IL RE DEI DUE MONDI
CARLO III TRA NAPOLI E LE AMERICHE
di Giuseppe Ricci
La personalità di Carlo III svolge
un ruolo di straordinaria importanza
nella storia del Mezzogiorno,
finalmente Napoli conquista un “re
proprio” dopo secoli di dominazioni
straniere, così il suo il regno
coincide con la prima fase della
stagione illuministica europea e dei
progetti riformatori ad essa
collegati e da essa ispirati e per
qualche storico è “l’ora più bella
della storia di Napoli”. Per chi
oggi guarda con nostalgia a una “età
dell’oro” di Napoli e del suo regno,
Carlo III è all’origine del mito
neoborbonico e di una vasta
produzione letteraria
revisionista.
Fu re di Napoli fino al 1759 membro
della nuova dinastia dei Borbone che
suscitava grandi speranze nei ceti
in ascesa, così centinaia di
suppliche furono inviate al sovrano
o alla segreteria amministrativa per
chiedere la partecipazione degli
esclusi attraverso la aggregazione o
la reintegrazione ai seggi
nobiliari, adducendo il meritevole
stato sociale e soprattutto il fatto
che i reggimenti delle diverse città
si erano oramai assottigliati
all’osso e lo storico Giuseppe
Cirillo ricorda il dispaccio del
1756 che fissa i criteri per la
riforma interna della nobiltà: dopo
la confusione che è subentrata a
livello di attribuzione di titoli
fra Viceregno spagnolo e austriaco,
Carlo di Borbone introduce una nuova
tavola della nobiltà, distinguendo
tra la nobiltà generosa e altri tipi
di nobiltà inferiori. Alla prima
appartengono i titolari di feudi
antichi (o da almeno tre
generazioni), le famiglie promosse
alla nobiltà (sempre da almeno tre
generazioni) per i loro meriti
militari, di toga, o
ecclesiastici.
Dal 1759 al 1788 fu re di Spagna e
protagonista di riforme che alla
metà degli anni sessanta la
fisionomia andarono meglio
definendosi, come in altre epoche
della storia di Spagna, era il re
che in ultima istanza assumeva le
decisioni politiche più importanti
tra le quali quelle di politica
estera di Carlo si svolse prima nel
segno della neutralità, quindi fu
scelta la via dell’entrata in guerra
contro l’Inghilterra nel 1779, con
gli insuccessi spagnoli in Europa
che furono compensati con alcuni
successi di rilievo nelle terre
d’oltremare, il sogno di annettere
Gibilterra alla Spagna non si
realizzò; ma in compenso nel 1783 i
Borbone ottennero Minorca e la
massima espansione coloniale.
Inoltre in politica estera dovette
fronteggiare l’intricata faccenda
della gestione del cosiddetto
Tratado de Limites e, con esso,
di tutta la politica americana,
oramai settore esclusivo della
politica estera spagnola, che si
rimetteva così in movimento, anche
se nel settore europeo essa
rispetterà la scelta neutralista
durante la Guerra dei Sette Anni,
che si era aperta nel 1756. Tuttavia
la disfatta francese in Canada
aggravò la pressione inglese
sull’impero spagnolo e indusse la
rottura “dell’ equilibrio indiano” e
a firmare il
Terzo Patto di Famiglia
(1761). La Spagna usciva così dalla
neutralità, che aveva caratterizzato
il regno di Ferdinando VI, anche se
di fatto la continuava a mantenere
nello scacchiere europeo e tutta la
sua politica internazionale è
infatti proiettata nel settore
americano.
Carlo III riuscì a realizzare un
ruolo importante nella mediazione
tra le potenze europee e quindi
concluse dei trattati di pace con
gli Stati islamici, che
rappresentarono un grande argine e
forte deterrente alle incursioni
barbaresche nel Mediterraneo,
inoltre la sua linea in politica
estera non differisce
sostanzialmente da quella del
precedente regno, anche se Anes
sottolinea che come persona e come
re fu molto superiore a suo padre
nonché ai suoi fratelli e figli, e
il suo regno, grazie anche compreso
tra gli anni 1759 e 1789 fu un
periodo di espansione e di
prosperità, così da risultare un re
eccezionale nel paragone con gli
altri, sia antecedenti che
successori, essendo di carattere
serio ed equanime e dotato di buon
senso e cordialità che con la sua
filosofia di vita trasformò
l’etichetta di Corte, privandola del
tradizionale rigore e, pur
rafforzando il potere reale, dotò
questo di un’umanità riassunta dalla
sua frase Primero Carlos que Rey,
inoltre Giuseppe Caridi ricorda come
la Spagna pose fine agli annosi
contrasti con la monarchia lusitana
e questo al ristabilimento dei
rapporti col Portogallo con il quale
nel febbraio del 1777 maturano le
condizioni per un nuovo trattato in
seguito alla morte del re del
Giuseppe I, con la successione al
trono della figlia primogenita Maria
Francesca, e con l’ addivenire a
primo segretario di Stato di Spagna
del conte di Floridablanca.
