N. 84 - Dicembre 2014
(CXV)
Storia ed evoluzione di Cassa Depositi e Prestiti
UNO SPACCATO DELL’ECONOMIA ITALIANA
di Tommaso Venezia
Ripercorrere
la
storia
della
Cassa
Depositi
e
Prestiti
è
rappresentativo
della
storia
della
finanza
e
dell’economia
pubblica
d’Italia.
Essa
ha
sempre
giocato
un
ruolo
di
protagonista:
ha
finalizzato
la
partecipazione
italiana
alle
due
guerre
mondiali;
ha
finalizzato
la
ricostruzione
post
belliche;
ha
conferito
il
capitale
degli
enti
pubblici,
partecipando
indirettamente
al
boom
economico
italiano
successivo
alla
seconda
guerra
mondiale;
ha
partecipato
alla
nascita
di
iniziative
sociali
innovative,
come
le
prime
gestioni
di
previdenza
sociale
per
i
lavoratori
dipendenti;
al
sorgere
di
forme
di
intervento
pubblico
nella
gestione
delle
residenze
dei
lavoratori
(ex
Gescal),
ha
sostenuto
sempre
le
ricostruzioni
post
terremoti,
alluvionali
e
altri
disastri
naturali.
Essa
è
sempre
stata
presente,
attiva
e
sostenitrice
della
finanza
e
dell’economia
pubblica
italiana
nel
bene
e
nel
male.
La
Cassa
ha
attraversato
tutti
i
regimi
politici
istituzionali
di
Italia,
la
costituzione
del
Regno
Unito
di
Italia
del
1861;
il
periodo
monarchico;
il
periodo
fascista;
il
periodo
repubblicano;
risentendo
nei
vari
periodi
di
maggiore
o
minore
autonomia
rispetto
allo
Stato
centrale.
La
sua
attività
non
è
mai
stata
chiusa.
Nel
mercato
del
credito
fu
promotrice
di
strumenti
finanziari
molto
spesso
innovativi
come
i
primi
buoni
postali
fruttiferi
anche
attualmente
e
nel
futuro
potrà
essere
co-protagonista
di
forme
di
finanza
innovativa
come
il
project
financing
per
gli
investimenti
pubblici.
La
Cassa
Depositi
e
Prestiti
nacque
con
una
legge
del
Parlamento
Sardo
del
18
novembre
1850,
avendo
la
finalità
della
mobilitazione
dei
capitali
per
le
opere
di
pubblica
utilità.
Erano
liberi
di
effettuare
depositi
presso
la
Cassa
gli
enti
locali,i
corpi
morali,
le
amministrazioni
civili
e
militari
dello
stato.
La
cassa
inoltre
raccoglieva
depositi
obbligatori
giudiziari
e di
mallevadoria
contabile.
Le
somme
raccolte
erano
poi
impiegate
nei
prestiti
agli
enti
locali
e
morali,
in
particolare
per
il
finanziamento
di
opere
pubbliche
e se
necessario
nell’ammortamento
dei
debiti.
I
fondi
affidati
alla
Cassa
erano
garantiti
dallo
stato,
per
compensarla
dallo
svantaggio
che
essa
non
potesse
remunerare
i
depositi
volontari
a
tassi
superiore
rispetto
ai
titoli
di
stato.
Nel
1863
-subito
dopo
la
proclamazione
del
Regno
d ‘
Italia
nel
1861-
fu
attuata
la
incorporazione
nella
Cassa
Depositi
e
Prestiti
del
Regno
di
Sardegna
di
tutti
gli
organismi
che
nei
vari
territori
del
regno
di
Italia,
svolgevano
funzioni
analoghe
a
quella
della
Cassa
piemontese.
Nel
tempo,
la
funzione
iniziale
della
Cassa
di
raccolta
di
depositi
cauzionali
e di
natura
simile
e di
loro
gestione
centralizzata
perdette
progressivamente
rilievo
rispetto
alla
raccolta
di
risparmio
presso
gli
sportelli
postali
che
divenne
la
fonte
principale.
