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N. 125 - Maggio 2018 (CLVI)

Il rock underground di leningrado

A Cannes il filM di Serebrennikov sulla musica del dissenso
di Leila Tavi

 

In concorso alla 71esima edizione del Festival del Cinema di Cannes è stato presentato Leto, nuovo film del regista russo Kirill Serebrennikov, il quale, però, non ha potuto prender parte – assieme al resto della delegazione del film – alla proiezione ufficiale dacché si trova agli arresti domiciliari dall’agosto 2017, accusato di peculato e irregolarità finanziarie nella gestione del Centro Gogol di Mosca.

 

La questione è in realtà controversa, in quanto le accuse al regista sono giunte dopo la decisione di mettere in scena un balletto sulla vita di Rudolf’ Nureev (Рудольф Хаметович Нурeев, Rudolf’ Chametovič Nureev).

 

La prima estiva del balletto dedicato al più noto danzatore russo di tutti i tempi è stata cancellata all'ultimo minuto nell’estate 2017, con il sospetto che l’omosessualità portata in scena nel balletto possa aver infastidito alcuni esponenti del governo russo. Il balletto è poi stato presentato al Bol’šoj (Большой театр, Bol’šoj Teatr) senza la direzione di Serebrennikov nel dicembre 2017.

 

Assenza coatta anche a Cannes per Serebrennikov, così come per l’iraniano Jafar Panahi, ma i membri della delegazione del film hanno sfilato sul red carpet sventolando uno striscione con la scritta «Free Serebrennikov», alcuni hanno appuntato sul vestito una spilla con la foto del regista, altri hanno indossano, invece, una maglietta con il suo nome.

 

Alla richiesta rivolta al ministero degli Esteri russo di Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, e degli organizzatori del festival di poter permettere al regista russo di prendere parte all’anteprima del film, è arrivata una risposta secca da parte di Dmitrij Peskov (Дмитрий Серге́евич Песков, Dmitrij Sergeevič Peskov), portavoce del presidente russo Vladimir Putin (Владимир Владимирович Путин, Vladimir Vladimirovič Putin). Il diplomatico russo ha ribadito la non ingerenza del ministero degli Esteri o del capo dello Stato nelle decisioni della giustizia o dei corpi investigativi.

 

Nonostante il regista sia stato costretto a terminare il montaggio dal computer di casa durante gli arresti domiciliari e non sia potuto essere presente all’anteprima del suo biopic, il pubblico e la critica a Cannes hanno apprezzato il film in bianco e nero dal sapore di nouvelle vague e con la splendida fotografia di Vladislav Opel’janc (Владислав Юрьевич Опельянц, Vladislav Jur’evič Opel’janc), che ha scelto di privilegiare il formato panoramico. Il girato, che gioca sull’effetto home movie, è arricchito da spezzoni originali e da animazioni, utilizzate ogni qualvolta un protagonista della storia modifica nella sua mente gli eventi che gli stanno accadendo, cercando l’evasione e la libertà che il regime sovietico agli inizi degli anni Ottanta iniziava ad arginare a fatica. Alcuni degli intermezzi onirici sono accompagnati nel film dalla musica dei Talking Heads, di Iggy Pop e di Lou Reed.

 

La scena musicale underground di Leningrado rielaborava, con un decennio di ritardo, la contestazione e le allucinazioni del rock anni Settanta in Occidente, con i censori governativi russi che impedivano manifestazioni di entusiasmo ed euforia durante i concerti, ma cercavano allo stesso modo, nonostante la maniacale ricerca di parole proibite, di non operare una pesante censura sui testi delle canzoni dei rocker, che, a loro volta, anche se costretti a sottacere talvolta alcuni tratti tipici del rock all’accidentale, riuscivano comunque a ricreare un’atmosfera di protesta e di contestazione.

