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medioevo


N. 121 - Gennaio 2018 (CLII)

perché studiare il medioevo
concetto e caratteri del medioevo

di Chiara Bellucci

 

Il Medioevo per lungo tempo è stato fortemente penalizzato da una storiografia ostile e di parte che ha scelto di considerare l’età di mezzo, a confronto di altre epoche della storia umana, un po’ come la figlia di un dio minore.

 

I resti più caratteristici che il Medioevo ci ha lasciato sono sicuramente i castelli, se non altro per il fascino che tali costruzioni continuano a esercitare ancora oggi nell’immaginario collettivo. I castelli sono infatti i segni più distintivi e suggestivi che rimandano a un altro modo di organizzare lo spazio e il tempo della vita di persone che hanno vissuto il Medioevo.

 

Rappresentano, insomma, ciò che rimane di siti dove un tempo c’era la vita e rivestono quindi un indubbio valore estetico, veicolando contemporaneamente un grande significato culturale. I castelli evocano uno dei tanti simboli del Medioevo e della civiltà di questo periodo che, territorialmente parlando, è circoscritta alla sola Europa, dal momento che i tratti costituitivi dell’epoca medievale non possono essere né riscontrati, né applicati a differenti civiltà coeve alla medievale, ma sorte in altri luoghi della Terra.

 

Esaminiamo la formazione del concetto storiografico di Medioevo in sé, per capire come mai, il lungo millennio medievale è stato così fortemente screditato. Il punto di partenza è sicuramente il 1400, secolo dell’Umanesimo.

 

Considerando che gli uomini medievali, vivendo nel Medioevo, non potevano definirlo, la spiegazione avvenne durante il corso del XV secolo, quando la distanza dall’oggetto in questione, ha permesso di definirlo, nel senso proprio del termine, ovvero delimitare semanticamente il medioevo. Nel 1400 assistiamo a una riscoperta dei valori classici, cardine della civiltà greco-romana che possono sintetizzarsi nel concetto di humanitas, calco dal greco paideia.

 

La riscoperta di tali valori tornerà di nuovo a essere la base della formazione umana, preparando a piccoli passi, la rinascita vera e propria in ogni campo dello scibile che interesserà il 1500.

 

Il ragionamento degli umanisti era sostanzialmente quello di isolare l’epoca in cui vivevano, caratterizzata dalla riscoperta dei classici, da tutto ciò che è venuto prima e che li separa dall’età aurea di Cicerone, Augusto, Seneca e altri. Dunque, ciò che sta nel mezzo è “medioevo” che appunto significa età di mezzo, dove, venendo meno la classicità, il collocarsi nel mezzo, automaticamente, diviene sinonimo di barbarie.

 

Naturalmente, i medievisti di oggi prendono le dovute distanze da certe posizioni ormai superate. La cultura nel medioevo è storicamente attestata: scuole claustrali nell’alto medioevo e università a partire dal 1100.

 

Forse non si può parlare di cultura laica, dato che il sistema culturale del medioevo coincide con la scolastica cristiana, ma escludere la presenza di cultura e di un bagaglio di conoscenze tout court è un errore. Non a caso nel Metalogicon (III, 4) di Giovanni di Salisbury, ritroviamo la famosa espressione “nani sulle spalle dei giganti”, per la prima volta pronunciata Bernardo di Chartres.

 

La frase è famosa per essere diventata successivamente il simbolo della querelle tra antichisti e modernisti riguardo il debito dei moderni verso gli antichi. Peccato che la coscienza di questo debito era già percepita come tale dagli autori del medioevo, considerando che il Metalogicon venne scritto nel 1159.

 

Il problema è che, se il 1400 ha permesso di recuperare l’humanitas classica nella sua interezza, la teocrazia medievale imperante, almeno fino alla lotta tra papato e impero che ha portato poi alla scissione dei poteri, non avrebbe mai permesso di recuperare tutta l’humanitas classica, perché certe posizioni erano palesemente eretiche da quando, durante il corso del secolo IV d.C, i dottori della Chiesa, Agostino di Ippona in modo particolare a rappresentanza di costoro, avevano elaborato la dottrina cristiana che la Chiesa doveva difendere.

 

Non si tratta di barbarie, ma di capire quel tempo nelle sue peculiarità, perché del resto, l’opera omnia di Agostino, non è barbarie e nessuno la considererebbe così, neanche un ateo dichiarato. Gli umanisti, dunque, non è che non considerassero Dante un poeta con la “p” maiuscola, ma il pregiudizio nel considerare il suo latino di serie B, veniva prima di un fondato giudizio critico sui contenuti di Dante.

 

Il passo tra l’affermare l’inferiorità di quel sapere e la negazione di civiltà è fin troppo breve e il colpo di grazia al medioevo venne naturalmente inferto dal protestantesimo tedesco. Lutero era stato l’iniziatore del movimento nell’istante stesso che aveva affisso sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg le sue 95 tesi che il professor Alessandro Barbero ha ironicamente definito “le martellate più forti della storia dopo quelle che hanno appeso Gesù Cristo alla croce”.

