arte
La "Casa Albero" a
Fregene
Un'ABITAZIONE dalle
mille accezioni
di Bianca Coggi
Apparentemente “oscena”, bizzarra, con
l’uso spropositato e ben dichiarato di
strutture e materiali freddi (cemento,
acciaio e vetro), Villa Perugini a
Fregene può essere considerata come una
“perla” tra le Architetture italiane del
Novecento, un modello di Architettura
sperimentale a matrice costruttivista,
ma anche come un “modello” di
un’Architettura capace di innescare
infinite emozioni (in quanto infinite
sono le peculiarità in essa contenute).
Più nota come “Casa Albero” o “Casa
Sperimentale”, la Villa fu costruita a
partire dalla fine degli anni Sessanta
su progetto di Giuseppe Perugini al fine
di realizzare una Casa Vacanza per la
propria famiglia. Al progetto iniziale
si aggiunsero nel tempo altri progetti,
ampliamenti e sperimentazioni redatti
dalla moglie di Giuseppe, Uga De
Plaisant e dal figlio, Raynaldo
Perugini, entrambi architetti.
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Casa Sperimentale a Fregene, 1968.
Architetti: Giuseppe Perugini, Uga de
Plaisant, Raynaldo Perugini
Nel libricino Un esperimento di
Architettura realizzato
personalmente da Giuseppe Perugini nel
1979 e pubblicato nel 2018 a cura del
figlio Raynaldo viene raccontata la
“genesi” della Casa Albero.
Casa Sperimentale a Fregene, 1968.
Schizzi della struttura della Casa
Albero
(immagini tratte da
La Casa Albero, un Esperimento di
Architettura, GB EditoriA, Roma
2018)
Il punto sostanziale dichiarato è che la
Casa Albero è una casa realizzata al
fine di sperimentare non solo nuove
tecniche costruttive, ma anche e
soprattutto nuovi modi di intendere il
concetto di “Abitare”, di “Spazio” con
l’esplicito intento di superare il
concetto di “Tipologia edilizia” non più
congruo per le mutate esigenze
funzionali (presenti ed eventuali
ulteriori futuribili) e per l’avvento di
nuove tecniche costruttive e progettuali
come quelle offerte dalla nascita e
dallo sviluppo delle nuove tecniche
digitali.
Attualmente la Villa è caratterizzata da
tre “episodi” principali separati tra
loro, ma comunque posti a stretto
dialogo grazie a una matrice geometrica
comune, ripetuta e ripetibile: la “Casa
Albero” vera e propria, la “Palla” e i
“Cubetti”.
La casa Albero è un “sistema” complesso
e al contempo semplice: si tratta di un
sistema di pilastri e “portali” che
rispettivamente “sostengono” e “tengono
appese” delle piastre di cemento
identiche ma ribaltate tra di loro
rispetto un piano orizzontale intermedio
tra le due, che sono il solaio di
calpestio e quello di copertura. Il
sottosistema ulteriore sono le pareti
perimetrali. Queste sono ideate per
essere facilmente sostituibili,
spostate, modificate, a seconda delle
esigenze funzionali dell’interno, in un
rapporto tra interno ed esterno in
continua mutazione.
Al sistema principale di piastre e muri
perimetrali si aggiungono poi ulteriori
elementi che sono i “servizi” (la cui
forma è dettata dalla funzione) ed
elementi accessori quali scale, elementi
di scolo delle acque, ecc. Il tutto
coronato dalla presenza nello spazio
sottostante l’abitazione di uno specchio
d’acqua sulla quale si riflette questa
costruzione dando la percezione di uno
spazio ancora più infinito e non
finibile.
Alla Casa Albero si contrappone la
Palla, una monocellula sferica chiusa
posta dinamicamente a dialogo con quella
“ad albero” grazie anche alla presenza
di un taglio trasversale inclinato che
aggiunge quel dinamismo che sarebbe
mancato se il taglio fosse stato
orizzontale. Una sfera composta da due
semicalotte di cemento sottile,
concepita come appendice esterna alla
casa, a sua volta esempio di struttura
abitativa stavolta però unitaria, ma
anche come “sala prove” dove l’allora
giovane Raynaldo poteva esercitarsi con
la sua musica grazie alle particolari
caratteristiche acustiche.
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Casa Sperimentale a Fregene, 1968. Casa
Albero e la "Palla" in costruzione
(immagini tratte da
La Casa Albero, un Esperimento di
Architettura, GB EditoriA, Roma
2018)
I Cubetti sono invece delle soluzioni
basate sempre su forme primordiali
cubiche, su un modulo quadrato di tre
metri per tre metri (e suo sottomodulo)
capace di contenere in meno di quaranta
metri quadri uno spazio abitativo
completo composto da due stanze, una
cucina e due bagni ulteriormente
ampliabile secondo lo stesso concetto
ripetibile anche in altezza.
Oltre alla volontà di sperimentazione di
un nuovo modo di intendere “il tipo
edilizio” si affianca la sperimentazione
tecnica che si esplicita sia attraverso
lo studio di innovati sistemi di
cantierizzazione e applicazione dei
materiali impiegati (basti pensare al
particolare processo di cantiere delle
calotte della “palla” ripetuto anche nei
“servizi” della Casa Albero e in quello
della recinzione o al sistema di innesto
del ferro sul cemento, ecc.) che
attraverso le soluzioni estetiche a
esaltazione dei principi progettuali
fondamentali: basti pensare ai tagli di
vetro finalizzati a distaccare tra di
loro le calotte sferiche (servizi e
palla) e le piastre per valorizzarne la
loro indipendenza e per creare giochi di
luce unici nel loro genere. È la luce
infatti che divide i vari elementi di
cui si compone l’intero “sistema
architettonico”.
