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N. 55 - Luglio 2012 (LXXXVI)

la funzione dei caraIbi per gli USa
Cause di un interesse - parte i

di Christian Vannozzi

 

La rapida crescita del commercio internazionale, ha enfatizzato il fattore economico nella diplomazia, lasciando che il governo stesso, dei rispettivi stati, tutelasse gli interessi economici degli investitori, per garantire i capitali e il benessere del proprio stato.

 

Questi interessi erano fortemente presenti tra gli Stati Uniti, e le isole dei carabi, tanto da generare un notevole volume di traffici.

 

La dottrina enunciata dal presidente Americano Monroe, per limitare l’influenza europea sul continente Americano, ha senza dubbio, avvicinato i paesi dell’area caraibica, agli Stati Uniti, allontanandoli dalle mire dei paesi europei, a totale vantaggio degli stati del Nord America.

 

Infatti il presidente Monroe, nella sua dottrina enunciò che qualsiasi ingerenza, economico-politica, di un paese europeo, sul continente americano, sarebbe stata vista come ostile nei confronti degli Stati Uniti.

 

Il governo nordamericano, non avrebbe riconosciuto variazioni di sovranità sul continente Americano, perché ogni popolo doveva essere libero di scegliere il proprio destino.

 

Dall’altro conto Monroe, impegnava gli Stati Uniti, a non prendere parte negli affari europei. In questo modo i nordamericani, si tiravano fuori da quelle che venivano chiamate le “beghe” degli europei, e si dedicarono a consolidare l’amministrazione interna, raggiungere la costa del pacifico, ed ampliare i propri confini (isolazionismo).

 

L’anno 1885, segna una svolta radicale nell’atteggiamento degli Stati Uniti verso l’America Latina. Questi possedevano il meglio della manodopera degli stati europei industrializzati, un suolo adatto a qualsiasi coltura e all’allevamento, miniere con vaste riserve, petrolio, una popolazione di quasi 69 milioni di individui. Ma si temeva un incremento della popolazione, e della produzione, che sarebbero stati negativi per gli Stati Uniti.

 

Gli imprenditori, chiedevano nuovi mercati, seguendo l’esempio delle potenze europee, in modo da non risentire di un ampio sviluppo demografico, e di una sovrapproduzione industriale.

 

Portatore di tali istanze fu il presidente repubblicano William McKinley, a cui si chiedeva il controllo delle isole Hawaii, la costruzione di un canale attraverso il Nicaragua, l’acquisto delle Indie Occidentali danesi, la riaffermazione della dottrina Monroe, per minare gli interessi coloniali britannici e francesi, su ciò che rimaneva del decadente Impero spagnolo e le nuove repubbliche indipendenti del centro e del sud America.

 

“Apostoli” di questa nuova dottrina furono il capitano Alfred T. Mahan e il futuro presidente statunitense, allora sottosegretario alla marina, Theodore Roosevelt, che vedevano negli Stati Uniti, quasi una missione messianica e civilizzatrice, portando la bandiera della libertà dall’oppressore coloniale europeo e forme di governo repubblicane e progressiste ai nuovi popoli che si affacciavano all’indipendenza.

 

Mahan, nella sua opera principale “l’influenza del potere marittimo sulla storia”, sosteneva che il potere marittimo era alla base della grandezza nazionale.

 

Se gli Stati Uniti volevano vincere la lotta mondiale per il dominio del commercio, dovevano avere una grande flotta mercantile, e una potente flotta militare che la proteggesse. Inoltre era essenziale l’acquisizione di basi strategiche nei Carabi, e nel Pacifico.

 

La flotta statunitense, che nell’ultimo ventennio del XIX secolo, era inferiore a quella di tutte le principali potenze europee, divenne alla fine del secolo, la terza flotta del mondo, inferiore solamente a quella britannica e a quella dell’Impero germanico.

 

Cuba, era l’ isola centrale dei Carabi, era di vitale importanza per gli Stai Uniti, poiché, questi importavano dall’isola, ingenti quantità di zucchero e di tabacco, in più, per far aumentare la produzione, gli imprenditori federali, avevano speso una notevole quantità di denaro, nello sviluppo dell’isola, favorendo anche la costruzione di una rete ferroviaria.

 

Questa oltre che per ragioni economiche, era di vitale importanza dal punto di vista strategico.

 

Chi controllava Cuba, controllava praticamente le isole dell’America centrale, sia le vie commerciali, che militari, inoltre, lo stato della Florida, si affacciava sull’arcipelago, che se non saldamente controllato, avrebbe potuto minare la sicurezza degli Stati federati.

 

Infine gli Stati Uniti, miravano a collegare l’Atlantico con il Pacifico, tramite un canale, che doveva essere costruito nel Nicaragua, o a Panama (Colombia), e, avere una potenza europea che controllava l’isola, sarebbe stato un letale impedimento per le politiche commerciali e militari della Federazione nordamericana.

 

In questa ottica il commercio con l’estero diveniva importante quanto quello con l’interno, e ciò significava, il reperire il maggior numero di mercati possibile, e la futura apertura del canale, che gli Stati Uniti premeditavano, voleva dire fare dei carabi, il cuore di un sistema commerciale, che andava dal continente americano, alla Cina in oriente, e all’Europa e l’Africa in occidente.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Benjamin, J. R., The United States and the origin of the cuban revolution, Cap I, Princeton University Press, New Jersey 1990.

Chester, L. J,, The caribbean interests of the united states, cap I, Johns Hopkins Press, New York 2007.

Herring, H., Storia dell’America Latina, Rizzoli 1971, cap LIII.



 

 

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