 

Le 95 tesi trasudano sdegno da parte del monaco tedesco nei confronti della Chiesa contemporanea ed ecco come la rilettura che Lutero dava della storia della cristianità, assunse la forma della tripartizione, quasi fosse l’eco dello schema tripartito della storia secondo gli umanisti.

 

Per Lutero, perciò, c’è stata un’antichità, quando la Chiesa era povera e viveva secondo l’insegnamento del Vangelo, una Chiesa riformata o luterana che mirava a recuperare le origini cristiane autentiche e una Chiesa corrotta e abbrutita. La Chiesa di Roma era per Lutero figlia di Babilonia, dove perfino un ministro di Dio, di fronte al pane eucaristico osava dire – “pane è e pane rimane” – oltraggiando con la sua bestemmia il dogma della transustanziazione.

 

Una Chiesa, tanto per usare il termine, davvero “medievale”, ovvero mondanizzata, politicizzata e così lontana dalla povertà evangelica. Ecco spiegata l’ipoteca che tutt’ora grava sul Medioevo anche se in forme meno severe.

 

Del resto, quando diciamo storia moderna, il termine stesso “moderna” rimanda al latino “modo” che fra i suoi significati include “ora”, “subito”, quindi è la storia degli umanisti quattrocenteschi che tenevano in modo particolare a separarsi da quei barbari di medievali.

 

Il primo passo verso una concezione diversa di quest’epoca si avrà tuttavia a cavallo tra 1500 e 1600, quando amministratori e giuristi impegnati nel ricostruire la storia delle istituzioni, si sono resi conto che le loro origini datavano proprio al tanto disprezzato Medioevo.

 

Non potendo le istituzioni avere come origine la barbarie, ciò ha consentito di approcciare il millennio medievale con spirito diverso e riempirlo finalmente di positività come periodo di crescita verso il moderno e come tale, consentire un aggancio del medioevo al moderno, sulla base di premesse meno ingenue.

 

La tripartizione temporale rimane tutt’oggi valida, più per motivi di didattica invalsa dello studio della storia che altro, ma almeno il Medioevo come età di mezzo ha perso i connotati negativi, perché se così fosse, sarebbe poco funzionale studiarlo.

 

Tra il 1600 e il 1700 si assiste a un’ulteriore riabilitazione del Medioevo attraverso Muratori e Keller. Christoph Keller, filologo ed erudito tedesco, nel suo manuale di storia universale, introdusse la tripartizione standard in senso rinnovato, attraverso la stesura di tre distinti volumi: età antica, medievale e moderna, in un’ottica di ritrovata legittimità storica del Medioevo.

 

Degno di nota è anche Ludovico Antonio Muratori, autore del Rerum Italicarum Scriptores in 13 volumi, composto dal 1723 al 1738 che sostanzialmente è una raccolta di cronache medievali, testimonianze originarie a riprova indubbia che stava nascendo uno studio sistematico e critico delle fonti che ribaltava di netto le posizioni degli umanisti, perché per Muratori, la storia dell’Italia non comincia con l’impero e non appartiene all’epoca classica, ma deve la sua origine al Medioevo.

 

Naturalmente Muratori non intendeva dire che il Medioevo fosse un’epoca splendida nella quale tutti, potendo tornare indietro, avrebbero avuto il piacere di vivere, ma se non altro il Medioevo è riuscito a staccarsi da dosso quel vestito cucito a pelle, o per meglio dire, straccio cucito a pelle che gli umanisti del ‘400 gli avevano fatto indossare a forza.

 

I buoni propositi vengono poi nuovamente meno con il 1700, secolo dell’Illuminismo, che innalza la ragione a guida suprema, cosa che non si può applicare sicuramente al Medioevo, dove la fede regna su tutto.

 

Voltaire, uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo, deride la rozzezza dei costumi del medioevo, la barbarie dei rapporti sociali e la superstizione religiosa che acceca ogni barlume della ragione. Il Medioevo è per Voltaire antimoderno e non può che essere ripudiato dagli Illuministi che combattono contro ogni residuo di ancien régime.

 

Sarà successivamente nel 1800 che il Romanticismo tedesco ritornerà a guardare il Medioevo positivamente e con occhi nostalgici, riscontrando nella società medievale un’organicità, dei legami profondi, dei valori rispettabili come quelli cavallereschi, che mancano totalmente in una società individualista come la moderna in cui i romantici si sentono profondamente a disagio e fuori posto.

 

Il culto delle rovine e soprattutto la nascita del sublime nell’estetica romantica, hanno portato a una grossa valorizzazione del Medioevo e infatti, non a caso, è proprio nel 1800 che nasce la scienza storica professionalizzata. Ciò significa che chi si occupa di storia non è il filologo o l’erudito, ma lo storico di professione che possiede precise regole di metodo per ricostruire la storia in modo critico, aspetto quest’ultimo che consentirà di ricomporre la fisionomia reale del medioevo, presentato come un’epoca complessa, perché complessa fu la sua società.

