa è quella che il monastero sorgesse su un’altura dominante l’attuale Copanello di Stalettì (Cz). Proprio dove Cassiodoro situò la leggendaria terra dei Feaci, ultima tappa di Odisseo prima del ritorno a Itaca.

 

Anche questo elemento offre uno spunto interessante sulla multiforme cultura del protagonista di questo articolo. Di come fosse edificato abbiamo solo una vaga idea derivante dal frontespizio del codice conservato a Bamberg, in Germania, (Staatsbibl., Patr. 61 HJ.IV.15, c. 29v), copia cassinese dell’VIII sec. tratta dal codex archetypus. Nell’immagine si vedono due edifici ecclesiastici e un corso d’acqua a cingerli.

 

Elemento caratteristico è una piscaria con dei pesci. Vivarium, in latino, vuol dire proprio questo. Quello fondato da Cassiodoro non è un monastero comune. O meglio non rientra nell’idea comune che noi abbiamo di monastero.

 

Il Vivarium era prima di tutto un centro scrittorio, un centro di elaborazione e trasmissione del sapere. D’altra parte Cassiodoro era un uomo di profonda cultura, che aveva già scritto opere come i Chornica e l’Historia Gotorum, le Variae che rappresentavano e documentavano la sua attività al servizio dei re goti.

 

Nella prefatio di quest’ultima egli espone il motivo dell’opera, affinché essa sia da guida per chi in futuro si fosse accostato all’attività di funzionario pubblico. La spinta altruistica di Cassiodoro è evidente lungo l'arco della sua esistenza e in tutta la sua opera.

 

Il Vivarium, che era sì un monastero con una liturgia precisa, con un chiaro intento spirituale figlio della tradizione monastica, nata in Oriente con Antonio: contemplazione e ricerca dell’unione con Dio. Ma, come viene citato nell’Udienza Generale di Benedetto XVI del 12/03/2008, “una migliore fruizione della Parola rivelata si può raggiungere con l’utilizzazione delle conquiste scientifiche e degli strumenti culturali “profani” già posseduti dai Greci e dai Romani (cfr PL 69, col. 1140)”.

 

Ed ecco, allora, qual è il vero motore del Vivarium. Raggiungere il Signore, il suo Verbo, tramite la conoscenza e la sua trasmissione.

 

Le Institutiones divinarum et saecularium litterarum hanno proprio questo intento di diffusione e quindi di altruismo. L’opera, la più importante del monaco calabrese, è divisa in due parti. Il primo libro è articolato in 33 capitoli e tratta le cosiddette divinae litterae. La Bibbia è il punto di partenza di una serie di precetti e di indicazioni su come approcciare allo studio della teologia, della patristica, ai fondamenti del cristianesimo.

 

La seconda parte dell’opera, invece, è divisa in sette libri e riguarda le arti e le conoscenze laiche. In questa sezione delle Istitutiones, considerata da Le Goff la prima enciclopedia del mondo medievale, Cassiodoro si rivolge ai lettori avanzando un programma di conoscenza delle arti del trivio e del quadrivio.

 

Cicerone e Quintiliano sono, per esempio, i modelli da seguire avvicinandosi all’arte oratoria. Mentre Aristotele è il sommo riferimento per la dialettica. Cassiodoro, con le Istitutiones sta mandando un messaggio chiaro: il sacro e il profano non possono che camminare uno accanto all’altro, in un univoco percorso di formazione del mondo che si stava creando.

 

La sua cultura, la sua formazione, lo rendono un personaggio unico nel panorama del VI secolo.

 

Prima ancora di Gregorio Magno, infatti, Cassiodoro era riuscito a intuire quanto delicata fosse la situazione di quello che restava del mondo romano, un mondo che stava modificando le sue sembianze e i suoi codici genetici.

 

Egli era un fine osservatore, esperto per via della sua lunga carriera politica e per l’educazione gli era stata impartita da ragazzo. Cassiodoro veva capito di essere nel mezzo di un'epoca di transizione e assunse quindi il ruolo di traghettatore, di nocchiere tra un mondo ormai tramontato (quello romano) e uno in fase embrionale (quello che noi chiamiamo oggi europeo).

 

A lui si deve la salvezza dell’idea e della concezione di libro che noi abbiamo ancora oggi. Il suo Vivarium fu il primo centro del mondo post imperiale a intraprendere un’attività di scrittura e conservazione dei testi, indicando ai monaci un nuovo campo d’azione. Dotandoli di una caratteristica che diventerà poi sostanziale per tutti i cenobi occidentali nell’alto medioevo e non solo. Il Vivarium era dotato, non a caso, di un’officina scrittoria e di una biblioteca.

 

Un progetto, questo relativo a un centro scrittorio e a uno di conservazione dei manoscritti, che Cassiodoro aveva già provato a impiantare a Roma, nel 536, sotto la tutela di papa Agapito I. Non ci riuscì.

 

Egli, allora, lo portò a compimento nella sua Calabria. Cassiodoro fu un personaggio estremamente moderno, capace di comprendere come l’incontro tra civiltà diverse non fosse un mostro dal quale fuggire; bensì uno spunto per provare la sintesi e la compenetrazione tra entità diseguali, ponte verso un mondo nuovo; non per questo peggiore di quello che ci si era appena lasciati alle spalle.

 

Lo squillacese è stato il primo ricercatore dell’alto Medioevo, l'uomo che più di ogni altro rappresentò la continuità tra due epoche, uno dei primi a concepire il monastero come raccordo tra religione e mondo circostante. Anche prima di Benedetto da Norcia.

 

Colui che ha salvato il mondo classico, rendendolo fondamento e complemento di quello cristiano. Una pietra miliare in una strada tortuosa e di passaggio. Il primo a concepire un’idea di Europa nascente. Basata su una comune eredità culturale da custodire e tramandare.



 

 

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