N. 27 - Agosto 2007
GIAN
CARLO CASELLI
Un
magistrato scomodo
di
Nicola Ricchitelli
Il rapporto tra la mafia e il mondo politico si
concretizzò all'indomani del secondo conflitto
mondiale, con l'infiltrazione di rappresentanti
delle cosche mafiose nel potere locale e in seguito
anche nazionale.
In
quegli anni la mafia visse un'ulteriore
trasformazione, diventando un'organizzazione
ramificata ed efficiente: oltre a controllare un
ampio serbatoio elettorale, utilizzato per ottenere
dai politici locali e nazionali attenzioni e favori,
estese la propria sfera d'influenza ad altre
attività, come appalti e concessioni edilizie,
usura, mercato di manodopera, consorzi, dopo che in
tempo di guerra aveva monopolizzato il contrabbando
e la gestione delle forniture militari.
Dopo
aver concesso uno strumentale sostegno al
separatismo siciliano, in funzione essenzialmente
antistatale, la mafia scese in campo con il centro
politico nazionale, interpretando efficacemente il
ruolo anticomunista che gli veniva assegnato
sull’isola.
La
mafia fu infatti in prima linea nella repressione
violenta delle proteste contadine e dell’attività
delle organizzazioni politiche dell’opposizione e
sindacali; sua fu ad esempio l’organizzazione della
strage di Portella delle Ginestre (1947), attuata
dagli uomini di Salvatore Giuliano, che causò undici
morti sessantacinque feriti tra i braccianti riuniti
per festeggiare il Primo maggio.
Il Caso Caselli - Andreotti
Ha fatto sicuramente discutere la vicenda di
Caselli, giovane magistrato che istruisce il
processo Andreotti. Vicenda che è ben narrata nel
libro dello stesso magistrato "Un Magsitrato
fuorilegge".
Dall'analisi del magistrato viene messo in luce che
l' Italia è l'unico paese in cui quando la
magistratura attacca i poteri forti, la stessa
magistratura viene delegittimata. Negli USA l'impero
economico di Bill Gates è stato demolito a colpi di
sentenze, lo stesso Bill Clinton ha subito sette
processi, di cui da sei riesce ad uscire non
colpevole e per l'ultimo viene condannato , ma era
un processo personale e non riguardava fatti
istituzionali. In Israele, il figlio di Sharon, più
che potente uomo politico, un mito per quella
nazione, viene condannato per corruzione.
Ma a
nessuno degli inquisiti è mai passato per la testa
la possibilità di prendersela con i giudici. In
Italia questo non avviene. E si sa,quando una
menzogna viene ripetuta centinaia di volte, e tra
l'altro da persone di potere e quindi per loro
stessa definizione credibili, questa menzogna passa
e per alcuni può diventare la verità.
Quando poi queste menzogne vengono avallate anche
dai Ministri della Giustizia ecco quindi che il
magistrato che indaga facendo il proprio dovere può
diventare fuorilegge. Compito del Ministro della
Giustizia è invece quello di difendere i magistrati,
riportare nel cittadino la fiducia nella
giurisdizione. Invece il messaggio che passa, e
questo vale anche per il giovane magistrato, è che
attaccare i poteri forti alla fine non paga. Bisogna
mettere in conto un attacco massiccio, da parte dei
media, da parte dei politici, da parte di altri
colleghi e da parte del Ministero.
Quindi l'Italia è davvero in una situazione anomala.
Se a ciò si aggiunge che in Italia la giustizia non
funziona, si può dire che il cerchio è completo. Il
Governo Berlusconi ha effettuato tali e tanti tagli
che molti tribunali saranno costretti a chiudere per
mancanza di fondi. I processi si allungano
all'infinito e molti reati cadono in prescrizione.
Illuminante è proprio il caso Andreotti,
riconosciuto colpevole per i reati attribuitigli,
tuttavia non è condannato, poichè anche se è
dimostrato che fino al 1980 ha fatto e ricevuto
favori da cosa nostra, per la lunghezza del
processo, persosi in centinaia di migliaia di
cavilli, reinvii, lo statista, forse il più grande
uomo politico italiano non è stato condannato poichè
i reati sono caduti in prescrizione.
