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N. 22 - Ottobre 2009
(LIII)
i campi di internamento in molise
una breve analisi
di Giorgio Giannini
Pochi
mesi
dopo
l’ingresso
in
guerra
dell’Italia
(10
giugno
1940),
il
Governo
fascista
emana
il
Decreto
4
settembre
1940
con
il
quale
sono
istituiti
speciali
Campi
nei
quali
possono
essere
raggruppati
i
sudditi
nemici
internati
(i
cittadini
stranieri,
soprattutto
di
religione
ebraica,
fuggiti
dai
loro
Paesi
prima
della
guerra
e
venuti
in
Italia
nella
speranza
di
scampare
alla
persecuzione
religiosa
o
politica).
In
alternativa,le
persone
possono
essere
obbligate
a
soggiornare
in
una
località
determinata,
sotto
la
sorveglianza
ed
il
controllo
dell’Autorità
locale
di
Pubblica
Sicurezza.
Gli
Internati
appartengono
a
varie
categorie,
classificate
dalle
Autorità:
ebrei
stranieri,
sudditi
nemici
(compresi
i
cinesi),
ex
Jugoslavi
(soprattutto
Dalmati),
allogeni
della
Venezia
Giulia
(Sloveni),
italiani
pericolosi
(antifascisti),
italiani
condannati
per
infrazioni
annonarie
(soprattutto
per
praticare
la
borsa
nera)
ed
anche
fascisti
caduti
in
disgrazia
perché
critici
verso
il
regime.
In
alcuni
Campi
ci
sono
solo
donne
,
anche
se
solo
per
un
periodo,
come
a
Lanciano.
I
Campi
sono
istituiti
in
genere
in
strutture
private
prese
in
affitto
dal
Ministero
dell’Interno,
compresi
Monasteri
e
fabbriche
dismessi.
È
difficile
ricostruire
il
numero
delle
persone
internate,
in
quanto
nei
registri
(laddove
ci
sono
pervenuti)
i
nomi
sono
spesso
cancellati
oppure
mancano
delle
pagine.
Non
si
conosce
neppure
l’elenco
preciso
dei
Campi
e
delle
Località
di
Soggiorno
Obbligato.
Il
numero
accreditato
dagli
storici
è di
circa
200
luoghi
di
Internamento,
istituti
in
Italia,
nei
Paesi
occupati
e
nelle
Colonie.
L’ORGANIZZAZIONE
DEI
CAMPI
Secondo
il
Decreto
4
settembre
1940,
i
Campi
sono
sotto
la
sorveglianza
ed
il
controllo
del
Ministero
dell’Interno,
che
vi
delega
un
funzionario
di
Pubblica
Sicurezza
(un
Commissario
o un
Ufficiale
di
Polizia).
Talvolta,
però
la
Direzione
è
affidata
al
Podestà
(Sindaco)
del
Comune.
La
vigilanza
è in
genere
affidata
ai
Carabinieri
della
locale
Stazione,
che
installano
un
posto
fisso
di
guardia
all’interno
del
Campo
o
nelle
immediate
vicinanze.
Talvolta,
vi
sono
anche
Poliziotti,
che
svolgono
in
genere
funzioni
amministrative.
Con
un
apposito
Regolamento
è
disciplinata
l’attività
degli
internati
e i
loro
diritti
e
doveri.
Possono
svolgere
alcuni
lavori,
conformi
al
loro
rango,
ricevendo
un
equo
compenso,
determinato
dal
Ministero
dell’Interno.
Devono
essere
trattati
con
umanità
e
devono
essere
protetti
contro
ogni
offesa
o
violenza
e
non
possono
essere
destinati
in
località
esposte
al
fuoco
nemico
(vicino
al
Fronte
di
guerra)
o
insalubri.
Hanno
diritto
alla
libertà
di
religione
e di
culto
e
conservano
gli
effetti
e
gli
oggetti
di
uso
personale.