 

Espressione della composta insofferenza giovanile alle privazioni imposte dal regime, i testi delle canzoni russe di quell’epoca parlano di voglia di libertà senza implicazioni politiche, ma con un messaggio sociopolitico. Solo con l’avvento della glasnost’ di Gorbačëv (Михаил Сергеевич Горбачёв, Michail Sergeevič Gorbačëv) nel 1985 è stato possibile introdurre dei temi politici nelle canzoni.

 

Durante la Guerra Fredda la musica rock era addirittura considerata nell’Unione Sovietica come una subdola forma di propaganda occidentale secondo i dettami della produzione culturale ufficiale e, pertanto, era bandita come forma d’arte.

 

Nonostante ciò, dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso, la musica rock è diventata una delle espressioni artistiche non autorizzate più fiorenti e, con l’avvio della perestrojka (перестройка), il rock, insieme ad altre forme d’arte non riconosciute ufficialmente hanno avuto una diffusione capillare nella società sovietica e, se pur ancora sotto il controllo del vacillante regime, espressione di quel tipo di controllo era un contraddittorio bilanciamento tra censura e approvazione, tanto da permettere de facto l’inclusione delle forme d’arte di cultura non ufficiale tra i generi ufficialmente riconosciuti. Ciò ha fatto sì che si creassero i presupposti per uno Zeitgeist che fosse un testamento culturale per gli imminenti cambiamenti sociopolitici.

 

Il rock-n-roll è stato a tutti gli effetti un fenomeno ‘contagioso’ d’importazione dall’Occidente, che ha attecchito nell’Unione Sovietica grazie a delle caratteristiche che lo hanno reso facilmente adattabile anche alla cultura russa, inoltre come convenzione artistica facilmente riproducibile, la musica rock è riuscita a trascendere le differenze di classe e a imporsi sia in Occidente sia al di là della Cortina di Ferro come controcultura, soprattutto perché si tratta di un genere musicale che non ha quasi mai rappresentato una minaccia per i valori profondamenti radicati in una nazione, ma ha allo stesso tempo permesso ad artisti ai margini della società di sviluppare nuove forme di espressione che hanno travalicato i confini sociali e sono diventate in breve tempo mainstream.

 

In Russia ancora oggi il rock continua a essere espressione di insofferenza e disagio esistenziale in periodi di transizione sociopolitica, senza necessariamente rappresentare un’accettazione dei valori culturali occidentali. Attraverso il rock-n-roll i Russi hanno, infatti, operato una sorta di ‘esplorazione’ del significato di identità nazionale.

 

Il film è ispirato al libro KINOchronicles from the Underground (КИНОхроники подполья, KINOchroniki podpol’ja) memoria autobiografica di Nataša Vassilieva-Hull (Наталья Борисовна Васильева-Халл, Natal’ja Borisovna Vasil’eva-Chall), interpretata nel film di Serebrennikov dall’attrice Irina Starshenbaum (Ирина Старшенбаум), moglie del frontman del gruppo musicale Zoopark (Зоопа́рк), Mike Naumenko (Михаи́л Васи́льевич Нау́менко, Michail Vasil’evič Naumenko), interpretato da Roma Zver (Pома Зверь).

 

Kino è stato il nome di un altro gruppo musicale, la band più famosa negli URSS degli anni Ottanta. Leader dei Kino è stato Viktor Coj (Виктор Робертович Цой, Viktor Robertovič Coj), interpretato nel film dall’attore tedesco-coreano Teo Yoo. Nel film il cantante, nato da madre russa e padre di etnia coreana ma con origini kazake, è agli inizi della sua carriera, il suo stile è post punk e presto diventerà oggetto di culto da parte dei kinomany (киноманы), appartenenti insieme ai gopniki (гопники) agli hippy, ai bikier, ai fan del genere gothic, alla subcultura giovanile delle metropoli russe.

 

La storia che il film di Serebrennikov narra è proprio l’incontro tra il giovane Coj con Mike Naumenko e sua moglie Nataša, un giorno d’estate del 1981. La coppia incontra il musicista emergente e si crea immediatamente un intrigato triangolo amoroso, ma Mike e Nataša intuiscono subito il potenziale artistico del ragazzo e lo incoraggiano a fondare una sua band, che agli esordi prende il nome di Garin i Giperboloidy (Гарин и Гиперболоиды, L’iperboloide dell’ingegnere Garin), dall’omonimo romanzo di Aleksej Nikolaevič Tolstoj (Алексей Николаевич Толстой) del 1926.