Infatti il primo ministro spagnolo,
con l’assenso di Carlo III, si
mostrò subito propenso a intavolare
le trattative richieste ponendo però
come condizione che, a differenza
del passato, ne fossero tenute fuori
la Francia e l’Inghilterra, potenze
che vedevano nella Spagna una
pericolosa rivale in campo politico
ed economico e che, rifletteva
Floridablanca avevano tutto
l’interesse a favorire il
Portogallo, dalla cui riconoscenza
si attendevano peraltro concrete
ricompense in termini commerciali e
quindi si condussero i negoziati che
portarono un accordo preliminare sui
confini, al quale fece seguito un
trattato di amicizia, garanzia e
commercio stipulato nel 1778
.
Col trattato si stabilì che la
Colonia del Sacramento passasse
definitivamente alla Spagna che già
per tre volte in passato la aveva
conquistata e che era stata poi
sempre costretta a cederla in
seguito all’intervento diplomatico
di Francia e Inghilterra, e inoltre
era stata prevista l’interdizione a
tutti gli Stati del Rio della Plata,
quindi un territori che comprendeva
parte degli attuali Uruguay e
Argentina in modo da «sottrarre i
nostri nemici – sottolineò con
piaciuto Floridablanca – l’occasione
di turbare la quiete da lì delle
nostre province con sollevazioni, e
di impadronirsi o approfittare di
tutte le ricchezze della nostra
America meridionale» il via anche
qui come Spagna ha un’azione
politica ispirata una chiara volontà
riformatrice.
Il progetto si poneva in evidente
contrasto con la spinta a una
maggiore autonomia voluta dalla
classe dei proprietari creoli
(persone di origine europea nate
nelle colonie), infatti si mirava a
rafforzare la presenza della Corona
nel mondo americano, secondo un
modello centralizzato che ricordava
quello che la Francia borbonica di
Colbert avevate tentato di
organizzare nella colonizzazione
dell’America Settentrionale.
Ai due regni originali della nuova
Spagna (Messico) e della nuova
Castiglia (Perù) e a quello della
nuova Granada, istituito nel 1717,
soppresso e poi ricostruito nel
1739, Carlo aggiunge, nel 1776
invece il regno del Rio della Plata,
attraverso il quale intendeva
indebolire il monopolio creolo del
commercio dell’argento peruviano del
Potosì, concentrato a Lima, aprendo
una nuova corrente di traffico verso
l’Europa attraverso il porto di
Buenos Aires.
La liberalizzazione del commercio
coloniale e la disarticolazione
delle posizioni di privilegio locale
che si erano costruite intorno al
monopolio fu l’obiettivo principale
della politica di Carlo III tra il
1765 e il 1789 con la progressiva
apertura di tutte le colonie
americane al traffico mercantile,
che favorì pure il commercio
interregionale tra le varie aree
dell’America spagnola e dallo
sviluppo di questi nuove aree come
il Rio della Plata, il Cile, il
Venezuela, si sperava anche
in un aumento delle entrate fiscali.
Invece nei confronti della sua
alleata Francia scelse la politica
di iniziale neutralità quando
questa, per l’appoggio dato alle
colonie americane che avevano
dichiarato l’indipendenza il 4
luglio 1776, si trovò in guerra
contro l’ Inghilterra, e tale scelta
di non belligeranza fu giustificata
dal comportamento scorretto della
corte francese che avrebbe messo la
Spagna dinanzi al fatto compiuto, e
inoltre Carlo III decise di
temporeggiare per l’esigenza di
rafforzarsi militarmente per non
affrontare la guerra, come avvenuto
in precedenza, senza un’ adeguata
partecipazione e furono intavolate
trattative bilaterali con Francia e
Inghilterra.