N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
Il cardinale von Galen
Nec Laudibus, Nec Timore
di Silvia Mangano
Nato
il
16
marzo
1878
da
una
famiglia
di
origini
nobili,
Clemens
August
von
Galen
divenne
vescovo
poco
tempo
dopo
l’ascesa
di
Hitler.
Grazie
al
sostegno
della
sua
diocesi,
riuscì
a
rappresentare
tutta
quella
parte
della
popolazione
tedesca
che
fronteggiò
il
Führer
durante
la
guerra.
Dopo
una
brillante
carriera
ecclesiastica,
iniziata
successivamente
agli
studi
universitari,
Galen
venne
nominato
vescovo
il
28
ottobre
1933,
ricevendo
la
consacrazione
nel
duomo
di
Münster
e
scegliendo
come
motto
episcopale
“Nec
Laudibus,
Nec
Timore”.
Con
questo
motto
von
Galen
rivendicò
che
né
le
lodi
degli
uomini,
né
il
timore
sarebbero
riusciti
a
sviarlo
dalla
sua
missione.
Se
il
suo
avversario
politico
fu
Hitler,
lo
spettro
ideologico
contro
cui
dovette
combattere
per
tutto
il
suo
episcopato
furono
le
teorie
del
filosofo
Alfred
Rosenberg,
designato
da
Hitler
all’inizio
del
1934
come
guida
dottrinale
del
nazismo.
Il
suo
impianto
di
pensiero
si
fondava
sulla
ben
nota
teoria
della
purezza
della
razza
ariana,
che
venne
attaccata
sia
dall’allora
Segretario
di
Stato
di
Pio
XI
Eugenio
Pacelli,
sia
dal
vescovo
von
Galen.
Il
suo
impegno
non
venne
meno
con
l’inasprirsi
della
politica
nazista,
nonostante
molti
vescovi
cominciassero
a
tentennare
di
fronte
all’inarrestabile
spinta
di
Hitler
e
delle
SS.
Nel
1937
prese
parte
alla
redazione
dell'enciclica
Mit
brennender
Sorge
(“Con
viva
preoccupazione”)
insieme
ai
cardinali
Adolf
Bertram,
Michael
von
Faulhaber,
Karl
Joseph
Schulte
e il
vescovo
Konrad
von
Preysing
Lichtenegg-Moos.
L’enciclica,
emanata
nel
marzo
dello
stesso
anno,
venne
diffusa
in
tutta
la
Germania,
nonostante
l’aperto
divieto
del
Reich.
La
vera
sfida
si
presentò
con
lo
scoppio
della
guerra.
I
collaboratori
di
Hitler
elaborarono
il
piano
conosciuto
con
il
nome
di
Aktion
t4.
Il
progetto
si
inseriva
capillarmente
nel
sistema
sanitario
del
Reich,
in
modo
tale
che
alla
nascita
di
un
bambino
(o
all’arrivo
di
un
infermo)
con
problemi
genetici
o
con
malattie
che
compromettevano
gli
standard
dei
“teorici
ariani”,
il
soggetto
veniva
segnalato
a
una
commissione
di
medici.
Questi
medici
si
mettevano
in
contatto
con
la
famiglia
del
neonato
(o
del
malato)
e li
convincevano
a
consegnare
il
degente
alle
autorità
per
inserirlo
in
un
programma
di
“riabilitazione”.
Ai
parenti
veniva
spiegato
che
le
cure
comportavano
un
alto
rischio
di
mortalità,
ma
venivano
convinti
dell’oggettiva
necessità
di
partecipare
al
programma.
Nessuno
di
coloro
che
vennero
ricoverati
tornò
mai
a
casa.
L’iniziativa
non
era
altro
che
la
prefigurazione
di
ciò
che
sarebbe
successo
con
gli
ebrei
e
veniva
classificata
con
il
termine
“eutanasia
sistematica”.
Gli
elementi
considerati
improduttivi,
come
i
portatori
di
handicap
mentale
o
fisico
e i
malati
psichiatrici,
venivano
eliminati
dalla
società
con
il
minor
clamore
possibile.
Si
deportavano
intere
sezioni
di
ospedali
in
centri
specializzati
nella
somministrazione
di
sostanze
letali
endovena.
Fu
in
queste
circostanze
che
il
cardinale von
Galen
recitò
tre
omelie
che
cambiarono
il
destino
di
molti.