Normalmente,
di
giorno,
possono
circolare
nei
dintorni
del
Campo
e
nel
Paese
vicino,
ma
non
possono
interessarsi
di
argomenti
politici
o
militari.
Le
spese
per
il
loro
mantenimento
sono
a
carico
dello
Stato,
salva
rivalsa
sui
loro
beni
o
sul
compenso
da
essi
percepito
per
il
loro
lavoro.
Se
il
Campo
non
ha
la
mensa,mangiano
presso
trattorie
pagando
con
il
sussidio
del
Ministero
dell’Interno.
Non
possono
spedire
o
ricevere
corrispondenza
postale
o
telegrafica
o
pacchi
se
non
tramite
l’Autorità
di
P.
S.
che
ha
la
vigilanza
su
di
loro.
Non
possono
detenere
titoli,
gioielli
ed
oggetti
di
valore,
che
devono
essere
depositati
in
cassette
di
sicurezza
presso
una
Banca,
e
neppure
somme
di
denaro
superiori
ai
bisogni
ordinari,che
devono
essere
depositate
presso
una
Banca
locale
o
l’Ufficio
postale,
con
un
libretto
intestato,
dal
quale
però
possono
ritirarle
liberamente.
All’assistenza
sanitaria
provvede
il
Medico
Condotto
o
l’Ufficiale
Sanitario
del
Comune.
In
caso
di
necessità
e
per
le
visite
specialistiche,
sono
accompagnati
dai
Carabinieri
in
ospedale
o in
città.
Le
condizioni
igieniche
dei
Campi
sono
spesso
precarie
per
il
sovraffollamento
e
per
la
mancanza
di
acqua
corrente
e di
adeguati
locali
adibiti
a
bagno.
Le
condizioni
di
vita
degli
internati
sono
in
genere
accettabili
solo
per
i
sudditi
nemici
che
ricevono
dalla
Croce
Rossa
Internazionale
(CRI)
pacchi
con
generi
di
conforto,
comprese
le
sigarette.
La
dimensione
dell’Internamento
nella
Regione
è
stata
esaminata
dagli
studiosi
che
hanno
raccolto
notizie
abbastanza
precise
per
le 5
località
di
internamento:
Agnone,
Boiano,
Casacalenda,
Isernia,
Vinchiaturo
(tutte
nell’unica
Provincia
di
Campobasso).
AGNONE
È
allestito
nel
luglio
1940
nell’ex
Convento
di
S.
Bernardino
da
Siena,
di
proprietà
della
Diocesi
di
Trivento
(?),
che
dopo
essere
stato
abbandonato
per
un
lungo
periodo,
era
stato
adibito
dal
1931
a
Seminario
estivo.
Ha
una
capienza
di
circa
150
posti,
sistemati
in 7
camere
grandi
e 9
piccole.
Manca
l’impianto
di
riscaldamento.
È
diretto
da
un
Commissario
di
Polizia.
La
vigilanza
è
affidata
ai
Carabinieri,
che
allestiscono
un
posto
fisso
nell’edificio.
All’inizio,
gli
internati
sono
solo
uomini,
appartenenti
alle
categorie
dei
sudditi
nemici
(soprattutto
inglesi)
e
degli
ebrei
stranieri
(soprattutto
tedeschi
ed
austriaci).
Successivamente,
i
primi
vengono
trasferiti
in
altri
Campi.
Nel
luglio
1941,
anche
gli
ebrei
(57)
sono
trasferiti
ad
Isernia
,
mentre
dal
Campo
di
Boiano,
che
viene
chiuso,
arrivano
il
15
luglio
58
Rom.
Da
allora
il
Campo
diventa
misto
(uomini
e
donne)
e
accoglie
solo
rom
originari
della
Jugoslavia,
salvatisi
dallo
sterminio
pianificato
dagli
Ustascia
croati.
Da
questo
momento
le
condizioni
di
vita
degli
internati
rom
peggiorano
notevolmente
e
soffrono
anche
la
malnutrizione.
