N. 36 - Dicembre 2010
(LXVII)
Canto di Natale
se il Natale vive ogni giorno
di Christian Vannozzi
Il
canto
di
Natale
è
una
delle
opere
più
famose
e
popolari
di
Charles
Dickens.
E'
un
racconto
fantastico
che
ci
fa
riflettere
su
come
conduciamo
la
nostra
vita
e su
come
poterla
migliorare.
Ebenezer
Scrooge
è un
avido
individuo,
solitario,
egoista,
egocentrico.
Per
lui
il
Natale
è un
giorno
qualsiasi,
anzi
è
irritato
dal
fatto
che
il
suo
impiegato
Bob,
non
verrà
a
lavorare
per
il
25
dicembre.
Scaccia
dal
suo
ufficio
degli
individui
venuti
a
chiedergli
delle
donazioni
pe
ri
poveri
e
manda
via
in
maniera
brusca
anche
suo
nipote,
venuto
per
invitarlo
a
casa
sua
il
giorno
di
Natale.
Ebenezer
aveva
un
socio,
Marley,
morto
sette
anni
prima
proprio
il
giorno
della
vigilia
di
Natale.
Questo
suo
ex
socio,
proprio
quella
notte
viene
a
fargli
visita
da
fantasma,
mettendolo
in
guardia
su
cosa
gli
sarebbe
accaduto
una
volta
morto
se
non
avesse
cambiato
vita.
L'avido
Scrooge
a
questo
punto,
impaurito
dal
triste
destino
che
lo
attendeva,
inizia
a
vacillare.
Il
fantasma
di
Marley
gli
spiega
allora
che
riceverà
quella
notte
la
visita
di
tre
spiriti,
quello
del
Natale
passato,
quello
del
Natale
presente
e
quello
del
Natale
futuro.
Il
primo
spirito
fa
tornare
Ebenezer
nel
passato,
dove
ricorda
la
sua
giovinezza
e il
suo
primo
amore,
amore
frantumato
a
causa
dell'avidità
del
giovane
Ebenezer
che
iniziava
a
manifestarsi.
Il
cuore
di
Scrooge
soffre
a
quella
visione,
ma
il
passato
è
passato,
e
non
si
può
cambiare,
l'unica
cosa
che
gli
rimane
sono
i
rimorsi.
Il
secondo
spirtio
porta
Scrooge
a
vivere
il
Natale
presente.
Lo
porta
a
casa
del
suo
impiegato
Bob,
casa
povera
ma
gioiosa,
in
cui
l'intera
famiglia
è
riunita
per
il
pranzo
di
Natale,
unica
occasione
per
riunirsi
tutti
e
passare
la
giornata
in
compagnia,
anche
se
il
povero
Bob
non
può
offrire
che
un
misero
pranzo
ai
suoi
invitati.
Li
Ebenezer
vede
Tim,
il
figlio
di
Bob,
un
bambino
gravemente
malato
che
probabilmente
non
vivrà
a
lungo.
La
seconda
meta
e la
casa
di
suo
nipote
Fred,
dove
vede
come
si
vive
in
compagnia
e in
amicizia,
tutte
cose
che
Scrooge
aveva
ma
che
perse
a
causa
della
sua
avidità
e
del
suo
egoismo.
Fred
deride
suo
zio
per
questo.
Il
terzo
spirito
è
quello
che
lo
porta
nel
futuro,
la
figura
più
inquietante
di
tutte
le
altre,
perchè
gli
farà
vedere
la
terribile
fine
che
farà
se
continua
a
seguire
delle
errate
norme
morali.
Scrooge
vede
una
tomba,
sulla
quale
piangono
bob,
il
suo
impiegato,
e
sua
moglie.
Il
piccolo
Tim
era
morto,
ormai
per
la
sua
famiglia
non
sarà
più
lo
stesso.
Vede
poi
un'altra
tomba,
ma
senza
fiori,
senza
nessuno
che
piange.
Si
chiede
di
chi
sia,
fino
a
scoprire
che
non
è
altro
che
la
sua
tomba,
spoglia,
triste,
senza
nessuno
che
si
ricordi
di
lui.
