[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

172 / APRILE 2022 (CCIII)


turismo

Un cammino leviano nel cuore della Lucania

I SUGGESTIVI luoghi del Cristo si è fermato a Eboli

di Antonio Rizzi

 

Al pari di certi vini, anche alcuni capolavori della letteratura italiana invecchiando migliorano le proprie qualità storico-sensoriali ed empatico-narrative. È il caso senz’altro de il Cristo si è fermato a Eboli, un resoconto ponderato e agrodolce della permanenza tra il 1935 e 1936 dell’eclettico intellettuale torinese Carlo Levi nel cuore della Lucania più autentica.

 

Tanto è stato detto negli scorsi decenni su questo capolavoro della letteratura italiana del Novecento, scritto a Firenze mentre il secondo conflitto mondiale si avviava verso il suo tumultuoso epilogo, ma tanto si potrebbe ancora dire sulla straordinaria attualità dei contenuti tracciati da Levi. Non solo un punto di vista privilegiato per una revisione strutturale della vexata quaestio meridionale, ma un barometro neutrale sull’unicità dei luoghi che fanno da sfondo all’amaro esilio leviano.

 

Levi giunse dapprima a Grassano, paese adagiato sulla collina materana che si affaccia sul fiume Basento, lungo la trafficata via che dall’Adriatico punta al Tirreno, da Bari a Salerno, passando per Matera e Potenza. Un luogo non proprio remoto o almeno fra i meno sperduti della Lucania degli anni trenta, del quale Levi tesserà le lodi quando si troverà a compararlo con la sua seconda destinazione d’esilio per la forzosa permanenza in terra lucana ossia Aliano, nel cuore dell’entroterra materano, a cavallo fra le valli del fiume Agri e del torrente Sauro.

 

Essendo la permanenza di Levi concentrata per più mesi proprio ad Aliano, è chiaro che le istanze de contadini del luogo e la magica natura circostante sono gli elementi preponderanti nel testo del Cristo ma in più passaggi emerge questo fil rouge con Grassano, distante circa 70 chilometri da Aliano, un tragitto che Levi percorrerà più di una volta sia per permessi concessigli dalla Prefettura di Matera, sia per il suo abbandono definitivo delle terre lucane a metà del 1936.

 

A un certo punto del libro, Levi lo descrive questo aspro e tortuoso tragitto, che dai calanchi argillosi e assolati che dominano il Sauro e l’Agri si inerpica verso i monti di Stigliano e attraversando i boschi di Accettura e i saliscendi curvilinei di San Mauro Forte, ridiscende nella valle del Basento, sfiorando l’abitato di Garaguso e ammirando dal basso verso l’alto, in tutto il suo candore, l’abitato di Grassano sulle colline sospese tra Basento e Bradano.

 

Sarebbe opportuno mapparlo questo cammino leviano, perché la realtà amara descritta da Levi circa i soprusi perpetrati ai danni dei contadini, il mancato debellamento della malaria, l’insano habitat rupestre dei Sassi di Matera e la generale condizione di arretratezza socio-economica di tutta la Lucania negli anni ’30, rappresentano la più grande forma di denuncia scritta urbi et orbi fatta dall’artista piemontese pochi mesi prima della nascita della Repubblica Italiana, sulla questione meridionale vecchia già di oltre 80 anni.

 

Al di là delle molteplici posizioni prima critiche e poi di graduale riscoperta dell’immenso e certosino lavoro di ricucitura dell’identità nazionale proposto da Levi, permane una fissità dei luoghi in cui Levi visse, che a distanza di 85 anni dal periodo dell’esilio, mantengono una loro immutata bellezza e unicità. Un‘area che è stata da molti considerata una bella scoperta, grazie al diario locale di Levi ma anche grazie all’exploit di Matera capitale europea 2019 della cultura, di cui Levi è stato certamente un involontario ma meritevole precursore.

 

Ad Aliano, luogo dove Levi ha deciso di essere seppellito, è sorto in suo onore un parco Letterario e tutti i vicoli del borgo sospeso fra le forre argillose e la miriade di calanchi parlano letteralmente di Don Carlo e la sua casa confino è diventata una meta irrinunciabile per chi è stato rapito dalla sua ammaliante narrativa.

 

Ma sarebbe doveroso assecondare appieno l’affezione di Levi verso l’altro luogo del suo confino, cui dedica tante parole di ricordo e affetto: Grassano. Ecco che Grassano e Aliano si potrebbero/dovrebbero ricongiungere in un cammino, per ora virtuale, ma che si spera possa diventare anche tracciato lungo i 70 chilometri di pendii e valli che li dividono.

 

Non solo per omaggiare il pioniere che li attraversò in modo involontario ma straordinariamente consapevole, col senno di poi, quasi un secolo fa, ma anche per mettere in rete le migliori energie locali che la provincia materana può offrire al turismo mordi e fuggi che spesso, purtroppo, caratterizza le comitive che giungono nel capoluogo dei Sassi.

 

Un turismo più lento, green e meditabondo potrebbe giungere a Grassano e Aliano, sfruttando la raggiera di cammini viciniori già esistenti: parliamo del cammino ellenico, dell’Appia Antica e della rete di tratturi e tratturelli che dall’appennino campano e lucano si dipanano verso le prospicienti colline pugliesi. Tra Grassano e Aliano non c’è il nulla, ribadiamolo: oltre a due dei principali fiumi lucani (Agri, Basento, Bradano e Sinni), insistono gli abitati di San Mauro Forte, celebre per il rito carnascialesco del campanaccio, di Accettura, capitale lucana dei riti arborei con il suo maggio e Stigliano, con i suoi murales e le coltivazioni di pistacchio.

 

Cristo si è fermato a Eboli, ma 85 anni dopo una marea di silenziosi cristiani potrebbe stazionare nel cuore più autentico dell’entroterra lucano, perdendosi tra le vallate che costellano gli ormai celebri Sassi.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]