Anche
la
libertà
di
movimento
è
notevolmente
ristretta,
mettendo
anche
delle
inferriate
alle
finestre,
in
quanto
i
rom
attuano
vari
tentativi
di
evasione
e
spesso
venivano
alle
mani
tra
di
loro,
causando
risse.
Però,
quando
la
CRI
effettua
una
ispezione,
il
21
giugno
1943,
sia
l’alimentazione
che
le
condizioni
igienico-sanitarie
sono
migliorate.
Infatti,
i
rom
coltivano
l’orto,
possono
lavarsi
con
acqua
calda
tre
volte
al
mese
ed
un
medico
effettua
periodicamente
delle
visite.
I
malati
più
gravi
sono
trasferiti
all’ospedale
di
Isernia.
Alcuni
rom
sopravvissuti
hanno
dichiarato
che
la
vita
per
loro
era
abbastanza
accettabile,
essendo
abituati
a
vivere
in
condizioni
molto
precarie.
Dopo
l’8
settembre,
i
Carabinieri
liberano
gli
internati,
molti
dei
quali
si
uniscono
ai
partigiani.
Altri,
invece,
rimasti
nella
zona,
vengono
catturati
dai
tedeschi
ed
impiegati
nella
scavo
di
fossati
anticarro
e
nelle
deposizione
di
mine.
BOIANO
È
allestito,
nell’estate
1940,
in
un
ex
tabacchificio,
di
proprietà
della
società
Saim
e
situato
nella
periferia
del
paese,
vicino
alla
ferrovia.
Può
accogliere,
secondo
un
rapporto
del
Ministero
dell’Interno,
250
internati
normali
oppure
300
zingari
(rom),
alloggiati
in
tre
capannoni,
cinti
da
reticolati
e
con
le
inferriate
alle
finestre,
mentre
in
un
altro
ci
sono
la
cucina,
il
refettorio
ed
altri
servizi.
E’
diretto
da
un
Commissario
di
Polizia
e la
vigilanza
è
affidata
ai
Carabinieri,
che
allestiscono
un
posto
fisso
nel
Campo,
ed
ad
alcuni
Poliziotti.
I
primi
internati
arrivano
nel
settembre
1940
e
sono
soprattutto
Rom,
cinesi
ed
ebrei
stranieri.
Le
condizioni
di
vita
sono
alquanto
precarie,
tanto
che
il 3
febbraio
1941
un
rappresentante
degli
internati
si
lamenta
con
l’Ispettore
del
Ministero
dell’Interno
per
le
condizioni
antigieniche
dei
locali
e
per
la
qualità
e la
quantità
del
vitto.
Iniziano
quindi
i
lavori
di
ristrutturazione
dei
capannoni,
in
cui
ci
sono
anche
infiltrazioni
di
acqua
piovana,
ma
poi
si
decide,
anche
su
parere
dell’Ispettore
Generale
del
Ministero
(Rosati)
di
chiudere
il
Campo;
così,
il
15
luglio
1941
i 58
Rom
presenti
sono
trasferiti
ad
Agnone.
CASACALENDA
È
allestito
nelle’estate
1940
nell’ex
Convitto
della
Fondazione
Caradonio-Di
Blasio,ubicato
vicino
ad
un
Ginansio-Liceo,
nel
centro
storico.
L’edificio
dispone
di 3
stanze
grandi
e 9
piccole,
con
circa
150
posti.
La
mensa
è
autogestita.
Vi
sono
internate
solo
donne,
appartenenti
alle
categorie
dei
sudditi
nemici
(inglesi),
degli
ebrei
stranieri
(tedesche
e
polacche)
e
degli
ex
Jugoslavi
(soprattutto
dal
1942).
La
Direzione
è
affidata
ad
un
Commissario
di
Polizia,
coadiuvato
da
una
Direttrice,
mentre
la
vigilanza
è
affidata
ad
alcuni
Carabinieri
e
Poliziotti
(con
compiti
prevalentemente
amministrativi).