A
questo
punto,
ormai
colpito
nel
profondo,
Scrooge
capisce
che
deve
cambiare
la
sua
vita
e
che
se
vuole
essere
veramente
felice
non
serve
accumulare
soldi,
ma
ricevere
affetto.
Da
qui
la
sua
visita
al
nipote
a al
suo
impiegato
Bob
per
riconciliarsi.
Dopo
quella
notte
Scrooge
diventerà
un
uomo
diverso,
un
uomo
che
sa
di
nuovo
amare.
Il
passato
non
può
essere
cancellato,
ma
il
futuro
può
essere
cambiato.
Il
canto
di
Natale
non
è
una
storia
sul
Natale,
anzi,
il
Natale
viene
usato
come
pretesto
per
il
suo
spirito
di
generosità
che
dovrebbe
superare
i
confini
temporali
legati
alla
giornata
del
25
dicembre.
I
riferimenti
religiosi
alla
nascita
di
Gesù
sono
praticamente
nulli,
forse
Dickens
era
legato
all'usanza
protestante
che
non
vedeva
nel
25
dicembre
la
nascita
del
Cristo,
anzi
si
batteva
sul
fatto
ormai
riconosciuto
che
i
vangeli
non
menzionano
la
data
della
nascita,
e
che
i
pastori
israeliti
non
avrebbero
mai
portato
il
gregge
fuori
in
pieno
inverno.
La
nascita
di
Cristo
secondo
gli
storici
infatti
e
presumibilmente
da
collocarsi
nel
mese
di
settembre.
Inoltre
ormai
è di
dominio
pubblico
che
la
data
del
25
dicembre
era
legata
all'edificazione
del
tempio
di
Mitra
nella
città
di
Roma.
Tempio
costruito
dall'imperatore
Aureliano
per
ringraziare
il
dio
Mitra,
divinità
legata
ai
soldati,
della
vittoria
sulla
regina
Zenobia.
Nel
racconto
di
Dickens
non
è
presente
nemmeno
l'usanza
dello
scambio
dei
doni.
Non
ci
sono
infatti
regali
ne
fatti
ne
ricevuti,
ma
solo
la
voglia
di
stare
insieme
con
le
persone
che
si
amano,
un
intero
giorno
dedicato
agli
affetti
e
alle
persone
bisognose.
Lo
spirito
del
Natale,
la
sua
generosità,
la
sua
voglia
di
felicità,
dovrebbero
vivere
perpetuamente
nel
cuore
di
ogni
cristiano
e
non
delimitati
ad
una
solo
giornata,
che
si
rivela
poi
nei
nostri
giorni
una
giornata
piena
di
ipocrisia,
dove
tutti
giocano
un
ruolo
che
poi
sono
contenti
di
scrollarsi
di
dosso
il
giorno
dopo.
Ma
se
questo
spirito
vivesse
per
sempre?
he
cosa
cambierebbe
nella
nostra
società?
E se
gli
spiriti,
che
non
sono
altro
che
i
nostri
pensieri
e la
nostra
coscienza,
riuscissero
sul
serio
a
far
uscire
la
parte
migliore
di
tutti
noi,
se
lasciassimo
sul
serio
parlare
la
nostra
coscienza
interrogandoci
su
come
abbiamo
vissuto
fino
ad
ora
e su
come
potremmo
diventare
se
continuiamo
a
seguire
la
nostra
condotta,
non
diventeremmo
delle
persone
migliori?
Se
facciamo
questo
probabilmente
esaudiremo
il
desiderio
di
Dickens,
desiderio
che
lo
scrittore
inglese
aveva
quando
compose
questo
racconto.
Potremmo
sul
serio
dimostrare
che
il
Natale
può
vivere
ogni
giorno.
Riferimenti
bibliografici:
The
Christmas
Books,
ed.
M.Slater.
Penguin,
1971,
2vols
Cumont,
F.,
Le
religioni
orientali
nel
paganesimo
romano,
Laterza,
Bari,
1967
Christmas
in
Catholic
Encyclopedia,Encyclopedia
Press,
1917.