Da
quel momento è partita una massiccia campagna di
riabilitazione dell'uomo politico , passata
attraverso la pubblicità di un noto fornitore di
servizi telefonici e culminata nel 2006 dove per
poco Giulio Andreotti non è stato eletto Presidente
della Camera dei Senatori. Ma questa
delegittimazione, questo senso di sfiducia, riflette
Caselli, alla fine porterà tutti sotto un cumulo di
macerie, destra, centro e sinistra. Un cittadino ha
il diritto di sapere se ha torto o ragione.
Per
forza di cose il mestiere del giudice scontenta il
cinquanta per cento dell' utenza. Se due persone
hanno un incidente d'auto e si recano da un giudice
perchè entrambi ritengono di avere ragione , quando
il giudice emette la sentenza, necessariamente
scontenterà uno dei due. La certezza del diritto è
un elemento fondamentale della democrazia. Quindi se
un giudice scontenta una parte dei poteri forti, sta
all' altra parte difendere i giudici. Spesso ciò non
avviene e ne è testimonianza la recente vicenda del
caso Previti. Primo collaboratore del Premier
Berlusconi, condannato per corruzione, è stato
additato come persona degnissima in quanto si è
fatto arrestare "con dignità".
Il
fatto che non sia scappato, come in altri tempi ha
invece fatto un altro capo di Governo incriminato,
il socialista Bettino Craxi, fa di lui una persona
degna. Il fatto che due dei collaboratori di
Berlusconi, Previti e Dell' Utri siano stati
condannati per corruzione e associazione a
delinquere passa in secondo piano e i giudici
assumono delle sembianze di mostri che "osano"
arrestare un ultra sessantacinquenne (che tra
l'altro potrà beneficiare degli arresti
domiciliari).
Questa anomalia, questa sensazione che un ladro di
polli venga messo in galera e che la chiave venga
gettata nel fiume e che invece chi viene condannato
per reati di alta finanza venga trattato con i
guanti bianchi, potrebbe scoraggiare qualsiasi
magistrato dal compiere il proprio dovere fino in
fondo. Questo è il risultato della severa campagna
contro la magistratura italiana. Ma il quadro non è
così nero, ci sono nugoli di magistrati che non si
lasciano intimidire e che continuano a fare il loro
dovere, consapevoli di ciò che li attende.
Abbiamo assistito alla presentazione del libro
,giovedì 15 dicembre 2005 alla Casa della cultura di
Milano. Presenti con l’autore, il senatore Nando
Dalla Chiesa, il magistrato Armando Spataro e il
giornalista Mario Portanova, che ha collaborato alla
stesura del libro. Ecco una sintesi degli
interventi.
"Sono l’unico magistrato italiano al quale il
Parlamento ha dedicato espressamente una legge. Una
legge contra personam che mi ha espropriato di un
diritto: quello di concorrere alla pari con altri
colleghi, alla carica di Procuratore nazionale
antimafia”. Questo si legge nella quarta di
copertina dell’ultimo saggio di Giancarlo Caselli,
“Un magistrato fuori legge”.
Dalla Chiesa
"La magistratura è considerata un nemico dagli
attuali governanti. Non sempre, solo quando si
permette di indagare sui potenti. Alla base c’è una
concezione malata della politica, ispirata al
principio del princeps legibus solutus. Secondo tale
concezione, chi è eletto dal popolo deve essere
sottratto al controllo di legalità. La
responsabilità penale e il principio di uguaglianza
non devono valere per chi è stato votato. Ecco
perché la rimozione di un magistrato come Caselli
diventa necessaria: per ristabilire il primato della
politica sulla legge, il magistrato che non guarda
in faccia nessuno deve essere additato come un male.
Lo dicono esplicitamente: il processo Andreotti è la
colpa di Caselli.
Ma Andreotti non è stato assolto in quanto
innocente, se l’ è cavata solo grazie ala
prescrizione (e che cavolo, li salva proprio tutti
questa prescrizione?). E le sentenze documentano
fatti inquietanti, che dovrebbero suscitare un
dibattito serio. Ma l’accertamento della collusione
fra la politica (al suo più alto livello) e le
organizzazioni criminali non può essere accettato
dal ceto politico dominante. Ecco allora che scatta
una scientifica mistificazione: Andreotti viene
beatificato come vittima della malagiustizia, mentre
Caselli viene additato come un nemico."
Spataro
"Ci lasciamo alle spalle anni tormentati, abbiamo il
dovere di ricordare tutto ciò che è accaduto. Tra le
vergogne civili che abbiamo dovuto subire, c’è anche
la legge contro Caselli.