All’assistenza
sanitaria
provvede
un
medico
del
paese
e
per
le
visite
mediche
specialistiche
le
internate
si
recano
a
Campobasso,
con
la
scorta
dei
Carabinieri
Le
internate
hanno
3
ore
al
giorno
di
libera
uscita,
nelle
vicinanze
del
Campo.
Il
22
giugno
1943,
c’è
una
visita
della
CRI.
Sono
presenti
49
internate
e
quelle
provenienti
dalla
ex
Jugoslavia
protestano
per
l’imposizione
del
saluto
romano
e
per
non
poter
ricevere
pacchi
viveri
e di
altri
generi
di
conforto.
La
CRI
invia
al
Ministero
dell’Interno
una
copia
del
rapporto
degli
Ispettori,
chiede
maggiore
omogeneità
di
trattamento
tra
le
diverse
categorie
di
internate
e
versa
un
assegno
di
1.600
lire,
da
dare
alle
internate
ex
Jugoslave
affinchè
possano
acquistare
indumenti
e
supplementi
di
viveri.
Dopo
l’8
settembre,
le
internate
straniere
vengono
liberate,
in
base
alle
disposizioni
dell’Armistizio,
in
attuazione
delle
quali
il
Capo
della
Polizia
emana
il
10
settembre
una
Circolare.
ISERNIA
È
allestito
nelle’ex
Convento
delle
Benedettine,
ubicato
sulla
strada
principale
della
cittadina,
con
una
capienza
di
circa
120
posti,
in 4
camerate
al
piano
terra
ed
altrettante
al
primo
piano.
In
verità,
la
capienza
risulta
inferiore,
in
quanto
alcuni
locali
vengono
ceduti
alla
vicina
scuola.
La
Direzione
è
affidata
ad
un
Commissario
di
Polizia
(il
primo
è
trasferito
per
punizione
a
Casacalenda
in
seguito
alla
fuga
di
due
internati
stranieri
–uno
jugoslavo
ed
un
rimeno).
La
vigilanza
è
affidata
ad
alcuni
Carabinieri
e
Poliziotti
(con
compiti
prevalentemente
amministrativi).
Gli
internati
appartengono
ad
varie
categorie:sudditi
nemici,ebrei
stranieri,ex
Jugoslavi,
allogeni
della
Venezia
Giulia
ed
italiani
pericolosi.
Nell’estate
1941,
è
acquisita
una
sala
cinematografica,
con
il
pavimento
in
legno,
nella
quale
vengono
sistemati
gli
ebrei
trasferiti
da
Agnone,
i
quali,
ben
presto
protestano
per
le
ristrettezze
dello
spazio
e
per
le
precarie
condizioni
igieniche
e
chiedono,il
19
settembre,
l’intervento
del
Nunzio
Apostolico
(l’Ambasciatore
del
Vaticano
presso
lo
Stato
italiano)
per
essere
trasferiti
a
Notaresco
(Teramo)
o a
Campagna
(Salerno).
Il
loro
trasferimento
è
sollecitato
anche
dal
Prefetto
di
Campobasso.
Pertanto,
dal
9
gennaio
1942,
gli
ebrei
stranieri
vengono
trasferiti
a
Ferramonti
di
Tarsia
(Cosenza)
ed
al
loro
posto
arrivano
ex
Jugoslavi.
Dopo
l’8
settembre,
il
Campo
non
è
chiuso
ed
alcuni
internati
muoiono
in
seguito
al
bombardamento
della
città
del
12
settembre.
VINCHIATURO
È
allestito
in
un
edificio
privato,
della
famiglia
Di
Nonno,in
Via
Libertà,
nel
centro
storico,
senza
riscaldamento
(durante
l’inverno
sono
messe
alcune
stufe
a
legna),
con
una
capienza
di
50
posti,
ma
in
verità
la
capienza
è
inferiore.