Al
lato
degli
impegni
si
sono
avuti
periodi
alterni
di
finanziamento
rivolti
agli
enti
locali
o
all’amministrazione
centrale
dello
stato.
Una
terza
importante
funzione,
che
non
si
colloca
nell’attivo
ne
nel
passivo,
è
quella
di
effettuare
pagamenti
per
conto
del
pubblico
e
dello
Stato.
La
legge
27/5/1875
n
2779
(presentata
dal
ministro
Minghetti)
dispone
che
gli
uffici
postali
operassero
come
succursali
di
una
Cassa
di
Risparmio
Centrale
garantita
dallo
stato
e
inserita
nella
Cassa
Depositi
e
Prestiti.
Questa
fu
una
rivoluzione
qualitativa
e
quantitativa
della
sua
attività
determinando
una
rapida
crescita
dei
mezzi
a
diposizione
della
Cassa
e un
boom
del
risparmio
postale.
Il
grande
vantaggio
della
Cassa
era
nella
garanzia
statale
sui
depositi,
che
riuscì
a
creare
ulteriore
risparmio,
rispetto
a
quello
bancario
e
delle
Casse
di
Risparmio.
Il
risparmio
postale
attrasse
anche
i
risparmiatori
più
timorosi
e
richiamò
nel
circuito
finanziario
i
risparmi
tesorizzati
come
sotto
i
materassi
o
dentro
pentole
come
avveniva
in
quel
tempo
a
causa
della
poca
fiducia
nelle
banche.
Con
la
garanzia
dello
stato
si
resero
disponibili
per
investimenti
in
infrastrutture
notevoli
risorse
che
erano
raccolte
a
costi
inferiori
a
quelli
di
mercato.
Tra
gli
impieghi
prevalsero
i
mutui
ai
comuni
per
strade,
edifici
scolastici,
sistemi
fognari,
opere
igieniche,
ristrutturazione
del
debito
degli
enti
locali
verso
istituti
di
credito.
Si
svilupparono
anche
impieghi
in
titoli
del
debito
pubblico.
Una
legge
del
1895
obbligò
la
Cassa
ad
impiegare
in
titoli
di
stato
o da
esso
garantiti,
non
meno
della
metà
dei
fondi
dei
depositi
volontari
o
postali.
L’importante
riforma
del
1898
trasformò
la
cassa
Depositi
e
Prestiti
in
direzione
generale
del
Ministero
del
Tesoro,
quale
strumento
di
politica
del
Ministero.
I
problemi
della
finanza
locale
erano
caratterizzati
dalla
persistenza
dei
disavanzi
comunali
e
provinciale
e la
finanza
statale
presentava
un
rilevante
stock
di
debito
pregresso.Inoltre
nel
1879
alla
Cassa
venne
affidata
la
gestione
del
patrimonio
degli
istituti
di
previdenza
di
singole
categorie
professionali,
tra
cui
quella
degli
impiegati
statali.
Alla
vigilia
della
prima
guerra
mondiale
i
depositi
della
Cassa
erano
circa
il
30%
del
totale
del
sistema
bancario
italiano,
pari
al
12 %
del
PIL.
Nel
periodo
fascista
vi
fu
una
forte
spinta
verso
l’accentramento
organizzativo
finalizzato
ad
un
più
stretto
controllo:
il
Ministero
del
Tesoro
fu
assorbito
dal
Ministero
delle
Finanze;
il
Ministero
delle
Finanze
assunse
direttamente
la
presidenza
del
Consiglio
di
amministrazione
della
Cassa,
all’interno
della
Cassa
fu
soppressa
la
seconda
sezione,
quella
della
gestione
previdenziale.
L’accentramento
organizzativo
comportava
il
centralismo
decisionale:
anche
nella
Cassa
prevalse
il
ruolo
del
politico
su
quello
tecnico.