 

Il Medioevo diventa di fatto un’epoca storica ricca di esperienze che la ricerca accademica ha studiato, approfondito, catalogato e alla fine consegnato alla storia contemporanea. È vero che le nostre interpretazioni hanno uno spessore maggiore dal momento che gli attuali strumenti di ricerca sono più sofisticati di quelli utilizzati nel 1800, ma è altrettanto vero che le basi della storia come scienza sono state poste proprio nel corso del XIX secolo.

 

Concluderei con qualche parola sulla periodizzazione storica in generale. Periodizzare la storia non è semplice. Noi studiamo su manuali che hanno ereditato la ben nota tripartizione, ma bisogna sempre tenere presente quanto sia artificiale la periodizzazione storica in sé e come essa apra, tra l’altro, a problemi di natura anche filosofica.

 

Il tempo è un continuum e come si fa a suddividere un continuum in blocchi?

 

Attualmente non si può, ma potenzialmente e cioè, per convenzione, sì. È possibile, perciò, individuare tratti caratteristici nel continuum storico, tali che consentano di parlare di una tipicità a livello politico, culturale e istituzionale di un dato intervallo temporale, da cui idealmente estrapolare un blocco, oppure un segmento di tempo.

 

A parte la distinzione tra basso e alto medioevo che è a tutti nota, convenzionalmente, il Medioevo comincia con l’anno 476 d.C, anno in cui l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo venne deposto dal re degli Eruli, Odoacre.

 

Ci si chiede se la deposizione possa essere considerata un macro-evento suscettibile di operare una transizione epocale tardo antico/medioevo. Formalmente sì, però, tuttavia, solo per l’Occidente, per quanto alcuni studiosi, ad esempio, non siano neanche d’accordo sulla scelta dell’anno 476 d.C, sostenendo che il 476 d.C vede solo la deposizione di un imperatore, laddove il collega in Oriente continuava a esercitare normalmente le sue funzioni.

 

L’evento in sé non è macro, ma si tratta solo di un cambio di dirigenza politica. Prima c’era l’impero, ora l’impero è diventato qualcosa di germanico non più impero, ma ciò non vuol dire sradicamento della cultura romana. La parentesi di Odoacre tra l’altro fu breve e di tutt’altra portata fu quella del regno di Teodorico, in piena continuità con la tradizione romana.

 

Da Cassiodoro sappiamo che Teodorico veniva chiamato “patrizio” e “augusto”, proprio a conferma di tale continuità nell’uso e nell’attribuzioni di titoli onorifici romani. Dunque, per alcuni storici il 476 d.C, segna solo il crollo dell’impero romano d’Occidente, ma nel Medioevo si entra dopo la guerra greco gotica, quando la devastazione lasciata dagli scontri, con tanto di sacchi e razzie, davvero lascia la nostra penisola totalmente disintegrata, quasi la civiltà romana non fosse mai esistita e basta leggere la testimonianza dello storico bizantino Procopio di Cesarea per comprendere come mai qualcuno gridò alla fine del mondo.

 

Se a ciò sommiamo le successive razzie dei Longobardi che presero possesso del territorio italico a macchia di leopardo tra 568 e 569 d.C., questo panorama, forse si presta meglio a essere ritenuto macro-evento, perché possiede tutti i requisiti per trasportare l’Italia nel Medioevo.

 

Ancora a proposito di periodizzazione, ricordo ad esempio che quando ero studentessa all’università, il programma di storia medievale addirittura partiva da Diocleziano che rimanda al III secolo d.C. Quindi l’inizio del Medioevo rimane, convenzioni a parte, piuttosto incerto, a differenza della sua fine nel 1492, data che coincide con la scoperta dell’America e quale macro-evento poteva essere più significativo dell’accesso al nuovo mondo per immettere l’Europa intera nell’età moderna?

 

Sta di fatto che questo lunghissimo millennio medievale non fu solo buio, ma venne caratterizzato da eventi significativi e coerenti con se stessi, tali da consentire di parlare di Medioevo come epoca storica e non come barbarie.

 

Al giorno d’oggi, nessuno potrebbe negare, per quanto l’interesse per il Medioevo non sia vivo in tutti, che il Medioevo ci riguarda in due aspetti fondamentali:

1. nel Medioevo è nata l’Europa che nel mondo antico di fatto non esisteva né geograficamente, né ideologicamente;

2. nel Medioevo è venuta alla luce e si è sviluppata in Europa, raggiungendo il suo apice e poi dissolvendosi, una particolare e affascinante civiltà che ha anche elaborato peculiari modelli culturali. Non dimentichiamoci che è dalla Scolastica, nella sua forma più eterodossa, che sono state gettate le basi per la futura scienza moderna.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

P. Delogu, Il Medioevo, Il Mulino, Bologna 2003.

A. Cortonesi, Il Medioevo: Profilo di un millennio, Carocci editore, Roma, Febbraio 2016.

A. Barbero, C. Frugoni, Medioevo, La Terza Editore, Roma 1999.



 

 

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