Vi
sono
internate
solo
donne.
Pertanto,
accanto
a
Direttore
(che
è il
Podestà-Sindaco
del
Comune)
vi è
una
Direttrice
(Amalia
Vacalucci,una
insegnante
in
pensione).
La
vigilanza
è
affidata
ad
alcuni
Carabinieri
ed
all’assistenza
sanitaria
provvede
il
Medico
Condotto
del
paese.
Le
internate
sono
quasi
tutte
straniere
(ebree,
ex
jugoslave,
prostitute
slave)
ma
ci
sono
anche
alcune
antifasciste
italiane
ed
una
Rom.
Pertanto,la
convivenza,
sia
per
il
sovraffollamento
che
per
le
differenti
categorie
sociali
di
appartenenza,
è
alquanto
difficile.
Per
questo,
due
internate
tentano
il
suicidio,
nell’estate
del
1940
e
nel
gennaio
1942.
Le
internate
hanno
alcune
ore
al
giorno
di
libera
uscita,
nelle
vicinanze
dell’edificio
e
talvolta
possono
recarsi
in
campagna,
con
la
scorta
dei
Carabinieri.
Il
giovedì,
le
cattoliche,
possono
recarsi
in
Chiesa
per
la
messa.
In
inverno,
alcune
internate,
per
passare
il
tempo,
insegnano
la
loro
lingua
alle
altre
ed
alcune
dipingono.
Il
21
giugno
1943,
gli
Ispettori
della
CRI
visitano
il
Campo,che
è
ritenuto
idoneo
ad
accogliere
non
più
di
35
persone.
Quindi,
su
richiesta
esplicita
della
CRI,
10
internate
vengono
trasferite
in
altri
Campi.
Dopo
l’8
settembre,
le
internate
straniere
vengono
liberate,
in
base
alle
disposizioni
dell’Armistizio,
in
attuazione
delle
quali
il
Capo
della
Polizia
emana
il
10
settembre
una
Circolare.
CONCLUSIONI
È
auspicabile
che
i
Comuni
in
cui
sono
ubicati
i
Campi
si
impegnino
per
la
loro
conservazione
ed
appongano
almeno
una
lapide
sugli
edifici
che
sono
stati
luoghi
di
internamento,
per
creare
un
percorso
della
Memoria,
che
serva
da
monito
per
le
future
generazioni,
soprattutto
i
giovani,
sulle
atrocità
commesse
dal
regime
fascista.
La
Commissione
Cultura
della
Camera
dei
Deputati
ha
approvato
nel
2002
un
Ordine
del
Giorno
con
cui
si
impegna
il
Governo
a
promuovere
un
progetto
per
l’individuazione
di
tutti
i
Campi
di
internamento
in
Italia,
per
creare
un
Percorso
della
Memoria.
Confidiamo
che
questo
risultato
si
possa
presto
realizzare.
Riferimenti
bibliografici:
K.
Voigt,
Il
rifugio
precario.
Gli
esuli
in
Italia
dal
1933
al
1945,
Voll.
2,
La
Nuova
Italia,
Firenze
1996
C.
Di
Sante,
I
campi
di
concentramento
in
Italia.
Dall’internamento
alla
deportazione
(1940-1945),
Atti
del
Convegno
di
Teramo
23-24
marzo
1998,
Franco
Angeli,
Milano
2001
Fabio
Galluccio,
I
Lager
in
Italia,
Libere
Edizioni
Nonluoghi,
Civezzano
(Trento)
2002
Carlo
Spartaco
Capogreco,
I
campi
del
Duce.
L’internamento
civile
nell’Italia
fascista
(1940-1943),
Einaudi,
Torino
2004
|
|
|
GBe
edita e pubblica:
.
-
Archeologia e Storia
.
-
Architettura
.
-
Edizioni d’Arte
.
- Libri
fotografici
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