Nello
stesso
ventennio
il
Governo
realizzò
grandi
opere
pubbliche,
come
la
bonifica
delle
paludi
Pontine
(1926-1935),
la
creazione
di
cinque
nuove
città
come
Latina,
Sabaudia,
Pontinia,
Aprilia,
Pomezia.
La
Cassa
partecipò
alla
raccolta
dei
mezzi
finanziari;
dal
1925
si
ebbe
la
prima
emissione
di
Buoni
Postali
fruttiferi.
Questi
titoli
ebbero
molto
successo
e
raccolsero
i
risparmi
anche
dei
più
timorosi.
I
Buoni
Postali
Fruttiferi
erano
titoli
obbligazionari
a
tasso
fisso
privi
di
cedole
a
scadenza
ventennale
ma
estinguibili
in
qualsiasi
momento
essi
furono
emessi
anche
in
dollari
e
sterline
e
collocati
all’estero
soprattutto
agli
emigranti
italiani.
Negli
anni
‘30
la
Cassa
fu
liberata
dal
finanziamento
corrente
dei
comuni
e
quel
ruolo
fu
assegnato
alla
Banca
Nazionale
del
Lavoro,dal
1938
si
ammettono
le
banche
al
ripiano
del
disavanzo
degli
enti
locali.
La
Cassa
è
protagonista
del
finanziamento
della
partecipazione
italiana
alla
seconda
guerra
mondiale:
la
gestione
speciale,
le
risorse
degli
enti
previdenziali
gestite
dalla
Cassa
sono
destinate
alla
necessità
della
guerra.
Nel
periodo
1928
-
1947
furono
messi
titolo
a
breve
“Buoni
annuali
fruttiferi
della
Cassa
Depositi
e
Prestiti”.
Tra
le
due
guerre
lo
stato
italiano
divenne
sempre
più
interventista
nell’economia
e
anche
la
Cassa
fu
utilizzata
in
tal
senso.
Nel
1931
venne
costituito
l’IMI
(Istituto
Mobiliare
Italiano),
il
cui
capitale
fu
per
metà
partecipata
dalla
Cassa.
Anche
alla
costituzione
dell’IRI
del
1933
partecipò
la
Cassa.
IL
22
giugno
del
1944
fu
ricostituito
il
Ministero
del
Tesoro
(separato
da
quello
delle
Finanze)
è il
Ministero
del
Tesoro
a
presiedere
il
consiglio
di
amministrazione.
Un
decreto
del
1947
separò
definitivamente
la
Cassa
dagli
istituti
di
previdenza,
che
divennero
autonome
e
separate
Direzioni
generali.
Nel
secondo
dopoguerra
l’Italia
era
protesa
verso
la
ricostruzione.
La
spesa
pubblica
era
l’asse
portante
della
politica
economica
nazionale.
La
Cassa
fu
coinvolta
nella
ricostruzione
postbellica
e
nella
creazione
di
nuove
infrastrutture.
Negli
anni
‘60
vi
fu
un
boom
dell’economia
italiana
che
aveva
creato
equilibri
economici
artificiali.
Nei
primi
anni
‘70
vi
furono
forti
rivendicazioni
sociali
che
causarono
aumenti
di
spesa
pubblica
e
l’economia
nazionale
fu
colpita
da
un
primo
shock
petrolifero.
Tutte
le
amministrazioni
pubbliche
si
indebitarono
oltre
misura
e
con
una
forte
progressione.
La
riforma
del
sistema
tributario
italiano
del
1972
accentrò
fortemente
il
prelievo
fiscale
all’erario
dello
stato.
Gli
enti
locali
erano
indebitati
oltre
misura
ed
erano
dipendenti
dai
finanziamenti
statali.
Lo
Stato
annualmente
consentiva
agli
enti
locali
di
ripianare
i
loro
disavanzi
di
bilancio
con
mutui
con
la
Cassa
e
con
altri
istituti
di
credito,
i
cui
oneri
erano
a
carico
degli
enti
stessi.
