turismo
Un cammino leviano nel cuore della
Lucania
I SUGGESTIVI luoghi del Cristo si è fermato a
Eboli
di Antonio Rizzi
Al pari di certi vini, anche alcuni
capolavori della letteratura italiana
invecchiando migliorano le proprie
qualità storico-sensoriali ed
empatico-narrative. È il caso senz’altro
de il Cristo si è fermato a Eboli,
un resoconto ponderato e agrodolce della
permanenza tra il 1935 e 1936
dell’eclettico intellettuale torinese
Carlo Levi nel cuore della Lucania più
autentica.
Tanto è stato detto negli scorsi decenni
su questo capolavoro della letteratura
italiana del Novecento, scritto a
Firenze mentre il secondo conflitto
mondiale si avviava verso il suo
tumultuoso epilogo, ma tanto si potrebbe
ancora dire sulla straordinaria
attualità dei contenuti tracciati da
Levi. Non solo un punto di vista
privilegiato per una revisione
strutturale della vexata quaestio
meridionale, ma un barometro neutrale
sull’unicità dei luoghi che fanno da
sfondo all’amaro esilio leviano.
Levi giunse dapprima a Grassano, paese
adagiato sulla collina materana che si
affaccia sul fiume Basento, lungo la
trafficata via che dall’Adriatico punta
al Tirreno, da Bari a Salerno, passando
per Matera e Potenza. Un luogo non
proprio remoto o almeno fra i meno
sperduti della Lucania degli anni
trenta, del quale Levi tesserà le lodi
quando si troverà a compararlo con la
sua seconda destinazione d’esilio per la
forzosa permanenza in terra lucana ossia
Aliano, nel cuore dell’entroterra
materano, a cavallo fra le valli del
fiume Agri e del torrente Sauro.
Essendo la permanenza di Levi
concentrata per più mesi proprio ad
Aliano, è chiaro che le istanze de
contadini del luogo e la magica natura
circostante sono gli elementi
preponderanti nel testo del Cristo ma in
più passaggi emerge questo fil rouge con
Grassano, distante circa 70 chilometri
da Aliano, un tragitto che Levi
percorrerà più di una volta sia per
permessi concessigli dalla Prefettura di
Matera, sia per il suo abbandono
definitivo delle terre lucane a metà del
1936.
A un certo punto del libro, Levi lo
descrive questo aspro e tortuoso
tragitto, che dai calanchi argillosi e
assolati che dominano il Sauro e l’Agri
si inerpica verso i monti di Stigliano e
attraversando i boschi di Accettura e i
saliscendi curvilinei di San Mauro
Forte, ridiscende nella valle del
Basento, sfiorando l’abitato di Garaguso
e ammirando dal basso verso l’alto, in
tutto il suo candore, l’abitato di
Grassano sulle colline sospese tra
Basento e Bradano.
Sarebbe opportuno mapparlo questo
cammino leviano, perché la realtà amara
descritta da Levi circa i soprusi
perpetrati ai danni dei contadini, il
mancato debellamento della malaria,
l’insano habitat rupestre dei Sassi di
Matera e la generale condizione di
arretratezza socio-economica di tutta la
Lucania negli anni ’30, rappresentano la
più grande forma di denuncia scritta
urbi et orbi fatta dall’artista
piemontese pochi mesi prima della
nascita della Repubblica Italiana, sulla
questione meridionale vecchia già di
oltre 80 anni.
Al di là delle molteplici posizioni
prima critiche e poi di graduale
riscoperta dell’immenso e certosino
lavoro di ricucitura dell’identità
nazionale proposto da Levi, permane una
fissità dei luoghi in cui Levi visse,
che a distanza di 85 anni dal periodo
dell’esilio, mantengono una loro
immutata bellezza e unicità. Un‘area che
è stata da molti considerata una
bella scoperta, grazie al diario
locale di Levi ma anche grazie all’exploit
di Matera capitale europea 2019 della
cultura, di cui Levi è stato certamente
un involontario ma meritevole
precursore.
Ad Aliano, luogo dove Levi ha deciso di
essere seppellito, è sorto in suo onore
un parco Letterario e tutti i vicoli del
borgo sospeso fra le forre argillose e
la miriade di calanchi parlano
letteralmente di Don Carlo e la sua casa
confino è diventata una meta
irrinunciabile per chi è stato rapito
dalla sua ammaliante narrativa.
Ma sarebbe doveroso assecondare appieno
l’affezione di Levi verso l’altro luogo
del suo confino, cui dedica tante parole
di ricordo e affetto: Grassano. Ecco che
Grassano e Aliano si
potrebbero/dovrebbero ricongiungere in
un cammino, per ora virtuale, ma che si
spera possa diventare anche tracciato
lungo i 70 chilometri di pendii e valli
che li dividono.
Non solo per omaggiare il pioniere che
li attraversò in modo involontario ma
straordinariamente consapevole, col
senno di poi, quasi un secolo fa, ma
anche per mettere in rete le migliori
energie locali che la provincia materana
può offrire al turismo mordi e fuggi che
spesso, purtroppo, caratterizza le
comitive che giungono nel capoluogo dei
Sassi.
Un turismo più lento, green e
meditabondo potrebbe giungere a Grassano
e Aliano, sfruttando la raggiera di
cammini viciniori già esistenti:
parliamo del cammino ellenico,
dell’Appia Antica e della rete di
tratturi e tratturelli che
dall’appennino campano e lucano si
dipanano verso le prospicienti colline
pugliesi. Tra Grassano e Aliano non c’è
il nulla, ribadiamolo: oltre a due dei
principali fiumi lucani (Agri, Basento,
Bradano e Sinni), insistono gli abitati
di San Mauro Forte, celebre per il rito
carnascialesco del campanaccio, di
Accettura, capitale lucana dei riti
arborei con il suo maggio e Stigliano,
con i suoi murales e le coltivazioni di
pistacchio.
Cristo si è fermato a Eboli, ma 85 anni
dopo una marea di silenziosi cristiani
potrebbe stazionare nel cuore più
autentico dell’entroterra lucano,
perdendosi tra le vallate che costellano
gli ormai celebri Sassi. |