La
prima
risale
al
13
luglio
1941,
domenica
in
cui
il
cardinale
denunciò
di
fronte
a
tutti
i
suoi
fedeli
i
crimini
di
cui
si
stava
macchiando
il
governo
di
Berlino.
Nella
seconda,
nota
come
l’omelia
dell’incudine
e
del
martello,
von
Galen
paragonò
i
cattolici
che
si
rifiutavano
di
sottostare
alle
leggi
naziste
all’incudine
percossa
senza
sosta
dal
martello:
“Noi
siamo
incudine
e
non
martello.
Rimanete
forti
e
irremovibili
come
l’incudine
sotto
l’imperversare
dei
colpi
che
si
abbattono
su
di
noi,
nella
dedizione
sconfinata
al
popolo
e
alla
patria.
Bisogna
ubbidire
a
Dio
piuttosto
che
agli
uomini”.
L’ultima
omelia,
pronunciata
il 3
agosto
dello
stesso
anno,
è
ricordata
come
quella
“dell’eutanasia”.
A
detta
dello
stesso
Goebbels:
“è
l’attacco
frontale
più
forte
sferrato
contro
il
nazismo
in
tutti
gli
anni
della
sua
esistenza”.
Ancora
oggi,
sono
noti
pochissimi
episodi
di
dissenso
così
aperto
all’interno
della
Germania
nazista.
Bisogna
tenere
in
considerazione
che
la
forza,
e la
protezione,
del
cardinale
von
Galen
era
costituita
dall’enorme
presa
che
la
sua
personalità
carismatica
esercitava
sui
fedeli
della
diocesi
di
Münster
e
non
solo.
Fu
lui
stesso
a
dirlo
nel
suo
ultimo
discorso
pubblico,
pochi
giorni
prima
della
morte,
il
16
marzo
1946:
“Il
buon
Dio
mi
ha
dato
un
incarico
per
il
quale
era
mio
dovere
chiamare
nero
il
nero
e
bianco
il
bianco.
Voi
stavate
con
me e
i
potenti
di
allora
sapevano
che
il
popolo
e il
vescovo
della
diocesi
di
Münster
erano
un’unità
indissolubile
e
che,
se
avessero
usato
violenza
contro
il
vescovo,
sarebbe
stata
l’intera
diocesi
a
sentirsi
colpita.
È
questo
ciò
che
mi
ha
protetto
e mi
ha
dato
forza
interiore
e ha
rafforzato
la
mia
speranza”.
Il
sermone
del
3
agosto
riscosse
molto
successo
e
suscitò
vivo
scandalo
tra
i
cittadini
per
i
trattamenti
disumani
a
cui
venivano
sottoposti
i
cosiddetti
“improduttivi”.
Riportiamo
solo
qualche
passo
del
discorso
che
si
può
trovare
in
rete
nella
sua
versione
integrale:
“This
ghastly
doctrine
tries
to
justify
the
murder
of
blameless
men
and
would
seek
to
give
legal
sanction
to
the
forcible
killing
of
invalids,
cripples,
the
incurable
and
the
incapacitated.
I
have
discovered
that
the
practice
here
in
Westphalia
is
to
compile
lists
of
such
patients
who
are
to
be
removed
elsewhere
as
‘unproductive
citizens,’
and
after
a
period
of
time
put
to
death.
[…]It
is
simply
because
that
according
to
some
doctor,
or
because
of
the
decision
of
some
committee,
they
have
no
longer
a
right
to
live
because
they
are
‘unproductive
citizens’.
The
opinion
is
that
since
they
can
no
longer
make
money,
they
are
obsolete
machines,
comparable
with
some
old
cow
that
can
no
longer
give
milk
or
some
horse
that
has
gone
lame.
What
is
the
lot
of
unproductive
machines
and
cattle?
They
are
destroyed.
[…]
Here
we
are
dealing
with
human
beings,
with
our
neighbours,
brothers
and
sisters,
the
poor
and
invalids
. .
.
unproductive—perhaps!
But
have
they,
therefore,
lost
the
right
to
live?
Have
you
or I
the
right
to
exist
only
because
we
are
‘productive’?
If
the
principle
is
established
that
unproductive
human
beings
may
be
killed,
then
God
help
all
those
invalids
who,
in
order
to
produce
wealth,
have
given
their
all
and
sacrificed
their
strength
of
body.