In
quegli
anni
il
90%
dei
mutui
concessi
dalla
Cassa
agli
enti
locali
era
costituito
dai
mutui
per
il
ripiano
dei
bilanci
(quindi
in
sostanza
per
spesi
correnti).
Nel
1977,
ad
opera
del
Ministro
Stammati,
iniziò
il
risanamento
della
gestione
finanziaria
degli
enti
locali,
fu
posta
fine
a
quella
spirale
di
indebitamento,
mediante
un’opera
globale
di
consolidamento
della
loro
passività
verso
gli
istituti
di
credito
e
verso
la
Cassa
con
titoli
decennali
a
carico
dello
stato.
Sul
piano
formale
la
Cassa
era
sempre
stata
subordinata
gerarchicamente
allo
stato,
essendo
Direzione
generale
del
Ministero
del
Tesoro
(o
in
alcuni
periodi
del
Ministero
delle
Finanze
)
mentre,
sul
piano
sostanziale
economico
patrimoniale,
era
una
istituzione
autonoma
e
separata
dallo
stato.
All’inizio
del
decennio
ottanta,
il
Ministro
Pandolfi
( su
proposta
del
Direttore
generale
Giuseppe
Falcone
)
presentò
un
disegno
di
legge
di
trasformazione
della
Cassa
Depositi
e
Prestiti
in
azienda
autonoma
con
un
proprio
statuto.
Questa
riforma
era
sostenuta
dalla
direzione
generale
della
Cassa,
dalle
associazioni
degli
enti
locali,
dalle
organizzazioni
sindacali,
ma
era
avversata
dal
sistema
bancario,
dalla
Banca
d’Italia,
dall’ABI,
che
temevano
la
forza
concorrenziale
della
Cassa
nel
mercato
del
credito
e la
gestione
di
cospicui
flussi
finanziari
fuori
controllo
della
Banca
d’Italia
ed
esterni
al
Tesoro.
Infine
prevalse
l’interpretazione
della
Corte
dei
Conti,
la
Cassa
apparteneva
allo
stato
persona
giuridica
ed
era
assoggettata
a
tutti
i
vincoli
che
tale
natura
comportava.
Poiché
la
legge
n
197
/
1983
non
aveva
espressamente
attribuito
alla
Cassa
una
personalità
giuridica,
non
era
un
ente
autonomo.
Solo
nel
1993
il
Ministro
Barucci
con
art
22
d.l
n
8/1993
attribuì
in
modo
esplicito
personalità
giuridica
alla
Cassa
ed
anche
la
facoltà
di
acquistare
e
cedere
liberamente
partecipazioni
in
istituti
di
credito.
Infine
l’art.5
del
d.l.n
269
/2003
ha
trasformato
la
Cassa
Depositi
e
Prestiti
in
S.P.A.
e ha
distinto
la
sua
attività
in
due
rami
uno
tradizionale
ed
uno
innovativo
di
finanziamento
delle
infrastrutture
e
degli
investimenti
nei
servizi
pubblici
gestiti
da
privati
o
con
la
partecipazione
di
privati.
La
trasformazione
ha
consentito
l’entrata
nell’azionariato
di
65
fondazioni
bancarie
alle
quali
vengono
assegnate
delle
azioni
privilegiate
pari
al
30%
del
capitale
sociale.
Riferimenti
bibliografici
Marcella
Mulazani
e
Matteo
Pozzoli,
Storia
ed
Evoluzione
di
Cassa
Depositi
e
Prestiti,
Pisa
2005.
Giulio
Cesare
Filippi,
Profili
storico
–
istituzionali
della
Cassa
e
Prestiti,
Dispense
CDP
–ROMA
1991.
Augusto
Graziani,
L’Economia
Italiana
dal
1945
a
oggi,
Il
Mulino
1989
Bologna.