Nessuno, sia chiaro, ritiene che la magistratura sia
immune da pecche. Ma l’accanimento del potere
politico contro i magistrati che hanno fatto il
proprio dovere senza timori reverenziali: questo è
l’elemento essenziale.
Parlare di Caselli significa parlare della mia
stessa vita professionale. Lo conobbi un anno dopo
il mio arrivo a Milano. Erano gli anni del
terrorismo, le prime indagini si concentrarono a
Torino, contro le brigate rosse. Fu inevitabile
studiare il lavoro di Caselli e del pool di cui
faceva parte. Il lavoro di squadra diede il colpo
decisivo ai terroristi. Come pure la scelta di
contestare il reato di concorso esterno, anche
morale, negli atti terroristici, per colpire
l’intera organizzazione, compresi gli strateghi e i
fiancheggiatori. Una scelta, quella del lavoro in
pool e dell'imputazione del concorso esterno, che ha
assicurato risultati anche contro la criminalità
organizzata.
Devo riconoscere che, senza Caselli, dopo gli
assassini dei colleghi Galli e Alessandrini, non
avrei retto.
Negli anni di Palermo, Caselli con i colleghi della
procura della Repubblica ha saputo ridare slancio
alla lotta alla mafia, dopo la tragica estate degli
attentati a Falcone e Borsellino. Anche in questo
caso la rimozione è necessaria: le centinaia di
ergastoli inflitti agli uomini delle cosche devono
essere dimenticati."
Caselli
L’addebito che mi si fa è di non aver rispettato
determinati santuari. Ma il rispetto dei santuari
non fa parte dei doveri del magistrato, che al
contrario è chiamato ad applicare la legge in modo
indiscriminato. E’ davvero vergognoso che uno sia
costretto a difendere il proprio lavoro, un lavoro
pubblico, misurabile con criteri oggettivi, un
lavoro che qualche risultato lo ha ottenuto.Contro
di me è stata approvata una legge ad hoc.
Ed è
un fatto che per certi aspetti può anche rendermi
orgoglioso, ma lascia cicatrici di sofferenza per lo
stravolgimento delle regole di cui quella legge è
segno. Il discorso va oltre la mia persona, e per
questo motivo ne parlo. Se si estirpa per legge un
magistrato "nemico" viene stravolta l’idea stessa di
democrazia costituzionale.
La
nostra Costituzione disegna una democrazia
pluralista, con poteri in equilibrio fra loro.
L’emarginazione dei poteri di controllo (giustizia e
informazione) intende affermare un modello diverso,
incentrato sul primato della maggioranza politica
del momento: un modello autoritario, contrario allo
spirito della Costituzione. Ecco il contesto nel
quale si iscrive il caso che mi ha riguardato.
Numerosi fatti rivelano questa concezione: le
invettive dei portavoce governativi, per esempio, si
sono scagliate non solo contro i Pubblici Ministeri,
ma via via contro tutte le corti di Giustizia che
hanno preso provvedimenti sgraditi, dal Tribunale di
Milano alla Corte di Cassazione. Tutte "toghe rosse"
o "golpisti" o "criminali". Siamo di fronte a una
concezione profondamente pericolosa, in quanto
limita il controllo di legalità e insieme ad esso il
controllo dell’opinione pubblica sui pubblici
poteri.
Una concezione che in definitiva mette in pericolo i
diritti delle minoranze.
Solo estirpando le "teste storte" che ancora hanno
come punto di riferimento la Costituzione , ci si
convince di avere ragione. Ma in questo modo si
tende a cancellare la linea di confine fra lecito e
illecito, fra morale e immorale. Un rischio
terribile per una società.
Il "caso Andreotti" può esser letto come il
detonatore del modo di trattare l’informazione e la
giustizia da parte di certa politica. Già una volta
è capitato che il presidente della Corte di Appello
di Palermo, il dott. Scaduti, avvertisse il dovere
di smentire una dichiarazione del presidente della
Commissione Antimafia, l’on. Centaro, sull'asserita
persecuzione ai danni del senatore Andreotti.
E
ora si replica, con la relazione di cui parlava
Dalla Chiesa. A lui propongo di allegare alla
relazione di minoranza un recente saggio del collega
Livio Pepino, dedicato all’analisi delle sentenze
del processo Andreotti.
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