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Casa Sperimentale a Fregene, 1968.
Schema progettuale
degli interni della Casa Albero
(immagine tratta da
La Casa Albero, un Esperimento di
Architettura, GB EditoriA, Roma
2018)
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Fotografia attuale degli interni della
Casa Albero
(Foto
di Bianca Coggi, giugno 2020)
Da questo punto di vista si può dire che
in Villa Perugini possono essere
facilmente rintracciabili tutti i
principi-base dell’Architettura:
rapporto tra forma e funzione, rapporto
tra interno ed esterno, rapporto tra
luce e ombra, rapporto dimensionale a
matrice geometrica.
A partire da tali principi fondamentali
Villa Perugini può essere definita
secondo infinite accezioni, tra le
quali:
- Casa infinita e non finita:
perché replicabile e ampliabile in senso
verticale e orizzontale e per i suoi
infiniti modi in cui può essere
scomposta e ricomposta;
- Casa-Scultura: qui Arte e
Architettura, più di sovente concepite
come Discipline per cui una è a servizio
dell’altra, si fondono in un unicum
dal confine impercettibile;
- Casa futuristica: la
progettazione parte dal presupposto di
ottenere una spazialità il più possibile
“flessibile” e un Architettura capace di
adattarsi in maniera molto semplice,
secondo anche un’immagine visionaria
molto vicina ai nostri giorni, a
eventuali e possibili usi futuri diversi
e a nuove sopravvenute esigenze d’uso;
Casa costruttivista:
la casa è un esperimento didattico, un
modello in scala reale, di un plastico
costruito anche con il fine sociale di
svolgere una “ricerca” empirica con lo
scopo di superare i canoni compositivi
dell’epoca, introducendo un concetto che
oltrepassa quello “chiuso” della
“tipologia edilizia” per dare luogo a
un’idea dell’Architettura infinita non
finita.
Giuseppe Perugini stesso afferma che “Quando
una Architettura è suscettibile di
provocare un’emozione è possibile
trasformarla in una lezione di
Architettura”. E tutte queste su
citate definizioni e molte altre ancora
che possono essere ricercate, provocano
emozione.
A un primo impatto la villa sembra
inaccessibile, invalicabile, non
espugnabile e capace di innescare delle
emozioni contrastanti: potrebbe incutere
paura o curiosità, attrazione o diniego.
Certo è che la Villa davvero attrae
negli ultimi anni, numerosi studiosi,
curiosi, fotografi e artisti o
addirittura stilisti tanto da essere
scelta da Karl Lagerfeld per ambientare
un catalogo Fendi.
Purtroppo, a causa delle mutate esigenze
di famiglia, da alcuni anni la casa non
è stata più utilizzata frequentemente.
Il suo stato di manutenzione strutturale
è molto buono (anche grazie a sistemi di
scolo delle acque adottati), ma
purtroppo la costruzione è stata oggetto
di atti vandalici volti a distruggere il
“distruttibile” e a imbrattare muri con
scritte improbabili.
Questo fenomeno è legato probabilmente
alla tendenza delle ultime generazioni
di riscoprire le Architetture del
Novecento. Basti pensare alle sempre più
crescenti escursioni dei fotografi dell’Urban
Decay mossi da una rinnovata
scoperta di edifici degli anni Sessanta
(con particolare predilezione verso
quelli non utilizzati) o agli Street
Artist che amano lasciare il segno delle
proprie opere all’interno di edifici
industriali dismessi.
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Foto dello stato attuale degli interni
della Casa Albero
(Foto
di Bianca Coggi, giugno 2020)
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Casa Sperimentale a Fregene, 1968. La
"Palla" restaurata
(Foto
di Patrizio Bitelli, luglio 2020)
A questi fenomeni di più “aulica” e
forse rispettabile esistenza purtroppo
vi è però chi fa di questi luoghi, dei
luoghi di “bivacco”, di incontri, di
divertimento e svago, accanendosi, senza
un preciso scopo, sulle architetture.
Fenomeni emblematici che mettono in
evidenza la presenza di una società
composta da generazioni senza obiettivi
e, soprattutto, prive di rispetto per
gli altri e per ciò che li circonda. Di
fatto, chi entra all’interno di una
proprietà privata senza averne le
autorizzazioni e, addirittura,
devastando ciò che trova è punibile per
legge.
Nell’immaginario collettivo attuale la
casa può essere quindi percepita come
una “casa sperimentale non utilizzata”,
una casa dal destino fallimentare, ma
che di fatto non lo è.
Si può dire che trasmigrata in un’altra
epoca e/o in un altro utilizzo invece,
potrebbe davvero essere una “perla” per
il territorio in cui si inserisce. Certo
è che potrebbe essere recuperata per
farne una Open House, un Museo di
se stessa, un museo del Costruttivismo,
un museo dell’Architettura del
Novecento: sicuramente da visitare come
esempio di un’Architettura di un’epoca,
ma anche come Architettura capace di
innescare nuovi ‘sentimenti’ e
‘sensazioni’ inaspettate.
Un’architettura che fa paura sì, ma che
ci fa anche fantasticare sul suo
utilizzo come Casa-Bunker, Casa-Rifugio,
Casa senza-forma, Casa-albero, casa
dalle infinite accezioni più recondite.
Sicuro: da visitare. Casa da recuperare.
Riferimenti bibliografici:
G.
Perugini, R. Perugini, La Casa
Albero, un Esperimento di Architettura,
GB EditoriA, Roma 2018. |