 

Il gruppo ha però vita breve, poiché il batterista Oleg Valinskij (Олег Сергеевич Валинский, Oleg Sergeevič Valinskij) è chiamato alle armi nel novembre del 1981.

 

All’inizio dell’anno successivo Coj e un altro membro del gruppo soprannominato Ryba (Ры́ба, pesce, in realtà Алексе́й Ви́кторович Ры́бин, Aleksej Viktorovič Rybin), iniziano a esibirsi al Leningradskij rok-klub (Ленинградский рок-клуб), che aveva aperto da poco e dove il regime sovietico permetteva ad alcuni musicisti e gruppi che avevano passato un esame davanti a una commissione di riunirsi, suonare e discutere di musica.

 

Oltre ai gruppi di Coj e Naumenko si sono esibiti nel locale underground di Leningrado, sotto stretta osservazione di agenti del KGB, altri gruppi famosi in URSS come Televizor (Телевизор), Alisa (Алиса), Aquarium (Аква́риум), Piknik (Пикни́к), AU, abbreviazione di Avtomatičeskie Udovletvoriteli (Автоматические удовлетворители, con il significato di Soddisfacenti Automatici), DDT (ДДТ), N.E.P. (Н.Э.П.) e GrOb o GO (Гражданская Оборона, Graždanskaja Oborona con il significato di Protezione Civile).

 

La musica di Viktor Tsoi affronta vari tematiche a seconda del periodo e delle condizioni sociali che hanno influenzato i pezzi che l’artista ha composto. Il contenuto sociopolitico delle sue opere differisce nettamente sulla base di questi fattori.

 

Nel primo periodo, che il film di Serebrennikov analizza, le composizioni di Coj sono caratterizzate da contenuti che possiamo considerare solo velatamente politici e che rappresentano piuttosto un commento sulla vita quotidiana di un giovane sovietico tipico con le preoccupazioni e i problemi che lo accompagnano.

 

Molti dei suoi lavori di questo periodo possono però essere considerati politici senza contenere un messaggio politico diretto, come in Vremya est’ a deneg net (Время есть а денег нет) ed Электричка (Eletrička), ma con le riforme socioeconomiche della metà degli anni Ottanta la sua musica evolverà in critica politica diretta che incita all’azione.

 

Forse è proprio l’entusiasmo e il tentativo di scoprire la chiassosa insofferenza di vivere dei giovani di quel periodo di fermento culturale nell’Unione Sovietica che Serebrennikov ha voluto presentare al pubblico di Cannes, quasi a voler sottintendere che la censura sulla cultura è oggi più stringente in Russia che allora.

 

Il regista ha evitato con Leto di affrontare la questione sollevata qualche anno fa dal politico Evgenij Alekseevič Fjodorov (Евгений Алексеевич Фёдоров), che ha accusato l’icona rock russa, Coj, deceduto nel 1990 a causa di un incidente d’auto, di aver collaborato con la CIA, alludendo allo stretto rapporto che la musicista e produttrice californiana Joanna Stingray, ex moglie del chitarrista dei Kino Juri Dmitrievič Kasparjan (Ю́рий Дми́триевич Каспаря́н), ha avuto con i principali gruppi underground che orbitavano intorno al Leningradskij rok-klub da quando è arrivata a Leningrado nel 1984, contribuendo negli anni successivi a esportare il rock sovietico.

 

Serebrennikov si astiene con la sua opera da esprimere un giudizio politico sul rock come strumento di soft power, ci regala però una storia che va oltre la biopic romanzata e che coralmente narra la vita quotidiana dei giovani sovietici, che con un vinile e un paio di jeans acquistati di contrabbando hanno assaporato per la prima volta il gusto della libertà con leggerezza.



 

 

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