N. 19 - Luglio 2009
(L)
La carta stampata
Specchio di un’epoca e contenitore di idee
di Emanuela Ferrari
Per
comprendere
un
personaggio,
un
periodo
storico
in
particolare
o
semplicemente
i
dibattiti
presenti
in
un’area
territoriale
risulta
doveroso
soffermarsi
sulle
pubblicazioni
relative
al
tema
preso
in
esame
ma
ancor
di
più
l’attenzione
si
dovrebbe
rivolge
ai
periodici,
cioè
a
tutti
quei
giornali
e
riviste
editati
con
una
certa
frequenza:
settimanale,
trimestrale
ecc.
in
un
periodo
specifico.
Il
rapporto
riviste-società
è
fondamentale
per
entrare
nel
vivo
di
un
contesto
e
per
“inquadrare”
più
compiutamente
un
argomento
di
studio,
o di
semplice
curiosità.
In
concreto,
se
questa
attenzione
la
rivolgiamo
alla
società
inglese
del
secolo XVIII
risulta
con
evidenza
che
i
pochi
giornali
editati
erano
per
un
pubblico
colto,
intellettualmente
formato.
Andavano
di
moda
le
miscellanee,
ovvero
dei
giornali
con
articoli
dedicati
a
numerosi
argomenti:
dalla
cultura
accademica
alle
recensioni
dei
libri,
dai
primi
concorsi
letterari,
come
nel
settimanale
Bee
nel
1790,
alle
argomentazioni
sull’agricoltura.
Non
mancavano
articoli
su
aneddoti
e
storia
di
costume
in
ambito
locale,
oltre
a
richiami
alla
cultura
classica.
Genericamente
le
riviste,
denominate
Magazines
ancora
oggi,
erano
molto
simili
ad
un
libro
in
quanto
costituite
da
molte
pagine,
dalle
cinquanta
alle
settanta
ma a
volte
anche
di
più…
Potevano
ospitare
delle
immagini
nell’intero
foglio.
Questa
caratteristica
segna
una
novità
nell’editoria
e
verrà
ripresa
nel
secolo
successivo,
favorendo
anche
una
maggior
cura
estetica
nella
pubblicazione.
Con
il
termine
Journal
si
identificava
il
giornale
relativo
ad
un’area
territoriale,
come
il
Cambridge
Journal,
e si
poneva
l’accento
sulle
caratteristiche
fisiche
e
culturali
proprie
del
territorio
di
appartenenza,
mentre
con
la
parola
Review
si
intendeva
un
giornale,
o
rivista,
con
articoli
dedicati
a
libri
editati
nell’epoca,
a
questioni
sociali
e
politiche
del
tempo
ma
la
voluminosità
era
più
ridotta
rispetto
al
magazine.
Molti
studiosi
del
passato
furono
associati
a
riviste
ma
anche
attivi
scrittori
di
articoli
come:
Walter
Scott,
Thomas
Carlyle,
Charles
Dickens,
George
Bernard
Shaw.
Ci
furono
anche
tanti
letterati
americani
tra
cui
si
ricordano;
Emerson,
Poe.
Inoltre
era
usanza
dell’epoca
non
firmare
gli
articoli
e
solo
dal
1850
alcune
testate
si
distaccano
da
tale
costume.
C’era
di
fatto
un
motivo
preciso.
La
mancanza
della
firma
si
imponeva,
in
prevalenza,
per
quei
giornali
trimestrali,
impegnati
politicamente
o
comunque
schierati
in
una
posizione,
per
non
ricevere
ma
anche
“imporre”
pregiudizi
al
lettore
e la
fine
di
un
articolo
era
identificata
da
una
scrittura
più
marcata
o
con
carattere
differenziato.
Coloro
che
contribuiscono
con
una
certa
regolarità,
fornendo
articoli
alle
riviste,
riceveranno
un
riconoscimento
monetario
solo
successivamente,
infatti
tale
impegno
rappresentava
un
contributo
prevalentemente
gratuito.
Dal
Novecento
gli
scrittori
professionisti
ricevono
compensi.
Questo
risultato
è la
conseguenza
di
una
tendenza
alla
democratizzazione
che
si
afferma
dalla
seconda
metà
del
secolo XIX
e
produrrà
evoluzioni
notevoli
in
questo
settore.
I
punti
di
vista
del
pubblico
e i
suoi
interessi
iniziano
ad
essere
valorizzati
in
una
vera
società
democratica.
Le
pubblicazioni
non
si
rivolgono
solamente
ad
un
pubblico
colto
ed
accademico,
ma
anche
a
chi
è
curioso,
a
chi
vuole
sapere;
quindi
ad
una
società
media,
e
non
solo,
desiderosa
di
“partecipare”
in
qualche
modo.
