N. 92 - Agosto 2015
(CXXIII)
IL CARTAGINESE
SULLA COMMEDIA DI PLAUTO
di Massimo Manzo
Il tremendo ricordo della seconda guerra punica era ancora vivo nella coscienza romana quando Plauto scrisse il Phoenulus (Il Cartaginese), esilarante commedia in cui tra i protagonisti c’erano proprio gli ex nemici Cartaginesi. L'opera del commediografo latino è andata in scena con la regia di Giancarlo Sammartano il 2, 3 e 4 agosto al teatro antico di Segesta, nel corso del festival Dionisiache 2015. E la reazione del pubblico dimostra come le commedie di Plauto siano ancora oggi in grado di divertire e coinvolgere gli spettatori moderni.
Il
tutto,
partendo
da
una
trama
semplice
e
basata
sulla
vivacità
dei
dialoghi
e il
contrasto
tra
caratteri.
Riprendendo
in
pieno
gli
archetipi
del
teatro
plautino,
il
divertente
intreccio
del
Cartagonese
ruota
intorno
alle
vicende
di
Agoràstocle,
giovane
di
origini
puniche innamorato della vicina di casa
Adelfasio,
schiava
insieme
alla
sorella
dell’avaro
ruffiano
Lico.
Con
l’aiuto
del
servo
Milfione,
maestro
d’inganni,
Agoràstocle
tenta
in
tutti
i
modi
di
strappare
Adelfasio
al
suo
padrone,
fino
a
quando
non
giungerà
da
Cartagine
il
vecchio
Annone,
in
cerca
delle
figlie
rapite
molti
anni
prima
dai
pirati.
Alla
fine,
dopo
un
vorticoso
susseguirsi
di
equivoci
e
scontri
verbali,
di
tranelli
e
sotterfugi,
si
scoprirà
che
Annone
è il
padre
di
Adelfasio
e lo
zio
di
Agoràstocle,
e la
vicenda
si
concluderà
con
il
consueto
lieto
fine.
Se i
personaggi
rispecchiano
gli
stereotipi
della
commedia
antica,
con
il
solito
servo
intrigante
che
aiuta
il
padrone
un
po’
fesso
nel
risolvere
situazioni
ingarbugliate,
è
incredibile
notare
come
il
vero,
e
forse
unico
personaggio
"candido"
della
commedia
sia
proprio
Annone,
che
pur
incarnando
alcuni
difetti
tipicamente
punici,
è in
fondo
tra
tutte
la
figura
meno
maliziosa
e
più
sincera.
A
Segesta,
sulla
scorta
dell’esperienza
dell’Istituto
Nazionale
del
Dramma
Antico
di
Siracusa,
Sammartano
ha
deciso
coraggiosamente
di
riproporre
l'opera
in
maniera
il
più
possibile
aderente
all'originale,
ed è
forse
questa
una
delle
chiavi
del
successo.
Come
avveniva
nell'antichità,
recitano
solo
quattro
(bravissimi)
attori,
i
quali
si
alternano
freneticamente
sulla
scena
incarnando
via
via
i
personaggi
della
storia.
Un'altra
caratteristica
è
l'utilizzo
delle
maschere,
disegnate
da
Giancarlo
Santelli
sul
modello
delle
terracotte
votive
trovate
a
Lipari
tra
gli
anni
‘60e
‘70,
che
riproducevano
a
loro
volta
le
maschere
tipiche
della
Commedia
Nuova
di
Menandro.
I
dialoghi,
tradotti
in
modo
fedele,
riescono
poi
a
far
rivivere
l’originale
umorismo
plautino,
attraversato
da
una
profonda
conoscenza
dei
tipi
umani,
dei
loro
difetti,
delle
loro
debolezze,
ma
anche
dei
loro
desideri
e
aspirazioni.
Non
a
caso
le
commedie
di
Plauto
sono
diventate
dei
classici
immortali,
in
grado
di
trasmettere,
dopo
più
di
2000
anni,
le
stesse
emozioni
a
generazioni
di
uomini
lontanissime
tra
loro.