If
all
unproductive
people
may
thus
be
violently
eliminated,
then
woe
betide
our
brave
soldiers
who
return
home,
wounded,
maimed
or
sick.
Once
admit
the
right
to
kill
unproductive
persons
. .
.
then
none
of
us
can
be
sure
of
his
life.
We
shall
be
at
the
mercy
of
any
committee
that
can
put
a
man
on
the
list
of
unproductives”.
L’omelia
acquisì
un
tono
sacrale
nelle
ultime
battute,
quando
von
Galen
tuonò
contro
gli
assassini
delle
vittime
innocenti,
avvertendoli
del
sicuro
giudizio
e
castigo
divino:
“As
for
the
first
commandment,
‘Thou
shalt
not
have
strange
gods
before
me’,
instead
of
the
One,
True,
Eternal
God,
men
have
created
at
the
dictates
of
their
whim,
their
own
gods
to
adore
Nature,
the
State,
the
Nation
or
the
Race.
But
those
who
persist
in
inciting
the
anger
of
God,
who
revile
our
Faith,
who
hate
His
commandments,
who
associate
with
those
who
alienate
our
young
men
from
their
religion,
who
rob
and
drive
out
our
monks
and
nuns,
who
condemn
to
death
our
innocent
brothers
and
sisters,
our
fellow
human
beings,
we
shun
absolutely
so
as
to
remain
undefiled
by
their
blasphemous
way
of
life,
which
would
lay
us
open
to
that
just
punishment
which
God
must
and
will
inflict
upon
all
those
who,
like
the
thankless
Jerusalem,
oppose
their
wishes
to
those
of
God”.
I
discorsi
del
cardinale
incontrarono
forti
oppositori
tra
i
tedeschi
fedeli
al
Führer,
tanto
che
a
farne
le
spese
furono
più
di
600
cattolici,
37
dei
quali
vennero
deportati
nei
campi
di
lavoro.
Ma
gli
alleati
utilizzarono
le
copie,
che
iniziarono
a
circolare
fin
da
subito
tra
la
popolazione,
per
la
propaganda
anti-nazista
sul
fronte
russo.
Dopo
aver
letto
ciò
che
avveniva
in
patria,
l’esercito
tedesco
si
spaccò
a
metà
e
molti
soldati
cattolici
si
rifiutarono
di
combattere.
Il
governo
comprese
la
criticità
della
situazione:
se
lo
stallo
interno
all’esercito
non
fosse
stato
superato,
i
tedeschi
avrebbero
dovuto
abbandonare
l’impresa
russa.
Hitler
si
vide
costretto
a
bloccare
l’Aktion
t4
e a
sospendere
il
programma
di
eutanasia
per
i
disabili
psichici
e
fisici.
Von
Galen
continuò
fino
alla
fine
a
lottare
per
i
suoi
concittadini,
anche
quando
il
governo
militare
alleato
di
occupazione
si
rivalse
contro
il
popolo
per
i
crimini
del
nazismo,
definito
come
“colpa
collettiva
del
popolo
tedesco”.
Negli
ultimi
mesi
del
suo
episcopato,
lavorò
attivamente
alla
ricostruzione
della
Germania
e
nel
luglio
del
1946
pubblicò
il
testo Esigenze
fondamentali
per
una
ricostruzione
politica,
sociale
e
spirituale
della
patria
tedesca.
Nonostante
molti
vescovi
della
Conferenza
episcopale
tedesca
non
appoggiarono
mai
ufficialmente
l’operato
del
Leone
di
Münster
(questo
l’appellativo
che
i
giornali
gli
avevano
dato),
Clemens
August
von
Galen
poté
contare
fino
alla
fine
sul
caloroso
appoggio
dei
suoi
fedeli
e
del
pontefice
Pio
XII,
con
il
quale
intrattenne
una
fitta
corrispondenza
durante
tutto
il
regime
nazista.
Con
queste
parole,
Benedetto
XVI
lo
proclamava
beato
il 9
ottobre
2005:
“sacerdote
zelante
e
Vescovo
generoso.
Il
Signore
gli
diede
un
coraggio
eroico
per
difendere
i
diritti
di
Dio,
della
Chiesa
e
dell’uomo,
che
il
regime
nazionalsocialista
violava
in
modo
grave
e
sistematico,
in
nome
di
un’aberrante
ideologia”.