Questo
ampliamento
nel
pubblico
dei
lettori
impone
anche
una
estensione
e
specializzazione
dell’offerta,
ovvero
nascono
le
riviste
rivolte
alle
lettrici
donne
con
numerose
illustrazioni,
contenenti
suggerimenti
per
le
pratiche
domestiche,
studi
sul
comportamento
morale
favorendo
altresì
cambiamenti
nella
cultura
pratica
per
il
loro
galateo.
Tra
questi
giornali
si
ricordano:
The
Lady’s
Book,
Household
Words,
The
Casket.
I
trimestrali
sono
molto
seguiti
dal
pubblico
maschile
ma
anche
molti
weekly
journals
specializzati
in
temi
settoriali
quali
medicina,
religione,
ecc.
Non
è
possibile
stimare
con
precisione
il
numero
di
giornali
presenti
nella
società
inglese
del
secolo XIX,
anche
perché
non
sono
stati
effettuati
studi
su
tali
argomenti
pur
essendo
molto
utili,
ma,
da
fonti
certe,
risulta
che
intorno
al
1850
solo
a
Londra
furono
editati
ben
115
periodici
mentre
nei
primi
anni
delle
stesso
secolo
ne
erano
presenti
solo
25.
Questi
dati
mettono
in
evidenza
il
progresso
di
emancipazione
che
ha
coinvolto
questo
paese
che,
ancora
una
volta,
dimostra
di
precorrere
i
tempi
rispetto
ad
altre
zone
europee.
A
questo
punto
si
pone
un
quesito;
chi
scrive
in
queste
testate
da
attirare
tanto
l’interesse
di
un
pubblico
sempre
più
esteso?
Il
processo
di
democratizzazione,
già
evidenziato,
favorirà
anche
un’altra
dinamica:
la
diversity
of
contributors
(la
diversità
dei
collaboratori).
In
sintesi,
nelle
riviste
ci
sono
contributi
di
tre
categorie
di
scrittori:
letterati,
uomini
di
successo
e
persone
comuni.
Riguardo
ai
primi
si
ricorda
anche
una
buona
partecipazione
femminile,
una
percentuale
molto
alta
è
rappresentata
da
persone
impegnate
in
politica,
professori
universitari,
economisti,
ecc.
Questo
indirizzo
verrà
molto
seguito
nel
Novecento
anche
per
mantenere
una
certa
“fidelizzazione”
verso
le
riviste
da
parte
del
pubblico-lettore
ma
la
vera
novità
consiste
nel
contributo
dell’uomo
medio,
il
quale
esprime
le
sue
idee
ed
interpretazioni
per
iscritto
creando
oltremodo
una
nuova
sintassi
letteraria,
coniando
un
nuovo
stile
di
comunicazione.
Chi
scrive
quindi
vuole
dire
qualcosa,
intende
essere
partecipe.
Questo
percorso
evolutivo
ci
porta
a
concludere
che
i
giornali
riflettono
i
contenuti
di
un’epoca,
sono
lo
specchio
del
tempo.
Un’altra
usanza
si
inserisce
tra
i
comportamenti
dell’editoria
e
diventerà
una
modalità
spontanea
di
comunicazione
assai
presente
ai
giorni
nostri;
inviare
lettere
all’editore.
Questa
tendenza
ha
origine,
secondo
le
fonti,
nel
maggio
1887
quando
un
lettore
replica
ad
un
articolo
sulla
scienza
scritto
da
Thomas
Henry Huxley
nel
Nineteenth
Century.
L’avvicinamento
della
carta
stampata
alla
società
produce
cause
ed
effetti
di
notevole
consistenza.
Il
secolo
successivo
continua
a
mantenere
viva
tale
relazione
invogliando
ancora
di
più
i
lettori
con
vesti
nuove
ed
attraenti
esteticamente.
Ma,
in
prevalenza,
si
continuerà
ad
esprimere
il
“sentire”
di
una
società,
a
fornire
alternative
quando
non
è
possibile
fare
dei
cambiamenti.
Il
giornale
quindi
diventa
un
mezzo
per
comunicare,
per
dialogare,
anche
con
una
certa
libertà,
con
la
società
ed
uno
strumento
utile
per
diffondere
cultura,
per
formare
ed
informare
di
politica,
costume,
diritto,
arte…
Si
deve
tenere
presente,
soprattutto,
che
la
carta
stampata
permette
di
capire
oggi
cosa
è
accaduto
ieri
e di
immedesimarsi
nella
storia
delle
idee
di
un’epoca.
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